CHICAGO BLOG » Sicilia http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 11:09:36 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Chi il rigassificatore ferisce, di inedia perisce… /2010/12/20/chi-il-rigassificatore-ferisce-di-inedia-perisce%e2%80%a6/ /2010/12/20/chi-il-rigassificatore-ferisce-di-inedia-perisce%e2%80%a6/#comments Mon, 20 Dec 2010 22:44:59 +0000 Luciano Lavecchia /?p=7874 di Carlo Stagnaro e Luciano Lavecchia

Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Comune di Agrigento contro il progetto del Rigassificatore di Porto Empedocle, un progetto che risale a 6 anni fa, che prevede una capacità di 8 mld di m3, e investimenti per 650 mln. Il rigassificatore peraltro insiste sul territorio di comune diverso da Agrigento, Porto Empedocle, favorevole all’iniziativa, insieme al Ministero dell’Ambiente e la Regione Siciliana. Il sindaco di Agrigento, supportato da organizzazioni ambientaliste assortite e dalla consueta carovana del “no”, lamenta il mancato coinvolgimento nella Conferenza dei Servizi della sua Amministrazione. Insomma, più che un esempio di NIMBY (not-in-my-backyard) siamo davanti ad un caso di BANANA (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything), ove un’opera infrastrutturale di respiro nazionale (il gas costituisce il 38% dell’energia primaria consumata in Italia nel 2009), con tempi di approvazione biblici (sei anni!), riceve l’autorizzazione (la Valutazione d’Impatto Ambientale – VIA) dagli enti locali coinvolti, ma viene bloccata per le bizze di un Comune vicino. A color che opporranno che Agrigento è effettivamente prossima a Porto Empedocle, e che un rigassificatore è un impianto che coinvolge un’area ampia, rispondiamo che se ogni opera infrastrutturale deve richiedere il parere di ogni stakeholder, e del vicino di ogni stakeholder, e del vicino del vicino, e di suo cugino e degli amici del cugino, si capisce perché questo paese è 157 nella categoria “enforcing contracts” (su 183 paesi) della Survey Doing Business della World Bank (per il 2011). Va da sé che, considerando i tempi geologici, c’erano tutte le possibilità per ascoltare, senza avere necessari mante il sindaco presente, gli interessi dei cittadini di Agrigento (e anche quelli di Palermo, Catania, Napoli, Roma, Milano e Londra, già che ci siamo..) Al danno (per il Paese) la beffa (per il territorio): oltre alle ricadute occupazionali (500 operai previsti a regime), ENEL – titolare dell’investimento – prevedeva opere compensative per 50 mln di euro, fra le quali un nuovo molo per navi da crociera, riqualificazione dell’illuminazione della Valle dei Templi e disponibilità gratuita di acqua potabile ed industriale per tutto il territorio agrigentino (un’area dove al 2011 vi sono ancora comuni che ricevono l’acqua ogni 4 giorni! – ne abbiamo già parlato e ne parleremo ancora) e royalties annue da 2 mln per il Comune e 2,5 per la Regione. Insomma, ricadute più che positive per una Regione in affanno. Eppure, davanti al rispetto per i sacri confini della Patria e l’ambiente, nulla regge, niente può corrompere le candide anime dei nuovi luddisti. Oltretutto la Sicilia non è nuova nell’opposizione ai rigassificatori, come nel caso del progetto di Priolo-Melilli ove è in atto un duro scontro fra la Confindustria locale e la Regione Siciliana. Porto Empedocle sembrava fino ad ora immune da questi problemi (esiste un vasto comitato favorevole e persino lo scrittore Andrea Camilleri, noto per le sue posizioni contro il Ponte sullo Stretto). ENEL ha annunciato ricorso davanti al Consiglio di Stato, ultima speranza per il progetto. La vicenda suscita due riflessioni, entrambe deprimenti. La prima dovrebbe deprimere i consumatori elettrici. E’ ragionevole aspettarsi che, se e quando il terminale entrerà in funzione, sarà alimentato da gas nigeriano. Lo stesso gas che avrebbe dovuto rifornire un terminale – mai realizzato e sempre per opposizioni pregiudiziali – a Monfalcone. Quel gas, garantito da un contratto di lungo termine tra l’azienda di Viale Regina Margherita e il paese africano, raggiunge oggi la Francia grazie a uno swap con Gaz de France, non senza aver prima originato penali che ancora oggi gli italiani pagano in bolletta perché, ai tempi della liberalizzazione, l’extracosto dovuto all’investimento mai realizzato venne riconosciuto come straded. Così, i consumatori sborsano ogni anno più di 100 milioni di euro, e grazie alla sortita del comune di Agrigento continueranno a pagarli. La seconda questione, più generale, riguarda la natura e l’effetto della giustizia amministrativa. Nessuno di noi è un giurista, ma ci pare ovvio che il senso del diritto amministrativo sia quello di garantire il rispetto delle forme e delle procedure, non quello di offrire alle pubbliche amministrazioni l’occasione per dire la propria sempre e comunque, anche fuori tempo massimo. Il comune di Agrigento, se riteneva di dover essere coinvolto, avrebbe dovuto alzare la voce durante la conferenza dei servizi, non ora che i giochi sono fatti. Tanto più che il suo territorio è toccato dall’opera solo indirettamente, perché attraversato dal tratto di gasdotto che dovrebbe allacciare il rigassificatore alla rete nazionale e che, peraltro, è di competenza Snam, non Enel. Insomma: comunque la si guardi, siamo di fronte all’ennesimo caso studio su come spaventare gli investitori, scacciare gli investimenti, e perpetuare la stagnazione economica. Una cosa sola ci resta da fare: protestiamo, protestiamo, protestiamo!

