CHICAGO BLOG » trasparenza http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Nucleare e informazione. Di Giovanni Galgano /2010/03/15/nucleare-e-informazione-di-giovanni-galgano/ /2010/03/15/nucleare-e-informazione-di-giovanni-galgano/#comments Mon, 15 Mar 2010 09:04:54 +0000 Guest /?p=5393 Riceviamo da Giovanni Galgano e volentieri pubblichiamo.

Il “ritorno” al nucleare, punto fermo della strategia energetica del governo italiano, sta causando crescenti tensioni tra differenti apparati dello Stato, motivate perlopiù dalle solite difficoltà di interpretazione legate alla concorrenza tra Stato e Regioni in materia energetica. Ben 12 Regioni hanno ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge 99/2009 che statuisce in materia di energia nucleare e di fatto spiana la strada all’atomo italico. Puglia, Basilicata e Campania hanno promulgato una legge regionale in cui escludono e impediscono la realizzazione di centrali nucleari sui loro territori e il Governo ha impugnato di fronte alla Corte Costituzionale tali leggi, eccependone la competenza sulla materia. A metà febbraio 2010 il Governo ha emanato il Decreto legislativo che disciplina la localizzazione, la realizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, gli impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché le misure compensative e campagne informative al pubblico.

 L’Osservatorio Nimby Forum®, che monitora e studia i casi di “sindrome Nimby” in Italia e che recentemente ha presentato il suo ultimo rapporto, ha messo sotto la sua lente nel 2009 una serie di focolai di protesta in quei territori ove si è soltanto “parlato” di localizzare le nuove centrali. Il mero diffondersi di voci – molto spesso infondate – sulla presunta localizzazione di impianti di produzione di energia nucleare ha generato una ridda di prese di posizione contrarie ai presunti nuovi insediamenti, a prescindere dalla veridicità dell’informazione, in un momento storico nel quale il Governo non aveva ancora reso noto (e ancora mentre scriviamo non lo ha fatto) le località che saranno considerate per l’insediamento dei siti.

L’Osservatorio ha rilevato ben 22 casi di opposizione a mere ipotesi di localizzazione di impianti nucleari (qualcuna per la verità abbastanza fondata, affermano gli esperti) di fronte ad un piano complessivo di sviluppo a lungo termine che si incentra sulla realizzazione di un numero totale di centrali certamente di gran lunga inferiore.

Si tratta di casi che hanno avuto un ampio riscontro mediatico in assenza di notizie certe, basate per lo più su indiscrezioni di stampa e su voci non ufficiali. Una sorta di Nimby virtuale, sul quale aleggia, a nostro giudizio, una diffusa mancanza di consapevolezza sui temi del nucleare: di fatto sussiste un enorme deficit di conoscenza da parte dell’opinione pubblica in merito agli aspetti ambientali, economici e di safety che oggi  la tecnologia nucleare gioca sul grande tavolo energetico mondiale.

Se il Governo ha deciso di perseguire un “new deal” energetico italiano, questo non può prescindere da un corretto e trasparente dialogo con l’opinione pubblica e, successivamente, con le comunità che vivono nei territori che verranno ritenuti adatti ad accogliere una centrale nucleare.

Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso febbraio che stabilisce le “linee-guida” e i criteri per il ritorno del nucleare rappresenta certamente un buon punto di partenza, soprattutto dove viene prevista “la partecipazione di regioni, enti locali e popolazioni sulle procedure autorizzative, sulla realizzazione, sull’esercizio e sulla disattivazione degli impianti nucleari, così come sulle misure di protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente”. E buona norma ci pare anche l’art.22 dello stesso provvedimento, che  individua nel Comitato di confronto e trasparenza l’organismo territoriale che dovrà gestire la partecipazione alle procedure da parte di enti e cittadini.

Tuttavia è opportuno evidenziare le differenze tecniche che sussistono tra le azioni di comunicazione al territorio e quelle di informazione, sulle quali potrebbe essere determinante l’apporto di esperti massmediologi, sociologi, studiosi dei mass media. Il ritorno al nucleare non passerà soltanto da un “convincimento dialogato” con le comunità interessate dagli impianti. Sarà decisiva un’azione di informazione più generale, rivolta a tutti gli strati della popolazione che rappresenti in modo oggettivo, scientifico, con un’azione scevra da approcci ideologici, la realtà dell’energia nucleare oggi nel mondo, e ne svisceri vantaggi e svantaggi, eccellenze e difficoltà, in modo da consentire a chiunque voglia farsi un’idea sul tema di avere a disposizione tutti gli elementi per decidere da che parte stare.

