CHICAGO BLOG » trasporto aereo http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 19:45:09 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Aeroporti tra caos-neve, nazionalizzazioni e pianificazioni /2010/12/23/aeroporti-tra-caos-neve-nazionalizzazioni-e-pianificazioni/ /2010/12/23/aeroporti-tra-caos-neve-nazionalizzazioni-e-pianificazioni/#comments Thu, 23 Dec 2010 11:09:36 +0000 Andrea Giuricin /?p=7895 Rinazionalizzare gli aeroporti? Questa è la proposta shock che circola in Gran Bretagna dopo il fallimento della gestione dell’emergenza neve a Heathrow. L’aeroporto londinese, il piú grande d’Europa, con oltre 66 milioni di passeggeri l’anno, è andato incontro i giorni scorsi ad uno dei blocchi più gravi che si ricordi nella storia dell’aviazione civile. Il maltempo ha colpito un po’ tutta Europa, ma il principale scalo di Londra ha registrato il maggior numero di cancellazioni. British Airways, la compagnia di bandiera britannica, ha annunciato perdite fino a 70 milioni di euro, una cifra quasi tre volte quella denunciata da AirFrance-KLM alle prese con il blocco di Parigi Charles De Gaulle.

London Heathrow è gestito dalla società BAA, controllata dagli spagnoli di Ferrovial. L’antitrust britannico obbligò la vendita di alcuni scali nell’area londinese e chiaramente Ferrovial decise di mantenere il controllo del principale scalo d’Europa.

La società spagnola guidata da Rafael Del Pino si trova al centro delle polemiche, con accuse anche infondate. Tra queste c’è il sottoinvestimento dei privati nell’aeroporto londinese. Questa è una critica strumentale, poiché il livello d’investimenti è circa 6 volte il livello di quello italiano e registra uno dei valori piú elevati al mondo.

Da dove arriva invece il fallimento della gestione dello scalo?

Il problema non deriva dal privato, ma dall’impossibilità dello scalo di continuare ad espandersi.

La costruzione del Terminal 5, dedicato a British Airways, è stato l’ultimo grande investimento effettuato da BAA, ed è stato utilissimo a decongestionare lo scalo.

Infatti London Heathtrow, fino allo scorso anno, aveva una capacità di circa 45 milioni di passeggeri, ma vedeva transitare oltre 60 milioni di passeggeri l’anno.

La conclusione dei lavori del Terminal 5 è stato dunque essenziale, ma un aeroporto non puó funzionare senza piste di atterraggio e decollo; e proprio qui sta la debolezza di Heathrow.

Lo scalo opera con due sole piste, come lo scalo di Milano Malpensa, che tuttavia vede transitare un quarto dei passeggeri di Londra. La costruzione della terza pista è ormai un tabù, poiché non si riesce a trovare un accordo su dove, come e quando costruirla.

Le cittadine intorno allo scalo di Heathrow si sono sempre opposte alla costruzione, che rimane essenziale per operare in condizioni di normalità.

Lo scalo va in sofferenza ogni volta che si crea un’emergenza; certo il numero di spazzaneve poteva essere molto superiore, ma non è un caso, che ogni volta che c’è un evento meteorologico particolare, Heathrow si ferma.

Si può pensare ad un piano nazionale che favorisca lo spostamento del traffico dallo scalo di Heathtrow agli altri aeroporti dell’area londinese? Per fortuna queste idee non sembrano arrivare alla mente del policy maker britannico.

Le compagnie aeree non si sposterebbero mai dallo scalo di Heathrow, dal quale riescono a connettere l’intero mondo. Le tre principali alleanze distruggerebbero il sistema di hub and spoke che a Londra Heathrow vede uno degli snodi principali al mondo.

In Italia si parla invece di piani aeroporti; l’ultimo, proposto dall’ex Ministro Alessandro Bianchi, non aveva senso, perché partiva dal presupposto che il politico o l’esperto sarebbero stati in grado di prevedere gli sviluppi del traffico aereo.

Oggi si riparla di Piano degli aeroporti: ce n’è davvero bisogno?

Quanti di questi avevano previsto che nel 2011 Bergamo Orio al Serio sarebbe diventato il terzo scalo italiano per numero di passeggeri, piú importante di Venezia, Catania e Milano Linate?

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Una corporazione assedia la Spagna /2010/12/05/una-corporazione-assedia-la-spagna/ /2010/12/05/una-corporazione-assedia-la-spagna/#comments Sun, 05 Dec 2010 11:12:13 +0000 Andrea Giuricin /?p=7777 La Spagna è sotto assedio da parte di una corporazione. Una corporazione molto forte, quella dei controllori di volo, che con uno sciopero selvaggio sono stati in grado di bloccare per oltre 24 ore completamente tutti gli aeroporti della Penisola Iberica. Un atto gravissimo, dopo mesi di scioperi bianchi che avevano provocato ritardi in tutto il trasporto aereo spagnolo. Questa crisi è scoppiata il 3 dicembre, il giorno in cui iniziava il Ponte della Costituzione (il 6 e l’8 dicembre sono giorni festivi in Spagna). Oltre 4000 voli sono stati cancellati e più di 600 mila persone sono rimaste a terra, creando una situazione di emergenza in tutti gli aeroporti. Quali sono le motivazioni che hanno portato a quest’azione? È stata proporzionata la risposta del Governo Zapatero? La risposta è sì. Ma sarebbe meglio privatizzare.

Lo scontro tra Governo e controllori di volo andava avanti ormai da mesi, perché l’Esecutivo Zapatero, con il Ministro dell’industria José Blanco, aveva deciso di tagliare gli stipendi ad una categoria che controlla il volo in tutta Spagna.

I controllori di volo sono una delle voci di spesa maggiore per AENA, la società che controlla tutti gli aeroporti pubblici e sono dei funzionari pubblici a tutti gli effetti. Il loro stipendio supera in molti casi i 300 mila euro annuali, con una produttività del 20-25 per cento inferiore rispetto a quella degli altri Paesi Europei.

A maggio, quando il Governo Zapatero aveva annunciato il taglio del 5 per cento degli stipendi statali aveva deciso anche di colpire duramente i lavoratori pubblici che avevano uno stipendio molto elevato e tra questi quello dei controllori. Una giusta misura di contenimento della spesa pubblica.

Era iniziata una trattativa tra le due parti in modo che si ridefinisse una griglia salariale meno onerosa per lo Stato spagnolo, che nel 2009 aveva visto un deficit dell’11,1 per cento.

Il taglio degli stipendi pubblici era inoltre una manovra necessaria per tranquillizzare i mercati dopo l’attacco speculativo sul debito sovrano delle Grecia.