di Carlo Stagnaro e Luciano Lavecchia

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Carpe diem, Sicilia! o come imparai a preoccuparmi e a odiare Trenitalia /2010/12/10/carpe-diem-sicilia-o-come-imparai-a-preoccuparmi-e-a-odiare-trenitalia/ /2010/12/10/carpe-diem-sicilia-o-come-imparai-a-preoccuparmi-e-a-odiare-trenitalia/#comments Fri, 10 Dec 2010 09:20:01 +0000 Luciano Lavecchia /?p=7819 Immaginate una Regione del Sud, assuefatta ai trasferimenti pubblici (“L’ultima delle Repubbliche Socialiste Sovietiche”), dove gli imprenditori onesti lottano non solo contro la criminalità organizzata (leggasi Mafia), una P.A. inefficiente e spesso corrotta, e uno Stato despota che tassa fino all’ultimo centesimo.

Aggiungete a questo il fatto che le infrastrutture attorno a voi sono poche e inefficienti (su 110 km di rete ferroviaria regionale, solo il 3% è elettrificato, vi sono autostrade in costruzione da 20 anni, i collegamenti ferroviari fra le due principali città impiegano 6 ore… per 209 km!), insomma, un ulteriore svantaggio naturale. Bene, adesso pensate a un imprenditore che vuole entrare nel settore della logistica per ridurre i tempi di trasporto delle merci da 8-10 giorni a 1 giorno soltanto (per 271 km!),riducendo i costi e favorendo l’accesso ai mercati internazionali (il collegamento è destinato a uno deegli hub merci più importanti del Mediterraneo). Lo stesso imprenditore ha manifestato la volontà di entrare nel mercato dei trasporti pubblici regionali ( i pendolari vessati quotidianamente ringraziano), lamentando una certa resistenza da parte dell’incumbent (che pare ostacoli la sua attività nella logistica). Bene, adesso possiamo mettere i nomi: la Regione è la Sicilia, l’impresa entrante è la GMC di Catania, l’incumbent è Trenitalia/RFI/Ferrovie dello Stato. La GMC di Catania ha ottenuto l’anno scorso la licenza ferroviaria e dal 2006 ha creato il “treno del vino” che da Alcamo porta i vini siciliani al Nord. In seguito a lavori sul nodo di Palermo, tale iniziativa ha subito un arresto e il Gruppo GMC ha chiesto di poter usare la stazione (semi abbandonata) di Brancaccio, alla periferia di Palermo, come base logistica per attivare un collegamento con l’interporto di Gioia Tauro “Il nostro progetto è di partire da Brancaccio con tre treni alla settimana, ma di arrivare a cinque, sviluppando l’intermodalità soprattutto in salita, spedendo la merce al Nord o in Europa con risparmi del 30-40% rispetto ai costi del trasporto su strada” ha detto Giuseppe Campione, DG di GMC. La società ha già effettuato i sopralluoghi nella stazione e fatto degli investimenti per trasferire le gru da Alcamo a Palermo. Anche l’accordo per il canone annuo (20 mila euro) era stato trovato. Poi, più nulla. Da Trenitalia (pardon, da RFI… lapsus Morettiano) nessuna notizia. Il problema, che nasce dalla mancata separazione tra proprietà della Rete (RFI) e operatore (principale) della Rete (Trenitalia), tutti sotto il cappello del Gruppo Ferrovie dello Stato.Ne hanno già abbondantemente parlato Andrea Giuricin qui e Ugo Arrigo qui .

