CHICAGO BLOG » Report http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Se le pale girano nel verso sbagliato /2010/11/29/se-le-pale-girano-nel-verso-sbagliato/ /2010/11/29/se-le-pale-girano-nel-verso-sbagliato/#comments Mon, 29 Nov 2010 11:21:07 +0000 Carlo Stagnaro /?p=7717 Ieri Report ha dedicato una puntata alle fonti rinnovabili, col titolo un po’ scontato “girano le pale”. Purtroppo, la bella trasmissione di Milena Gabanelli non è sfuggita allo stereotipo del derby. In tv si parla delle rinnovabili solo in due modi: o per denunciare le forze oscure della reazione in agguato contro le belle-buone-convenienti-ecologiche-democratiche fonti verdi, oppure per tremonteggiare. La Gab ha tremonteggiato.

La puntata si apre con un paio di immagini “forti”. Tullio Fanelli che dice l’ovvio, cioè che i sussidi sono troppo generosi. Un assessore (credo calabrese) che casca dal pero quando gli dicono che la mafia ha messo le mani su alcuni appalti eolici. Il sottosegretario Stefano Saglia spiazzato di fronte a un decreto pubblicato in gazzetta ufficiale con un commentaccio tra parentesi. La conduttrice che indugia sui piccoli-che-annegano-nella-burocrazia e i grandi-che-speculano. Un agricoltore bolognese che parla come Bersani e si lamenta di non ottenere i finanziamenti dalla banca, l’ex patron del brand di abbigliamento intimo “La Perla” che invece sta mettendo in campo un mostro fotovoltaico senza problemi (“mi considerano ancora un buon cliente”) anche se pure lui ha avuto le sue magagne, come tutti. Anche uno scivolone molto brutto per chi crede che la liberalizzazione vada anzitutto comunicata (“siamo a Milano e qui la bolletta è di A2A”). Comunque, in generale, buona la spiegazione della composizione della bolletta, e di cosa è e quanto vale la componente A3. (Un po’ ambigua la spiegazione sulla componente A2, da cui il telespettatore ingenuo potrebbe capire che noi paghiamo per il nucleare – che non abbiamo – e non per la scelta scellerata di chiudere prematuramente le centrali negli anni successivi al referendum, ma vabbé). Ma poi qual’è la tesi forte della trasmissione?

Un po’ si rintraccia l’implicito sostegno all’idea che le rinnovabili siano effettivamente alternative alle centrali tradizionali. Grande enfasi per Carlo Vulpio che, in sostanza, dice che i sussidi hanno senso se servono a sostituire capacità convenzionale – se la cosa viene presa sul serio, si arriva alla posizione dell’Ibl: i sussidi non hanno senso, perché (tra le altre cose) la potenza intermittente e imprevedibile deve essere comunque rimboccata da centrali convenzionali pronte a entrare in funzione quando il sole non splende o il vento non soffia. Poi c’è la continua e sotterranea tensione tra la voglia di verde ma l’indisponibilità a pagare per sostenerlo. C’è Vittorio Sgarbi che se la prende con l’eolico (“sta merda qui”) in quanto paesaggisticamente scorretto. Qui cominciamo ad avvicinarci al cuore della trasmissione, non prima di aver aperto una ampia digressione su Enel Green Power e i paradisi fiscali (questa volta, il Delaware).

Il centro della trasmissione è il servizio sui certificati verdi, quindi, soprattutto, l’eolico. Ma prima di arrivarci c’è altra ciccia: le false certificazioni di energia verde nelle importazioni e lo scandalo dell’acquisto di certificati verdi da parte del Gse. Apro una parentesi: è uno scandalo anche secondo me, perché alza artificialmente il prezzo, ma è uno scandalo scolpito nel momento in cui tutto l’ambaradàn è cominciato ed è controproducente cancellare tutto con un tratto di penna (come voleva fare il ministro dell’Economia con poca sensibilità per la certezza del diritto). E finalmente, si arriva alla Calabria.