Il Ministro Blanco voleva eliminare le ore di straordinari, che incidevano per circa il 50 per cento dello stipendio dei controllori di volo, tramite una migliore organizzazione del lavoro e una maggiore produttività.

L’accordo non è mai arrivato e venerdì 3 dicembre, all’inizio del turno delle 17, i controllori iniziavano ad avere un’ondata di malori.

Uno sciopero selvaggio vero e proprio dove la malattia diventava una scusa per non andare al lavoro. Il traffico aereo si collassava immediatamente in tutta Spagna e tutti gli aeroporti chiudevano senza preavviso.

Nella serata di venerdì la polizia entrava per prendere i nominativi nell’hotel dove i controllori “ammalati” erano riuniti.

La notte più lunga per l’esecutivo Zapatero cominciava, con l’idea di porre lo stato di emergenza, in modo da sostituire i controllori di volo civili con quelli militari. Un atto molto forte, che non avveniva dai tempi della dittatura di Franco.

Nella tarda mattinata di ieri, Alfredo Pérez Rubalcaba, vicepremier del Governo, annunciava che lo stato di emergenza era stato approvato. Sicuramente anche i vertici del Partito Popolare hanno avallato la decisione, perché difficilmente sarebbe passata una tale misura così forte.

Il Governo Zapatero si è rivelato molto deciso di fronte ad uno sciopero di una corporazione molto forte.

Il passo successivo dovrebbe essere quello di una completa liberalizzazione del settore, che farebbe venire meno il potere di questa categoria. In Gran Bretagna, il settore è stato privatizzato e risulta molto più efficiente di quello spagnolo.

La situazione tornerá molto lentamente alla normalitá, ma al termine dei 15 giorni di stato di emergenza, che coincide con l’inizio delle festivitá natalizie, senza un’apertura del settore, il problema potrebbe ripresentarsi.

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Piccolo Guinness delle corbellerie su Alitalia /2010/11/04/piccolo-guinness-delle-corbellerie-su-alitalia/ /2010/11/04/piccolo-guinness-delle-corbellerie-su-alitalia/#comments Wed, 03 Nov 2010 23:15:50 +0000 Ugo Arrigo /?p=7460 Un’unanimità di no ha accolto l’idea di Rocco Sabelli di suggerire nel 2013 agli azionisti di Alitalia una fusione con Air France: “Alitalia dovrà rimanere italiana” (Berlusconi);  ”Questo può essere un pensiero di Sabelli (l’integrazione in Air France) ma certamente non è condiviso dagli azionisti”; “Alitalia deve rimanere italiana” (Matteoli), “No a fusione con Air France” (Alemanno),  “Sabelli chiarisca su Air France” (Epifani), “La compagnia resti italiana” (Polverini). Zingaretti, presidente della provincia di Roma, è preoccupato per l’occupazione: “I tagli occupazionali che nascono da una fusione sarebbero pagati esclusivamente da migliaia di lavoratori del nostro territorio…”; Meta, capogruppo PD nella commissione trasporti della Camera teme un “… impoverimento gravissimo per il sistema del trasporto aereo nazionale”.

Hanno ragione? Per nostra fortuna disponiamo di un controfatto, un evento del tutto simile accaduto sette anni fa: l’aggregazione di Klm in Air France decisa nel 2003 e divenuta operativa nel 2004. Se essi hanno ragione ci aspettiamo di poter documentare un drastico impoverimento del sistema del trasporto aereo olandese, un crollo nell’occupazione di piloti, hostess e personale di terra, frotte di turisti internazionali diretti ad Amsterdam e invece perfidamente dirottati da Air France a visitare la Tour Eiffell, il Louvre ed Eurodisney.

Ovviamente niente di tutto questo:

  • dal 2003 a oggi Klm è cresciuta del 30% (pax km trasportati) mentre Air France, azienda incorporante, è cresciuta un pò meno (il 27%);
  • il gruppo Air France-Klm è divenuto grazie all’aggregazione il primo in Europa e il secondo nel mondo;
  • dal 2003 ad oggi è il gruppo che è crescito di più in Europa;
  • negli ultimi anni l’occupazione del solo ramo Klm è aumentata di 3 mila unità.

Cosa è successo invece ad Alitalia nello stesso periodo, grazie al nazionalismo economico e al protezionismo nei confronti delle regole del mercato? Ricordiamo che in questo periodo, dopo aver mancato un’occasione di matrimonio con Klm, Aitalia ne ha mancate altre due con Air France.

  • dal 2003 ad oggi Alitalia ha perso un decimo del traffico se non consideriamo AirOne e un quinto se la consideriamo;
  • l’occupazione è scesa di un terzo;
  • la quota di mercato si è contratta di oltre un terzo;
  • tra il 2003 e il 2007 ha cumulato 2,6 mld. di perdite;
  • nel 2008 il ‘salvataggio’ si stima sia costato per maxiperdita del 2008, mancati introiti da vendita a Air France, oneri pubblici per rimborsi ad azionisti ed obbligazionisti, oneri assistenziali per personale in esibero, mancati introiti fiscali e contributivi per ridimensionamento aziendale almeno ulteriori 3 mld.

Bastano i due gruppi di dati per dimostare che i nostri ‘opinion makers’ italiani hanno pesantemente torto mentre ha avuto ragione l’Olanda nel 2003 a favorire l’aggregazione? Eppure per l’Olanda vendere  era molto più difficile perchè quel paese è una monarchia e Klm è l’unica azienda aeronautica europea ad avere la corona reale nel logo (passa in genere inosservata ma è visibilissima) e l’aggettivo reale nel nome: Koninklijke Luchtvaart Maatschappij, Compagnia reale di aviazione.

Persino Margaret Thatcher non riuscì a privatizzare Royal Mail ma ora ci riprova David Cameron, così come ci aveva provato anche Gordon Brown un paio d’anni fa. Allora l’azienda europea con migliori chances di entrare come socio-gestore di Royal Mail era TNT, azienda postale olandese che prima di globalizzarsi comperando il corriere australiano TNT si chiamava in realtà KPN - Koninklike Ptt Nederland. Si nota la K iniziale che sta anche in KLM, infatti il nome vuol dire Poste reali olandesi, ed è superfluo precisare che si tratta di un’azienda completamente privatizzata e della quale il governo non possiede più neppure un’azione. Utile anche ricordare che TNT, già KPN, è in Italia il principale, seppur piccolo, competitore della statalissima Poste Italiane la quale si appresta a statalizzare, con la benedizione del non-reale Tremonti, anche il Mediocredito Centrale.

