CHICAGO BLOG » Poste http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Poste. Così fan tutto (e non fanno fare ai concorrenti) /2009/10/19/poste-cosi-fan-tutto-e-non-fanno-fare-ai-concorrenti/ /2009/10/19/poste-cosi-fan-tutto-e-non-fanno-fare-ai-concorrenti/#comments Mon, 19 Oct 2009 19:15:16 +0000 Ugo Arrigo /?p=3356 Le Poste entrano come socio promotore nella Banca del mezzogiorno di Giulio Tremonti, forse si trasformeranno in banca esse stesse, potrebbero gestire in futuro lotterie istantanee e persino entrare nel capitale di Telecom al posto della spagnola Telefonica.
In queste ultime settimane abbiano sentito parlare delle Poste in relazione a una molteplicità di settori imprenditoriali, escluso tuttavia quello da cui prendono il nome: la posta intesa come recapito di corrispondenze e altri oggetti postali. Ci ha pensato oggi l’Antitrust a porre rimedio a questa mancanza, comunicando che nella riunione del 15 ottobre scorso ha deciso di avviare un’istruttoria per verificare se l’azienda abbia abusato della sua posizione dominante proprio nel mercato del recapito, ostacolando i concorrenti nell’ormai ampio segmento dei servizi (solo) legalmente liberalizzati.
Le Poste, in particolare, avrebbero adottato comportamenti ostruzionistici cercando di ostacolare l’offerta da parte dei concorrenti di servizi innovativi quali le consegne certificate entro data e ora certa. Avrebbero infatti proposto servizi similari ai principali clienti dei loro concorrenti proponendo prezzi estremamente bassi, sostenibili, secondo i ricorrenti all’Agcm, solo grazie alla rete integrata di Poste e all’utilizzo di sovvenzioni incrociate da altri prodotti.
Anche nel caso dell’offerta alla pubblica amministrazione e ad altri enti di servizi postali liberalizzati Poste avrebbe messo in atto una condotta di ostacolo alla concorrenza di tipo escludente, presentando alle gare ad evidenza pubblica offerte sostenibili solo grazie alla sua posizione dominante in altri mercati e alla utilizzazione della rete integrata. Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato le condotte abusive potrebbero, se confermate dall’istruttoria, rappresentare una strategia unitaria di tipo escludente nei confronti dei concorrenti.
Che le Poste facciano tutto e vogliano fare ancora di più già lo sapevamo; che nell’area della loro ‘core mission’, anche se non più da molto tempo core business, facciano molto poco ce lo ha ribadito un recentissimo studio dell’Unione Europea dal quale si evince (Fig. 3-2 pag. 26) che l’Italia è agli ultimi posti in Europa per domanda di recapiti postali (100 pezzi a testa in media all’anno contro 250-350 degli altri maggiori paesi); che non vogliano che altri entrino nel mercato del recapito ce lo ha ricordato oggi l’antitrust ma è ampiamente nella logica della ‘liberalizzazione’ all’italiana dello specifico mercato, avviata nel 1999 dal governo D’Alema e condotta bipartisanamente nel decennio all’insegna del più ampio protezionismo dell’azienda di stato.
Nel caso della competizione postale il governo è nello stesso tempo il padrone della squadra più forte (Poste Italiane) e arbitro della partita attraverso il regolatore ministeriale. Inutile precisare che l’arbitro gioca per la squadra più forte, presidiandone la difesa. Altrove in Europa l’arbitro è invece un’Autorità indipendente di regolazione, non subordinata ai governi, e il padrone della squadra più forte incomincia in qualche caso a non essere più lo stato (Olanda) o a non esserlo più da solo (Germania, Belgio, Danimarca).
Nel vecchio blog ‘Liberalizzazioni’, che ha preceduto Chicago-blog avevo definito liberalizzazione (all’italiana) come: “sostituzione dei divieti normativi che impediscono il libero accesso ad un mercato con ostacoli di altra natura ed equivalente efficacia”. Il mercato postale è un esempio da manuale. Quando l’Italia recepì nel 1999 la prima direttiva europea di settore il governo dell’epoca utilizzò in maniera impropria una direttiva liberalizzatrice per ampliare l’area del monopolio.
Sino ad allora il mercato postale italiano risultava, dal punto di vista legislativo, uno dei più liberalizzati d’Europa dato che la riserva riguardava solo le corrispondenze a carattere personale, escludendo tutte le tipologie di corrispondenze commerciali (come fatture e direct mail). Il monopolio, inoltre, era posto in favore dello stato e un sistema di concessioni, esistente dai tempi della prima guerra mondiale, aveva creato spazio per numerose agenzie di recapito private, operanti nel perimetro comunale delle principali città. Sino al 1999 un ristretto monopolio legale conviveva con un certo pluralismo degli operatori e con un po’ di concorrenza nei segmenti liberalizzati.
Poiché il nostro paese era più virtuoso della media europea, col recepimento della prima direttiva si scelse tuttavia di ridurre il nostro livello di virtù al minimo richiesto, in modo tale da permettere all’operatore pubblico di rimettere in sesto i bilanci. Il monopolio fu pertanto ampliato sino al massimo consentito dalla direttiva europea e posto direttamente in favore di Poste Italiane; gli altri operatori furono invece privati della concessione e divennero, per sopravvivere e non mandare a casa i loro dipendenti, fornitori di servizi per l’azienda pubblica. Dal 2000 ad oggi non vi è più stato né pluralismo degli operatori né concorrenza, nonostante in due tappe successive la seconda direttiva postale abbia legalmente riaperto segmenti rilevanti del mercato, corrispondenti a circa il 50% del totale (se valutato sulla base delle quantità). Nel nostro paese, infatti, non vi erano più competitori in grado di sfruttare le nuove opportunità dato che una fetta consistente dei ricavi dei piccoli operatori esistenti dipendeva dalle commesse di Poste Italiane.
Grazie al protezionismo pubblico Poste Italiane ha ampiamente raggiunto l’obiettivo del riequilibrio del bilancio e da sette anni realizza profitti crescenti. Si è tuttavia trasformata da azienda di recapito in un grande gruppo bancario e assicurativo, ricavando da queste tipologie di business due terzi dei ricavi complessivi. Essa rappresenta un caso unico nel panorama delle aziende postali europee poiché è la sola ad aver posto in secondo piano la mission tradizionale del recapito.
In questi anni il mercato postale italiano, posto al servizio dell’azienda pubblica, ha tuttavia continuato a soffrire di scarso sviluppo: nonostante le tariffe più alte d’Europa la spesa annua pro capite per servizi postali è in Italia meno di un terzo rispetto ai casi europei più evoluti; il settore, inoltre, contribuisce al Pil e all’occupazione solo per una frazione ridotta rispetto agli altri paesi di riferimento.

