CHICAGO BLOG » Spagna http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 In alto i tassi reali, disastro reale in arrivo /2010/12/16/in-alto-i-tassi-reali-disastro-reale-in-arrivo/ /2010/12/16/in-alto-i-tassi-reali-disastro-reale-in-arrivo/#comments Thu, 16 Dec 2010 18:56:12 +0000 Mario Seminerio /?p=7860 Altra disastrosa asta di titoli di stato in Eurolandia, questa volta in Spagna. All’indomani della messa in outlook negativo da parte di Moody’s, Madrid ha piazzato due emissioni, a 10 e 15 anni, per le quali aveva preventivamente ridotto l’importo di emissione, nel tentativo (fallito) di contenere l’impatto di mercato sui rendimenti.

Il rendimento medio sul decennale è uscito al 5,446%, contro il 4,615% della precedente asta di questo bond, lo scorso 18 novembre. Il titolo quindicennale è stato collocato ad un rendimento del 5,953%, contro il 4,541% dell’asta del 21 ottobre. Campanello d’allarme nel bid-to-cover, il rapporto tra le quantità domandate e quelle offerte. Per il decennale, tale quoziente scende infatti da 1,84 a 1,67. Meglio le cose per il quindicennale, la cui copertura aumenta da 1,44 a 2,52.

Premesso che i rendimenti obbligazionari stanno salendo un po’ ovunque, anche in modo vistoso (ne parliamo tra poco), proviamo a chiederci in che modo la Spagna, che ha una crescita del Pil prossima allo zero, riuscirà a reggere il servizio del debito di titoli per i quali il mercato chiede quasi il 6 per cento. E soprattutto, ricordate che l’inflazione non sta salendo, quindi ci troviamo in un contesto di tassi reali positivi e crescenti, una vera iattura per ogni debitore. Proseguendo su questa traiettoria, aggiungendo le pesanti aste di titoli pubblici che Spagna e Portogallo dovranno effettuare a inizio 2011, la probabilità che la Spagna finisca nei guai è piuttosto elevata. E dopo la Spagna, eccetera eccetera.

A proposito di rendimenti obbligazionari in rialzo, a conferma del fatto che la scienza economica è sempre più un’opinione, è in corso un ampio e corposo dibattito circa le cause di tale fenomeno. Da una parte vi sono quelli che ritengono che si tratti della discesa in campo dei mitici bond vigilantes, cioè del mercato, che reagisce al lassismo fiscale americano ed alla eurocrisi di debito. Altri, come Martin Wolf, si rallegrano invece del fatto che i tassi reali sono in aumento, perché ciò vuol dire che la ripresa è tra noi, oltre che per altri motivi “minori”, come la vigorosa domanda di capitale dei paesi emergenti che incontra un risparmio disponibile in calo planetario, a causa dell’invecchiamento dei paesi sviluppati. Wolf peraltro cade vittima di un gioco di specchi, scambiando l’inflazione effettiva (che è ferma o addirittura declinante un po’ ovunque in Occidente) con le attese inflazionistiche implicite nei titoli di stato indicizzati all’inflazione.

Può essere tutto, ma senza scomodare troppe teorie e wishful thinking, non potrebbe più banalmente essere che siamo a fine anno, molti investitori istituzionali (soprattutto hedge fund) decidono la nuova asset allocation (uscendo dall’obbligazionario) ed il mercato è scarsamente liquido per motivi di stagionalità? Non è che deve sempre e comunque esserci una spiegazione coerente con la teoria economica, sapete? Ah, e nel frattempo, il mutuo trentennale standard americano ha superato il 5 per cento. Con tanti saluti alla rivitalizzazione del mercato. Però i tassi reali sono in aumento, ergo, c’è la ripresa. Non sequitur, quanti crimini si compiono nel tuo nome.

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Una corporazione assedia la Spagna /2010/12/05/una-corporazione-assedia-la-spagna/ /2010/12/05/una-corporazione-assedia-la-spagna/#comments Sun, 05 Dec 2010 11:12:13 +0000 Andrea Giuricin /?p=7777 La Spagna è sotto assedio da parte di una corporazione. Una corporazione molto forte, quella dei controllori di volo, che con uno sciopero selvaggio sono stati in grado di bloccare per oltre 24 ore completamente tutti gli aeroporti della Penisola Iberica. Un atto gravissimo, dopo mesi di scioperi bianchi che avevano provocato ritardi in tutto il trasporto aereo spagnolo. Questa crisi è scoppiata il 3 dicembre, il giorno in cui iniziava il Ponte della Costituzione (il 6 e l’8 dicembre sono giorni festivi in Spagna). Oltre 4000 voli sono stati cancellati e più di 600 mila persone sono rimaste a terra, creando una situazione di emergenza in tutti gli aeroporti. Quali sono le motivazioni che hanno portato a quest’azione? È stata proporzionata la risposta del Governo Zapatero? La risposta è sì. Ma sarebbe meglio privatizzare.

Lo scontro tra Governo e controllori di volo andava avanti ormai da mesi, perché l’Esecutivo Zapatero, con il Ministro dell’industria José Blanco, aveva deciso di tagliare gli stipendi ad una categoria che controlla il volo in tutta Spagna.

I controllori di volo sono una delle voci di spesa maggiore per AENA, la società che controlla tutti gli aeroporti pubblici e sono dei funzionari pubblici a tutti gli effetti. Il loro stipendio supera in molti casi i 300 mila euro annuali, con una produttività del 20-25 per cento inferiore rispetto a quella degli altri Paesi Europei.