Morale della favola: nel nord Europa anche le regine hanno capito il mercato, missione che sembra invece impossibile per i  nostri politici nord mediterranei. Con buona pace del contribuente, azionista a forza di imprese sur-reali che non vedrà mai dividendi nè servizi pubblici passabili.

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Ermeneutica di Alitalia /2010/10/10/ermeneutica-di-alitalia/ /2010/10/10/ermeneutica-di-alitalia/#comments Sun, 10 Oct 2010 21:46:50 +0000 Ugo Arrigo /?p=7245 Interessante intervista dell’a.d. di Alitalia Rocco Sabelli a Panorama :

«È  da qualche mese che me ne sono davvero convinto: questa Alitalia può funzionare bene. Le dico di più: dal 2011 in poi, quando entreremo nella fase del dopo ristrutturazione, potrà diventare una compagnia non buona, ma eccellente». Alla fine vola, la fenice. Vola nonostante tanti scettici si affollassero intorno al suo nido. E sembra volare bene, almeno stando ai numeri forniti a getto continuo da Rocco Sabelli …

Poiché, come sostiene l’intervistatore, la fenice sembra volare bene stando almeno ai numeri forniti, dedichiamo questo post a una chiosa ai numeri e ai  concetti contenuti nell’intervista, evidenziando per ognuno se a nostro avviso risultano plausibili e coerenti oppure dubbi  e poco convincenti.

L’Alitalia di Sabelli si prepara a chiudere il 2010 con un aumento dei ricavi superiore al 10 per cento, con oltre 23 milioni di clienti (+5 per cento), con perdite più che dimezzate e con cassa e linee di credito per oltre 400 milioni.

Stando ai risultati del primo semestre e alle tendenze in corso questi numeri sono molto probabili, soprattutto i dati relativi ai passeggeri e ai ricavi. Per quanto riguarda le perdite esse dipendono invece, una volta previsti con piccolo margine d’incertezza passeggeri e ricavi, principalmente dall’andamento dei costi. Nel primo semestre 2010 le perdite si sono rivelate minori di quelle della  nuova Alitalia nel 2009, quasi identiche in valore assoluto a quelle della vecchia Alitalia nel primo semestre 2007 e superiore alle medesime se valutate in percentuale dei ricavi.

Certo la vecchia Alitalia era più grande (a), ma insostenibile (b): la previsione del 2008 di Alitalia con AirOne indicava perdite tra 1,1 e 1,2 miliardi (c) e quelle stesse compagnie nel 2009 avrebbero perso ancora di più.

(a)    Affermazione vera: la nuova Alitalia è molto più piccola sia della somma delle due aziende incorporate (AZ + AirOne) sia della vecchia Alitalia da sola.

(b)   La vecchia Alitalia era certamente insostenibile, tuttavia Sabelli ne imputa la causa alla dimensioni troppo grandi, noi alla gestione e alla strategia d’impresa, in particolare all’errato posizionamento sui differenti segmenti di mercato e all’incapacità finanziaria di sostenere nuovi investimenti  nella flotta.

(c)    Questo valore delle perdite per l’intero 2008 deriva dall’accentuazione della crisi Alitalia nel marzo-aprile 2008: il piano Prato sposta AZ a Fiumicino e ridimensiona l’offerta; questa scelta riduce la domanda che subisce una caduta ulteriore in conseguenza del fatto che i clienti temono l’interruzione delle attività e non comprano più biglietti quando AF rinuncia all’acquisto; i successori di Prato si ‘dimenticano’ di mettere a terra gli aerei non più necessari e in cassa integrazione i dipendenti. Per questo le perdite furono così elevate. Non si possono tuttavia  estrapolare in alcun modo questi eventi eccezionali e ipotizzare perdite ancora più consistenti per l’anno successivo: già nella primavera-estate del 2008, passata la paura,  dopo il prestito governativo da 300 milioni, di un’interruzione a breve termine delle attività i clienti stavano ritornando a volare.

Quali altri obiettivi vi date per il 2011?
Avere oltre 25 milioni di clienti con 3-3,5 miliardi di fatturato (d) , una dimensione che ci collocherebbe al quarto-quinto posto tra le compagnie europee (e).

(d)   I primi due numeri non sono irrealistici: se AZ supera i 23 milioni di passeggeri quest’anno può ambire a 25 l’anno prossimo in  considerazione della ripresa mondiale della domanda. Negli ultimi mesi i dati di traffico sui cieli italiani segnano un più 7-8%. Per quanto riguarda invece i ricavi, nel primo semestre 2010  il rapporto tra ricavi operativi e passeggeri è stato di 140 euro il quali, moltiplicati per i 25 milioni preventivati nel 2011, porterebbero esattamente a 3,5 miliardi di fatturato.

(e)   Questo risultati non farebbero tuttavia di AZ la quarta né la quinta compagnia europea, come si può vedere dalle due classifiche seguenti, costruite sui dati dell’intero anno 2009 (Fonte dei dati: ATW World Airline Report 2009). Per quanto riguarda i passeggeri (espressi in milioni) infatti Alitalia è risultata solo decima e appare in grado di scalare entro il prossimo anno al massimo due posizioni: Sas e una ulteriore per effetto dell’aggregazione di Iberia e British.

  1. Air France-Klm              71,4 milioni
  2. Ryanair                        66,5
  3. Lufthansa                     55,6 
  4. EasyJet                        48,7
  5. British Air.                    31,8
  6. Air Berlin                      27,9
  7. Iberia                           25,6 
  8. Turkish Air.                   25,1
  9. Sas                              21,4
  10. Alitalia                      21,2

In termini di fatturato la sua posizione nel 2009 era invece nona, e anche in questo caso potrebbe al più scalare una o due posizioni:

  1. Lufthansa                      31,9 milioni di $
  2. Air France-Klm               28,3
  3. British Air.                     12,1 
  4. Iberia                            6,32 
  5. Sas                               6,26 
  6. Air Berlin                       4,70 
  7. Turkish Air.                    4,66 
  8. EasyJet                          4,25
  9. Alitalia                         4,18
  10. Ryanair                        4,02

Al di là dei risultati economici, il «prodotto» Alitalia funziona, piace di più?
Le persone che volano con noi ci dicono di sì. E i dati lo confermano. Oggi l’Alitalia ha un tasso di cancellazione dei voli di appena lo 0,5 per cento, il che significa che su 700 collegamenti al giorno non più di tre vengono cancellati. La puntualità è arrivata all’82 per cento dei voli e sul Milano-Roma è al 90 per cento. Nella classifica europea della puntualità nei primi 6 mesi, siamo al secondo posto fra le grandi compagnie. E dalle indagini che dal maggio dello scorso anno conduciamo presso i nostri clienti i soddisfatti sono passati dal 72 all’80 per cento, grazie alla puntualità, alla gestione dei bagagli e al servizio di bordo.

