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Tirannia fiscale n. 6: la patrimoniale è legittima?

2 ottobre 2011

In un articolo apparso qualche giorno fa su noiseFromAmeriKa (Espropriazione
e Rassegnazione?), Fabio Scacciavillani ha molto opportunamente ammonito che qualsiasi tassa sul patrimonio è una tassa sul risparmio, o meglio, un «esproprio del risparmio privato». Quel che può sfuggire alla percezione dei contribuenti a furia di parlare di patrimoni come di grandi ricchezze accumulate dai più facoltosi, è che il conto in banca o l’oro lasciato dal nonno non siano patrimonio, ma solo “i risparmi di una vita”.

Il patrimonio, invero, è risparmio. Volendo, si può dire che è il risparmio che si è
accumulato, e viceversa il risparmio è quell’attività di accantonamento frutto di scelte e sacrifici di natura economica che genera patrimoni. Se si chiarisce questo punto, continua l’Autore, resta più facilmente intuibile che una tassa patrimoniale sarebbe incostituzionale, dal momento che l’art. 47 Cost. «incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme».
Premesso che l’invito di Scacciavillani a un atto di “resistenza fiscale” che possa portare al vaglio della Corte costituzionale la tassa patrimoniale per violazione dell’art. 47 ci lascia assai ammaliati, non siamo tuttavia fiduciosi che la Corte possa accogliere la questione.
L’art. 47 Cost. tutela sì il risparmio, da intendersi come ammontare di valore non consumato, come bene in sé, come una particolare forma di proprietà che appresenta una risorsa indispensabile alla ricchezza delle persone e del paese, poiché ritenuto una modalità di garanzia degli investimenti e di stabilità della ricchezza privata. È tuttavia presumibile, considerando anche la nostra giurisprudenza in materia di tasse e tributi, che dinanzi a un’eccezione di incostituzionalità di un’imposta patrimoniale si sosterebbe l’impossibilità di utilizzare l’art. 47 isolatamente, e invece la necessità di leggerlo in combinato con le altre disposizioni costituzionali che, consentendo i sacrifici del contribuente sulla base della capacità contributiva (art. 53), permettono, come da sempre il diritto tributario riconosce, che le imposte possano calcolarsi tanto sul flusso di ricchezza (es. reddito) quanto sullo stock di ricchezza (es. patrimonio).
Invocare l’art. 47 ci sembra in conclusione una prospettiva assolutamente educente ma, purtroppo, debole, a meno di non assistere a un vigoroso e di certo atteso cambiamento della giurisprudenza in materia tributaria.

Questione diversa, invece, è valutare la legittimità della patrimoniale non in quanto aggressione a una forma di proprietà – il risparmio – tutelata dalla Costituzione, ma dal punto di vista del divieto di doppia imposizione, che costituisce un principio generale e inderogabile del diritto tributario.
Come noto, tale divieto impedisce che sullo stesso soggetto possano gravare più imposte o la stessa imposta in tempi diversi, derivanti da uno stesso presupposto fiscalmente rilevante.
Occorre dunque ragionare se un’imposta patrimoniale non soddisfi a rigore queste condizioni, dal momento che si tratta di un carico impositivo su uno stesso soggetto e su un medesimo presupposto d’imposta, già valutato in quanto flusso (reddito) e successivamente in quanto stock (patrimonio). In altri termini, una rigorosa interpretazione del divieto di doppia imposizione dovrebbe portare a valutare se il soggetto non abbia già scontato l’obbligazione tributaria quando il presupposto è stato considerato flusso di ricchezza, così da non poter scontare una successiva obbligazione tributaria sulla medesima ricchezza valutata in termini di stock.

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Art. 41 Cost: la proposta dell’Istituto Bruno Leoni

18 settembre 2011

L’articolo 41 della Costituzione relativo alla libertà di iniziativa economica privata è stato generoso nei confronti delle più svariate interpretazioni.

Frutto, come noto, di un significativo compromesso,  era chiaro agli stessi costituenti che poteva essere la promessa di un sistema di libero mercato o la sua definitiva limitazione sotto un regime economico dirigista e interventista.

