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Posts Tagged ‘pensioni’

Le politiche keynesiane hanno portato la Gran Bretagna sull’orlo della rovina

24 giugno 2010

Riceviamo da Kevin Dowd e volentieri pubblichiamo:

Il miglior contributo al dibattito parlamentare sulla “finanziaria” d’emergenza del regno Unito è quello dato da Steve Baker, deputato eletto nella circoscrizione di Wycombe. Avvalendosi di un’analisi impeccabile e di fonti universalmente rispettate (ONS – Office for National Statistics – e Banca dei regolamenti internazionali) per i dati che ha citato, Baker ha dipinto un quadro spaventoso: le politiche fiscali dei governi dei paesi occidentali sono insostenibili, e lo erano anche prima che si verificasse la crisi delle ultime settimane.

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Guest finanza, liberismo, previdenza, welfare , , ,

Riforma della previdenza, i numeri dicono che serve

11 giugno 2010

Il governo si è dunque dovuto adeguare al diktat della Commissione Europea. Ieri, il Consiglio dei ministri ha innalzato l’etĂ  pensionabile di vecchiaia delle pubbliche dipendenti da 61 a 65 anni dal 1 gennaio 2012, in un’unica soluzione. Ne deriveranno risparmi per 1,4 miliardi in 7 anni. E’ una soluzione che ai sindacati non piace, innanzitutto per la fulmineitĂ  con cui Bruxelles l’ha imposta in una settimana, minacciando altrimenti sanzioni, dopo che per mesi si era sperato che approvasse il meccanismo molto diluito precedentemente approvato dal governo, che sarebbe entrato in pieno vigore solo 6 anni dopo. E’ una misura strutturale, utile e opportuna. mentre gli interventui sulle finestre di anzianitĂ  e vecchiaia diposti in manovra non lo sono. Al massimo sono dilazioni di pagamento. Forse, perchè i 5 miliardi potrebbero pure sfumare, se tutti coloro che nels ettore pubblico maturano l’0anzianitĂ  decidessero di approfittarne comunque al piĂą presto.  Qui una batteria di numeri, per dimostrare che è miope e sbagliato non intervenire strutturalmente sulla previdenza, continuando a dire che è tutto giĂ  risolto dalla Dini e dai coefficienti automatici di trasformazione recentemente agganciati – a regime, tra anni -  all’allungamento delle aspettative di vita. Prosegui la lettura…

Oscar Giannino previdenza, welfare , , ,

Ancora sulle pensioni tedesche

16 luglio 2009

Lastenverteilung in der gesetzlichen Rentenversicherung<br/>(zum Vergrößern klicken)Al nostro post di metĂ  maggio sulle pensioni tedesche ha purtroppo fatto seguito un silenzio assordante. Nessun organo di stampa si è degnato di riportare una notizia così maledettamente importante. SarĂ  che il nostro paese è leader incontrastato in quanto a debito pensionistico; fatto sta che il blocco all’aggiustamento delle pensioni fissato ope legis dal governo di GroĂźe Koalition non ha fatto piĂą di tanto scalpore qui da noi. In questi giorni la Rentengarantie (così si chiama questa trovata pre-elettorale) è però balzata nuovamente agli onori della cronaca per un doppio ordine di questioni.

Innanzitutto il Ministro delle Finanze Peer SteinbrĂĽck è ritornato sulla faccenda in maniera un po’ grottesca, definendo la normativa voluta dal collega Olaf Scholz e da lui stesso approvata non piĂą di due mesi fa, irresponsabile e contraddittoria  rispetto al nuovo corso di contenimento della spesa pubblica (su quest’ultima affermazione ci sarebbe da sgranare gli occhi e farsi una bella risata..). Sia come sia, SteinbrĂĽck, caso mai ce ne fosse stato bisogno, ha contribuito con la sua proverbiale saccenza a mettere in ulteriore difficoltĂ  il partito socialdemocratico ad appena due mesi dalle elezioni federali. Come dire: alla signora Merkel non serve affatto spremersi le meningi per la campagna elettorale, tanto ci pensa l’Spd a fare tutto, maggioranza ed opposizione ad un tempo. Volete mettere che goduria?