 Non ho la possibilità di confermare questi dati precisi, dato che l’associazione delle compagnie di bandiera europee (AEA) non rende pubblico da diverso tempo il ‘Consumer report’ sulla qualità del servizio prestato dai vettori membri (ritardi e bagagli smarriti).  Le informazioni disponibili vanno tuttavia nella direzione di una conferma del miglioramento nei livelli qualitativi e nel fatto che essi, a differenza di quanto si era verificato all’inizio della nuova gestione, abbiano raggiunto livelli più che accettabili. Il report mensile di Eurocontrol sui ritardi, ad esempio, il quale non pubblica dati sui singoli vettori ma solo sui singoli aeroporti, non include da tempo i principali aeroporti italiani tra quelli soggetti ai ritardi maggiori nello spazio aereo europeo.

A proposito di Roma: quanto incide la rotta Linate-Fiumicino, quella attaccata dal treno, sul vostro fatturato?
Per il 5 per cento, meno di quanto si pensi.

 

Ancora nell’estate 2008 la rotta Linate-Fiumicino pesava per il 10% del mercato domestico del trasporto aereo. Tale quota era coperta per circa due terzi da Alitalia e un terzo da AirOne. I passeggeri Alitalia sulla rotta rappresentavano l’8% dei passeggeri totali di Alitalia ed è stimabile che apportassero già allora il 5% dei ricavi passeggeri totali dell’azienda. Se tale cifra è ancora oggi al 5%, dopo il ridimensionamento dell’azienda, il suo riposizionamento in favore delle rotte domestiche e la monopolizzazione della rotta Linate-Fiumicino, sembrerebbe che quest’ultima azione abbia giovato ben poco ai conti dell’azienda.  Sarebbe interessante verificare se essa sia stata neutralizzata dalla competizione modale del treno ad alta velocità.

 Nel 2011 completerete la ristrutturazione: che cosa sarà, dopo, l’Alitalia?
Già ora pensiamo allo sviluppo che prevede il potenziamento nel mercato italiano e la crescita su quello internazionale: il prossimo anno aumenteremo del 10 per cento la nostra offerta e inaugureremo nuove destinazioni europee e intercontinentali. In particolare, l’AirOne passerà da 5 a 8 aerei e da Malpensa coprirà nove nuove rotte internazionali,verso l’Europa dell’Est e il Nord Africa. Mentre l’Alitalia potenzierà le frequenze verso il Giappone, coprendo gli spazi lasciati liberi dalla Jal, e da giugno aprirà una nuova destinazione in Brasile, a Rio de Janeiro. Guardiamo anche alla Cina: è probabile che inaugureremo una rotta per Pechino o Shanghai nel 2011, con un anno di anticipo rispetto ai piani.

 

L’espansione internazionale e intercontinentale di Alitalia è un’ottima notizia. La abbiamo sempre auspicata, criticando il piano Fenice che aveva invece provveduto a un drastico ridimensionamento di questi segmenti. Fa molto piacere che la nuova Alitalia non segue le rotte errate di tale piano.

Rinnoverete anche la flotta?
Dopo avere acquistato 18 nuovi aerei tra il 2009 e il 2010, il prossimo anno ne dovremmo introdurre un’altra decina, di cui tre o quattro a lungo raggio. Con 30 nuovi aerei in un triennio, saremo la compagnia europea con il piano di rinnovo più impegnativo. E alla fine la nostra flotta avrà un’età media inferiore ai 9 anni, la più giovane d’Europa, low cost escluse.

Il rinnovo della flotta è uno degli aspetti migliori della nuova gestione  così come l’assenza di investimenti al riguardo era uno dei limiti maggiori di quella vecchia.

Ecco, le low cost: continueranno a essere un concorrente agguerrito?
Andrebbe ricordato che le compagnie low cost prendono sussidi dagli aeroporti (f), non hanno il contratto di lavoro italiano, non pagano le tasse in Italia (g) … ma non mi interessa. Io so che offrono un prodotto a un prezzo competitivo. E io cerco di competere sul prezzo perché ho una struttura di costi che me lo permette, a metà strada fra le compagnie tradizionali e quelle low cost (h). Per questo abbiamo offerte da 20 euro con AirOne e da 39 euro con Alitalia. Non a caso stiamo aumentando le nostre quote di mercato (i). E poi penso che in futuro le low cost diventeranno meno aggressive perché gli aeroporti non ce la fanno più a finanziarle o non vogliono dipendere da una sola compagnia (j).

(f)     Qui ha ragione Sabelli: i sussidi andrebbero evitati o regolamentati in maniera più stretta. Nell’attesa non possiamo certo rimproverare ad Alitalia di operare anch’essa su rotte sussidiate.

(g)    Questa è la ragione per la quale i vettori esteri dominano i trasporti internazionali da e verso l’Italia su tutte le modalità, non solo quella aerea (sulla quale hanno più dei tre quarti di quota di mercato).

(h)   Se effettivamente i costi unitari, correttamente calcolati, fossero a metà strada tra i vettori tradizionali e quelli low cost, Alitalia godrebbe dello stesso successo e tassi di crescita di Turkish Airlines. Il fatto che sembrino a metà strada è a mio avviso frutto della prassi, diffusa nell’industria aerea, di  dividere i costi operativi totali per indicatori di traffico relativi ai soli passeggeri. Essa è in realtà corretta solo in presenza di un mix simile di traffici tra passeggeri e cargo mentre  Alitalia, che ha pochissimo cargo, si avvicina in questa caratteristica ai vettori low cost e si differenzia dalle maggiori compagnie tradizionali.  

(i)      Credo che in realtà Alitalia nell’insieme del 2010 stia sostanzialmente conservando le quote di mercato dello scorso anno: dai dati Assaeroporti emerge infatti che in Italia il movimento dei passeggeri sulle rotte domestiche era in agosto  a un +7% rispetto allo stesso mese del 2009 mentre sulle rotte internazionali a un +8%. In questo mese Alitalia ha fatto meglio del mercato dato che ha realizzato sull’insieme delle rotte servite un +8,6%; invece nei primi sette mesi dell’anno l’intero mercato è cresciuto  del 5,6% mentre Alitalia nello stesso periodo è aumentata del 4,1% (fonte Aea).

