CHICAGO BLOG » uguaglianza http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Il treno dei liberali, ovvero ricchezza per tutti/Di Giancarlo Maero /2010/08/18/il-treno-dei-liberali-ovvero-ricchezza-per-tuttidi-giancarlo-maero/ /2010/08/18/il-treno-dei-liberali-ovvero-ricchezza-per-tuttidi-giancarlo-maero/#comments Wed, 18 Aug 2010 13:46:26 +0000 Guest /?p=6827 Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Giancarlo Maero:

Questa estate, una sera d’agosto, chiacchierando davanti ad un bicchiere di vino bianco con un amico socialista, in una taverna del Sud, mi sento dire: la società è come un treno che ha diversi vagoni e diverse classi. Io socialista vorrei un treno con un’unica classe, nel quale i passeggeri ricevono tutti gli stessi servizi; tu liberale, vorresti mantenere il treno diviso in diverse classi, con vagoni – i primi – per ricchi, altri per meno ricchi e gli ultimi per poveri.

Non nego che lì per lì il paragone mi ha un po’ spiazzato. Tanto che me la sono cavata rispondendo che la metafora del treno non mi pareva calzante e che, comunque, i poveri, che del “treno” della metafora se ne intendono, preferiscono salire sull’ultimo vagone del primo treno – quello diviso in classi -, piuttosto che sul treno con un’unica classe, sempre che su questo treno li lascino salire. Si trattava di una risposta istintiva e nello stesso tempo empirica, basata sull’esperienza che si ricava dall’osservazione. Una risposta che, però, mi ha lasciato insoddisfatto, come, credo, non abbia convinto il mio amico socialista.

Tant’è che il giorno dopo, mentre pedalavo all’ombra di un grande bosco, ho indirizzato il mio pensiero alla ricerca di una spiegazione, di un supporto razionale, alla risposta che avevo dato. E mi sono venuti in soccorso alcuni argomenti di cui ero venuto a conoscenza in questi ultimi mesi leggendo due bei libri, che si occupano di economia, diritto, politica, genetica ed evoluzione: La politica secondo Darwin, di Paul H. Rubin e Il gene agile di Matt Ridley. Due libri veramente molto interessanti.

Si racconta che i geni del nostro antenato, simile allo scimpanzé moderno, si siano formati in un periodo di circa 1,6 milioni di anni: il Pleistocene. Negli ultimi 40.000 anni del Pleistocene i nostri antenati erano cacciatori (i maschi)-raccoglitori (le femmine). E gli scambi erano limitati (anche se ne fu l’inizio, con conseguenze ritenute molto importanti) all’interno della coppia, oltre che destinati, naturalmente, al nutrimento della prole. In questa situazione il nutrimento era fornito esclusivamente dalla natura, con alcune conseguenze: che poteva sopravvivere solamente un numero limitato di animali per ciascuna specie, che poiché il cibo era limitato erano destinate a sopravvivere le specie più forti ed all’interno di ciascuna specie gli individui più forti (la situazione di homo hominis lupus) e, soprattutto, ai nostri fini, che ciò che cacciava e raccoglieva un nostro antenato veniva sottratto ad un altro nostro antenato, che vedeva pertanto ridotte le possibilità di sopravvivenza propria e dei propri figli e, di conseguenza, dei propri geni. E non c’è, allora, da stupirsi che sia stato lentamente selezionato nel patrimonio genetico dei nostri antenati un sentimento, utile in quell’era per la sopravvivenza, di rancore nei confronti di chi cacciando e raccogliendo più cibo ne toglie la disponibilità agli altri: l’invidia. L’invidia risulta dunque un sentimento utile per la sopravvivenza; e lo stesso uso della violenza (che ai giorni nostri inizia con la coercizione), che nell’invidia ha la sua fonte, ha una giustificazione nell’esigenza di sopravvivenza che è la situazione prima di ogni cosa che vive e che come tale va soddisfatta con ogni mezzo e rispettata.

Questo, dunque, in un’economia come quella descritta, fatta da cacciatori-raccoglitori, consistente in un’attività a somma zero. In cui, per tornare al nostro treno, i posti a sedere sono contati, ed i servizi che si possono avere sono ugualmente limitati: quel che ottiene un passeggero viene necessariamente sottratto ad un altro passeggero. Ma le cose sono cambiate negli ultimi 10.000 anni (dopo il Pleistocene). Per una serie fortunata di combinazioni i nostri antenati hanno cominciato a coltivare la terra a ad allevare gli animali. Ovverosia, hanno cominciato a specializzarsi nello svolgimento di attività dirette alla produzione di beni e servizi. Ed alla specializzazione – alla divisione del lavoro – è seguito lo scambio. Infatti, in mancanza dello scambio la specializzazione nella produzione di un bene – la divisione del lavoro – non avrebbe alcun senso. E, circostanza mai sufficientemente evidenziata, è proprio la capacità di scambiare beni e servizi, capacità che si è sviluppata, non a caso, parallelamente allo sviluppo di quella parte del cervello dei nostri antenati che ci fa “intelligenti”, che distingue la nostra specie dalle altre. Infatti tutti gli animali delle altre specie sono generalisti ed autosufficienti, incapaci di praticare lo scambio, e, prima ancora, di produrre beni e servizi.