Si ritorna sull’assessore che visibilmente non sa nulla di ciò di cui parla. Ma la questione clou è la mafia nell’eolico, di cui i magistrati si stanno occupando da tempo (“non ci credo”, dice l’assessore, e chiosa: “sono favole, sono barzellette”) e di cui sappiamo tutto e quello che non sappiamo lo sospettiamo. Nel fango viene scaraventata la Edison per un percorso autorizzativo non chiarissimo, ma anche questo non aggiunge nulla al teorema perché, nella peggiore delle ipotesi, rappresenta un caso isolato (e nella migliore una pista falsa, come onestamente ritengo probabile dato che trovo improbabile che una grande società quotata in borsa faccia un simile passo falso). La domanda che io avrei voluto porre all’autore del servizio (Alberto Nerazzini) e alla Gab è però un’altra: so what? A me non piace fare il difensore d’ufficio dell’industria verde, che del resto può contare su difensori più convinti di me, ma la questione è, al tempo stesso, semplice e complessa. Complessa perché le infiltrazioni mafiose non sono in alcun modo specifiche dell’eolico: “sono dappertutto”, dice una delle persone sentite da Report. Bisogna dunque semmai chiedersi perché la ‘ndrangheta è dappertutto e come fare a sconfiggerla, cioè a rintracciare le responsabilità, ingabbiare i delinquenti, e rimuovere tutte quelle circostanza (anzitutto di ordine normativo, regolatorio e istituzionale) che favoriscono la criminalità.

Ma la questione, almeno per quel che riguarda l’eolico, è anche davvero semplice: come abbiamo spiegato assieme a Carlo Durante,

il rischio implicito dell’investire in Italia (non solo nelle rinnovabili) è fonte di un rischio “Paese” più elevato della media. Ci si aspetta, dunque, una remunerazione più elevata. Ecco il risultato di troppo compromesso, di mancata chiarezza delle regole, o di regole mancate. Ecco come si spiega, e si volatilizza, un’altra fetta dell’incentivo.

Il punto, cioè, è che la confusione burocratica e la moltiplicazione dei passaggi amministrativi crea una naturale alcova per le infiltrazioni e, nella migliore delle ipotesi, per comportamenti non cristallini. Sarà contato – ma evidentemente non lo è – dire che l’opacità dipende… dalla scarsa trasparenza. Ed è nell’opacità che si incista l’illegalità. Dunque, un conto è condurre un’inchiesta su casi specifici nei quali la criminalità ha preso il sopravvento, altra cosa è generalizzare, o dare l’impressione di generalizzare, istituendo il collegamento tra eolico e mafia. In altre parole, non conta quanti siano i casi di incesto tra la mafia e l’eolico: sono tutti casi isolati, e non è una battuta. Sono casi isolati perché non sono specifici dell’eolico, ma specifici della burocrazia italiana. Volete sconfiggere la mafia eolica? Semplificate, semplificate, semplificate.

Tutto il resto viene dal demonio.