(j)     Non sono altrettanto ottimista: il principale vantaggio dei vettori low cost è rappresentato proprio dai costi unitari, non dai ricavi extrautenti di cui pure godono. Essi sembrano avvantaggiarsi in tutte le fasi del ciclo: in recessione, perché attraggono viaggiatori business le cui aziende hanno ridimensionato il budget per i viaggi, e in espansione, perché intercettano la maggior domanda turistica. Nell’ultimo anno, intanto, sono andati benissimo: in agosto Ryanair registrava un incremento passeggeri su dodici mesi del 12%, Air Berlin del 9%, EasyJet dell’8%.

La Iberia si unisce alla British Airways, la United si fonde con la Continental, il settore va verso un progressivo consolidamento. Perché l’Alitalia ce la dovrebbe fare da sola? Nel nostro piano industriale è prevista un’Alitalia «stand-alone» (k) con 30 milioni di passeggeri (l) e una serie di rotte sostenibili, tenute aperte cioè solo se rendono.

(k)    Siamo dell’idea, non da ora, che le aggregazioni siano inevitabili, anche tra grandi operatori stabilmente caratterizzati da buone performance; a maggior ragione per vettori di minori dimensioni.  E comunque auguriamo ad Alitalia di riuscire nei suoi progetti, soprattutto nell’interesse dei  suoi lavoratori.

(l)      Un vettore da 30 milioni di passeggeri rappresenta un progetto diverso e più ambizioso dell’originario piano Fenice: esso richiederà inevitabilmente l’impiego di più aerei  e di più personale.  Tuttavia, considerando che la vecchia Alitalia e la vecchia AirOne nel 2007 hanno trasportato complessivamente 31,5 milioni di passeggeri, non è forse questa la conferma che era meglio provare a rilanciarle senza drastici ridimensionamenti? Ovviamente avendo a disposizione le più ampie risorse finanziarie e di know how che un grande vettore europeo (Air France-Klm o Lufthansa) era in grado di apportare …

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Piccolo Guinness di Alitalia II /2010/09/11/piccolo-guinness-di-alitalia-ii/ /2010/09/11/piccolo-guinness-di-alitalia-ii/#comments Sat, 11 Sep 2010 19:46:50 +0000 Ugo Arrigo /?p=7002 Aggiorniamo il piccolo Guinness di Alitalia con i conti della nuova azienda relativi al primo semestre 2010, resi noti nel comunicato stampa dello scorso 30 luglio. Come nella precedente puntata, relativa ai dati del I trimestre 2010, confrontiamo i risultati del nuovo vettore con  quelli della vecchia compagnia nel periodo corrispondente del 2007 (I semestre), ultimo anno di relativa normalità operativa. La domanda cruciale, infatti, non è tanto se la nuova Alitalia stia andando meglio nel 2010 rispetto al 2009 quanto se essa vada meglio della vecchia, dato che questo era l’obiettivo implicito del costoso intervento pubblico. Per ogni variabile i dati 2007 di raffronto sono riportati in parentesi dopo quelli del I semestre 2010:

  • Ricavi operativi: 1.480 mil.  ( 2.309 mil.) 
  • Costi operativi: 1.609 mil.  (2.436 mil.)
  • Risultato operativo:  -129 mil. (-127 mil.)
  • Risultato operativo in % ricavi op.:  -8,7  % (-5,5 %)
  • Passeggeri trasportati: 10,6 mil. (11,9 mil.)
  • Load factor: 68,0 %  (73,3 %)
  • Risultato operativo/passeggeri trasportati: -12 euro (-11 euro)

I dati precedenti evidenziano come la nuova Alitalia pur avendo notevolmente migliorato i suoi risultati nella prima metà del 2010 rispetto al 2009, come messo in rilievo nel comunicato stampa, non abbia ancora raggiunto quelli che la vecchia azienda era comunque in grado di conseguire in periodi di normale operatività. L’obiettivo di una nuova azienda migliore della vecchia non è dunque ancora raggiunto e appaiono non giustificati i titoli ottimistici che compaiono regolarmente su molte testate giornalistiche. Il Corriere di ieri, ad esempio, titolava:

Il rilancio Nel terzo trimestre previsto il raddoppio dell’ utile operativo della compagnia.

La ripresa d’ estate per la nuova Alitalia

La ripresa d’estate per un’azienda come Alitalia si chiama tuttavia stagionalità: è ovvio che i mesi estivi siano migliori dei precedenti e anche che siano migliori degli stessi mesi dell’anno prima, visto la difficile partenza del nuovo vettore e la recessione economica nel 2009. Per dare giudizi più seriamente basati su fatti e numeri meglio aspettare sia  il III che il IV trimestre.

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La tassa sui voli tedeschi: l’ennesimo errore statalista /2010/09/03/la-tassa-sui-voli-tedeschi-lennesimo-errore-statalista/ /2010/09/03/la-tassa-sui-voli-tedeschi-lennesimo-errore-statalista/#comments Fri, 03 Sep 2010 09:01:07 +0000 Andrea Giuricin /?p=6932

Il Governo tedesco, guidato da Angela Merkel, ha confermato pochi giorni fa la manovra finanziaria di rigore che porterà 80 miliardi di euro nelle casse dello Stato Teutonico in 4 anni. Questa manovra è fatta sia di tagli alla spesa sociale, che di nuove tasse. E una di queste nuove entrate è al centro delle polemiche: la tassa sui biglietti aerei. Il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble ha confermato che l’introito di questa imposta sarà di circa un miliardo di euro l’anno ed entrerà in vigore dal prossimo anno. La strutturazione della tassa sui biglietti aerei prevede un sovrapprezzo di 8 euro per le tratte di breve distanza, 25 euro per il medio raggio e 45 euro per le rotte a lunga percorrenza. Se questa nuova imposta, che pesa il 5 per cento della manovra finanziaria quadriennale, dovesse entrare realmente in vigore, sarebbe un grave colpo per l’aviazione tedesca che vedrebbe la propria competitività diminuire.

La Germania, nonostante la presenza di Lufthansa, è uno dei Paesi in Europa che meno ha visto sviluppare il proprio traffico aereo dal momento della liberalizzazione dei voli europei del 1997.

L’indice dei voli per abitante, che mette in relazione il numero di viaggi annuali con la popolazione in ogni Paese Europeo, era nel 2009 inferiore a 2 voli per abitante. La media europea “viaggiava” sopra il valore di 2,5 e Gran Bretagna e Spagna registravano rispettivamente un valore di 3,25 e 3,29 voli per abitante.

Solamente Francia e Italia avevano nel 2009 un indice piú basso e dunque la Germania vede uno sviluppo del traffico aereo non eccezionale.

