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Posts Tagged ‘Roberto Mazzotta’

BPM: Michels e’ vivo e lotta insieme con noi

25 aprile 2009

Non ero mai stato all’assemblea di una Banca Popolare. Girare oggi per l’assemblea della BPM per me e’ stata un’esperienza interessante. Sicuramente istruttiva. La cosa piu’ evidente, a chiunque curiosasse per i due padiglioni della Fiera di Milano occupati dai soci riuniti in assemblea, era il patente senso di controllo del sindacato. Sia detto senza polemica, semmai anzi con ammirazione. La capacita’ organizzativa delle sigle che riuniscono i lavoratori della BPM era un capolavoro: la mobilitazione dei loro membri, impressionante. La distanza abissale che alla conta dei voti separa Mazzotta da Ponzellini, duemilacinquecento preferenze suppergiu’, si spiega (anche) cosi’. Il Presidente uscente, rotti i ponti con la sua vecchia constituency, si e’ trovato in un mese a mettere assieme la nave abborracciata dei soci non-dipendenti. Ha provato ad aggrumare interessi dispersi, e non concentrati. Non e’ facile. In democrazia, non ci si riesce quasi mai.
Il voto capitario, per gestire un’impresa quotata, e’ una spropositata follia.  Se hai il cinquanta per cento, conti comunque uno. Indipendentemente dalla preferenza che esprime, in piazza Meda l’azionista monocellulare di Seregno vale quanto il fondo Amber. E’ la forma cooperativa, certo. Ma e’ anche una cosa diversa dall’universo di regole che tipicamente regge un’impresa: e’ politica, pura e semplice.
Ecco perche’ l’assemblea della BPM andava letta attraverso gli stessi occhiali che si inforcherebbero per guardare qualsiasi altro evento politico. Studiando il partito socialdemocratico tedesco, Roberto Michels aveva formulato la “legge ferrea dell’oligarchia”: l’organizzazione è la madre del predominio degli eletti sugli elettori.
I sindacati riuniscono forze compatte, e per questo vincono le elezioni interne. E’ cosi’ perche’ altrimenti non potrebbe essere.
Pero’ almeno non spacciatecelo per un modello di governance. Raffaele Bonanni, quindi un leader sindacale nazionale e non un socio della BPM, ha rilasciato questa significativa dichiarazione:

Ha vinto la sintesi tra lo sviluppo di una banca sana e la democrazia economica: Siamo molto contenti per la vittoria netta conseguita dalla lista guidata da Ponzellini. È veramente un risultato importante che deve diventare ora un modello per tutto il sistema bancario italiano
La Cisl e le altre organizzazioni sindacali hanno sostenuto con convinzione e determinazione la candidatura di Ponzellini che rappresenta la giusta sintesi tra una gestione saggia e oculata della banca e la partecipazione dei lavoratori negli organismi di controllo della banca. Ma il successo straordinario consentito dai soci di Bpm  va oggi al di là dei confini della banca milanese e indica, nella democrazia economica, la strada imprescindibile per uscire con la partecipazione dei lavoratori dalla crisi economica.

La “democrazia economica” cosiddetta e’ un sistema nel quale la proprieta’ e il controllo, anziche’ essere ricomposte nel segno della responsabilita’ degli amministratori, sono disgiunte per statuto. Le oligarchie hanno bisogno di trincerarsi sempre dietro una “formula politica”: un belletto che vale ad occultare il gioco degli interessi. Prendiamo atto che la “democrazia economica” e’ il rossetto del sindacato. Per dir la verita’, non siamo sorpresi.

Alberto Mingardi mercato , , , ,

E’ YouTube l’Elba di Mazzotta?

24 aprile 2009

Domani all’assemblea della Banca Popolare di Milano  sarà davvero un “mezzogiorno di fuocoâ€, come ha profetizzato oggi Paolo Madron in un articolo bello e chiaro sul Sole 24 Ore? La partita è complessa e non sono mancate le polemiche. Alcuni sono rimasti divertiti, dal fatto che una “istituzione medioevale†come una banca popolare abbia visto i due aspiranti chairmen duellare su YouTube (Francesco Micheli, e non solo lui). Altri hanno raccontato facendo nomi, cognomi e indirizzi la battaglia di potere, e gli interessi in gioco (Giovanni Pons su Repubblica). Altri hanno fatto un po’ di colore, sulla figura del Presidente presumibilmente entrante, il relazionalmente tentacolare Massimo Ponzellini, e quella del Presidente uscente, un ex politico ogni tanto schiettamente impolitico come Roberto Mazzotta (soprattutto il Corriere si è compiaciuto di rispolverarne l’antico soprannome, Napoleone). Altri ancora hanno constatato amaramente come, nel Paese che per vent’anni s’è arrovellato sul conflitto d’interessi, ora tolleri ombre di conflitti d’interessi un po’ ovunque (Il Riformista).
Vedremo come andrà finire. Massimo Ponzellini è stra-favorito, e certo come politico e arringatore d’assemblea non vale meno del navigatissimo Mazzotta. Il Presidente uscente se ne va però coi fuochi d’artificio, E’ interessante sbirciare i rispettivi video YouTube (on line con un suo “canale†Mazzotta, ospite del sindacato FABI Ponzellini), per i commenti. Sull’ultimo video di Mazzotta, fiocca una discussione anarchica. “morganablu†a margine del video di Ponzellini (777 views quando scriviamo) si chiede: “ma perché di qua nessuno parla?â€.

