CHICAGO BLOG » solare http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 O’ Sole tedesco, ma quanto ci costi! /2010/10/16/o-sole-tedesco-ma-quanto-ci-costi/ /2010/10/16/o-sole-tedesco-ma-quanto-ci-costi/#comments Fri, 15 Oct 2010 23:05:53 +0000 Giovanni Boggero /?p=7299 Brutte notizie per i consumatori tedeschi. L’anno prossimo avranno bollette più care. Tutto sta in una parolina magica che in tedesco si chiama EEG-Umlage e che rappresenta quel contributo aggiuntivo, che chiunque paghi la bolletta in Germania è tenuto a sobbarcarsi per garantire l’elargizione dei sussidi ai fruitori di energie rinnovabili. In altre parole, se è vero che “nessun pasto è gratis”, è altrettanto vero che neanche le sovvenzioni piovono dal cielo, ma i costi se li debbono ripartire tutti i consumatori. E’ il bello della redistribuzione. Ciò che si vede è il sussidio per chi approfitta delle energie rinnovabili. Ciò che non si vede è la tassa occulta addossata a tutti i membri della comunità, anche a quelli che per una libera scelta hanno deciso di non scaldarsi con il sole o con il vento. Che le norme non siano mai neutrali dovremmo averlo capito. Questa ne è l’ulteriore conferma.

Ebbene, l’anno venturo, complice l’aumento della produzione di energia ecologica sul totale, l’Umlage schizzerà verso l’alto (da 2,047 cent a 3,530 per kWh; qui il grafico) e con ogni probabilità l’aumento della bolletta si aggirerà intorno ai 70 euro all’anno per famiglia.

Tra i tanti motivi del repentino aumento della produzione di energie rinnovabili (ma ricordiamo sempre che il solare contribuisce per l’1% alla produzione nazionale di energia teutonica!), il quotidiano economico Handelsblatt cita anche la corsa all’acquisto di un pannello fotovoltaico da parte di moltissimi tedeschi, desiderosi di sfruttare le cd. feed-in-tariffs prima dei tagli destinati ad entrare in vigore nel mese di ottobre 2010 (-3%), a gennaio 2011 (fino a -13%) e a gennaio 2012 (fino a -21%).

Una piccola eterogenesi dei fini, insomma, destinata  forse a rientrare quando i tagli saranno stati implementati una volta per tutte. Solo allora vi sarà forse una discesa della curva totale delle sovvenzioni al solare, che nel 2011, nonostante le tariffe meno generose, toccherà verosimilmente livelli superiori al 2010, a fronte però di una potenza installata maggiore.

L’approvazione del taglio alle sovvenzioni per il fotovoltaico deciso dal Parlamento tedesco lo scorso agosto è infatti solo il primo passo verso la definitiva cancellazione dei sussidi, prevista entro il 2030. Al proposito, gli strepiti degli ambientalisti (e di alcuni curiosi banchieri delle Landesbanken, che paventano una possibile depressione del settore a causa della concorrenza cinese) sono del tutto ingiustificati, tanto più alla luce dei grafici e delle tabelle che gli stessi ecologisti amano esibire per dimostrare che ormai il solare è sempre più concorrenziale. Delle due l’una. O il solare è competitivo e allora i sussidi non servono più e vanno pian piano ridotti. Oppure il solare non è competitivo e perciò deve continuare a rimanere a carico di tutti i contribuenti. Tertium non datur.

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Raschiando il barile tedesco… /2010/05/25/raschiando-il-barile-tedesco/ /2010/05/25/raschiando-il-barile-tedesco/#comments Tue, 25 May 2010 12:23:47 +0000 Giovanni Boggero /?p=6044 Nel marasma finanziario che, per la seconda volta in pochi anni, sta mandando sottosopra gli ambiziosi piani riformatori dell’esecutivo tedesco, c’è, a dire il vero, ancora spazio per l’approvazione di qualche provvedimento – in versione liofilizzata, ma pur sempre- condivisibile. Mi riferisco al taglio delle sovvenzioni alle lobby del solare (-16%) e all’accorciamento del servizio militare/civile da nove a sei mesi. Entrambe le misure, previste dal patto di coalizione siglato nell’ottobre scorso, sono un compromesso tra liberali e democristiani. Nonostante l’annacquamento rimangono però una buona cosa. Ecco perché.