A maggio, quando il Governo Zapatero aveva annunciato il taglio del 5 per cento degli stipendi statali aveva deciso anche di colpire duramente i lavoratori pubblici che avevano uno stipendio molto elevato e tra questi quello dei controllori. Una giusta misura di contenimento della spesa pubblica.

Era iniziata una trattativa tra le due parti in modo che si ridefinisse una griglia salariale meno onerosa per lo Stato spagnolo, che nel 2009 aveva visto un deficit dell’11,1 per cento.

Il taglio degli stipendi pubblici era inoltre una manovra necessaria per tranquillizzare i mercati dopo l’attacco speculativo sul debito sovrano delle Grecia.

Il Ministro Blanco voleva eliminare le ore di straordinari, che incidevano per circa il 50 per cento dello stipendio dei controllori di volo, tramite una migliore organizzazione del lavoro e una maggiore produttività.

L’accordo non è mai arrivato e venerdì 3 dicembre, all’inizio del turno delle 17, i controllori iniziavano ad avere un’ondata di malori.

Uno sciopero selvaggio vero e proprio dove la malattia diventava una scusa per non andare al lavoro. Il traffico aereo si collassava immediatamente in tutta Spagna e tutti gli aeroporti chiudevano senza preavviso.

Nella serata di venerdì la polizia entrava per prendere i nominativi nell’hotel dove i controllori “ammalati” erano riuniti.

La notte più lunga per l’esecutivo Zapatero cominciava, con l’idea di porre lo stato di emergenza, in modo da sostituire i controllori di volo civili con quelli militari. Un atto molto forte, che non avveniva dai tempi della dittatura di Franco.

Nella tarda mattinata di ieri, Alfredo Pérez Rubalcaba, vicepremier del Governo, annunciava che lo stato di emergenza era stato approvato. Sicuramente anche i vertici del Partito Popolare hanno avallato la decisione, perché difficilmente sarebbe passata una tale misura così forte.

Il Governo Zapatero si è rivelato molto deciso di fronte ad uno sciopero di una corporazione molto forte.

Il passo successivo dovrebbe essere quello di una completa liberalizzazione del settore, che farebbe venire meno il potere di questa categoria. In Gran Bretagna, il settore è stato privatizzato e risulta molto più efficiente di quello spagnolo.

La situazione tornerá molto lentamente alla normalitá, ma al termine dei 15 giorni di stato di emergenza, che coincide con l’inizio delle festivitá natalizie, senza un’apertura del settore, il problema potrebbe ripresentarsi.

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Zapatero: Eppur si muove… /2010/12/02/zapatero-eppur-si-muove%e2%80%a6/ /2010/12/02/zapatero-eppur-si-muove%e2%80%a6/#comments Thu, 02 Dec 2010 09:37:14 +0000 Andrea Giuricin /?p=7743 La crisi del debito ha avuto un effetto immediato in Spagna. Il Governo Zapatero ha annunciato ieri una serie di azioni che vanno in direzione della liberalizzazione e della privatizzazione in diversi settori. La Spagna aveva raggiunto due giorni fa, un differenziale record rispetto ai Bund tedeschi di quasi di 300 punti, il più alto di sempre dal momento dell’entrata dell’euro. Dopo Grecia ed Irlanda, la sfiducia dei mercati sembrava andare dritta verso la Penisola Iberica. Il Governo Zapatero ha deciso di non aspettare ed ha deciso di operare misure nella giusta direzione. L’Italia, invece, chiude il parlamento per evitare Vietnam politici, titolano oggi i giornali: c’è di che riflettere, sulle risposte diverse agli spread in salita.

Non che non permangono dei gravi errori nella politica economica del governo guidato dal leader del Partito Socialista, dato che le riforme delle Casse di Risparmio e del mercato del lavoro sono state troppo timide, ma il passo effettuato ieri non è da sottovalutare.

Possiamo distinguere tre categorie di decisioni:

-         Semplificazione e abbassamento delle imposte

-         Liberalizzazioni

-         Privatizzazioni.

Il primo punto è coraggioso, perché si decide di abbassare in parte l’imposta sulle società al 25 per cento per quelle piccole-medie imprese che fatturano meno di 10 milioni di euro annuali (precedentemente era pari a 8 milioni di euro) e la base imponibile per l’applicazione di questo livello di tassazione sale da 120 a 300 mila euro.

Tutte le aziende avranno la libertà di scegliere l’ammortamento dell’imposta sulle società nel periodo compreso fino al 2015, in modo da diminuire in tempo di crisi la pressione fiscale.

Abbassare la tassazione d’impresa è importante per aumentare la competitività. Inoltre, come segnalato anche dalla World Bank nel rapporto Paying Taxes, la riduzione di questa imposta non diminuisce le entrate.

Si elimina inoltre l’iscrizione obbligatoria alla Camera di Commercio, che diventa solamente volontaria. Questo permetterà un risparmio di 250 milioni di euro annuali per le imprese. Si favorirà inoltre la creazione dell’impresa in 24 ore.

Il secondo punto è relativo ad un aumento della liberalizzazione del mercato del lavoro. Si permette un’entrata più libera delle agenzie di lavoro private, in un mercato del lavoro profondamente rigido che vede una disoccupazione al 20,7 per cento e una disoccupazione giovanile superiore al 43 per cento.

Sul mercato del lavoro non viene tuttavia meno una certa “vena socialista”; infatti si rafforza il piano “PRODI” di protezione e inserimento sul mercato del lavoro con circa 1500 impiegati pubblici in più per favorire l’inserimento professionale.