Alberto Mingardi mercato , , ,

Due o tre cose sulla Banca Popolare di Milano

17 aprile 2009

Il rinnovo degli organi della Banca Popolare di Milano sta assumendo una dimensione effettivamente nuova. Politics 2.0. Siccome, col voto capitario, a decidere le sorti della BPM sarà di fatto una grande assemblea, nella quale forze più o meno organizzate metteranno sul piatto uomini e voti per costruire un nuovo equilibrio all’interno della banca, la tenzone è, per così dire, “politica” – e rilievo politico le viene riconosciuto.
Il Presidente uscente, Roberto Mazzotta, è parallelamente incumbent e outsider. Incumbent per la sua storia, e il ruolo che occupa. Outsider perché si candida alla testa dei soci non-dipendenti, quindi non-sindacalizzati, con l’appoggio dei soci “privati”, e in nome di un programma di cauta modernizzazione dell’istituto.
Massimo Ponzellini, presidente in pectore in quanto appoggiato dai sindacati interni, ovvero i “padroni” della banca, è una faccia nuova ma rappresenta la continuità più piena. I due si sfidano su YouTube, in un singolare duello di video (affettato ma diretto Mazzotta, “mediato” da un’intervista Ponzellini), visti ad oggi all’incirca da un migliaio di persone. Sono quei mille gli elettori incerti, che potrebbero far inclinare da una parte o dall’altra l’ago della bilancia? Ponzellini in tutta evidenza parte in vantaggio, forte del sostegno di gruppi strutturati ed abituati a dettar legge. E’ Mazzotta ad avere bisogno dell’agone democratico, della segretezza del voto, della mobilitazione elettorale.
Su Mazzotta e Ponzellini, ormai s’è scritto di tutto. Su una questione di sostanza (il conflitto d’interessi di Ponzellini, che a detta dei giornali una volta presa la Presidenza di BPM non lascerebbe quella di Impregilo), s’è detto poco. Notazioni folcloristiche, non ne sono mancate.
Non si sono forse scritte due cose, che vale magari la pena di riportare – con stanca determinazione – al centro del dibattito, almeno in un luogo come questo. Primo, il vero punto del contendere sembra essere il consolidamento. La storia sembra dirci, ora, che certe fusioni hanno prodotto giganti dai piedi d’argilla. Ma questo non significa che piccolo sia sempre bello.
C’è un certo consenso, fra gli osservatori, sulla necessità di “aggregare” le popolari. Non avviene perché ovviamente i sindacati vedrebbero diluito il proprio potere. E’ una costante delle fusioni bancarie, in Italia: esse possono avvenire, solo quando ne risulta una banca nel quale i soci “forti” di prima siano ancora più decisivi, negli equilibri di governance (pensiamo a Intesa San Paolo, fusione generata per estromissione dei soci più “di mercato” delle rispettive compagini).
Secondo, la governance conta. Il voto capitario non si limita ad imporre una spettacolarizzazione politica, ma rende di fatto ingestibile la banca. Parte del lavoro del management diventa, nel caso della BPM è evidente, mediare fra gli azionisti-lavoratori. E’ proprio questa duplice natura a complicare le cose. Perché l’interesse di breve periodo (quello del lavoratore, naturalmente conservatore rispetto alla gestione dell’impresa in cui lavora) fa premio su quello di medio periodo, da azionista del medesimo istituto.
Bisognerebbe proprio ricominciare a parlare di riforma delle Popolari. In Italia, il tema è stato apparentemente al centro dell’agenda per alcuni anni. Come il federalismo, la riduzione delle imposte, l’innovazione in senso presidenziale della Costituzione, la privatizzazione della Rai, la disciplina del conflitto d’interessi, l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Con gli esiti che sappiamo.

Alberto Mingardi mercato , , , , , , , ,