Ed a partire dalla acquisita capacità di praticare lo scambio, da questo “miracolo laico”, in conseguenza del quale è felice chi dà e chi riceve, la situazione è completamente cambiata. L’attività degli uomini ha cessato di essere una attività a somma zero per cominciare a diventare un’attività a somma positiva. Ovverosia, l’acquisizione di un bene o di un servizio da parte di un individuo è diventata motivo di ricchezza per un altro individuo, e non più sottrazione di un bene o di un servizio ad un altro individuo. La ricchezza di una persona, dipendendo essenzialmente dalla sua capacità di produrre beni e servizi che le altre persone ritengono per loro utili al punto di essere disposte ad acquistarle o, in tempi passati, a permutarle con beni da loro prodotti (ma è la stessa cosa), è diventata, ben lungi da causa oggettiva di povertà per le altre persone, occasione di ricchezza anche per queste. Il lavoro, che non consiste più nella caccia e nella raccolta di beni che ci offre la natura, ma nella produzione di beni e servizi da scambiare con altri che li ritengano utili, è in realtà l’unica attività “socialmente utile”. E, si ripete, la ricchezza di una persona, nella misura in cui è il frutto di scambi veramente liberi, non corrotti dall’inganno o dall’altrui intervento (intervento esterno a chi scambia), dall’altrui coercizione, rappresenta la vera ed unica occasione per chi è povero di migliorare la propria situazione, di passare dall’ultima classe del nostro treno alle classi dotate di migliori servizi.

Alla luce di queste riflessioni ritengo che fossero fondate sia la mia perplessità circa la correttezza del paragone, della metafora del treno, sia l’osservazione che i poveri preferiscono salire sul primo treno, quello diviso in classi. Compresa la riserva circa la stessa possibilità per i poveri di salire sul secondo treno, a posti fissi e tutti uguali: in questo treno, infatti, o i servizi sono già stati divisi fra i pochi egoisti viaggiatori, e non c’è più posto per altri, né è pensabile, a causa dell’alta imposizione fiscale, creare nuova ricchezza (metafora dei Paesi Scandinavi socialdemocratici), o non sarebbe in ogni caso conveniente salire, in quanto i passeggeri sono tutti ugualmente costretti da una minoranza di conducenti a produrre beni utili per far correre (?) il treno (metafora dei Paesi comunisti).

Peraltro la parabola del treno risulta illuminante sotto un altro aspetto. Serve a spiegare le ragioni per le quali esistono ancora molti socialisti (di destra di centro e di sinistra): immaginano le nostre società come un treno con un numero di posti a sedere limitato e con servizi limitati, ovverosia come società in cui continuano a svolgersi attività a somma zero, come nell’ultimo periodo del Pleistocene, quando i nostri antenati erano cacciatori-raccoglitori. Il treno rappresenta, infatti, bene la situazione di quel periodo, in cui i nostri antenati, cacciatori-raccoglitori, si alimentavano esclusivamente cacciando e raccogliendo quello che la natura donava; ed ogni animale o frutto cacciato, così come ogni posto sul treno o servizio usufruito da un passeggero, significava un animale o un frutto in meno, ovverosia un posto od un servizio in meno, per un altro individuo. Ma, fortunatamente, negli ultimi 10.000 anni le cose sono cambiate. Ed il treno, da luogo a posti fissi ed a servizi limitati, si è trasformato in un treno in continua espansione, con sempre nuovi vagoni e nuovi posti nella prima, nella seconda e nella terza classe; un treno sul quale si possono trovare beni e servizi sempre più numerosi e sempre nuovi, a disposizione di un numero sempre maggiore di passeggeri; un treno sul quale possono salire sempre più persone. E questo processo è destinato ad incrementarsi in proporzione anche all’aumento del numero dei ricchi, ovverosia di coloro che producono beni e servizi che gli altri considerano utili al punto di essere disposti ad acquistarli. E, naturalmente, anche i poveri, e spesso i poveri più degli altri, sono in grado di produrre beni e servizi in concorrenza o originali, tanto da migliorare sensibilmente in pochi anni la propria situazione.

Non a caso la popolazione aumenta soprattutto laddove gli scambi sono maggiormente liberi. Basti pensare ad Hong Kong, almeno prima dell’annessione con la Cina. Ma agli stessi USA.
L’illusione ottica che impedisce di vedere il treno nella sua realtà è la stessa che ha portato in passato ad indugiare sulle sofferenze e la povertà degli operai ammassati nelle periferie delle città-fabbrica inglesi, nel periodo della rivoluzione industriale al fine di indicarne in questa la causa, non vedendo, o forse, oscurando che si trattava di persone che per loro scelta avevano preferito quei sobborghi, con la speranza che portavano, alla inutilmente sperimentata terra.

Ed è la stessa che rende visibili i poveri dei sobborghi delle città USA e non i milioni di poveri che in pochi anni hanno trovato un’occupazione ed i molti poveri che nel giro di poche generazioni hanno acquistato posizioni di prestigio. Si tratta del solito vizio, di guardare il dito che indica, invece di quel che il dito indica.

Chiarito l’arcano del treno ritengo che si possa essere ottimisti e che lo stesso sentimento che alimenta l’invidia, con le distorsioni ottiche che causa e la violenza che ne consegue, sia destinato a diventare sterile; in quanto attualmente non più utile.

Occorre peraltro stare attenti e non dimenticare che la libertà, che ha nella libertà degli scambi la sua massima espressione, è un bene prezioso e non definitivamente acquisito, sempre in pericolo, almeno sino a quando ancora troppe persone vorrebbero costringerci a salire su un treno dove i posti sono contati, i servizi razionati e tutti sono uguali, esclusi loro, che guidano il treno.

]]>
/2010/08/18/il-treno-dei-liberali-ovvero-ricchezza-per-tuttidi-giancarlo-maero/feed/ 18