Il terzo punto è forse il più controverso. Il Governo Zapatero vuole compiere privatizzazioni per circa 14 miliardi di euro, che arriverebbero dalla vendita del 30 per cento delle “Lotterie di Stato” e il 49 per cento degli aeroporti (AENA).

Controverso perché il Governo vende senza perdere il controllo, volendo mantenere una politica aeroportuale nazionale e pubblica. E la gestione aeroportuale pubblica non è stata certo delle più brillanti, dato che nel 2009 AENA ha perso circa 340 milioni di euro.

Un punto aggiuntivo, ma non meno importante è il taglio della spesa che arriva dall’eliminazione del sussidio di disoccupazione di lungo periodo (dopo 2 anni di sussidi a circa l’80 per cento dell’ultimo stipendio) di 426 euro mensili.

Il passo di Zapatero è stato certamente coraggioso, ma quasi obbligatorio, viste le condizioni tempestose nelle quali la nave Spagna stava navigando nel mercato delle aste pubbliche. Bisogna ricordare che lo stesso primo ministro aveva portato il deficit all’11,1 per cento sul PIL nel 2009.

Queste decisioni sono importanti, ma le prossime settimane non saranno facili per la Spagna che si ritrova un sistema di “cajas” davvero deboli e che potrebbero “saltare” da un momento all’altro.

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Il punto sulla Spagna – Instabilità e manovra finanziaria 2011 /2010/10/19/il-punto-sulla-spagna-%e2%80%93-instabilita-e-manovra-finanziaria-2011/ /2010/10/19/il-punto-sulla-spagna-%e2%80%93-instabilita-e-manovra-finanziaria-2011/#comments Tue, 19 Oct 2010 16:53:14 +0000 Andrea Giuricin /?p=7338 La Spagna è in ebollizione dopo che il partito di Governo di Jose Luis Zapatero ha raggiunto un accordo con due dei partiti nazionalisti per “far passare” la manovra finanziaria 2011. Qualche insegnamento per l’Italia?

È di ieri la conferenza stampa del leader di Coalizione Canaria, Paulino Rivero, nella quale ha annunciato il sostegno al Governo in cambio di maggiore indipendenza economica e di “modifiche di facciata”; infatti, uno dei punti chiave voluti e ottenuti dal leader della CC è il cambio di denominazione delle acque internazionali di fronte alle Isole Canarie, pur essendo queste sottoposte a legislazione internazionale. Vi sono altre contropartite ottenute dalla CC in cambio dell’appoggio alla manovra finanziaria, quale ad esempio un maggiore investimento nel sistema aeroportuale canario.

Questo accordo è necessario al Governo di Zapatero per cercare di avere i voti necessari in Parlamento e chiudere un anno particolarmente difficile. Tuttavia, se si crea una certa stabilità nel Governo centrale, si apre una crisi di governo alle Canarie, poiché la Coalizione Canaria era alla guida dell’arcipelago con il Partito Popolare.

Il patto è stato duramente criticato dal PP perché arriva a distanza di pochi giorni da quello concluso tra il Governo e il Partito Nazionale Basco. I Paesi Baschi sono sempre stati fonte di attrito tra PP e PSOE e la maggiore indipendenza economica ottenuta con l’accordo di pochi giorni fa, ha alzato i toni della polemica. In particolare è stato dato potere al Governo Regionale di gestire le risorse per la formazione dei lavoratori disoccupati. Queste risorse non sono di poco conto, poiché la disoccupazione è superiore al 20 per cento e lo Stato Spagnolo investe grandi somme di denaro (inefficientemente) nella formazione dei disoccupati.

Il patto siglato tra PSOE, PNV e CC permette a Zapatero di passare un altro scoglio importante della legislatura.

Arrivare alle elezioni del 2012 sembra ormai abbastanza naturale, anche se non sono da escludere colpi di scena.

Questo accordo registra e consolida un cambiamento nella politica di Zapatero. Il leader ha dimostrato di voler abbandonare gli accordi con la sinistra, siglando alleanze con i partiti nazionalisti. Solo in questo modo può sperare di fare alcune delle riforme necessarie.

Il prossimo obiettivo del Governo è di alzare l’età pensionabile da 65 a 67 anni, ma la riforma rischia di essere “monca” senza una modifica dei parametri che definiscono il valore della pensione.

Molte delle riforme attuate dal PSOE con i partiti nazionalisti non hanno avuto la forza necessaria per attuare quei cambiamenti obbligatori per un Paese con un deficit nel 2009 superiore all’11 per cento del PIL.

Tutto questo mentre il consenso di Zapatero cade ai minimi e i sondaggi danno un distacco del PSOE di oltre 10 punti percentuali rispetto al Partito Popolare guidato da Mariano Rajoy.

Perché Zapatero continua a perdere consenso? I dati macroeconomici sono la fonte di tutti i problemi del Governo Spagnolo. La disoccupazione è salita oltre il 20 per cento e difficilmente prima delle elezioni potrá scendere sotto il 15 per cento. La Spagna è inoltre l’unico dei grandi Paesi dell’Unione Europea che chiuderà il 2010 con una contrazione del prodotto interno lordo.

Le riforme fatte dal Governo sono sembrate troppo timide e ormai la gente ha perso la fiducia nei confronti delle promesse di Zapatero. Un dato interessante è quello che il leader dell’opposizione, sconfitto dal leader del PSOE nel 2004, ha un indice di gradimento inferiore a quello del capo del Governo. Questo dato indica che Mariano Rajoy non è visto come la soluzione, ma che gli spagnoli hanno voglia di cambiare di Governo.

