L’Agenzia internazionale per l’energia ha autorizzato il rilascio di 60 milioni di barili di petrolio (prevalentemente di buona qualità ) per controbilanciare l’interruzione della produzione libica. Questa decisione ha scatenato un interessante dibattito tra favorevoli e contrari ma, soprattutto, dà lo spunto per tornare a parlare di petrolio, speculazione, scaronate e tremontate. Ma andiamo con ordine.
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Carlo Stagnaro petrolio Obama, petrolio, riserve strategiche, Scaroni, speculazione, Tremonti
Gli aumenti dei carburanti decisi da alcune compagnie petrolifere continuano a far discutere. Oggi siamo sul prezzo conuigliato della verde tra 1,57 e 1,58 euro al litro. Al Sud, tre giorni fa la benzina verde è giunta a punte di 1,611 euro al litro. Le oscillazioni inj centesimi di questi giorni si devono all’altalena della controffensiva di Gheddafi rispetto ai primi riconoscimenti agli insorti come oggi quello di sarkozy, l’incertezza delle azioni militari internazionali, le notizie di pressioni crescenti sull’Arabia Saudita per un possibile aumento della produzione dell’Opec. Tra greggio WTI sulla piazza americana e Brent su Londra continua unam forbice sui 12 dollari finio a 14 nei momenti di massima tensione. Ma chi è più colpevole del caro benzina? Gheddafi? La speculazione? Le tasse di Stato? I petrolieri? Per capire come si forma il prezzo alla pompa – un classico che si deve sempre ripetere, mi scusino gli addetti ai lavori che lo sanno – e le sue conseguenze sull’economia, cominciamo da quest’ultimo punto. Per l’Italia, che ha una dipendenza sul totale del suo consumo energetico pari all’85% fatta soprattutto di petrolio e gas, l’impatto è maggiore e più rapido nei suoi effetti che per la media degli altri Paesi avanzati. Nel più dei report sulle conseguenze del rincaro petrolifero sulla crescita, la soglia “recessione†per i Paesi avanzati, se vi si dovessero stabilizzare i prezzi per un trimestre o due almeno, è stimata sui 135-140 dollari. Per il nostro Paese, i 17-18 dollari accumulati dal barile in poche settimane, se dovessero stabilizzarsi in caso di crisi libica perdurante, già comportano un peggioramento della bilancia dei pagamenti su base annua pari allo 0,4% del Pil, e una minor crescita pari fino a un terzo di punto. Se sommate i due dati, si arriva allo 0,7% di Pil di cui parla oggi Confindustria. Poiché la nostra crescita è più bassa di quella americana e tedesca – Berlino ha alzato dal 2 al 2,5% la crescita attesa nel 2011 dopo il più 3,6% del 2010 – è ovvio che noi siamo più esposti a conseguenze negative. Un po’ di pazienza in più occorre invece per capire ciò che fa regolarmente imbestialire i consumatori, convinti che i rapidi rincari alla pompa siano in realtà prova ed espressione della proverbiale avidità delle compagnie. In realtà , non è così anche se a dirlo, per esperienza, si viene facilmente accusati di essere servi dei petrolieri. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino benzina, petrolio energia, petrolio
Il trasporto si ritrova un’altra volta di fronte ad uno shock esterno. La crisi libica e medio orientale in generale, hanno portato ad un’impennata dei prezzi del petrolio, con il brent che è arrivato quasi a 120 euro al barile.
Un tale incremento di prezzo provoca un diretto aumento dei costi. Chiaramente le compagnie aeree sono coperte con le opzioni sui carburanti, ma se tale aumento dovesse protrarsi nel tempo, il settore si ritroverebbe di fronte all’ennesima crisi.
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Andrea Giuricin trasporti AirFrance, Alitalia, bilancio, Crisi, libia, petrolio
Negli ultimi giorni si sono lette cose molto allarmistiche sui potenziali effetti dei disordini libici sul nostro paese. Credo che si siano ampiamente sopravvalutati gli aspetti di “sicurezza energetica†per il nostro paese – che per ragioni in parte strutturali, in parte congiunturali non mi pare debba temere granché – e si siano forse sottovalutate le possibili conseguenze di ordine più generale. Su quest’ultimo aspetto rimando a Massimo Nicolazzi, che è intervenuto sul sito di Limes. Vorrei, invece, soffermarmi sul rapporto tra Italia e Libia, con una precisazione: come ho scritto su Quotidiano energia, non mi interessano gli impatti sulle aziende italiane che hanno interessi in Libia. Questi sono affari loro e dei loro azionisti (mi spiace solo di essere costretto, in quanto contribuente, a essere azionista di alcune di loro). Mi interessa, invece, riflettere sulla sicurezza energetica italiana. Lo farò in due post: in questo, dopo una premessa generale, parlerò del petrolio. Nel prossimo del gas.