Che la partita fosse sporca, lo si era capito con ArenaWays, ma anche con la vicenda DB-OBB però ci si illudeva che qualcuno a Roma, speranzoso di recuperare qualche voto, capisse la lezione.

Molti lettori diranno: dov’è la novità? Viviamo già nel peggiore dei mondi possibili, uno Stato padre-padrone, assistenzialista, con uno dei debiti pubblici più alti del mondo, dominato dalle lobbies, ergo quale nuova?

La nuova è che oggi ci sono imprenditori che chiedono sistematicamente la riduzione del peso della P.A. in Sicilia (il Presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello ad esempio) e altri che reclamano la possibilità di far crescere la concorrenza a vantaggio di tutti (un risultato niente male in una Regione dai mille monopoli pubblici). Queste voci vanno supportate e incoraggiate, perché se la concorrenza e il mercato sono fra le leve principali da attivare per far crescere il Paese, lo sono a maggior ragione per far camminare sulle proprie gambe le regioni del Sud, e la Sicilia in particolare.

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Se la Sicilia può dare il buon esempio (una volta tanto…) /2010/10/08/se-la-sicilia-puo-dare-il-buon-esempio-una-volta-tanto%e2%80%a6/ /2010/10/08/se-la-sicilia-puo-dare-il-buon-esempio-una-volta-tanto%e2%80%a6/#comments Fri, 08 Oct 2010 12:32:02 +0000 Luciano Lavecchia /?p=7236 Il nuovo Governo regionale di Raffaele Lombardo (il quarto dalla sua elezione, avvenuta nell’aprile 2008) ha iniziato con una serie di annunci all’insegna dell’austerity: taglio del 10% dell’indennità degli Assessori (circa 4000€ su uno stipendio di 19.000), delle auto blu e soprattutto, la volontà di tagliare le “Province Regionali” e gli enti inutili (che entro 60 giorni verranno identificati e soppressi, dice…);

In tempi di crisi, il taglio della spesa pubblica improduttiva è una priorità nelle agende dei governatori, che vedranno i loro budget decurtati notevolmente nei prossimi anni e il taglio delle Province è da diversi anni sotto i riflettori: giudicate inutili dai più (le competenze principali sono viabilità stradale provinciale e gestione delle scuole superiori), nel tempo non hanno ricevuto competenze aggiuntive rilevanti (la polizia provinciale ad esempio) e i costi stimati dalla loro eliminazione (con ripartizione del personale fra i comuni, i.e. perdita solo degli incarichi politici) sono stati stimati in circa 135 mln per il 2010 dal Ministro Tremonti (che però giudica i risparmi irrisori… invece tagliare l’insegnamento della seconda lingua nei licei è giudicato più produttivo..)  e in 1,9 mld da uno studio di Andrea Giuricin di IBL. Premesso che qualsiasi taglio di spesa improduttiva non può che trovarmi favorevole, rimane da capire se questo è realizzabile politicamente. Può Giulio Tremonti (a.k.a. Voltremont per gli amici www.noisefromamerika.org) mandare a  casa 4207 politici, fra i quali molti appartenenti alla Lega Nord? E la stessa Lega, non aveva forse fatto dell’abolizione delle Province il suo cavallo di battaglia? Fine delle considerazioni “politiche”. Torniamo alla Sicilia: con un PIL che nel 2009 si è contratto del 2,7% (vs. -4,3% del Mezzogiorno e -5% dell’Italia) , 80.000 precari stimati che dipendono dalla P.A., ed il fallimento della gestione dei fondi comunitari per il 2000-2006 , il Governatore Lombardo ha deciso, meritoriamente, di tagliare i rami secchi: lo Statuto della Regione Siciliana, che precede la nascita della Repubblica ed ha rango di legge costituzionale, prevede infatti (fra tante altre chicche) all’art. 15, comma 1, l’abolizione delle province che sono state re-introdotte con una legge ad hoc nel 1986 (Legge regionale n. 9 del 6 Marzo 1986), con l’escamotage di quel “regionale” accanto a “Provincia”.

La Giunta Regionale Siciliana proporrà un disegno di legge che ne determini l’abolizione, trasferendo il personale ai vari comuni e ad appositi consorzi fra i comuni. Da un punto di vista politico, il Governatore ha tutto l’interesse per farlo (i Presidenti delle 3 province più grandi sono tutti suoi oppositori politici) e inoltre potrebbe spendere il buon impegno della Sicilia per intaccare lo stereotipo del Sud parassita. E’ inutile dire, che quale che sia lo scopo politico del Governatore, il successo del caso Sicilia metterebbe in moto un processo nazionale che porterebbe all’abolizione delle province in tutta Italia (confidando nell’orgoglio degli elettori duri e puri della Lega!). Adesso bisogna mantenere l’attenzione sul Presidente Lombardo affinchè onori i suoi impegni, e sui suoi oppositori politici affinchè si assumano la responsabilità politica di voler mantenere un sistema di poltrone che andrebbe eliminato e che, in virtù dei poteri speciali della Regione Siciliana, potrebbe essere fatto senza ricorrere a modifiche della Costituzione.