1)       Come ricordammo già in questo articolo per AGI-Energia dell’ottobre scorso, i sussidi al solare sono ormai unanimemente considerati inefficienti (non dai Verdi, vabbé..) rispetto a quanto erogato per altre fonti di energia rinnovabile. Anche gli investimenti nel settore sono assai stagnanti e quasi tutti di fonte pubblica, mentre questo non è il caso dell’eolico, relativamente più concorrenziale e con una quota di investimenti privati molto più elevata, come ricordano anche dall’IW di Colonia. Manca ancora il voto del Bundesrat, ma siamo in dirittura d’arrivo. Bene.

2)      L’FDP avrebbe voluto un’abolizione totale, sul modello di molti altri stati europei. Come accaduto altrove, ha dovuto piegarsi e accettare soltanto una ulteriore riduzione del periodo di coscrizione obbligatoria. Vena militarista dei democristiani? Niente affatto; o meglio, non solo. Eliminando il servizio militare, si sarebbero tagliate le ali anche ai nove mesi (già ridotti nel 2004 dai tredici precedenti!) di servizio civile, potente mezzo di ammortizzazione sociale. Con 10 euro al giorno- alla faccia del precariato!- decine di migliaia di studenti svolgono servizi di prima necessità in case di riposo, ospedali, enti pubblici e privati. Un esercito di parastipendiati pubblici che non si esaurisce mai. Privarsene non sarebbe affatto popolare. Ed Angie bada alla sostanza.

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Lavori verdi, lavori veri? /2010/05/03/lavori-verdi-lavori-veri-2/ /2010/05/03/lavori-verdi-lavori-veri-2/#comments Mon, 03 May 2010 07:12:37 +0000 Carlo Stagnaro /?p=5882 Di Luciano Lavecchia e Carlo Stagnaro

Le lobby ambientaliste hanno avuto, in Italia, un’influenza che va ben al di là del peso elettorale dei partiti “verdi”. Il loro maggior successo è stato la vittoria al referendum antinucleare del 1987, che ha sancito la fine di un’avventura tecnologica che aveva visto il nostro paese, per una volta, all’avanguardia, con ingenti costi economici e ambientali. Oggi la Terra Promessa sembra stare nelle energie rinnovabili, presentate come la panacea di ogni male: non solo energia pulita, a zero emissioni, ma anche un mezzo per spingere l’economia, anzi, la creazione di una “new new” economy (per non confonderla con la precedente “new” economy), detta, per l’appunto, “green economy”, alternativa e Pareto-superiore alla “vecchia” economy. Insomma, un gioco dove tutti hanno da guadagnarci, sia in termini di salute che ambientali, economici e occupazionali. Gli endorsement non mancano sia a sinistra che a destra, passando per il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e la Commissione Europea. Eppure, il sospetto che non siano tutte rose e fiori, che ci siano delle insidie dietro l’angolo e’ molto concreto. Un nostro studio prova a fare ordine. Nel Working Paper “Are Green JObs Real Jobs?” cerchiamo di far luce sull’efficacia della “green economy”, come strumento per creare posti di lavoro; per prima cosa abbiamo cercato dei riferimenti alle esperienze dei paesi più “impegnati”, ossia Danimarca, Germania e Spagna, scoprendo una recente letteratura che, a distanza di vari anni dall’inizio dell’incentivazione, cerca di tirare le somme, con risultati soprendenti: miliardi di euro (73,8 e 28,7 rispettivamente per Germania e Spagna) spesi, e il paradosso di un paese che deve esportare la sua energia quando tira vento (la Danimarca) per mantenere in equilibrio la rete di trasmissione. Successivamente ci siamo concentrati sull’Italia, analizzando i vari programmi a sostegno delle rinnovabili, dal CIP6 (sui cui soltanto recentemente si è indagato a fondo) ai Certificati Verdi sino alle più recenti Tariffa Omnicomprensiva (feed-in tariff) e Conto Energia. La bolletta? Solo il CIP6 è costato non meno di 46,6 miliardi di euro e costerà altri 30 mld fino al 2020, con discutibili risultati in termini di promozione dell’energie rinnovabili (va detto per chiarezza che la maggioranza di queste risorse hanno sovvenzionato le fonti cosiddette “assimilate”). Ma neanche gli altri sistemi di incentivazione scherzano: il Conto Energia è costato ben 400 milioni di euro in soli due anni e l’Authorità per l’Energia stima che il costo degli incentivi salirà a di circa 6-7 miliardi al 2020.