Il secondo motivo è da legarsi ad uno studio del think tank INSM che ha calcolato l’aggravio per le casse statali della prebenda elettoralistica. Ai lavoratori che pagano i contributi assicurativi e ai contribuenti la misura costerĂ  la bellezza di 46 miliardi di euro, con aumenti giĂ  a partire dall’anno prossimo. Ma il governo non soltanto ha promesso la luna- ovvero che le pensioni -come per magia- non scenderanno piĂą, ma ha altresì giurato che fino al 2020 il contributo assicurativo non supererĂ  quota 20%. Insomma, la botte piena e la moglie ubriaca. Intanto sin dall’anno prossimo la spesa pensionistica comincerĂ  a salire vertiginosamente. Se si mette in conto che una quota sempre minore di occupati dovrĂ  sostenere un numero sempre maggiori di pensionati (vedi figura) e che l’aumento graduale dell’etĂ  pensionabile a 67 anni a partire dal 2012 (e a finire nel 2029) è stato di recente nuovamente messo in dubbio dall’Spd, la situazione anche in Germania appare tutt’altro che rosea.

*Aggiungo che i miliardi di aggravio  diventano ancora maggiori (ossia circa 73) se si contano i “tricks” degli anni scorsi, primo fra tutti il congelamento temporaneo del cosiddetto “Riester-Faktor”, elemento introdotto nel 2001 per consentire la formazione di pensioni integrative private. A tal proposito linko un articolo tratto sempre dal blog di INSM.


Giovanni Boggero welfare , , ,

Il fardello (tedesco) delle pensioni

16 maggio 2009

La notizia è totalmente passata sotto silenzio in Italia. Ma la Germania ha appena compiuto una involuzione socialisteggiante non da poco. L’editoriale di Pietro Garibaldi apparso questa mattina sulle colonne del quotidiano La Stampa mi offre il destro per discuterne. In questa legislatura di unitĂ  nazionale (2005-2009) le entrate fiscali tedesche sono copiosamente cresciute, trainate un po’ dalla crescita economica, un po’ dagli aumenti di tassazione introdotti a macchia di leopardo dall’epigono di Visco, Peer SteinbrĂĽck. Il “tesoretto” accumulatosi non è tuttavia servito per tagliare finalmente le tasse al ceto medio, ma è piuttosto andato a foraggiare un generoso aumento di spesa pubblica. Ora, complice la crisi finanziaria, il Ministro delle Finanze piange miseria e, in un comunicato reso pubblico ieri, ci dice che dovrĂ  rinunciare a circa 316 miliardi fino al 2013. Ergo, la soluzione proposta dall’SPD è questa: prendiamo i soldi dai ricchi (ma non erano i socialdemocratici ad averli sgravati?) e sferriamo l’offensiva contro i paradisi fiscali. Con l’approssimarsi della campagna elettorale, l’ipotesi di stringere i cordoni della borsa è sicuramente la piĂą impopolare. Ecco perchĂ© il Ministro del Lavoro Scholz ha pensato – e ottenuto – che con un bel tratto di penna, d’ora in poi, le pensioni di 20 milioni di tedeschi non possano mai piĂą diminuire. E così, mentre Garibaldi va suggerendo modelli per controllare l’esplosione della spesa previdenziale, in Germania si va esattamente nella direzione opposta, svincolando l’erogazione delle pensioni dai redditi dei lavoratori e mettendo una bella ipoteca sul futuro del Sozialstaat. E questo dopo che i pensionati tedeschi hanno giĂ  beneficiato di generosi aumenti negli anni passati. Si dirĂ : in Germania la riforma delle riforme – la pensione a 67 anni – è giĂ  stata licenziata. Vero. Ciò non toglie che, però, almeno nel medio periodo, vi saranno sempre piĂą pensionati e sempre meno persone che pagano i contributi assicurativi. GiĂ  ora lo Stato tedesco è costretto a prelevare denaro dalle tasse dei cittadini per sopperire alla carenza di risorse delle casse pensionistiche. Insomma ancora una volta tocca alle generazioni piĂą giovani farsi carico di un’ipertrofia previdenziale che, presto o tardi, diverrĂ  insostenibile.