In Spagna non è la prima volta che i partiti di maggioranza quali il PSOE e il PP devono trovare alleati per restare al Governo, dato che la legge elettorale del 1985 rende difficile avere maggioranze assolute.

Questa volta, tuttavia, gli accordi che Zapatero trova di volta in volta, sono visti come una sorta di galleggiamento. E i galleggiamenti non piacciono ai votanti. Qualche insegnamento per il caso italiano?

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Il punto sulla Spagna – La riforma del lavoro di Zapatero /2010/09/11/il-punto-sulla-spagna-%e2%80%93-la-riforma-del-lavoro-di-zapatero/ /2010/09/11/il-punto-sulla-spagna-%e2%80%93-la-riforma-del-lavoro-di-zapatero/#comments Sat, 11 Sep 2010 15:05:43 +0000 Andrea Giuricin /?p=6999

È arrivata questa settimana la riforma spagnola del mercato del lavoro. Celestino Corbacho, ministro del lavoro e tutto il governo Zapatero hanno approvato in solitudine un cambiamento necessario. Senza dubbio vi era bisogno di una riforma, perché come “certificato” anche dal World Economic Forum, la Spagna ha un mercato del lavoro estremamente complicato. La posizione nel ranking mondiale stilato dal WEF registra che il Paese iberico si trova al 130esimo posto su 139 Stati in classifica per quanto riguarda la flessibilità del mercato del lavoro. Questo dato potrebbe sorprendere, poiché in Spagna circa il 95 per cento dei nuovi contratti è a tempo determinato. Ma vi sono altri elementi che rendono la Spagna anti-competitiva in questo campo e che hanno portato il Paese ad avere un tasso di disoccupazione superiore al 20 per cento. Anche nelle regioni più ricche, quali la Catalogna o la Regione di Madrid si registrano tassi di disoccupazione superiori al 15/16 per cento. Un’anomalia europea.In primo luogo vi sono il costo molto elevato del licenziamento e la disparità dell’indennizzo di licenziamento tra contratti determinati e indeterminati. Questo argomento è al centro della riforma di Zapatero ed è un elemento che ha creato molta discussione.

Gli imprenditori ritengono che le innovazioni della nuova legge siano insufficienti, così come il partito d’opposizione il Partito Popolare, mentre i sindacati l’hanno giudicato contrario agli interessi dei lavoratori. Per questa ragione il 29 settembre è stato convocato uno sciopero generale da parte dei principali sindacati in un Paese nel quale gli scioperi non sono molto frequenti (come in Italia e Francia).

L’indennizzo per il licenziamento è stato abbassato a 33 giorni lavorativi per anno lavorato nei contratti a tempo indeterminato dai 45 giorni precedenti. Nei contratti a tempo determinato l’indennizzo è stato elevato a 12 giorni per anno lavorato. È stata introdotta inoltre la possibilità, per le aziende in difficoltá economica, di ridurre tale indennizzo a 20 giorni per anno lavorato anche nel caso di contratti a tempo indeterminato. Tale procedura dovrà tuttavia passare da un giudice e molti sono i dubbi sulla reale applicazione.

In questo campo la riforma fa un passo in avanti verso una maggiore flessibilità, anche se rimane una forte dualità tra contratti a tempo determinato e indeterminato.

La flessibilitá del mercato del lavoro spagnolo tuttavia ha altri punti deboli. In primo luogo continua ad esserci una contrattazione collettiva e la riforma non tratta minimamente questo punto. In Italia è stata introdotta la possibilità di stipulare contratti di secondo livello, mentre in Germania il 40 per cento dei contratti di lavoro non segue nessun contratto di lavoro collettivo.

Il sussidio di disoccupazione è un altro punto debole che non è affrontato nella riforma del Partito Socialista al Governo. Questo continua ad essere molto elevato. Inoltre non si sono introdotte clausole molto restrittive per rifiutare altri posti di lavoro da parte del disoccupato. Molti di questi “senza lavoro” preferiscono rimanere nel “paro” e ricevere per tre anni un sussidio molto elevato. La legge che prevede un aiuto di 426 euro al mese per i disoccupati di lunga durata è stata rinnovata un’altra volta, in un Paese nel quale il salario minimo è di poco superiore ai 600 euro.

Vi è un abuso del sussidio di disoccupazione, mentre il salario minimo, che introduce una rigidità del mercato del lavoro, non è mai stato al centro dell’attenzione del Governo.

La riforma è un piccolo passo in avanti, ma si comprende perché è stata criticata da tutte le parti sociali. Quella approvata è una riforma in solitario che difficilmente permetterà una discesa rapida della disoccupazione.

La Spagna continua ad avere un mercato del lavoro poco flessibile e vi sarebbe stato bisogno di una riforma più coraggiosa per scendere rapidamente a tassi di disoccupazione europei.