Gli ultimi governi, pur se con enfasi differenti, anche sotto l’impulso europeo hanno tendenzialmente dichiarato di voler concedere una maggiore fiducia al mercato e di voler imprimere una svolta più liberale alle attività economiche; e non potrebbe forse essere altrimenti, visto che l’esperienza repubblicana ci ha consegnato più i fallimenti dello Stato che quelli del mercato, a cominciare dall’emergenza del debito e della spesa pubblici. Prosegui la lettura…

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Tirannia fiscale n. 5: l’insolenza di un ingiurioso spot di Stato

12 agosto 2011

In questo blog abbiamo spesso modo di riflettere sugli effetti negativi di un regime fiscale sfacciatamente oppressivo insediatosi, passo dopo passo, sotto la copertura di norme e sentenze che apoditticamente vedono in ogni soggetto d’imposta un sicuro evasore, a meno di contraria dimostrazione da parte del contribuente, fatta comunque salva l’odiosa ed iniqua disposizione del solve et repete che a breve entrerà in vigore. Nella lotta all’evasione, lo Stato ricorre anche all’arma del ricatto psicologico. Da qualche giorno, infatti, la RAI ospita gli spot dell’Agenzia delle entrate, del Ministero dell’economia e del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i quali tendono a identificare indistintamente come parassiti gli evasori, accostandoli a poco attraenti specie di vari invertebrati. Sorprende negativamente la circostanza che l’oligarchia di burocrati, politici e governanti i quali proprio attraverso la tassazione vivono a carico dei contribuenti, con un incredibile capovolgimento di posizioni abbia l’insolenza di dare del parassita a chi passa loro gli alimenti. Lo Stato, infatti, non è un ente astratto ed incorporeo, ma è un elefantiaco complesso di persone e strutture il quale, tramite il prelievo fiscale, rappresenta, a rigore, il parassita per eccellenza della società. Prosegui la lettura…

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Disciplina del prezzo dei libri: chiusura della petizione al Presidente della Repubblica

7 agosto 2011

Apprendiamo dall’’aggiornamento dell’’agenda del Quirinale che il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge disciplinante il prezzo dei libri. Chiudiamo quindi la sottoscrizione della petizione aperta all’’indomani
dell’’approvazione, benché in maniera costante si aggiungano ancora
tante firme.
Restiamo comunque convinti che la legge non farà del bene né ai lettori né al pluralismo culturale, per tutte le motivazioni che nelle ultime due settimane abbiamo ripetuto, grazie anche all’’eco data dalla stampa nazionale alla petizione.
Ringraziamo quanti hanno aderito alla nostra iniziativa, nella speranza che vi possa essere l’’occasione per riconsiderare la coerenza della disciplina del prezzo dei libri con le finalità dichiarate, ad esempio in occasione della relazione sugli effetti della legge che dovrà essere redatta tra un anno.
Ci auguriamo che la quantità di firme raccolte in pochi giorni e il dibattito accesosi a partire dalla petizione possano quindi essere presi in considerazione dal legislatore, quasi che rappresentino una sorta di audizione o indagine conoscitiva informale dei lettori, che sono a tutti gli effetti i definitivi destinatari della legge.

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Le falle dell’acquedotto pugliese

4 agosto 2011

Le ultime vicende relative all’acquedotto pugliese confermano quanto sostenuto anche in questo blog, ossia che il referendum sui servizi pubblici locali è stato percepito come consultivo, piuttosto che abrogativo (con uno snaturamento dell’istituto previsto dalla Costituzione).
Il 20 giugno 2011, a risultato referendario ancora caldo, la Puglia ha approvato una legge che pubblicizza sostanzialmente il regime giuridico del servizio idrico, “sfidando” il governo a dichiarare guerra alla volontà popolare con l’impugnativa di questa legge. L’assessore regionale alle Opere pubbliche e Protezione civile, Fabiano Amati, ha infatti sostenuto che “il Ministro degli Affari Regionali avrebbe potuto delegare l’impugnazione al Ministro della Difesa, così come si fa appunto in “tempo di guerra”.
Per nulla impressionato dall’ukase dell’assessore, il governo, pochi giorni fa, ha ovviamente impugnato la legge rilevandone diversi profili di incostituzionalità. A prescindere da alcuni aspetti marginali, il punto focale della questione politica e giuridica è se, e fino a che punto, le regioni, ma anche lo stesso Stato, possono pubblicizzare davvero il servizio idrico. Abbiamo ripetutamente detto che, al di là degli slogan in campagna referendaria, esiste pur sempre un sistema europeo di regole ed un quadro costituzionale di riferimento che rendono pressoché velleitario ogni tentativo di realizzare in concreto gli obiettivi conclamati con il referendum, specialmente da parte delle regioni, vincolate dal rispetto del riparto delle competenze legislative fissato in Costituzione.
La legge della Puglia afferma solennemente in apertura che “L’acqua è un bene comune, di proprietà collettiva, essenziale e insostituibile per la vita” e che “La disponibilità e l’accesso all’acqua potabile, nonché all’acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi, costituiscono diritti inviolabili e inalienabili della persona umana, diritti universali non assoggettabili a ragioni di mercato”. Con la Puglia, altre regioni e altri enti locali hanno forzato le loro competenze o per dichiarare ovvietà (il decreto Ronchi proprio con l’art. 23 bis oggetto di referendum aveva già affermato “la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche”) o per rivendicare funzioni che non sono di loro competenza come pronunciato dalla suprema Corte (v. la legge Marche di assestamento al bilancio 2011 e la modifica allo statuto comunale di Venezia).
Verranno dunque al pettine della Corte costituzionale i nodi di una impossibilità giuridica di pubblicizzare i servizi idrici? Sarà questa l’occasione per fare luce su alcune delle mistificazioni referendarie, a partire dall’affermazione che la legge abrogata metteva in discussione la natura pubblica dell’acqua? Sarà la volta buona perché anche regioni e enti locali smettano di inseguire i fantasmi della ideologia/demagogia e assumano comportamenti finalmente più pragmatici nel rispetto delle regole sovranazionali e nazionali?