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“Report” e la sanità lombarda /2010/05/03/report-e-la-sanita-lombarda/ /2010/05/03/report-e-la-sanita-lombarda/#comments Sun, 02 May 2010 22:19:05 +0000 Alberto Mingardi /?p=5878 Finito di guardare l’attesissima puntata di “Report” che doveva scodellare eclatanti scoperte sulla “sanità lombarda”, chiedo aiuto per capire dove stesse, oltre il fumo, l’arrosto. Durante la tramissione ci è stato fatto annusare più di un “sospetto”. Ma, dietrologie a parte, where’s the beef?
Riepilogo quelli che mi sembrano essere i punti centrali del team della Gabanelli:
1. Anche la sanità lombarda è “politicizzata” (ma più o meno di quella di altre Regioni?). La sanità assorbe magna pars del bilancio delle Regioni, viene usata a fini di consenso dai politici (Formigoni che promette “upgrade” delle strutture in campagna elettorale), è lottizzata (in Lombardia, ci viene spiegato, da CL).
2. Anche in Lombardia ci sono casi di malpractice e negligenze (ma più o meno che in altre Regioni?). Alcuni di questi casi sono riscontrati in strutture private. Questi casi sarebbero conseguenza di un sistema di remunerazione “premiale” dei medici, per cui chi lavora di più (chi fa più interventi) viene pagato di più.
3. Alcuni imprenditori della sanità hanno forti interessi nei mass media. Ciarrapico, De Benedetti (“graziato” dalla Gabanelli perché è arrivato alla sanità dopo e non prima aver cominciato a fare l’editore), Angelucci, Rotelli, che ha una quota rilevante di RCS nonostante, essendo fuori dal patto di sindacato, non conti sostanzialmente un tubo (come confermato dal fatto che i “rumors” che lo vedevano come futuro Presidente di RCS quotidiani sono stati puntualmente smentiti).
Il tutto serviva, o così perlomeno è sembrato a me, a dare l’impressione di un sistema sbilanciato in cui il privato guadagna a scapito del pubblico, e “corrompe” i medici, che finiscono per dimenticare l’etica professionale divorati come sono dal demone del guadagno.
Il problema è che “Report” non riesce a far convivere due storie intimamente in conflitto l’una con l’altra: o nella sanità conta troppo il privato, o la sanità è eccessivamente “politica”. Quando non è un consumatore a pagare di tasca propria per i servizi di cui usufruisce, ma c’è qualcun altro che paga per lui, è normale che ci siano zone d’ombra. Le questioni sollevate dalla Gabanelli sul modello lombardo valgono per tutto il nostro servizio sanitario nazionale. Si può credere che la classe politica voglia che sia lo Stato ad offrire servizi per la salute “per il bene dei cittadini”, ma guardando alla cosa con un minimo di realismo dovremmo capire che la politica fa sempre il proprio gioco. Offre sanità, per essere ripagata col consenso. E’ così ovunque, e in qualsiasi campo. E’ grave che si “giochi con la salute della gente” – ma se a spaventarci sono nomine politiche, direttori generali e medici che non pagano i propri errori perché “appartengono” a un certo gruppo, chiediamoci perché sono finiti dove sono.
Perché la politica non entri punto nella sanità, c’è una sola via: agire affinché la politica smetta di occuparsene, che vorrebbe dire privatizzare. L’articolo 32 della Costituzione dice che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Ma almeno potrebbe “finanziare” e non “erogare” direttamente il servizio, aprendo così qualche spiraglio per la competizione. In parte, questo ha fatto la Lombardia. Dove, ci viene detto, permangono rilevanti conflitti d’interesse fra erogatori privati e “pagatori” pubblici. Come fare a risolverli? Pubblicizzando tutto? Ma se abbiamo visto che dove è la politica a menare le danze il criterio dell’appartenenza prevale sul merito?
Comunque la si guardi, la sanità è piena di problemi. Ridurre i conflitti d’interesse, o renderli meno rilevanti, si può solo se la politica pesa di meno – non se la si fa pesare di più. Ci sono in ospedali pubblici medici e persone straordinarie, che fanno bene il loro lavoro, con passione e dedizione. Ma è la proprietà pubblica che rende possibile fare nomine basate su altri criteri che il merito. Nel privato, è più difficile che questo avvenga per un motivo semplicissimo: l’imprenditore privato vuole guadagnare e non perdere, e medici incompetenti possono costare in reputazione, cause legali, eccetera.
I casi di malasanità ci sono ovunque, e alla fine abbiamo sempre a che fare con l’etica (e le capacità) del singolo medico. L’amministratore di una struttura sanitaria può spingere finché vuole un chirurgo a effettuare o non effettuare interventi, ma fra un chirurgo e il tavolo operatorio c’è di mezzo la sua coscienza. Possiamo davvero pensare che se ad un medico l’assegno mensile lo stacca la Regione e non invece un imprenditore privato tanto basti a farne un medico onesto, e viceversa?
La Regione controlla troppo poche cartelle? Può essere, ma è immaginabile un sistema in cui si vada a controllare, uno per uno, la situazione di tutti i pazienti, che siano passati da una struttura pubblica o da una privata? I costi del controllo eccederebbero di gran lunga il beneficio della “deterrenza”. Ed è anche vero che ogni tanto quelle che vengono denunciate come malversazioni potrebbero essere semplicemente errori. L’infallibilità è a portata del medico come di qualsiasi essere umano.
“Report” ha distrutto il sistema sanitario lombardo? Ad essere benevoli, ha mostrato alcuni dei grandi problemi che la sanità finanziata dai contribuenti porta sempre con sé. E’ paradossale che si lasci intuire che possa essere proprio lo Stato, a risolverli.
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