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Il punto sulla crisi Spagnola – Parte Seconda /2010/08/08/il-punto-sulla-crisi-spagnola-%e2%80%93-parte-seconda/ /2010/08/08/il-punto-sulla-crisi-spagnola-%e2%80%93-parte-seconda/#comments Sun, 08 Aug 2010 08:55:49 +0000 Andrea Giuricin /?p=6728

Le riforme strutturali sono necessarie in un Paese che è cresciuto molto velocemente negli ultimi 15 anni e le quali entrate tributarie hanno avuto un boom. Le amministrazioni pubbliche si sono ritrovate con una “manna” fiscale che hanno scialacquato nel corso degli anni. Il debito spagnolo non è a livelli esagerati e anche nei prossimi anni, quando raggiungerà il picco, non dovrebbe superare l’80 per cento. Ma vi è un’altra importantissima ragione per la quale i mercati sembrano dubitare della Spagna: il sistema bancario. Nel paese iberico vi sono due dei colossi della finanza internazionale, il Banco Santander e il BBVA. Entrambe le banche sono cresciute molto negli ultimi anni tramite processi di fusione e hanno conquistato il ruolo di player internazionali. Ma non sono le prime due banche spagnole a preoccupare i mercati. La problematica principale deriva dalle “casse”. Queste banche sono molto importanti nel paese, tanto che la Caja Madrid è divenuta il terzo operatore e la Caixa Cataluna è la quarta entità bancaria in Spagna. Hanno attivi vicini o superiori ai 300 miliardi di euro e giocano un ruolo molto importante nel Paese. Le “casse” hanno una triste particolarità. Sono completamente dipendenti dalla politica. Le regioni spagnole controllano tutte direttamente delle casse e questo è il grande male di queste banche. La gestione non è ottimale e non è stato un caso che il Governo Zapatero si è trovato “quasi” costretto ad impiantare il FROB, il piano che permette la ristrutturazione e la fusione di queste casse. Il Parlamento ha approvato inoltre a Luglio un disegno di riforma delle “cajas” nel quale si prevede la possibilità di entrata per i soci privati. Viene inoltre in parte, ma solo in parte, limitato il ruolo dei politici all’interno del board di queste.

Il processo di fusione non ha proceduto troppo velocemente e la durata del fondo del Banco di Spagna è stata prolungata fino alla fine dell’anno. Grazie ai soldi dei contribuenti spagnoli è iniziato un processo di aggregazione; ma anche questi merger sono stati totalmente politici.

Le diverse Regioni non volevano perdere il controllo diretto sulle casse e per questo motivo le principali fusioni sono state fatte sulla base del colore politico di appartenenza di questi istituti di credito. Non è un caso che Bancaja di Valencia si sia unita a Caja Madrid, entrambe le regioni controllate dal Partito Popolare e lo stesso si è avuto dal lato socialista, dove addirittura si è seguito anche il criterio di “nazionalismo”; infatti le casse catalane hanno eseguito una fusione “interna”, fino a riuscire a creare la banca con il valore di stress test meno elevato in Europa. Inoltre il FROB, che è un prestito della Banca di Spagna, è stato contabilizzato come capitale dalle diverse casse nello stress test e questo mette in dubbio la già poca solidità del sistema delle casse in Spagna.

Per la ristrutturazione delle casse il Governo ha spesso 11 miliardi di euro. Questi soldi dei contribuenti spagnoli servono a pagare il processo di ristrutturazione delle entità bancarie. Il fondo ha disponibilità fino a circa 99 miliardi di euro, ma né la maggioranza socialista, né il partito popolare all’opposizione sperano che avvenga mai una spesa di tale portata, pari al 10 per cento del prodotto Interno Lordo.

Comunque il FROB è già costato i due terzi dell’intera manovra finanziaria biennale promessa da Zapatero.

La politicizzazione delle casse era arrivata al culmine qualche mese fa, quando si decise la successione nella Caja Madrid. La presidente della Regione di Madrid, Esperanza Aguirre, iniziò una lunga battaglia con i vertici del Partito Popolare per imporre il proprio candidato, Rodrigo Rato. Dopo settimane di stallo la Regione riuscì a fare vincere il proprio candidato e indirettamente confermò la situazione grave nella quale si trovavano le differenti casse.

Un sistema bancario troppo politicizzato

E il mercato perché dubita della solidità delle casse?

Per rispondere a queste domande bisogna ricollegarsi alla crisi economica e allo scoppio della bolla immobiliare. Le casse, molto presenti sul territorio, erano cresciute anche grazie allo sviluppo immobiliare. Tutte quante avevano nel proprio portafoglio enormi quantità d’immobili e di terreni.  Al momento della contrazione dei prezzi degli immobili, le casse si sono ritrovate ad avere immobili che non riuscivano più a piazzare sul mercato. Attualmente le agenzie di vendita degli immobili delle casse, fanno sconti anche del 50 per cento pur di vendere e ricevere risorse di denaro fresco.

E i mercati non sono stupidi… Hanno visto questi segnali di allarme arrivare da importati entità bancarie, aiutate da un piano del Governo che non fa altro che accrescere il proprio deficit.

Il deficit della Spagna tuttavia non può crescere all’infinito e restare superiore al 7/8 per cento per molti anni e i mercati hanno iniziato a dubitare della stessa solvenza dello Stato spagnolo. Lo stesso Stato che aiuta i disoccupati con aiuti eccessivi e senza sanzioni per quei lavoratori che continuano a vivere del lauto assegno di disoccupazione e che spende 40 miliardi di euro l’anno per questa politica sociale.

Le politiche di “rilancio” dell’economia che hanno portato ad un deficit eccessivo si sono ritorte contro lo stesso Governo che a maggio ha dovuto presentare un programma di tagli della spesa pubblica per circa 15 miliardi di euro in due anni: troppo poco per molti economisti e troppo poco soprattutto per i mercati.

