La Robin Tax, introdotta nell’estate 2008 per “prendere ai ricchi e dare ai poveri”, non si ferma più. La Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato un emendamento del Pd che porta da 6,5 a 7,5 punti percentuali l’addizionale Ires per il settore energetico. Questa volta, obiettivo della manovra è finanziare la cancellazione del limite di 22 mesi per la copertura assicurativa ai lavoratori che hanno conseguito l’inabilità a causa di un infortunio. Qui il testo dell’emendamento di Rita Ghedini e Marilena Adamo, qui la cronaca di Quotidiano energia (per abbonati), qui un commento di Diego Menegon per Libertiamo. Se l’aggravio non sarà cancellato dall’aula – pare che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sia contrario – le imprese energetiche arriveranno a pagare un’aliquota del 35 per cento, assurdamente più alta di quella garavante su tutte le altre imprese.
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Negli ultimi giorni si sono intensificate le voci sull’ennesimo assalto alla diligenza. Il governo avrebbe in animo di introdurre, tramite un emendamento alla finanziaria da far presentare alla Camera, l’ennesima imposta ad personam: stando a quanto riferisce Quotidiano energia (subs. required) si tratterebbe di un incremento dell’1,5 per cento, che scatterebbe dopo nove giorni di ritardo nell’adeguamento dei prezzi alle variazioni dei mercati internazionali. Durissima, comprensibilmente, la reazione dell’Unione petrolifera, che parla di “una misura punitiva… tecnicamente ingestibile e impraticabile a meno di non tornare a un regime di prezzi controllati”. Il settore petrolifero è già gravato da una pressione fiscale discriminatorio, visto che, con l’introduzione della Robin Tax (di cui con Piercamillo Falasca abbiamo detto tutto il male possibile), l’aliquota Ires era stata incrementata di 5,5 punti percentuali (a cui un ulteriore punto di inasprimento si è aggiunto durante il passaggio parlamentare).
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L’Alaska ha introdotto la sua “Robin Tax” – sotto forma di un’imposta progressiva sulla produzione di idrocarburi – nel 2006, e l’ha inasprita l’anno successivo. In pratica, l’aliquota – prima 20, ora 25 per cento – si applica sia sul petrolio che sul gas convertito in barili equivalenti di greggio. Inoltre, una volta superata una certa soglia (40 dollari nel 2006, 30 dollari al barile dal 2007) essa cresce a un tasso dello 0,4 per cento (inizialmente era 0,2) per ogni dollaro di aumento delle quotazioni del barile. Sugli ultimi due numeri di Oil & Gas Journal (qui e qui, subscription required) Dan Dickinson e David Wood ne valutano i risultati. Prosegui la lettura…
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