Giovanni Boggero welfare , , , , ,

Cosa c’è e cosa manca nel Libro Bianco di Sacconi

6 maggio 2009

Il “Libro bianco sul futuro del modello sociale” presentato oggi dal Ministro Sacconi è potenzialmente qualcosa di molto rilevante, per l’Italia di oggi e di domani. Ha il pregio di mettere assieme, in forma sintetica (una cinquantina di pagine scarse), quanto di meglio elaborato dal mondo che gravita attorno al Ministro. E il difetto di riflettere piĂą sui principi che sulle policies. E’ un difetto in parte voluto in parte subito. Voluto perchĂ© in tutta evidenza un documento di questo genere deve essere di scenario, se non vuole limitarsi a fare la carta d’identitĂ  al Ministero che lo pubblica e lo promuove. Subito perchĂ© la crisi ha fermato il cantiere di riforme che dai principi enunciati nel Libro bianco dovrebbero discendere.

Mi soffermo brevemente su quelli che mi paiono pregi e limiti piĂą evidenti. Il Libro bianco propone una visione d’insieme del futuro del Paese, sotto il duplice profilo della demografia e della finanza pubblica, coerente. Cose note, ma che è bene ribadire. Gli obiettivi di lungo periodo sono in larga misura condivisibili. Chi lo ha scritto pare convinto che per “salvare” i fini dello Stato sociale sia necessario disarticolarlo, trasferendone le competenze ad istituzioni in larga misura spontanee e contando su una rete di protezione piĂą “sociale” (nel senso di emanazione della societĂ ) che “statale”. Chi lo ha scritto bene conosce i difetti del nostro mercato del lavoro (Marco Biagi, unico nume tutelare richiamato nel Libro, lo considerava “il peggiore d’Europa”), e anche quelli del nostro Stato sociale. Una prioritĂ  evidente è quella di evitare per quanto possibilitĂ  la “dipendenza da welfare” che alcuni istituti vanno a creare, puntando al contrario su “politiche per la vita attiva” (di qui la grande enfasi che Sacconi mette sempre sulla “formazione”: il che va benissimo, se non fosse che la “formazione” in Italia è un concetto oltremodo plastico).

Laddove il Libro bianco soddisfa di meno è nell’indicazione di politiche precise. Se la spesa sociale è sbilanciata sulle pensioni, se le pensioni non sono uno strumento idoneo a svolgere “prioritariamente funzioni di carattere redistributivo/ assistenziale”, se “la stabilizzazione di lungo periodo dell’incidenza della spesa pensinistica pubblica”, che vogliamo fare? Il Libro bianco dĂ  tutte le risposte giuste: l’obiettivo deve essere la “ridefinizione dell’equilibrio tra le fonti di finanziamento” e serve “l’allungamento delle carriere e il raggiugimento di proporzioni piĂą equilibrate tra vita attiva e vita in quiescenza dopo il pensionamento definitivo”. Da questa analisi dovrebbe però venire una “road map” per il “nuovo bilanciamento” fra pubblico privato, e/o per l’innalzamento dell’etĂ  pensionabile. Non ci si può limitare ad affrontare il tema dell’equiparazione dei requisiti pensionistici fra uomini e donne.

Qualcosa di simile potrebbe essere detta sulla sanitĂ : nel Libro bianco c’è grande enfasi sull’healthy ageing, piena consapevolezza della “condanna demografica” dei sistemi sanitari. Ma le considerazioni di sostenibilitĂ  restano sullo sfondo.

Il progetto è coraggioso, e il modello usato da Sacconi, per l’Italia, è stato innovativo. Vi è stata un’ampia consultazione pubblica, a partire dal Libro Verde, cui hanno concorso circa mille soggetti. Grande successo di pubblico, per così dire. Ora speriamo possa esservi un dibattito consapevole e adulto su questi temi. Per “costringere” chi con il Libro bianco dimostra di avere piena consapevolezza dei problemi, a trarne le conseguenze dovute.

Alberto Mingardi welfare , , , ,