Inoltre la decisione di alzare di due punti percentuali l’IVA generale e di un punto quella ridotta non aiuterà l’economia riprendersi. Ad inizio luglio l’aumento delle tasse è entrata in vigore, proprio nel momento in cui le entrate fiscale stavano lentamente ricominciando a crescere.

La riduzione della spesa è stata troppo timida in Spagna e 15 miliardi sono circa l’1,5 per cento in due anni del PIL. Una cifra ridicola, che di fronte ai numeri del FROB o del costo degli assegni di disoccupazione provoca un sorriso amaro.

L’instabilità economica spagnola è inoltre accompagnata da quella che potrebbe essere un’instabilità politica. Il Governo basa la propria maggioranza su alleanze variabili, in funzione delle leggi. La sinistra estrema è ormai contraria alla politica dei tagli e non appoggia piú Zapatero, il cui Governo si basa sull’astensione dei partiti nazionalisti catalani e baschi.

Non si può certo dire che la Spagna sia immobile nel processo delle riforme, ma certamente si può dire che dovrebbe fare molto di più.

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Il punto sulla crisi Spagnola – Parte Prima /2010/08/06/il-punto-sulla-crisi-spagnola-%e2%80%93-parte-prima/ /2010/08/06/il-punto-sulla-crisi-spagnola-%e2%80%93-parte-prima/#comments Fri, 06 Aug 2010 15:50:51 +0000 Andrea Giuricin /?p=6717 Il differenziale del debito pubblico spagnolo sui mercati è cresciuto molto negli ultimi mesi, fino a superare il 2,2 per cento per il buono decennale rispetto a quello tedesco. La situazione spagnola vede una forte crisi, dopo che quasi tre anni fa iniziò a sgonfiarsi la bolla immobiliare. Era la fine dell’estate del 2007, quando i prezzi delle case iniziarono a scendere e le prime vittime furono le imprese costruttrici. Nel corso degli ultimi 3 anni diverse imprese del settore edilizio hanno portato i libri in tribunale e le conseguenze di questo scoppio della bolla sono stati devastanti. A distanza di tre anni, l’economia spagnola si è scoperta troppo sensibile al settore immobiliare e alle sue variazioni repentine. I prezzi delle case sono scesi tra il 20 e il 30 per cento in tutte le grandi città spagnole e è l’impatto su tutta l’economia è stato molto evidente.

Andamenti prezzo case

Il tasso di disoccupazione è salito da poco più dell’8 per cento a oltre il 20 per cento in poco più di due anni; e su questi livelli dovrebbe stabilizzarsi per tutto il 2010 e il 2011. La crescita economica ha visto una recessione importante, anche se inferiore a quella italiana nel biennio 2008-2009, ma il 2010 potrebbe essere il terzo anno consecutivo con un prodotto interno in contrazione.

Il Governo spagnolo, guidato da Zapatero, ha dapprima negato la crisi, almeno fino al 2009, ma successivamente, di fronte all’evidenza dei dati statistici, ha deciso di intervenire pesantemente nell’economia.

Le misure di aiuto ai disoccupati sono state aumentate, senza che in alcun modo si modificassero le regole per potere accedere a questi aiuti. Molti lavoratori in Spagna, preferiscono oggi restare nel “paro” (la disoccupazione), perché lo Stato gli garantisce il 90%, l’80 % e il 70 % dell’ultimo reddito per i tre anni successivi al licenziamento.

La riforma dell’indennizzo al licenziamento

E proprio sul diritto a licenziare da parte delle aziende si sta giocando una partita importante. Lo scorso 16 giugno il Governo ha invertito la propria politica sul mercato del lavoro, diminuendo la somma di denaro che le imprese devono dare ai lavoratori in caso di licenziamento.

Prima della riforma il mercato spagnolo era fortemente dualistico, poiché vi erano i lavoratori di serie “A”, con il diritto di ricevere 45 giorni di salario per ogni anno lavorato al momento del licenziamento. I lavoratori di serie “B”, invece erano i lavoratori temporanei che non avevo diritto ad alcun indennizzo.

I lavoratori di serie “B” di solito erano i giovani e nel momento di crisi il tasso di disoccupazione in questa categoria ha raggiunto quasi il 50 per cento. Questo è dovuto principalmente al fatto che le imprese, al momento di tagliare il personale, erano “costrette” a ridurre l’occupazione che chiaramente era meno costosa indennizzare.

La riforma del Governo riduce a 33 i giorni  per anno lavorato l’indennizzo e in caso di crisi aziendale il limite scende a 20 giorni. La riforma tuttavia non è stata appoggiata dai partiti di sinistra che appoggiano Zapatero e per passare in Parlamento ha dovuto appoggiarsi sull’astensione del CIU. Il CIU è una forza di destra della Catalunya, che ha già salvato Zapatero nel piano dei tagli di 15 miliardi di euro dello scorso maggio. Questa maggioranza trasversale evidenzia la debolezza del PSOE, il quale è costretto ogni volta a trattare per far passare le leggi in Parlamento.

Lo stesso Partito Popolare non si è ancora pronunciato sulla riforma che tuttavia ritiene troppo timida. Molti economisti chiedono al Governo molto più coraggio al Governo che non ha ancora risolto altre partite importanti, come quello delle pensioni.

Perché tale riforma è necessaria? Il costo per gli ammortizzatori sociali legati alla disoccupazione hanno raggiunto i 40 miliardi di euro nell’ultimo anno, su un totale dell’entrate Statali di poco superiori a 100 miliardi di euro.

