In uno straordinario articolo del 1994, il premio Nobel Douglass North spiegava che le istituzioni hanno un ruolo fondamentale nel determinare le prospettive di crescita economica di un paese. Per sortire gli effetti sperati, però, le norme – intese sia come leggi formali sia come norme informali – devono essere credibili e stabili. Tante volte, nel passato, noi dell’Istituto Bruno Leoni abbiamo sottolineato come i problemi italiani non derivino solo dal fatto che abbiamo cattive norme, ma anche da quello che abbiamo norme che cambiano continuamente (e normalmente peggiorano). Il caso delle concessioni idroelettriche è al limite del paradosso perfino per gli standard italiani.
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Negli ultimi giorni si sono intensificate le voci sull’ennesimo assalto alla diligenza. Il governo avrebbe in animo di introdurre, tramite un emendamento alla finanziaria da far presentare alla Camera, l’ennesima imposta ad personam: stando a quanto riferisce Quotidiano energia (subs. required) si tratterebbe di un incremento dell’1,5 per cento, che scatterebbe dopo nove giorni di ritardo nell’adeguamento dei prezzi alle variazioni dei mercati internazionali. Durissima, comprensibilmente, la reazione dell’Unione petrolifera, che parla di “una misura punitiva… tecnicamente ingestibile e impraticabile a meno di non tornare a un regime di prezzi controllati”. Il settore petrolifero è giĂ gravato da una pressione fiscale discriminatorio, visto che, con l’introduzione della Robin Tax (di cui con Piercamillo Falasca abbiamo detto tutto il male possibile), l’aliquota Ires era stata incrementata di 5,5 punti percentuali (a cui un ulteriore punto di inasprimento si è aggiunto durante il passaggio parlamentare).
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