A fronte di questa montagna di denaro sottratto ai consumatori, quale risultato? Il nostro studio stima che, a secondo degli scenari, potrebbero essere creati fra 55 e 112 mila posti di lavoro (si tratta probabilmente di sovrastime, che poggiano sulle valutazioni dei posti attualmente esistenti nell’eolico e fotovoltaico a loro volta, riteniamo, sopravvalutate), assumendo che il potenziale massimo stimato dal governo nel 2007 (9.500 MW per fotovoltaico e 22.500 MW per eolico) venga raggiunto. L’indicatore per apprezzare l’efficienza dell’investimento in termini di impatto occupazionale netto, già usato per simili scopi in Spagna, è il rapporto tra lo stock medio di capitale per lavoratore (sussidi) destinati alle energie rinnovabili e lo stock medio per lavoratore del settore manufatturiero e dell’economia in generale. Risulta  dunque che se le stesse risorse fossero lasciate al mercato, per ogni “green job” potrebbero essere creati 6,9 posti nel settore manufatturiero e 4,8 nell’economia in media.

Ciò non significa necessariamente che un “green job” ne distrugga 4,8 o 6,9, bensì che l’industria verde è ad alta intensità di capitale, dunque difficilmente potrà risolvere problemi occupazionali in maniera efficiente. Meglio lasciare questo denaro nelle tasche di cittadini e imprese (la tariffa A3 vale il 4,3% della bolletta media) e lasciar fare al mercato che saprà allocarlo in maniera migliore. Nulla da togliere al fatto che le energie rinnovabili abbiano moltissimi pregi, tra i quali un possibile impatto positivo sull’ambiente, ma come volano dell’economia proprio non ci siamo.

E pensare che per cifre dello stesso ordine di grandezza oggi c’è una nazione allo sbando e un’Unione Europea sul orlo della dissoluzione… 

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Parole sante /2009/08/19/parole-sante/ /2009/08/19/parole-sante/#comments Wed, 19 Aug 2009 08:26:55 +0000 Carlo Stagnaro /?p=2193 Parole involontariamente sagge da questo articolo di Sheila McNulty sul Ft:

In spite of record growth rates over the past five years, high costs (solar energy can be four times as expensive as traditional gas-fired electricity) and the economic downturn mean solar has not become a mainstream energy source. While many solar companies were profitable before the economic downturn, boosted by government subsidies, the credit squeeze and fall in energy demand has hit them along with the rest of the power sector.

Traduco liberamente:

Nonostante la crescita record degli ultimi cinque anni, il costo folle (almeno quattro volte più di una tradizionale centrale a gas) e la recessione hanno impedito al solare di diventare una fonte energetica di primaria importanza. La crisi del credito e il crollo della domanda di energia hanno colpito il solare così come il resto del settore elettrico, a dispetto del fatto che molte imprese solari fossero assai profittevoli prima della recessione, imbottite com’erano di sussidi pubblici.

In breve: il solare, essendo una fonte farlocca e costosissima che nessuno degnerebbe anche solo di uno sguardo in condizioni di mercato, sta in piedi grazie ai dindi rapinati ai consumatori, ma adesso neppure quelli bastano più. Dio ci salvi dalle buone intenzioni.