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Disciplina del prezzo dei libri: Petizione al Presidente della Repubblica

24 luglio 2011

Innanzi all’approvazione parlamentare della nuova legge sull’editoria, a coloro che credono sia necessario ed auspicabile che il mercato librario rimanga libero non resta che appellarsi all’autorità del Presidente della Repubblica.
Vi invitiamo a sottoscrivere e a diffondere quanto più possibile questa petizione.

Illustrissimo Sig. Presidente,

il 20 luglio u.s. il Senato ha approvato, in via definitiva, la legge che impone vincoli sugli sconti e le promozioni di vendita dei libri.

Se la legge dovesse entrare in vigore, dal primo settembre il mercato dei libri non sarà più libero: un rigido tetto agli sconti e alle campagne promozionali renderà infatti la fissazione del prezzo dei libri non più soggetta al pieno principio della libera concorrenza, ma sottoposta a vincoli legislativi quanto a tempi e soglie di sconto. Prosegui la lettura…

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Liberalizzazione del commercio: 8 italiani su 10 favorevoli

13 luglio 2011

Un interessante sondaggio di IPSOS su un campione di 1000 persone (margine di errore compreso fra +/- 0,6% e +/- 3,1) rivela che 8 italiani su 10 sono favorevoli alla liberalizzazione del commercio, di cui ci siamo occupati a più riprese.

Le persone sarebbero quindi liete di poter scegliere quando fare acquisti, di “negoziare” implicitamente con i commercianti le ore migliori della giornata in cui alzare le saracinesche e, se turisti, di poter avere un servizio aggiuntivo al loro svago, mentre, se residenti, di poter fare la spesa in orari più comodi. Prosegui la lettura…

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La Boetie e/o Micromega?

1 luglio 2011

Forse l’ideale sarebbe sentire l’attualità come il brusio fuori della finestra,
che ci avverte degli ingorghi del traffico e degli sbalzi meteorologici,
mentre seguiamo il discorso dei classici che suona chiaro e articolato nella stanza
.
Italo Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori, 1995

Ha ragione Carlo Lottieri a rallegrarsi che il Discorso sulla servitù volontaria, intramontabile pamphlet scritto da Etienne de La Boétie nel XVI secolo, vanti ora una nuova edizione italiana per i tipi di Chiarelettere, dopo svariate edizioni apparse negli ultimi due decenni. Prosegui la lettura…

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Tirannia fiscale/4: A proposito di norme tributarie aberranti

30 giugno 2011

Tra le norme in discussione nella manovra finanziaria, il Sole24Ore rivela anche la modifica del famigerato art. 32 sugli accertamenti bancari, di cui ci siamo già occupati. Confidiamo dunque che gli organi di governo riacquistino, su questo punto, quel minimo di raziocinio necessario a constatare l’irragionevolezza dell’articolo e a eliminare il sistema delle presunzioni dei prelevamenti da conto corrente che informa in maniera illogica e vessatoria le indagini finanziarie.
Capita dunque a proposito, in speranzosa attesa di un esito positivo della modifica, una nuova lettera di Aldo Canovari, direttore editoriale della Liberilibri che già aveva inviato al Chicago blog le sue amare considerazioni sul sistema fiscale italiano. Prosegui la lettura…

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Fiocco rosa

29 giugno 2011

L’obbligo di una riserva di genere nelle società quotate in borsa, dopo il voto di ieri alla Camera, è legge. Più volte abbiamo fermamente preso posizione circa la non equità di un intervento simile e l’intrusione in dinamiche di carattere privatistico-commerciale in violazione della libera iniziativa economica privata. I motivi di diffidenza possono essere letti e ascoltati qui. Un’altra riflessione merita forse di essere condotta. In un momento di stallo decisionale della politica, mentre assistiamo agli ostacoli immediati di portare avanti il programma di governo e constatiamo, nel lungo periodo, la difficoltà del nostro paese di concludere le riforme che mette in agenda, la legge sulle quote di genere spicca per l’ampio consenso ottenuto dalla classe politica.

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