L’introduzione di questa nuova imposta è un rischio per le imprese aeronautiche tedesche, perché di fatto molti viaggiatori preferiranno viaggiare verso le destinazioni intercontinentali passando da hub differenti da quelli di Monaco e Francoforte.

La competizione nel settore del trasporto aereo è così forte che una tassa di 45 euro per tratta non è indifferente nella scelta della compagnia aerea. Se un biglietto intercontinentale ha un prezzo di 300 euro solo andata, l’introduzione dell’imposta significa aumentare il prezzo del 15 per cento. Nei voli a breve raggio, ad esempio, Ryanair ha un prezzo del biglietto medio di 40 euro e dunque il sovrapprezzo raggiungerà il 20 per cento (8 euro).

Il Governo tedesco spera che i voli diretti di breve raggio non siano sostituibili, mentre per le destinazioni intercontinentali suppone che il tasso di utilizzo di altri hub stranieri sia limitato.

Negli ultimi anni diversi Paesi europei hanno deciso di “fare cassa” grazie al settore del trasporto aereo. Questo è dovuto al fatto che il trasporto aereo, grazie alla liberalizzazione, è cresciuto a “ritmi cinesi” con un raddoppio del traffico tra il 1997 e il 2007.

Gran Bretagna, Olanda e Irlanda hanno introdotto tasse che hanno scoraggiato il traffico nell’ultimo biennio, mentre in Italia ci si prepara all’aumento delle tasse aeroportuali di 3 euro.

Questi incrementi della pressione fiscale in realtà portano introiti limitati per i bilanci sofferenti degli Stati dell’Unione Europei, ma penalizzano fortemente il traffico aereo.

Oltretutto una struttura della tassazione che ha un peso identico in termini monetari, non incide ugualmente percentualmente sul prezzo del biglietto.

Ryanair con un prezzo medio per tratta di 40 euro, vede un sovrapprezzo del 20 per cento, mentre Lufthansa o altre compagnie tradizionali, che hanno un prezzo medio del biglietto superiore ai 100 euro, vedono l’impatto fermarsi al 5 per cento circa.

In questo modo si colpiscono maggiormente i consumatori low cost e le compagnie come Ryanair ed Easyjet.

L’aumento del gettito dovuto all’introduzione della tassa sui biglietti sarà certamente compensato da una caduta dei ricavi che provocherà una diminuzione del gettito.

Come al solito i problemi dei bilanci statali sono “curati” colpendo settori dell’economia dinamici.

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Continental e United e la concorrenza nel mercato aereo /2010/08/29/continental-e-united-e-la-concorrenza-nel-mercato-aereo/ /2010/08/29/continental-e-united-e-la-concorrenza-nel-mercato-aereo/#comments Sun, 29 Aug 2010 14:20:28 +0000 Andrea Giuricin /?p=6890

È arrivata ieri una notizia che rivoluzionerà i cieli mondiali: il Dipartimento di Giustizia Americana ha permesso la fusione tra United Airlines e Continental Airlines. Certo la notizia era già annunciata poiché lo scorso 12 agosto le due compagnie avevano svelato il marchio che avrebbe volato sulle fusoliere della flotta della nuova compagnia. L’Antitrust americano ha posto alcune condizioni, in particolare la vendita di alcuni slot nello scalo di Newark. La nuova compagnia avrá la sua base a Chicago e farà una forte concorrenza all’altro grande operatore tradizionale americano, Delta Airlines e alla prima low cost statunitense Southwest. È nata dunque una delle più grandi compagnie mondiali almeno in termini di passeggeri, ma il fatto più rilevante è che questa fusione conferma una tendenza degli ultimi anni.

Il mercato aereo ha conosciuto un decennio estremamente delicato tra il 2001 e il 2010. In particolare le compagnie tradizionali hanno visto la crescita dei vettori low cost che hanno sottratto quote importanti di mercato. Il decennio è stato inoltre caratterizzato da tragici shock esterni.

Dapprima l’11 settembre, che ha provocato una caduta del traffico di almeno il 20 per cento nei mesi susseguenti all’attacco alle Torri Gemelle e in seguito la SARS hanno inciso pesantemente sui bilanci delle principali compagnie aeree mondiali nel primo lustro del 2000.

In questo primo quinquiennio si sono rafforzate le grandi alleanze globali con a capo le grandi compagnie americane ed europee. Il traffico aereo si è concentrato verso tre grandi operatori globali, quali Skyteam, One World e Star Alliance.

Gli shock esterni e la maggiore concorrenza delle compagnie low cost, principalmente in Europa, hanno costretto i vettori tradizionali a ristrutturarsi.

In questa fase sono cominciate anche le fusioni tra le grandi compagnie, culminato con il merger tra AirFrance e KLM.

Questa tendenza nella seconda parte del primo decennio del nuovo secolo. La crisi economica ha accelerato il processo di concentrazione, tanto che non solamente si sono uniti i grandi vettori tradizionali, ma sono state create joint venture tra i vettori americani e quelli europei.

Nel mercato europeo, la tedesca Lufthansa ha continuato ad acquistare vettori, fino a raggiungere un fatturato di quasi 25 miliardi di euro, mentre British Airways ed Iberia hanno concluso proprio nel 2010 l’accordo per la fusione.

AirFrance-KLM, oltre ad essere diventato il primo socio di Alitalia, ha creato una joint venture per i voli tra le due sponde dell’oceano Atlantico con Delta.

Questi accordi sono stati favoriti da un cambio legislativo: l’Open Sky. Questo è entrato in vigore da fine marzo del 2008 e ha permesso una liberalizzazione dei voli tra Stati Uniti ed Europa.

L’Open Sky ha modificato il panorama del trasporto aereo e ha aumentato la concorrenza tra i vettori europei e quelli americani.  La legislazione vigente non permette tuttavia l’acquisto incrociato di maggioranze di compagnie tra Stati Uniti ed Unione Europea.

Per questa ragione si stanno formando grandi gruppi americani e grandi gruppi europei, legati molto spesso da joint venture, ma niente di piú. Nel momento in cui si dovesse arrivare ad un accordo per l’acquisto incrociato delle compagnie aeree, le fusioni non sarebbero piú a livello continentale, ma intercontinentale.

Questi vettori legati nelle joint-venture si trovano sempre piú a combattere la concorrenza dei vettori asiatici e medio-orientali ed è quindi quasi naturale che si creino dei gruppi sempre più grandi.

La fusione tra Continental e United dunque segue un percorso iniziato diversi anni fa ed è prevedibile che non sia l’ultimo merger nel settore.