Il deficit Statale ha superato l’11 per cento lo scorso anno e quest’anno dovrebbe essere superiore all’8 per cento. È una delle ragioni per le quali i mercati sono nervosi e il differenziale con il Bund tedesco è cresciuto ad oltre il 2,2 per cento. Un’altra ragione del nervosismo è dovuto alla discrepanza tra le dichiarazioni del direttore del Fondo Monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn e il primo ministro spagnolo Zapatero. Il primo ha dichiarato prima dell’incontro che si è tenuto a Madrid il 18 giugno che la discussione “non ha come obiettivo parlare di un possibile salvataggio della Spagna, ma si sarebbe parlato solo delle riforme”, mentre il secondo, sempre prima dell’incontro aveva dichiarato che l’invito per il direttore del FMI è avvenuto per “spiegare che la solvenza dell’economia spagnola è fuori discussione”.

Un minimo di coordinazione nelle dichiarazioni avrebbe certamente tranquillizzato i mercati che si sono molto preoccupati dell’andamento del deficit spagnolo.

Le riforme strutturali sono necessarie in un Paese che è cresciuto molto velocemente negli ultimi 15 anni e le quali entrate tributarie hanno avuto un boom. Le amministrazioni pubbliche si sono ritrovate con una “manna” fiscale che hanno scialacquato nel corso degli anni. Il debito spagnolo non è a livelli esagerati e anche nei prossimi anni, quando raggiungerà il picco, non dovrebbe superare l’80 per cento.

(Domenica la seconda parte)

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Le motivazioni politiche dell’abolizione della Corrida /2010/07/31/le-motivazioni-politiche-dell%e2%80%99abolizione-della-corrida/ /2010/07/31/le-motivazioni-politiche-dell%e2%80%99abolizione-della-corrida/#comments Sat, 31 Jul 2010 07:39:22 +0000 Andrea Giuricin /?p=6680 La decisione storica di vietare la corrida in Catalogna è arrivata lo scorso mercoledi, dopo un dibattito molto acceso. La legge prevede che dal primo gennaio del 2012 non sarà più possibile effettuare questa manifestazione in alcuna arena della regione Spagnola. La domanda che ci si può porre è quella se sia giusto che sia lo Stato a dover vietare una manifestazione, seppur cruenta. In questo modo si toglie libertà di scelta alle persone che ritengono questa manifestazione un evento tradizionale. Ma in realtà la decisione è una pura< manovra politica in vista delle prossime consultazioni regionali.

Le votazioni si sono terminate con 68 voti a favore, 55 contrari e tre astensioni e i principali partiti catalani hanno lasciato libertá di voto.

Davanti al Parlamento della Catalogna si sono affrontati i favorevoli ed i contrari all’abolizione. La principale critica a questa manifestazione era di torturare i tori, mentre i contrari all’abolizione volevano la libertá di scelta di poter assistere ad una “festa tradizionale”.

La domanda che ci si può porre è quella se sia giusto che sia lo Stato a dover vietare una manifestazione, seppur cruenta. In questo modo si toglie libertà di scelta alle persone che ritengono questa manifestazione un evento tradizionale.

Se la società catalana non voleva più le corride, forse molto semplicemente non avrebbe più riempito le arene. È così è stato, perché negli ultimi anni vi è stata una disaffezione a questa manifestazione. Nel 1977 ha chiuso l’Arena dei Tori in Piazza di Spagna a Barcellona, cittá nelle quali rimane attivo solo il Monumental.

Vi è stato un’altra Regione nella quale le corride sono state vietate, le Canarie. Nell’arcipelago tuttavia il dibattito è stato molto meno acceso, perché la manifestazione già non si svolgeva da nove anni, prima di vietarla per legge.

In Catalogna la tendenza era di un lento declino della manifestazione, ma il Parlamento è voluto intervenire direttamente.

Vi è tuttavia un perché politico a questo interventismo. Il rapporto tra Spagna e Catalogna è molto teso negli ultimi mesi, soprattutto dopo il “no” a diversi articoli dello Statuto Catalano da parte del Tribunale Costituzionale spagnolo.

L’indipendentismo è sempre più forte nella Regione dove si produce circa il 20 per cento della ricchezza nazionale in termini di prodotto interno lordo. Tuttavia la maggioranza della popolazione richiede maggiore autonomia e un Federalismo con più funzioni decentrate.

E durante il voto per l’abolizione della corrida è uscita questa voglia di rivalsa contro la Spagna. La corrida è vista infatti un simbolo della nazione spagnola e l’abolizione serve a dimostrare la diversità della Catalogna.

Vi sono due motivazioni per caratterizzare questo voto come totalmente politico.

In primo luogo la divisione dei partiti al momento del voto. La Catalogna è ora guidata da una coalizione di tre partiti di sinistra: il Partito Socialista Catalano (PSC) e due partiti di sinistra indipendentisti. Il Partito Popolare è all’opposizione ed ha una base di votanti molto limitata, mentre la vera opposizione è invece del CIU, Convergenza e Unione, un partito di centro-destra nazionalista (catalano).

Il voto ha tagliato l’attuale maggioranza di Governo e si è strutturato secondo uno schema nazionalista. A favore dell’abolizione hanno votato il CIU e i due partiti di sinistra catalani, mentre il PP e il PSC hanno detto no. I partiti nazionalisti hanno affermato che la decisione serviva solo a fermare “una barbaria”, senza mai dire direttamente che volevano eliminare un simbolo spagnolo.