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Carlo Stagnaro energia Italia, libia, petrolio, raffinerie, sicurezza energetica
Ora che “quel maledetto buco” è stato ufficialmente tappato, è il momento di interrogarsi sulle cause dell’incidente, e sull’eredità che esso ci lascia. Due post sul mio blog energetico preferito aiutano a porre la questione in una prospettiva “ampia”, astraendo per un attimo dal redditizio business delle compensazioni, e guardando alla lezione di Macondo. Dunque, cosa è andato storto?
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Carlo Stagnaro energia, liberismo, privatizzazioni Argentina, bp, deepwater horizon, gas, Iran, offshore drilling, petrolio, privatizzazione, russia, USA
L’idea lanciata qualche giorno fa di mandar avanti ENI con offerte per l’upstream pregiato di BP non era poi così balzana, visto che nel frattempo le prime compagnie petrolifere USA iniziano a farsi sotto strappando il titolo verso l’alto di 10 punti, e Abu Dhabi vuole acquistar quote di BP per prenotarne il diritto ad acquisirlo in futuro. Intanto, tutti sperano che il nuovo “tappo” tenga, nelle profondità del Golfo del Messico. Ma in casi come questi, un azionista pubblico di controllo – il governo italiano, per ENI – o ha al suo interno o è in grado di procurarsi fini expertises di settore, in grado di vagliare tempi e modi per operazioni straordinarie valutandone l’impatto sul titolo ENI, il suo debito, i tantissimi primari fondi internazionali presenti nel suo capitale; ed è capace al tempo stesso di decidere nei tempi rapidi imposti dal mercato una volta confrontatosi col management della società ; oppure tanto per cambiare si pone – e pone l’azienda – su un piano di assoluta subordinazione rispetto agli sviluppi di mercato, fatti da operatori del mercato con logica di mercato. Una logica che comprende anche il cinico diritto di prender per sè a buon prezzo il meglio di chi è in grave difficoltà ed esposto ad azioni multipulrimiliardarie come BP. Intanto, qui oltre 50 utili videografiche del caso Deepwater Horizon-BP rispetto aglia ndamenti e consumi e interessi energetici globali, e qui la graduatoria stimata complessiva globale dei più gravi incidenti della storia.
Oscar Giannino ambiente, energia bp, energia, Eni, petrolio, USA
Anticipo uno dei miei pezzi dal prossimo numero di Capo Horn
Penso che, se fossi l’azionista di controllo dell’ENI, avrei già fatto da tempo un ragionamento semplice semplice. Argomento: come approfittare del disastro che ha investito BP. Ma prima di arrivare alla considerazione e alla proposta, serve un bel passo indietro per valutare tutti gli aspetti “epocali†della vicenda. I danni accollati a BP costituiranno un vero benchmark destinato a fare precedente. La compagnia mi pare che assai difficilmente possa sopravvivere. Non com’era fino a ieri, questo è sicuro. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino ambiente, energia ambiente, Barack Obama, British Petroleum, Eni, petrolio, USA
UPDATE: Meno male che Saglia c’è.
Un drammatico incidente all’estero. L’Italia che reagisce scompostamente, castrando il suo futuro energetico nonostante le condizioni in cui la tragedia si è verificata in un paese molto lontano non abbiano nulla a che vedere con le tecnologie e le procedure impiegate nel nostro. Non sto parlando dell’uscita dal nucleare dopo Chernobyl. Sto parlando delle reazione, altrettanto scomposta, del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che pensa sia cosa saggia rispondere al disastro della Deepwater Horizon imponendo un bando alle estrazioni offshore in una fascia di 5 miglia dalle coste nazionali (12 nelle zone marine protette). Greenpeace applaude. Dovrebbe far pensare.
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Carlo Stagnaro ambiente, energia bp, chernobyl, deepwater horizon, nucleare, offshore drilling, petrolio, prestigiacomo
Negli States e in UK Obama sta letteralmente perdendo la faccia nei sondaggi, dopo che il 28 maggio si era dichiarato generale in capo dell’operazione “stop the oil bleeding ‘nd make BP pay for it each single dime”. Da noi, la faccenda scalda per nulla le cronache, al di là delle trombe dei soliti sostenitori della decrescita…. è utile questa infografica, sui consumi energetici mondiali e loro andamento nel tempo, in un solo colpo d’occhio.
Oscar Giannino ambiente, energia energia, petrolio, USA
Sull’Occidentale, Gengis – tra l’altro fedele lettore di Chicago-blog – fa il pelo a Mario Tozzi e il contropelo a Joaquìn Navarro-Valls. Da non perdere.
Carlo Stagnaro ambiente ambiente, bp, deepwater horizon, navarro-valls, petrolio, tozzi