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16 marzo 2009
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prossime elezioni regionali

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carlo grezio – New Member

00:41 – 16 febbraio 2010

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Man mano che si accende la campagna elettorale sulle prossime Elezioni Regionali, ogni trasmissione o dibattito al riguardo inizia ricordandoci che circa l'80% dei bilanci regionali è assorbito dalla gestione della Sanità pubblica,

Sorprendentemente nessuno fa la riflessione che sembrerebbe più ovvia : ma valeva veramente la pena di montare 20 enormi carrozzoni politici e burocratici per gestire praticamente SOLO le aziende sanitarie e gli ospedali ? Non sarebbe estremamente più semplice organizzare un certo numero di Società pubbliche di gestione sanitarie – sulla base di un ottimizzazione geografica ovviamente, ma non necessariamente regionale – che si occupino del problema ?

Non converrebbe al cittadino remunerare qualche decina (ventina/trenta/quarante, quanti ne servono) Consigli di Amministrazione in più, ma risparmiare una pletora di pseudo-governatori, di sedicenti Onorevoli regionali, di portaborse , autisti e assistenti e tutta quella burocrazia regionale (moltiplicata x 20) che sta di fatto portando rapidamente al raddoppio del debito pubblico nazionale dopo quasi quindici anni di manovre finanziarie rigide dello stato centrale, di continui tagli e di quasi azzeramento degli investimenti.

Possibile che nessuno voglia pensare che ritrasferire quel residuo 20% di attivita regionali non relative alla Sanità, in parte allo stato centrale in parte alle Provincie sarebbe un clamoroso affare ed un risparmio eccezionale, e permetterebbe anche di evitare iniziative ridicole come la politica estera delle Regioni e l'apertura di vere e proprie inutili e costose ambasciate.

Provincie che (integrate ragionevolmente con le Aree Metropolitane per le grandi città con abolizione quindi delle relative provincie) non saranno un modello di efficienza, ma costano infinitamente meno delle regioni e permettono davvero al cittadino, se vuole, un controllo da vicino sulle attività degli eletti, ed inoltre risponderebbero meglio come  contraltare locale (anche dimensionale, ma moltiplicato 100) ad un governo centrale (possibilmente più efficiente), che liberato dal peso delle regioni, in una logica di network avrebbe nuove risorse da investire sul proprio ammodernamento.

Basta peraltro vedere la patologia economica che emerge dai bilanci delle Regioni a statuto speciale (dalla Val d'Aosta alla Sicilia) per capire che se questo sarà il modello finale del federalismo fiscale, tutto cià sarà assolutamente insopportabile per le casse pubbliche ed incompatibile con qualsivoglia tentativo di riavviare questo paese sul sentieri dello sviluppo economico.

Qualunque forza politica che volesse seriamente cominciare a riflettere sulla necessità di riorganizzare lo Stato in modo da coniugare efficienza ed efficacia non potrebbe che evidenziare la necessità di soli 3 attori: i Comuni, (possibilmente incentivando un gran numero di fusioni e accorpamenti), le Provincie (ormai così numerose da rispondere bene alle necessità di un area locale estesa ma coerente al suo interno) e lo Stato Centrale.

In realtà le Regioni in una piccola nazione come l'Italia, nel tempo della integrazione Europea a livello Macro, e della straordinaria integrazione informatica della Rete a livello micro sono del tutto pleonastiche.


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