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Mercato aereo: la liberalizzazione necessaria /2010/07/22/mercato-aereo-la-liberalizzazione-necessaria/ /2010/07/22/mercato-aereo-la-liberalizzazione-necessaria/#comments Thu, 22 Jul 2010 18:44:32 +0000 Andrea Giuricin /?p=6617 Il cielo tra Europa e Stati Uniti d’America è in pieno fermento. Dopo l’entrata di Alitalia nella joint venture creata da Delta e AirFrance-KLM per i voli transatlantici, è l’ora dell’alleanza tra American Airlines, British Airways e Iberia. In realtà, la pèolitica europea dovrebbe capire cdhe aria tira e megttersi in testa ai processi: che significa solo finalmente aprire la porta a fusioni tra compagnie europee ed americane.

Le compagnie facenti parte di One World hanno deciso di approfondire l’alleanza e di seguire quanto era stato fatto in SkyTeam. Quest’ultima alleanza, con la leadership di AirFrance – KLM era stata la prima a decidere di creare una joint venture con la compagnia partner Delta per effettuare i voli tra USA ed Unione Europea.

L’obiettivo è quello di migliorare il coordinamento delle rotte e di effettuare risparmi di costo. I ricavi della nuova joint-venture sono ripartiti tra le compagnie e questo passo è molto importante per una nuova strategia delle compagnie full-service.

Questi vettori sono sempre più stretti tra la concorrenza delle compagnie low cost nel medio e breve raggio e la competizione di gruppi aerei sempre piú grandi. Gli shock esterni, che non hanno smesso di susseguirsi nel settore aereo, hanno dato impulso affinché i vettori tradizionali completassero un processo di fusione iniziato con il merger tra AirFrance e KLM.

Sono presenti altri fattori che stanno spingendo le alleanze sempre piú strette tra le grandi compagnie europee ed americane.

In primo luogo, la prima liberalizzazione, denominata “Open Sky”, completata nel marzo del 2008, ha aperto ad una piena competizione tra i vettori americani e quelli europei nelle rotte Atlantiche. Tale apertura dei cieli permette a qualunque compagnia, americana od europea, di compiere un tragitto tra un qualunque punto degli Stati Uniti d’America e Europa.

Tale accordo tuttavia vede la mancanza di un passo successivo. Attualmente le compagnie europee non possono assumere il controllo azionario di una compagnia americana e viceversa. Questo è il secondo pacchetto di liberalizzazione in discussione tra il Governo Americano e la Commissione Europea. Poche settimane fa, le due parti sono arrivate ad un accordo e hanno deciso che  l’obiettivo comune è quello che in futuro le compagnie americane ed europee possano comprarsi vicendevolmente.

Questo è certamente un passo in avanti, dopo che l’amministrazione Obama aveva bloccato l’ulteriore liberalizzazione per paura che le compagnie europee potessero prendere il controllo delle compagnie americane, riflettendo di fatto la posizione dei sindacati dei vettori statunitensi.

Rimane il dubbio che tale apertura del mercato possa rimanere solo sulla carta, poiché non è stata fissata alcuna data precisa della liberalizzazione.

La concorrenza tra le compagnie statunitensi ed americane si è rivelata efficace con una diminuzione dei prezzi dei biglietti aerei. Questa liberalizzazione ha dato impulso alle fusioni tra i vettori ed ad un approfondimento delle alleanze, con la creazione delle joint-venture nel mercato transatlantico.

È indubbio che in futuro, nel momento in cui saranno permesse le fusioni tra i vettori statunitensi ed europei, si creeranno grandi gruppi, non difformi da quelli che stanno nascendo nelle joint-venture.

Tali grandi compagnie si confronteranno in un mercato sempre piú globale, con la crescita delle compagnie asiatiche e di quelle medio-orientali, in grande sviluppo anche grazie ai sussidi dei Governi.

La joint-venture è la risposta piú intelligente che le compagnie possono dare in questo momento.

Se la politica non si rivelerà ottusa ed incline a seguire interessi particolari, dovrá permettere la fusione tra i vettori statunitensi ed europei.

Solo in questo modo questi grandi vettori potranno sopravvivere ad un mercato aereo sempre piú globalizzato.

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Perdite, ricapitalizzazioni e salvataggi di Alitalia /2010/06/12/perdite-ricapitalizzazioni-e-salvataggi-di-alitalia/ /2010/06/12/perdite-ricapitalizzazioni-e-salvataggi-di-alitalia/#comments Sat, 12 Jun 2010 10:09:56 +0000 Andrea Giuricin /?p=6254 Le ultime dichiarazioni di Roberto Colaninno, presidente di Alitalia, al Festival di Trento dell’Economia,  introducono parecchi punti interrogativi sul futuro della compagnia di bandiera. Il presidente del vettore non ha infatti escluso una ricapitalizzazione della compagnia a poco più di un anno dalla rinascita. Una ricapitalizzazione sembra quasi inevitabile, poiché la cassa vede disponibilità di 390 milioni di euro e le perdite annuali potrebbero avvicinarsi a questa cifra, se il mercato non dovesse riprendersi e il prezzo del petrolio calare.

Il trasporto aereo mondiale è previsto in recupero quest’anno, tanto che la IATA, che raggruppa il 95 per cento delle compagnie mondiali, prevede un beneficio a livello globale per oltre due miliardi e mezzo di dollari. Questo dato positivo non riguarda l’Europa, dove i vettori di bandiera probabilmente perderanno oltre due miliardi di euro nel corso del 2010.

Il biennio appena trascorso è stato il peggiore della storia nell’aviazione civile. Le perdite sono state superiori ai 20 miliardi di dollari a causa del prezzo del petrolio molto elevato e della crisi economica che ha colpito duramente il trasporto aereo.

Il costo del carburante ha raggiunto livelli elevatissimi a metà del 2008, quando il prezzo del “barile di greggio” aveva sfiorato i 150 dollari. Quest’aumento dei costi si è riversato sui conti delle compagnie non immediatamente, perché i vettori sono soliti coprirsi dal rischio dell’aumento del prezzo del carburante. È la ragione per la quale, se il picco del prezzo del petrolio si è avuto nel 2008, i conti delle compagnie hanno visto un profondo peggioramento nel 2009.

La crisi economica non ha solo colpito quasi tutte le compagnie aeree con una riduzione del numero di passeggeri trasportati, ma ha visto una riduzione del prezzo medio del biglietto. In generale lo yield, vale a dire il ricavo per posto chilometro venduto, è diminuito di oltre il 10 per cento, ma nel settore business la caduta è stata superiore al 20 per cento. Per questo motivo le compagnie tradizionali, che hanno quote di mercato superiore nel segmento business, hanno sofferto maggiormente dei vettori low cost.