L’Osservatorio Nimby Forum®, preso atto della volontà politica di sviluppare l’energia nucleare nel nostro Paese, sta portando a conoscenza del Parlamento e delle Istituzioni – attraverso anche audizioni alle Commissioni competenti di Camera e Senato – una proposta di affiancamento operativo allo schema predisposto dalle norme che disciplinano il piano nucleare italiano.

Tra le varie attività che Aris – Agenzia di Ricerche Informazione e Società che gestisce l’Osservatorio – propone di realizzare spicca l’istituzione del Forum sull’Informazione e la Comunicazione in ambito di materie energetiche.

Il Forum, ispirato anche all’esperienza britannica dell’Energy Saving, organo terzo partecipato dai Ministeri interessati che ha gestito le procedure informative nel piano di comunicazione relativo all’esperienza nucleare in quel Paese, si configurerebbe come un organismo tecnico che possa affiancare l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare (istituita dalla legge n.99/2009, all’art.29) che, in base al decreto licenziato dal Governo il 10 febbraio 2010, dovrà occuparsi anche della “Campagna di informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare”.

Il Forum, nella visione di Aris, si dedicherebbe alla raccolta sistematica delle informazioni, delle notizie e dei temi che emergono nel dibattito pubblico e scientifico in materia di energia nucleare, all’organizzazione di un osservatorio sulla percezione dell’energia nucleare in Italia, con l’obiettivo di monitorare il grado di informazione e di conoscenza dei cittadini sui vari aspetti della materia.

Il Forum potrebbe ancora coadiuvare la nascente Agenzia per la Sicurezza Nucleare nella definizione delle Linee Guida della campagna di informazione in materia di produzione di energia nucleare, e realizzare e divulgare un Libro Bianco sull’Energia nucleare, che rappresenti la “summa” delle conoscenze scientifiche sugli aspetti tecnologici, tecnici, ambientali, di sicurezza, rese però fruibili da un pubblico ampio e dagli operatori della comunicazione. Lo scopo del Forum? Quello di sviluppare un dibattito laico e partecipato, scevro da posizioni ideologiche, tendente a garantire i cittadini e il loro diritto ad una corretta informazione.

L’organismo, snello ed efficiente che Aris si immagina vede la partecipazione, oltre che dei suoi esponenti, del Ministero dell’Ambiente, di quello dello Sviluppo Economico, della Conferenza Stato-Regioni, di istituti di studi e ricerche nel campo energetico ed economico, di rappresentanti delle aziende che realizzeranno materialmente i siti, di esperti e studiosi della comunicazione. 

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Clima. E se i buoni fossero i cattivi? /2009/11/22/clima-e-se-i-buoni-fossero-i-cattivi/ /2009/11/22/clima-e-se-i-buoni-fossero-i-cattivi/#comments Sun, 22 Nov 2009 14:23:07 +0000 Carlo Stagnaro /?p=3866 Nel dibattito sul clima una cosa è certo: i buoni sono loro, i cattivi noi. I buoni sono scienziati disinteressati pronti al sacrificio umano e personale per salvare il mondo, i cattivi sono le industrie e i loro tirapiedi o utili idioti, che negano l’evidenza. I buoni sono onesti ricercatori, i cattivi parte di un complotto. Le informazi0ni trapelate con la diffusione di una banca dati immensa, zeppa di scambi privati di email tra superstar del clima politicamente corretto, cambia tutto. Qui la ricostruzione di Andy Revkin. Qui Julie Walsh per la Cooler Heads Coalition. Qui Claudio Gravina e Guido Guidi, e qui Guidi, su Climate Monitor. Qui Piero Vietti sul Foglio.

Intendiamoci: la diffusione di scambi privati di email è un fattaccio di cui non possiamo essere contenti. Di questo bisogna tener conto. Così come bisogna tener conto del fatto che il linguaggio colloquiale è diverso da quello formale, ha le sue regole, per cui espressioni che in altri contesti suonerebbero come una “pistola fumante”, qui sono più o meno innocenti. Quindi, non cerchiamo e non troviamo smoking guns. Resta però il fatto che diversi scienziati, alcuni tra i più reputati autori dei rapporti Ipcc (*), discutono tranquillamente di quali “trucchi” utilizzare e di come “nascondere i dati”.

Io non mi scandalizzo. Il mondo è fatto così. Certo, però, tutti quelli che hanno fino a oggi tagliato la realtà in due col coltello, dovrebbero fare un esame di coscienza. Scienziati, giornalisti, politici e semplici cittadini che hanno sempre pensato che la buonafede stesse di là e la malafede fosse di qui, oggi hanno la prova provata che così non è. E soprattutto hanno la prova provata che i documenti che, per convenzione, prendiamo per buoni, sono in realtà opera di esseri umani, con tutte le loro debolezze e tutte le loro tentazioni. Il mondo reale è complesso, e la storia che oggi emerge ricorda la storia, sicuramente più estremizzata, tessuta dal compianto Michael Crichton nel suo splendido Stato di paura.