Possiamo permetterci di continuare a non avere un servizio di recapito di livello europeo? Possiamo continuare a permettere a Poste Italiane, di proprietà dei contribuenti, di ostacolare i competitori in modo che i contribuenti-consumatori non possano scegliere il loro fornitore di recapiti e debbano continuare a subire un monopolista inefficiente?

Che meriti ha Poste Italiane per figurare tra i padri fondatori della nuova Banca del mezzogiorno e fare concorrenza in casa altrui (le banche) se non accetta la concorrenza in casa propria?

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Le Poste vogliono fare la banca ma impediscono agli altri di fare le poste /2009/10/07/le-poste-vogliono-fare-la-banca-ma-impediscono-agli-altri-di-fare-le-poste/ /2009/10/07/le-poste-vogliono-fare-la-banca-ma-impediscono-agli-altri-di-fare-le-poste/#comments Wed, 07 Oct 2009 21:09:37 +0000 Ugo Arrigo /?p=3158 Nel precedente post in tema di Poste ho sottolineato il ruolo improprio del sindacato come “azionista di riferimento” dell’azienda, mai messo in discussione in due diverse repubbliche, un trentina d’anni e almeno una ventina di governi, compresi quelli che hanno gestito le privatizzazioni degli anni ’90. Non ho invece preso posizione sulla specifica proposta di Bonanni che, almeno in parte, posso condividere.Le Poste vogliono diventare banca a tutti gli effetti? Può essere utile che lo facciano: così si accresce la concorrenza e si riesce probabilmente a far arrivare più credito anche alle piccole e medie imprese, una volta acquisito il know how della banca che fa impieghi, non solo raccolta (e quindi non entro l’orizzonte temporale dell’attuale crisi, per quanto lunga possa essere). Però debbono anche accettare tutte le regole che vigono per le banche: dal pieno assoggettamento alla legislazione bancaria, alle regole antitrust (se si aggregassero banche per 14 mila sportelli verrebbero autorizzate?), alla costituzione di un patrimonio dedicato (sul quale Bankitalia insiste da tempo, del tutto inascoltata dal Cda di Poste).
A partire dalla gestione Passera le Poste hanno operato una crescente e positiva concorrenza alle banche sul fronte della raccolta. Si sono tuttavia avvalse di alcuni vantaggi rilevanti: a) un costo del lavoro per dipendente molto inferiore alle banche, dovuto ai differenti contratti; b) l’uso di una grande rete di sportelli i cui costi sono stati scaricati in maniera prevalente sul cosiddetto ‘servizio universale’ del recapito; c) rapporti privilegiati e commissioni di favore dal principale cliente, quello che garantisce il 35% dei ricavi e si chiama Stato italiano.
Le Poste, inoltre, se vogliono fare la banca, dovrebbero lasciare che altri soggetti possano fare il recapito. Questo sinora non è avvenuto: le poste di Passera iniziarono a fare concorrenza alle banche nello stesso periodo in cui ottennero dal governo D’Alema (anno 1999) di blindare il mercato del recapito, accrescere il monopolio legale (unico paese dell’U.E. ad aumentare il monopolio mentre recepiva una direttiva liberalizzatrice), cancellare le concessioni alle agenzie di recapito cittadine e obbligare le medesime a lavorare per Poste, pena la chiusura e il licenziamento dei dipendenti.
Col 1^ gennaio 2011 il mercato del recapito nell’U.E. sarà pienamente liberalizzato ma sapete quale sarà la regola che i sindacati chiederanno e otterranno dal governo PdL (ma sarebbe lo stesso se fosse PD)? Quella di obbligare i nuovi entranti nel mercato ad adottare il contratto di lavoro di Poste Italiane. Si tratta della regola che, qualora applicata in passato ai lavoratori bancopostali rispetto al contratto Abi, avrebbe impedito qualsivoglia sviluppo dei servizi finanziari delle Poste.