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Non esiste il porto sicuro per Tirrenia… /2010/08/04/non-esiste-il-porto-sicuro-per-tirrenia/ /2010/08/04/non-esiste-il-porto-sicuro-per-tirrenia/#comments Wed, 04 Aug 2010 07:10:17 +0000 Luciano Lavecchia /?p=6708 Avevamo gia’ scritto del rischio potenziale che Tirrenia divenisse una nuova “Alitalia”. La convenienza nell’acquistare un carrozzone pubblico con navi sgangherate e con 520 mln di debiti sta tutta nei sussidi promessi dallo Stato, ossia, nelle nostre tasse.

La cordata Mediterranea Holding, capeggiata dalla Regione Siciliana con il 37%,  si e’ aggiudicata la gara, anche perche’ era rimasta l’unica,  per la cifra, neanche tanto simbolica, di 25 mln di euro; gia’ il fatto che un imprenditore paghi per 25 quello che poteva avere per 10 mette in allarme ma si sa, la Regione Siciliana e’ prodiga verso i suoi figli migliori…

Delle 16 offerte iniziali, alcune da importanti competitors di Tirrenia come Grandi Navi Veloci, Moby, Grimaldi e Corsica Sardinia, ha vinto la piu improbabile, quella a guida Regione,  con l’ausilio dell’attivissimo Fondo CAPE (gia’ impegnato sul tavolo di Termini Imerese). In molti casi l’interesse era solo per Tirrenia e non per la controllata Siremar, che gestisce il traffico fra le isole minori della Sicilia, giudicata come non strategica (e, a sentir qualcuno, ricca di spiacevoli sorprese). D’altra parte, mentre le altre tre societa’ regionali, Caremar, Saremar e Toremar, il 24 novembre 2009 sono passate, a titolo gratuito, alle rispettive Regioni (Campania, Sardegna e Toscana), la Siremar era rimasta incomprensibilmente alla Tirrenia.

Nonostante le rassicurazioni da parte del Governatore Lombardo sul ruolo imparziale della Regione (fondamentale garanzia da parte di un ente che ha piu’ dirigenti che uscieri), permane qualche dubbio sull fatto che “La Regione, in questa operazione, non guadagna e non perde perché il rischio d’impresa è tutto sui privati, a tutela del patrimonio della Sicilia” (il corsetto e’ dello stesso Governatore) . Oltretutto e’ difficile comprendere il ruolo di arbitro super partes (qualora potesse mai avere senso..) della Regione se la prima richiesta della Giunta Lombardo e’ di spostare la sede di Tirrenia da Napoli a Palermo (come se la FIAT trovasse maggior giovamento dallo spostar l’ufficio di Marchionne a Pomigliano o Melfi). Non sappiamo come andra’ a finire tutta la vicenda ma e’ possibile fare una serie di previsioni:

1) i contribuenti, come sempre, pagheranno di più’ li dove sarebbe stato possibile risparmiare;

2) al di la’ dei sogni di gloria del Governatore Lombardo, Tirrenia dovra’ affrontare una dura stagione di sacrifici per essere rilanciata;

3) pur dubitando delle capacita’ tecniche e manageriali dei dirigenti regionali siciliani, e’ probabile un’esplosione di commodori, ammiragli e contrammiragli.

Si prospettano tempi duri per i mozzi e i marinai della Tirrenia..

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Perche’ la Sicilia avrebbe bisogno di piu’ liberismo /2010/05/10/perche-la-sicilia-avrebbe-bisogno-di-piu-liberismo/ /2010/05/10/perche-la-sicilia-avrebbe-bisogno-di-piu-liberismo/#comments Mon, 10 May 2010 20:47:01 +0000 Luciano Lavecchia /?p=5966 Scandali come i “progettini” del Comune di Palermo o i  corsi di formazione della Regione, non fanno che confermare quello che a livello di intuizione penso da molto tempo: il peggior nemico dei siciliani oggi e’ lo Stato.