Tutto questo, va da sé, non mette in dubbio le conoscenze sul clima, né l’esistenza del “consensus”. Mette in dubbio, però, l’onestà intellettuale di molti generali dell’esercito allarmista. E quindi, sulla validità dei documenti da essi redatti, come i famosi “Summary for Policymakers” dell’Ipcc, che oltre a essere le uniche parti realmente lette da opinion- e policy-makers, non sono opera dei 2500 scienziati che vengono spesso sbandierati, ma di una cinquantina di essi. Quando si vedono le teste d’uovo lamentarsi del fatto che il clima non segue i loro modelli, e dunque interrogarsi su come far scomparire la realtà tra le pieghe dei loro risultati allo scopo, si presume, di non ridurre la pressione sull’opinione pubblica, viene da chiedersi su cosa poggino le costose politiche che l’Unione europea ha adottato, e che altri nel mondo vorrebbero adottare.

Non si tratta di negare il global warming o la sua componente antropogenica. Si tratta di chiedere, agli esperti, onestà e chiarezza, inclusa la necessaria trasparenza rispetto ai punti ancora incerti del dibattito. E poiché l’incertezza non può essere ignorata, essa pure va considerata nelle politiche. Se le certezze ostentate dagli uomini politici, e la sicumera di certi scienziati che fanno politica, cederanno il passo a un atteggiamento più umile e razionale, anche questa (di per sé brutta) vicenda sarà servita a qualcosa. Dal male, a volte, può sorgere il bene.

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Zia Neelie e gli aiuti di Stato /2009/09/26/zia-neelie-e-gli-aiuti-di-stato/ /2009/09/26/zia-neelie-e-gli-aiuti-di-stato/#comments Sat, 26 Sep 2009 08:07:22 +0000 Alberto Mingardi /?p=2979 Gli aiuti pubblici alle banche vi spaventano di meno, perche’ c’e’ Bruxelles a vigilare sullo “state aid”? La pensa cosi’ il Commissario europeo Neelie Kroes, che intervenendo alla trentaseiesima conferenza della Fordham University su antitrust e concorrenza ha consegnato al mondo una succosa sintesi del suo pensiero.
Lasciamo perdere stavolta quelle che in realta’ sarebbero le cose piu’ interessanti e salienti – ovvero che Kroes vanti grandi progressi, in termini di certezza del diritto e trasparenza, nelle relazioni fra la Commissione e le imprese che finiscono sotto il suo faro. A dire il vero, che questa grande trasparenza effettivamente ci sia e’ discutibile, come sempre piu’ sono discutibili i metodi d’indagine (leggete qui non tanto il commento, ovviamente interessato, di David Rosenberg di Glaxo ma quello di Sir Christopher Bellamy, sull’indagine sul settore farmaceutico).
Ma stiamo a Kroes sugli aiuti di Stato: zia Neelie sostiene che il sistema abbia “retto” agli urti della crisi, e serva a “rassicurare” il contribuente europeo circa la qualita’ della spesa e la natura temporanea degli interventi. Grosso modo, secondo Kroes lo Stato si comporta come un fondo che investe nelle banche per ristrutturarle:

the price of state support is that you must submit a restructured business to us for approval in order to offset the competition distortions of aid. With the banks it also addresses moral hazard and gives us a chance to ensure business models that are viable in the long-term.

Indipendentemente dal giudizio sugli interventi posti in essere, e’ verosimile credere che gli Stati saranno (grazie alla vigilanza di Bruxelles, of course) investitori virtuosi?

PS: si noti che Kroes difende a spada tratta la nozione che le competenze antitrust debbano stare in seno alla commissione, e non trovare spazio in una autorita’ a se’ (This role was possible because DG Competition is part of the wider European Commission. Having a seat at the ‘main table’ gives competition specialists the opportunity and the clout to stand up for open markets. I think we would have been marginalised in those debates had we been an agency separate from the Commission). In Italia, il dibattito sull’istituzione dell’antitrust si e’ trascinato per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta (invano: ci si arrivera’ solo nel 1990). All’epoca, alcuni proponevano un qualcosa che somigliasse ad una autorita’ indipendente, altri che le competenze di politica della concorrenza stessero in capo ad una commissione alle dipendenze del ministro dell’industria. Déjà Vu.

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