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I tedeschi alla conquista del deserto /2009/07/13/i-tedeschi-alla-conquista-del-deserto/ /2009/07/13/i-tedeschi-alla-conquista-del-deserto/#comments Mon, 13 Jul 2009 17:03:34 +0000 Giovanni Boggero /?p=1519 Map of the Desertec projectQui l’aggettivo faraonico calza a pennello. Non soltanto perché siamo nell’Africa sahariana, ma anche e soprattutto per la natura del progetto. Su imbeccata del Club di Roma, un consorzio di giganti del settore energetico tedesco- tra cui persino le tanto vituperate RWE, E.on e Siemens- ha lanciato stamane un’iniziativa a dir poco imponente quanto a costi di investimento e rischio di impresa: raccogliere energia solare direttamente dove il sole batte di più (che si tratti di un’implicita ammissione che piazzare pannelli a Lubecca serve a poco?), ossia nel deserto, per poi trasportarla in Europa.

L’obiettivo consiste nel soddisfare la sempre maggiore domanda energetica, nell’aiutare l’ambiente e nel contribuire a realizzare l’ormai fantomatica indipendenza energetica (sic) dell’Europa continentale dal cattivo zar Putin. Peccato che il Sahara non sia esattamente terra di nessuno, ma corrisponda a fette di territorio più o meno grandi, appartenenti a Stati non proprio “democratici”. Al di là del buonismo di maniera sugli standard di democraticità di questi paesi (più importante è capire il grado di affidabilità che essi garantiscono per la continuità dell’opera), ci permettiamo modestamente di ricordare che l’approccio al progetto trasuda di un colonialismo un po’ d’antan. Ricordate la boutade di Tremonti sulle centrali in Albania? Ecco, il substrato culturale non è poi molto diverso. Tutti paiono preoccuparsi dei benefici che un’opera simile produrrà per i cittadini tedeschi ed europei, senza porsi l’interrogativo fondamentale. A questi paesi africani sta bene? Non vogliono niente in cambio?

In secondo luogo, resta ignota l’entità dell’esborso e il nome dei soggetti che dovranno sobbarcarselo. Per quanto riguarda il primo, pare che la cifra si aggiri intorno ai 400 miliardi in uno spazio di quarant’anni…Cifre che fanno girare la testa, anche agli oltranzisti delle rinnovabili… Per quanto attiene i secondi, noi avremmo già un’ideuzza. La parola inizia per c, finisce per i e ha dodici lettere… Resta solo da capire di quale paese.

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Le rinnovabili sono belle /2009/05/29/le-rinnovabili-sono-belle/ /2009/05/29/le-rinnovabili-sono-belle/#comments Fri, 29 May 2009 09:08:01 +0000 Carlo Stagnaro /?p=743 Su Repubblica Tv, nonostante le domande di Antonio Cianciullo, Carlo Durante – imprenditore nelle energie cosiddette pulite e consigliere di Aper - racconta il suo viaggio in aliante sull’Italia delle rinnovabili. Al centro del ragionamento sta il fatto che le rinnovabili, in particolare sole, vento e idro, possono integrarsi nel paesaggio e che dunque, al netto di eventuali criticità locali, non è corretto affermare che, in generale, queste fonti deturpano il paesaggio. Le foto da lui raccolte lo testimoniano. Aggiungo che i campi eolici possono essere belli, possono essere una splendida testimonianza della capacità, direi la vocazione, dell’uomo a plasmare l’ambiente. La tutela del paesaggio non può e non deve essere una sorta di “imbalsamazione”, ma un processo di crescita e adeguamento dell’ambiente alle esigenze dell’uomo. Dopo di che, i gusti sono gusti (a me, per esempio, piacciono campi eolici e raffinerie, mentre trovo insopportabili i campi fotovoltaici), ma il punto che ci tengo a sottolineare è che la civiltà industriale ha una sua bellezza che non sempre, purtroppo, viene colta da chi si oppone, per principio, a tutto e tutti (Carlo ricorda la folle storia dei comitati anti-eolici in Puglia che temevano che, a causa delle turbine, non sarebbero più cresciute le patate). Essere contrari all’eolico (o a qualunque altra cosa), a priori, per ragioni estetiche o di altro genere, è piuttosto stupido. Il problema è semmai opporsi all’obbligo, che attualmente grava su voi e me in quanto consumatori di energia elettrica, di pagare (in tariffa) per fonti che, in generale, sono poco o per nulla competitive. Non voglio impedire a nessuno di erigere i suoi mulini a vento: voglio solo che non lo faccia coi miei soldi.

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