In Europa, le due principali compagnie a basso costo, Ryanair ed Easyjet, hanno registrato una crescita del numero di passeggeri continua e nel 2009 entrambe hanno registrato un utile di bilancio. In particolare la compagnia irlandese guidata da Micheal O’Leary ha visto un beneficio di oltre 300 milioni di euro, mentre la britannica Easyjet ha avuto un utile di circa 40 milioni di sterline.

E Alitalia?

Il vettore nato a fine 2008 dalle ceneri della vecchia compagnia statale con la fusione di AirOne ha iniziato ad operare nel peggiore periodo dell’aviazione civile. Il 13 gennaio del 2009 è stato effettuato il primo volo della nuova compagnia ed ha subito dovuto scontrarsi con un mercato molto difficile.

Le perdite operative nel primo trimestre del 2009 sono state di 210 milioni di euro e nel corso del 2009 le perdite nette hanno raggiunto i 326 milioni di euro. Il risultato operativo è stato negativo per 274 milioni di euro, pari al 9,4 per cento dei ricavi totali, in percentuale superiore a quello registrato dalla compagnia statale nel 2007.

Questi dati sono certamente influenzati da un andamento del mercato in forte contrazione, ma non bisogna dimenticare che nel corso del 2009 la compagnia di bandiera aveva beneficiato di un elemento molto positivo. Alitalia aveva potuto fare le scorte di carburante quando il prezzo del petrolio ai minimi, cioè a 35 dollari al barile. Per tutto il resto dell’anno, il petrolio si è mantenuto sopra i 60/70 dollari ed anche per il 2010 la stima degli economisti prevede livelli di prezzo simili.

Queste scorte “a buon prezzo”, dovute alla data di nascita della compagnia, sono state un elemento non ricorrente nel 2009 e, nel 2010, il costo del carburante peggiorerà i conti di circa 300 milioni di euro.

Un altro dato interessante, forse proprio legato a ricavi non ricorrenti, è il dato dell’ultimo trimestre del 2009. I ricavi per passeggero sono stati superiori del 19 per cento rispetto alla media annuale, in un trimestre, il quarto, che normalmente non è particolarmente favorevole al trasporto aereo.

È sorprendente che per i primi tre trimestri del 2009 ogni passeggero pagava in media 132 euro per un biglietto, per poi spendere quasi 160 euro nell’ultimo trimestre, e scendere nel primo trimestre del 2010 ad un valore di 135 euro.

Queste cifre fanno supporre entrate straordinarie nell’ultimo trimestre dell’anno che di fatto avrebbero alleggerito i conti della compagnia aerea.

La situazione di Alitalia non è dunque facile, con il costo del carburante inevitabilmente in crescita.

I dati del primo trimestre del 2010 evidenziano un rapporto negativo tra perdite operative e ricavi, pari al 19,6 per cento; un dato estremamente negativo, pur essendo in un trimestre non favorevole al trasporto aereo.

La concorrenza delle low cost è sempre più forte in Italia e nel 2010. Ryanair quasi sicuramente, diventerà il primo operatore sul territorio italiano con oltre il 20 per cento della quota di mercato superando anche Alitalia.

Una ricapitalizzazione sembra quasi inevitabile, poiché la cassa vede disponibilità di 390 milioni di euro e le perdite annuali potrebbero avvicinarsi a questa cifra, se il mercato non dovesse riprendersi e il prezzo del petrolio calare.

A quel punto, i soci di AirFrance-KLM, potrebbero ritrovarsi con la possibilità di crescere nell’azionariato della compagnia aerea, anche se il management di Alitalia smentisce questa ipotesi.

La stessa compagnia francese, la seconda in Europa, ha registrato nel 2009 perdite per oltre 1,5 miliardi di euro ed è il vettore che più sta soffrendo la crisi del trasporto aereo.

Nonostante queste difficoltà, il gruppo franco-olandese, potrebbe decidere di aumentare la sua quota in Alitalia, anche perché il mercato italiano ha buone possibilità di sviluppo e AirFrance-KLM ha la necessità di crescere in Europa.

Il processo di fusione tra i vettori tradizionali è inevitabile e proprio i francesi avevano iniziato nel 2004 con il merger con KLM. Lufthansa ha acquistato nell’ultimo biennio tre compagnie aeree, tra le quali Austrian Airlines, mentre British Airways ed Iberia stanno dando vita alla terza compagnia europea. È difficile che il gruppo franco-olandese non cresca in Alitalia, se dovesse capitare l’occasione.

L’altra ipotesi, molto peggiore, è quella i francesi non vogliano/possano crescere in Alitalia e dunque vi sia la necessità di un intervento statale per la compagnia, magari con l’entrata di Cassa Depositi e Prestiti.

Se così fosse, dopo avere bruciato 4 miliardi di euro nella gestione pubblica Alitalia nel decennio 1998-2008, aver gettato 3 miliardi per il rilancio della nuova Alitalia e aver ristretto la concorrenza nel trasporto aereo con la legge “SalvaAlitalia”, un altro intervento pubblico, sarebbe l’ennesima sconfitta dello Stato imprenditore.

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Piccolo Guinness di Alitalia /2010/06/06/piccolo-guinness-di-alitalia/ /2010/06/06/piccolo-guinness-di-alitalia/#comments Sun, 06 Jun 2010 20:13:51 +0000 Ugo Arrigo /?p=6204 Il piccolo Guinness di oggi è dedicato ai conti della nuova Alitalia nel primo trimestre 2010, resi noti nel comunicato stampa dello scorso 12 maggio. Poichè il primo trimestre 2009 non è confrontabile perchè caratterizzato dal difficile avvio del nuovo vettore e nel primo trimestre 2008 la vecchia Alitalia era già in profonda crisi, confrontiamo i dati del nuovo vettore nel I trimestre 2010 con quelli della vecchia compagnia nel I trimestre 2007, periodo caratterizzato da relativa normalità. Per ogni variabile i dati 2007 di raffronto sono riportati in parentesi dopo quelli del I trim. 2010.

  • Ricavi operativi: 639 mil.  (1.061 mil.)
  • Costi operativi: 764 mil.  (1.174 mil.)
  • Risultato operativo:  -125 mil. (-113 mil.)
  • Risultato op. in % ricavi op.:  -19,6% (-10,7%)
  • Passeggeri trasportati: 4,7 mil. (5,5 mil.)
  • Load factor: 64,5% (70,0%)
  • Ricavi op./pax trasportati: 136 euro (193 euro)
  • Costi op./pax trasportati: 163 euro (214 euro)
  • Risultato op./pax trasportati: -27 euro (-21 euro)
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