Sanità USA: ora è tutto politica. Di Grace-Marie Turner
Il dibattito sulla riforma del sistema sanitario non è più di natura politica; ora è tutto politica. E i toni alle due estremità di Pennsylvania Avenue si fanno sempre più esasperati.
Il dibattito sulla riforma del sistema sanitario non è più di natura politica; ora è tutto politica. E i toni alle due estremità di Pennsylvania Avenue si fanno sempre più esasperati.
In un panorama contraddistinto da leggi e proposte di legge che fanno a gara per comprimere la libertà economica – si pensi che giacciono in Parlamento ben 19 progetti finalizzati ad istituire nuovi ordini o albi professionali – ogni tanto appare qualche lodevole idea di segno contrario.
E’ il caso della proposta A.C.2529 (primo firmatario On. Michele Scandroglio) la quale intende rimuovere un vincolo assurdo che contraddistingue negativamente il sistema sanitario italiano (SSN). Prosegui la lettura…
Con la clamorosa sconfitta della candidatura di Chicago alle olimpiadi del 2016, la coppia Obama (Michelle + Barack) subisce una prima pesante sconfitta simbolica. La cosa va segnalata perchĂ© è del tutto evidente che quello obamiano è un fenomeno essenzialmente mediatico-politico, basato quindi su adesioni che esigono il persistere di un’immagine vincente. Ora che il processo di selezione per i giochi olimpici non ha assecondato le attese della coppia piĂą celebre e potente del pianeta, la sensazione è che il clima da idillio possa svanire. Prosegui la lettura…
La scorsa settimana Barack Obama ha rivolto un appello ai leader religiosi di ogni confessione presente negli Stati Uniti per cercare di vincere le resistenze del Congresso all’approvazione della riforma sanitaria. Come scrive Maurizio Molinari su La Stampa, lo sforzo profuso dall’Amministrazione per mobilitare i gruppi religiosi è stato imponente: svariate centinaia di persone sono state convinte a predicare nelle rispettive comunità a favore del provvedimento che andrebbe ad ampliare il ruolo dello Stato nel campo della sanità e ad accrescere spesa pubblica e pressione fiscale.
A tal riguardo, è forse interessante segnalare un passo dell’enciclica sociale di Benedetto XVI. Al capo 60 si legge:
“Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica, l’aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Quale progetto di aiuto può prospettare una crescita di valore così significativa — anche dell’economia mondiale — come il sostegno a popolazioni che si trovano ancora in una fase iniziale o poco avanzata del loro processo di sviluppo economico? In questa prospettiva, gli Stati economicamente piĂą sviluppati faranno il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunitĂ internazionale. Lo potranno fare anche rivedendo le politiche di assistenza e di solidarietĂ sociale al loro interno, applicandovi il principio di sussidiarietĂ e creando sistemi di previdenza sociale maggiormente integrati, con la partecipazione attiva dei soggetti privati e della societĂ civile. In questo modo è possibile perfino migliorare i servizi sociali e di assistenza e, nello stesso tempo, risparmiare risorse, anche eliminando sprechi e rendite abusive [corsivo nostro], da destinare alla solidarietĂ internazionale. Un sistema di solidarietĂ sociale maggiormente partecipato e organico, meno burocratizzato ma non meno coordinato, permetterebbe di valorizzare tante energie, oggi sopite, a vantaggio anche della solidarietĂ tra i popoli”.
L’indicazione del Pontefice sembra quindi andare in direzione opposta a quella auspicata da Obama: meno Stato, meno spesa e maggior partecipazione di soggetti privati e società civile. L’obiettivo è quello di risparmiare risorse da destinare all’aiuto dei Paesi poveri. Peraltro, nella stessa enciclica non si manca di sottolineare come problemi analoghi a quelli evidenziati con riferimento alle politiche sociali all’interno dei singoli Paesi hanno spesso afflitto gli aiuti internazionali che, si legge al capo 22, “sono stati spesso distolti dalle loro finalità , per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori”. Non saranno forse i correttivi proposti per le politiche nazionali necessari anche in ambito internazionale?
Quello che sta avvenendo in America sulla healthcare reform cosi’ fortemente voluta da Obama sta facendo scorrere fiumi d’inchiostro. Il problema e’ economico e politico. Economico per quanto la nuova sanita’ obamiana puo’ arrivare a costare – sommandosi a una ormai lunga serie di interventi voluti dall’Amministrazione. Politico perche’ si tratta del primo, grande ostacolo che il team di Obama si trova davanti. Tutti i piu’ avvertiti lettori di sondaggi ci suggeriscono che la luna di miele ormai e’ finita, e che Mr Change e’ ormai prossimo a diventare una figura controversa e polarizzante.
Sulla socializzazione della sanita’ americana, Obama trova un’opposizione sorprendentemente grintosa, nonostante il tracollo del partito repubblicano. E tanto dovrebbe bastare a farci comprendere quanto sia sentito e forte il tema. Prosegui la lettura…
L’intervista televisiva di Obama di ieri sera si è risolta nel primo vero grande flop dacchĂ© il nuovo presidente ha vinto le elezioni. Non ho trovato un solo commentatore indipendente rispettabile, simpatizzi per i democratici o sia incallito repubblicano, che oggi negli USA non abbia riservato espressioni miste tra l’incredulitĂ e la stroncatura, alle banali storielline con le quali il presidente ha tentato di vincere i tanti dubbi sulla sua riforma sanitaria – da oltre 1,1 bn% di costi aggiuntivi, per metĂ da nuove tasse sui “ricchi”- spiegando che i chirurghi devono piantarla di fare tonsillectomie solo per guadagnare i rimborsi, e che tra una pillola blu che costa il doppio, e una rossa che costa la metĂ ma ha lo stesso effetto, è venuto il momento di preferire quella rossa. Così continuando, la riforma sanitaria si candida a essere honeymoon’s grave per Obama come fu per Clinton.  Il miglior commento è questo stupefacente grafico che documenta la “fame” del Tesoro Usa nella sola prossima settimana: la bellezza di 229 miliardi di dollari richiesti a tambur battente dal debito pubblico. Ripeto: in una settimana. Hai voglia a pillole, è peggio di un salasso.