Immagino che i puristi della lotta anti-mafia staranno gia’ tremando di paura e chiarisco subito che non sono ne’ a favore della Mafia (!), ne’ della scuola di “quelli che con la Mafia bisogna convivere“. Inoltre per “Stato” intendo la sommatoria di Comune, Provincia, Regione e Governo Centrale, riferendomi dunque in maniera indifferenziata a tutta la macchina pubblica, quel mostruoso esercito di 352.153 impiegati pubblici (al 2008), ossia 1 ogni 14 siciliani (in Lombardia siamo a 1 su 23).

Lo Stato pervade la Sicilia. Oggi a Palermo, sommando i vari enti pubblici, lo Stato e’ il primo datore di lavoro, assolutamente incontrastato. Una volta c’era il Banco di Sicilia, oggi neanche quello. I politici regionali e nazionali comandano ovunque, anche li dove non dovrebbero mettere piede. La politica non dovrebbe allocare risorse, salvo per pochi e selezionati beni pubblici (come la sicurezza, la tutela dei diritti privati e la giustizia), invece in Sicilia siamo abituati ad invocare sistematicamente la politica per qualsiasi emergenza, lavorativa e non. Ed i politici rispondono (anche contro la volonta’ degli imprenditori)… non certo per un innato senso di bonta’ nei confronti dei loro concittadini (anche se non escludo che vi possano essere eccezioni), bensi’ per procacciarsi voti e assicurarsi la rielezione. Risultato: oggi la Sicilia e’ la nona regione (al momento della redazione dell’articolo) al mondo per rischio di default, con una probilita’  pari al 20%. Per interrompere questo circolo vizioso, che alimenta e si autoalimenta con la Mafia, la soluzione radicale e’ ridurre drasticamente il flusso di denaro pubblico, ridimensionando la macchina statale; noi siciliani non siamo geneticamente inferiori a nessuno (nonostante certi discutibili studi in Ulster), abbiamo solo bisogno di risvegliare un certo senso di imprenditorialita’ che si e’ sopito a causa di 50 anni di minestre pronte servite dal Pubblico. Certo, ci sono delle infrastrutture necessarie che avranno bisogno anche del supporto pubblico (metropolitana di Palermo, ferrovie, potenziamento rete elettrica..), ma stiamo parlando di progetti specifici, di casi eccezionali. Per il resto, Formazione, Sanita’, Forestali, AMIA, ATO…, meno Stato, meglio sara’ per tutti. In quest’ottica, il federalismo fiscale e’ l’amara medicina di cui la Sicilia ha drammaticamente bisogno: chiusi i rubinetti, ogni euro andra’ centellinato e speso con cura… i vari quaquaraqua’ della politica non potranno piu’ elargire (come se fosse cosa loro!) posti di lavoro a destra a manca perche’ non avranno piu’ 1000 per fare un lavoro che si poteva fare per 10, dunque saranno costretti ad essere estremamente selettivi nei progetti e a ridurre drammaticamente gli sprechi. I siciliani, a loro volta, liberi dal giogo del clientelarismo, potranno riacquistare la liberta’ di scegliere una classe dirigente in base ai programmi presentati e non sulle promesse di una piu o meno precaria sistemazione. Dispiace solo che questa battaglia sia monopolio culturale della Lega. Immagino gia’ l’obiezione di alcuni: cosa succedera’ quando si interrompera’ il flusso di denaro? Chi paghera’ gli stipendi? La risposta e’: nessuno. Sicuramente diverse migliaia di siciliani dovranno industriarsi, anche emigrando. Nulla che non sia gia’ successo nel passato o che non continui a succedere anche oggi. Con una differenza: prima emigravano soprattutto lavoratori ed operai; oggi emigrano giovani, laureati o professionisti, un fenomeno di adverse selection che impoverisce ulteriormente la Sicilia. Prova ne e’ la stabilizzazione di 26.500 persone con l’ultima Finanziaria regionale, molto spesso ex-detenuti o LSU che hanno letteralmente preso d’assedio la sede dell’Assemblea Regionale Siciliana in nome di un fantomatico diritto al lavoro (giovani disoccupati prendete nota!). Personalmente penso che i siciliani onesti, che non hanno una rendita di posizione, non possano che desiderare uno stato liberale (almeno in senso economico!), in cui lo stato torni a fare l’arbitro, non il giocatore/imprenditore. Unicuique suum, a ciascuno il suo direbbe Sciascia. Lasciamo fare agli imprenditori il loro ruolo, migliorando la terribile macchina burocratica siciliana, investendo semmai sulla ricerca, sulle universita’ e sulle lingue se proprio si vuole fare formazione, ma soprattutto liberando i siciliani dal senso di impotenza, di impossibilita’ di essere i fautori del proprio destino. Solo cosi’ questa terra, tanto bella quanto disgraziata, potra’ aspirare ad un futuro.

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