Tuttavia la riconferma di questa volontà di affermare il “Catalanismo” e di eliminare un simbolo della Spagna unitaria arriva da una particolarità della legge. In Catalogna esiste una manifestazione che si chiama “Correbous”, nella quale si da’ fuoco alle corna del toro che corre nell’arena. Questa “festa” catalana non ha ricevuto alcun divieto, pur provocando la cecità del toro e potrà continuare indisturbata.

L’abolizionismo della corrida è dunque una manovra politica in vista delle elezioni regionali che si terranno il prossimo autunno.

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A tutto c’è un limite, e gli ambientalisti spagnoli quel limite l’hanno passato /2010/06/25/a-tutto-ce-un-limite-e-gli-ambientalisti-spagnoli-quel-limite-lhanno-passato/ /2010/06/25/a-tutto-ce-un-limite-e-gli-ambientalisti-spagnoli-quel-limite-lhanno-passato/#comments Fri, 25 Jun 2010 08:57:13 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6366 UPDATE: A quanto risulta dalle ultime informazioni – riportate per esempio da Pajamas Media – il “pacco bomba” è frutto di una serie di errori e fraintendimenti: il pacco non era destinato a Calzada, e il suo contenuto, pur potendo apparire una bomba smontata, era in realtà una serie di componenti meccanici inoffensivi. Il fraintendimento da parte di Gabriel dipende, probabilmente, un po’ dalla risposta ambigua della persona responsabile della spedizione (“è la nostra risposta al suo studio sulle fonti rinnovabili”, che ora sostiene di aver inviato un plico cartaceo che, per errore, sarebbe stato inviato a qualcun altro); e un po’ dal fatto che Calzada in passato aveva già ricevuto diverse minacce e intimidazioni. Meglio così.

Gabriel Calzada, presidente e direttore generale dell’Instituto Juan de Mariana, qualche giorno fa ha ricevuto un pacco inatteso da Thermotecnic, un produttore spagnolo di pannelli fotovoltaici. Insospettito dalla forma e il peso del pacchetto, Calzada telefona al mittente per verificare di essere davvero il destinatario desiderato, che non si tratti di un disguido. Gli rispondono:

es nuestra respuesta a los artículos sobre energía de Sr. Calzada en Expansión.

Expansiòn è il principale quotidiano economico-finanziario spagnolo, con cui Gabriel collabora regolarmente e per il quale si è occupato, in particolare, dell’impatto dei sussidi verdi sull’economia spagnola (tema a cui ha dedicato anche un ampio studio). La risposta era talmente obliqua, il tono talmente minaccioso, che Calzada ha voluto approfondire, e si è rivolto a un esperto di terrorismo per aprire il pacco. Paranoia?

Giudicate voi. Il pacco conteneva un ordigno smontato. Non pericoloso. Per ora. Un avvertimento. In futuro, chissà. Un abbraccio a Gabriel. Giudicate voi.

Qui la cronaca su Expansiòn, qui il resoconto su Pajamas Media.

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L’esito inevitabile /2010/06/01/lesito-inevitabile/ /2010/06/01/lesito-inevitabile/#comments Tue, 01 Jun 2010 13:58:34 +0000 Mario Seminerio /?p=6128 Pubblicata ieri dalla Banca centrale europea la semestrale Financial Stability Review, in cui si evidenzia il timore dell’istituto di Francoforte per lo stato delle banche europee, che rischiano un effetto-contagio dalla crisi di debito della regione. Considerando le svalutazioni e gli accantonamenti già contabilizzati, mancano all’appello almeno altri 195 miliardi di euro, di cui 90 quest’anno. Di rilievo il fatto che queste stime prescindono da effetti di retroazione, come ad esempio la ricaduta in recessione di Eurolandia a seguito di manovre di consolidamento fiscale, che causerà un aumento di crediti inesigibili.

Il rapporto evidenzia inoltre che molte banche (segnatamente quelle spagnole e portoghesi) restano prevalntemente o esclusivamente dipendenti dalla Bce per i finanziamenti e soprattutto che, entro la fine del 2012, le banche dell’eurosistema dovranno rifinanziare debiti a lungo termine per qualcosa come 800 miliardi di euro. Titoli che evidentemente, entreranno in rotta di collisione con le emissioni sovrane.

In questo diluvio di debito che si autoalimenta, e che ricorda molto la celebre scena de l’Apprendista Stregone in Fantasia, è verosimile attendersi un dolore crescente, al cui climax la Bce deciderà un massiccio easing quantitativo, analogo a quello della Fed, anche perché il bilancio dell’istituto guidato da Jean-Claude Trichet non ha ancora raggiunto i livelli di “lievitazione” di quello della Fed. Resta da capire cosa farebbe Axel Weber alla guida dell’Eurotower, vista anche la crescente propensione al cospirazionismo che lui ed i suoi connazionali evidenziano in questo periodo, ma questa è fantapolitica monetaria, per il momento. Superfluo (o forse no) evidenziare che l’easing quantitativo non sarà la soluzione ad alcunché, ma evitando il default esplicito di alcuni paesi di Eurolandia, compirà un ulteriore e decisivo passo verso la ripetizione di un “decennio perduto” di tipo giapponese.

La situazione resta estremamente preoccupante, e difficilmente reversibile. Per l’Italia, soprattutto alla luce della scadente qualità della manovra correttiva, si preparano momenti difficili, come testimonia anche oggi l’andamento del nostro credit default swap, che tocca nuovi massimi e si allarga più di quello della Spagna, malgrado l’ondata di declassamenti di debito inflitti agli istituti iberici negli ultimi giorni.

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