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L’azionista di riferimento di Poste Italiane /2009/10/06/lazionista-di-riferimento-di-poste-italiane/ /2009/10/06/lazionista-di-riferimento-di-poste-italiane/#comments Tue, 06 Oct 2009 21:28:14 +0000 Ugo Arrigo /?p=3146 In un’intervista a Sergio Rizzo sul Corriere del 2 ottobre il leader della Cisl Bonanni ha sostenuto che “… non c’è che una soluzione per riaprire i rubinetti del credito alle imprese: le Poste. … Basterebbe fare come la Francia, che attraverso le poste ha creato La Banque postale. Funziona benissimo. Le Poste italiane raccolgono molti soldi e hanno 14 mila sportelli: nessuno ha una rete così capillare. Ma per fare mutui o servizi bancari devono ricorrere alle altre banche, come la Deutsche bank». Che cosa propone? – gli chiede Rizzo «Che le Poste diventino una banca a tutti gli effetti, perché sono in grado di far costare meno i servizi. Che prestino direttamente loro i soldi alle imprese…».
Naturalmente chiunque ha il diritto di formulare proposte economiche, a maggior ragione il segretario di un grande sindacato; tuttavia fa una certa impressione associare questa intervista all’influenza consistente che la Cisl ha sempre avuto e conserva inalterata sulla gestione di Poste Italiane (o forse addirittura accresciuta se si considera che nella primavera 2008 il governo appena costituito ha nominato alla presidenza dell’azienda, e si tratta della prima volta dalla riforma del 1994, un ex sindacalista Cisl).
Circa una quindicina d’anni e una dozzina di governi fa il compianto senatore Beneamino Andreatta si riferiva alla Cisl come all’ “azionista di riferimento” delle Poste. Molto buste sono transitate da allora nelle cassette delle lettere: le Poste, che ai tempi della frase di Andreatta erano una delle direzioni del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni e registravano deficit paurosi, sono divenute ente pubblico economico nel 1994 e società per azioni nel 2008. I partiti di allora sono tutti scomparsi; la prima repubblica ha ceduto il passo alla seconda; il sistema multipartitico proporzionale è stato sostituito da quello bipolare e maggioritario; il centrodestra ha vinto nel 1994, perso nel 1996, rivinto nel 2001, riperso nel 2006 e ririvinto nel 2008. Ma l’azionista di riferimento delle Poste non è mai cambiato.

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C’è Poste per l’Agcm /2009/04/29/ce-poste-per-lagcm/ /2009/04/29/ce-poste-per-lagcm/#comments Wed, 29 Apr 2009 15:29:15 +0000 Massimiliano Trovato /?p=320 In un paese migliore, combattere i monopoli pubblici sarebbe la principale occupazione dell’antitrust. Per questo, ogni occasione in cui ciò accada va celebrata come un’ottima notizia.

Non fa eccezione la recente istruttoria aperta da Piazza Verdi nei confronti di Poste Italiane (comunicato; provvedimento) per abuso di posizione dominante nel mercato dei pagamenti con bollettino postale e strumenti assimilati.

Che il business dei bollettini sia per Poste un’autentica roccaforte è, del resto, reso evidente tanto dai pezzi lavorati, quanto dai prezzi praticati. Il tutto a dispetto delle gravose condizioni d’accesso e della discutibile qualità del servizio.

Come ha dichiarato la senatrice Maura Leddi,

ci troviamo in una situazione al limite del paradosso in cui un’azienda, in regime di monopolio, fornisce un servizio a pagamento scadente che crea enormi disagi ai cittadini, nonostante l’era di internet offra valide alternative.

Ci pare che il provvedimento dell’AGCM costituisca un importante primo passo per arginare lo strapotere della nuova IRI.

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