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Posts Tagged ‘recessione’

Quanto costa la patrimoniale?

5 marzo 2011

Nello (scarno) dibattito sull’introduzione di una imposta patrimoniale per ridurre lo stock del debito pubblico, molti aspetti sono rimasti in ombra. Per esempio, si è riflettuto poco sul fatto che un intervento dal lato delle entrate, senza un corrispettivo (e duro) intervento dal lato della spesa, avrebbe sì ridotto il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, ma solo per vederlo ricrescere in funzione della naturale tendenza allo “sbilancio” dei nostri conti pubblici. Un altro fattore che è stato incredibilmente trascurato è il dogma dell’immacolata concezione della patrimoniale: come se fosse possibile sottrarre 560 miliardi di euro al settore privato, senza produrre alcuna reazione da parte degli attori economici.

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Che culo, c’è la recessione

13 ottobre 2010

L’Italia è uno dei tre paesi dell’Ue15 – assieme ad Austria e Danimarca – che devono rimboccarsi le maniche per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle loro emissioni. Per il resto, l’Unione europea brinda oggi alla luce del più recente rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente. Infatti, Kyoto è vicino, anzi,

large drop in emissions seen in 2008 and 2009 gives EU-15 a head start to reach and even overachieve its 8 % reduction target under the Kyoto Protocol.

Infatti, l’Ue ha potuto contare sul sostegno di un grande alleato: la recessione.

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Non fidatevi degli economisti

28 gennaio 2010

Il Cato Institute ha pubblicato un grafico che confronta la realtà economica con le previsioni degli economisti.

Parrebbe che gli economisti sono in grado di fare previsioni solo quando non succede nulla di interessante, cioè quando anche il mio trisavolo ci sarebbe riuscito senza computer e senza database. Quello che il Cato non nota è che gli errori crescono a dismisura durante le recessioni, e cheg li economisti tendono in questi frangenti a sminuire la gravità della crisi: nel 1990, nel 2000 e nel 2007 gli economisti sono stati colti sistematicamente di sorpresa, e pur senza grafici si può dire che lo stesso sia accaduto negli anni ’70 e con la crisi del ’29.

Il problema è capire perché.

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La lezione di Ryanair sulla crisi

9 dicembre 2009

Intervistato oggi dal Wall Street Journal, Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair impartisce una lezione su come funzionano i mercati a colleghi, politici ed economisti “di professioneâ€. Le recessioni sono occasioni d’oro, dice, quando le si sa affrontare con strumenti di mercato. È vero, il WSJ non gli chiede se anche la sua Ryanair goda di sussidi da parte di governi locali e società portuali per attirare traffico negli scali, come ringhiano i vettori nazionali tradizionali. Però la sua filosofia è da manuale.

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Senza manovra sul debito pubblico, crisi peggiore

4 dicembre 2009

Stephen Cecchetti è uno dei più meticolosi e affidabili economisti dell’intermediazione finanziaria che io conosca, cresciuto alla grande scuola dell’Ufficio Studi della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, l’istituzione alla quale ho spesso reso omaggio come una delle pochissime che abbia cercato – inascoltata – di mettere sull’avviso dal 2002 in avanti dei rischi d’instabilità enormi “accesi” dai bassi tassi praticati da Greenspan. Nel suo più recente paper, Cecchetti e due junior della BRI approfondiscono che cosa oggi rischiamo. Paradossalmente, il costo della crisi è peggiore se non si realizzano crisi dei debiti sovrani. Può sembrare un controsenso, da parte di un’istituzione  che presiede alla stabilità. Al contrario, dà l’idea dei tempi pazzi che viviamo: grazie ai governi al potere, che aggiungono in proprio errori a quelli dei regolatori precrisi. Prosegui la lettura…

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Che figata, la recessione

10 novembre 2009

Finora, a ritenere la recessione un felice evento erano solo quei pazzerelli della decrescita. Adesso, ci si mette anche l’Agenzia internazionale dell’energia, che dedica buona parte del suo World Energy Outlook 2009 (o, almeno, del sommario, liberamente accessibile online) alle virtù bucoliche del mondo senza carbonio. Ecco un piccolo e non esaustivo florilegio.

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Dieci domande a Giulio Tremonti

18 settembre 2009

Ieri sera ho guardato la prima puntata della nuova stagione di Ballarò. Il dibattito è stato a suo modo divertente, ma alla fine anche inconcludente. Ne è nato uno scambio di sms con un amico, col quale ci siamo divertiti a immaginare le domande che ci avrebbe fatto piacere poter porre al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che al di là di ogni ragionevole dubbio ha dominato il dibattito. Solo che nessuno lo ha messo di fronte ai problemi reali del paese, né di fronte ai passaggi più eroici del suo ragionamento. Ecco, quindi, quello che avremmo voluto chiedergli.

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Una recessione alle porte?

17 settembre 2009

Non si fa in tempo a dire che la recessione sia finalmente finita che “il lungo urlante ed inamabil gufo” di macphersoniana memoria fa capolino, stavolta incarnandosi in questo articolo del Telegraph, che sostiene che M1 sta calando, M2 sta calando, M3 (come fanno a saperlo lo ignoro) sta calando, i prestiti delle banche stanno calando, e quindi ristiamo al ’29.

Un rapido controllo mi ha convinto che i dati non sono campati per aria, e quindi parrebbe che ci siano condizioni di stress in molti aggregati monetari e creditizi americani, anche senza tirare in ballo la disoccupazione, che ormai ha raggiunto livelli europei. E’ possibile dunque che la discesa non sia ancora finita e che ci saranno nuove crisi da qualche parte, anziché la tanto auspicata ripresa.

In ogni caso, diciamocelo, una buona volta: questa storia del ’29 ha un po’ stufato. La depressione che è seguita alla crisi del  ’29, senza pressioni (sin dai tempi di Hoover) a non tagliare i salari, senza protezionismo,  senza le spinte a rafforzare i sindacati e i cartelli, sarebbe stata così grave e così duratura? Probabilmente non ci sarebbe stata la disoccupazione al 20% fino al ’41 senza le grandi riforme del salvatore della patria dell’epoca, Barack… no, volevo dire F. D. Roosevelt. Il resto è più difficile da dire, e in letteratura credo di aver contato quasi una dozzina di spiegazioni possibili (e non credo di aver esaurito la lista), ma, essendo il ’29 un unicum nella storia economica, non bisogna esagerare con i paragoni.

Di rischi ce ne sono, ovviamente, ma non bisogna vedere la grande depressione guardando solo agli aggregati monetari e finanziari: c’era molto di più, purtroppo per loro e per nostra fortuna. Che quel di più torni, sfortunatamente, non me la sento, comunque, di escluderlo. Voglio essere ottimista, e quindi il paragone tra Smoot-Hawley Act e pneumatici cinesi non ho intenzione di farlo: nel primo c’erano 20,000 merci.

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L’accordo Abi-imprese di oggi ultimo intervento-tampone. Per settembre, tre punti strutturali

3 agosto 2009

Diciamolo: per i mercati il mese di luglio è stata una manna. L’indice FTSE All World – che tiene conto di tutte le Borse mondiali, ciascuna per il proprio peso relativo – è cresciuto di quasi 9 punti in quattro settimane. Dall’inizio dell’anno, Il MIB italiano ha guadagnato il 30%, il 27% Francoforte, il 26% Parigi, il 24% Madrid, Londra il 23%. Svezia e Norvegia hanno guadagnato 35 punti, ma anche la scassata Irlanda ha totalizzato un apprezzabile più 14%. Negli States, il Dow Jones ha guadagnato 24 punti percentuali, il Nasdaq 28. Quel che conta di più, è che tra fine giugno e luglio ormai i due terzi delle aziende quotate americane hanno annunciato al mercato la loro seconda trimestrale, e nel 74% dei casi i risultati hanno battuto in meglio le attese di analisti e mercati. La fiducia è generalmente in salita. Il petrolio risale oltre i 70 dollari, “annusando†un utilizzo degli impianti meno basso del 65% a cui si era attestato negli Usa e nella maggior parte dei paesi Ocse. Siamo ancora in recessione, ma ammettiamolo: in molti sperano che l’economia reale piano piano abbia iniziato a risalire. È proprio questo, il momento più delicato per un paese come l’Italia.

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Impieghi bancari, tre giornali per tre verità

29 luglio 2009

Oggi è uscita la Bank Lending Survey trimestrale della BCE. Sono 41 pagine abbastanza per addetti ai lavori ma non troppo, non tali cioè da non essere comprensibili anche se non siete banchieri. Il rapporto rileva ed elabora le risposte di 118 banche dell’euroarea, dunque i dato sono solo di estrazione bancaria ed autoasseverati, rispondendo ai questionari inviati dalla BCE. In sintesi: la stretta al credito c’è ancora. Le banche rilevano che la stanno attenuando in termini generali, poiché dal 43% di esse che dichiaravano di stringere i cordoni della borsa ai loro clienti si passa al 21%. Ma per gli impieghi alle famiglie la restrizione passa solo dal 28% al 22, e dal 26% al 22 per i crediti al consumo. Quanto alle imprese, basta dare un’occhiata alla chart n.4 di pagina 7 per constatare che la domanda è passata da un -40 e più per cento a malapena a un meno 30 e rotti, rispetto alle attese di chi immaginava che risalisse fino a un meno 15%, mentre quanto all’accordato le banche che dichiarano di essere in netta restrizione passano dal 42 al 21% per la piccola  e media impresa, e dal 48 al 25% per la grande.  Il sito del Sole 24 ore titola: “Area euro, banche più liquide, si allenta la stretta al credito”. Al contrario il sito del WSJ: “Euro-zone Banks Tighten Credit Standards”, con un lead ancor più pessimistico, “European banks continued to lend only reluctantly at the mid-year point, frustrating policies attempting to reverse the economic downturn by providing banks with new liquidity to facilitate more lending. Banks in the 16-country euro zone further tightened their credit standards in the second quarter, and companies and households may even face slightly tougher requirements in the current quarter, the European Central Bank said in a report on bank lending released Wednesday”. Il FT: “ECB sees ‘turning point’ in lending conditions”. Conclusione: le due testate anglosassoni sono sicuramente meno filobancarie della nostra, e il più corretto di tutti è FT che riporta come della BCE e a sua responsabilità, il giudizio sul fatto che davvero si debba considerare tali dati una “svolta”. Restano infatti terribili, a mio modesto giudizio.

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