Il “Libro bianco sul futuro del modello sociale” presentato oggi dal Ministro Sacconi è potenzialmente qualcosa di molto rilevante, per l’Italia di oggi e di domani. Ha il pregio di mettere assieme, in forma sintetica (una cinquantina di pagine scarse), quanto di meglio elaborato dal mondo che gravita attorno al Ministro. E il difetto di riflettere piĂą sui principi che sulle policies. E’ un difetto in parte voluto in parte subito. Voluto perchĂ© in tutta evidenza un documento di questo genere deve essere di scenario, se non vuole limitarsi a fare la carta d’identitĂ al Ministero che lo pubblica e lo promuove. Subito perchĂ© la crisi ha fermato il cantiere di riforme che dai principi enunciati nel Libro bianco dovrebbero discendere.
Mi soffermo brevemente su quelli che mi paiono pregi e limiti piĂą evidenti. Il Libro bianco propone una visione d’insieme del futuro del Paese, sotto il duplice profilo della demografia e della finanza pubblica, coerente. Cose note, ma che è bene ribadire. Gli obiettivi di lungo periodo sono in larga misura condivisibili. Chi lo ha scritto pare convinto che per “salvare” i fini dello Stato sociale sia necessario disarticolarlo, trasferendone le competenze ad istituzioni in larga misura spontanee e contando su una rete di protezione piĂą “sociale” (nel senso di emanazione della societĂ ) che “statale”. Chi lo ha scritto bene conosce i difetti del nostro mercato del lavoro (Marco Biagi, unico nume tutelare richiamato nel Libro, lo considerava “il peggiore d’Europa”), e anche quelli del nostro Stato sociale. Una prioritĂ evidente è quella di evitare per quanto possibilitĂ la “dipendenza da welfare” che alcuni istituti vanno a creare, puntando al contrario su “politiche per la vita attiva” (di qui la grande enfasi che Sacconi mette sempre sulla “formazione”: il che va benissimo, se non fosse che la “formazione” in Italia è un concetto oltremodo plastico).
Laddove il Libro bianco soddisfa di meno è nell’indicazione di politiche precise. Se la spesa sociale è sbilanciata sulle pensioni, se le pensioni non sono uno strumento idoneo a svolgere “prioritariamente funzioni di carattere redistributivo/ assistenziale”, se “la stabilizzazione di lungo periodo dell’incidenza della spesa pensinistica pubblica”, che vogliamo fare? Il Libro bianco dĂ tutte le risposte giuste: l’obiettivo deve essere la “ridefinizione dell’equilibrio tra le fonti di finanziamento” e serve “l’allungamento delle carriere e il raggiugimento di proporzioni piĂą equilibrate tra vita attiva e vita in quiescenza dopo il pensionamento definitivo”. Da questa analisi dovrebbe però venire una “road map” per il “nuovo bilanciamento” fra pubblico privato, e/o per l’innalzamento dell’etĂ pensionabile. Non ci si può limitare ad affrontare il tema dell’equiparazione dei requisiti pensionistici fra uomini e donne.
Qualcosa di simile potrebbe essere detta sulla sanitĂ : nel Libro bianco c’è grande enfasi sull’healthy ageing, piena consapevolezza della “condanna demografica” dei sistemi sanitari. Ma le considerazioni di sostenibilitĂ restano sullo sfondo.
Il progetto è coraggioso, e il modello usato da Sacconi, per l’Italia, è stato innovativo. Vi è stata un’ampia consultazione pubblica, a partire dal Libro Verde, cui hanno concorso circa mille soggetti. Grande successo di pubblico, per così dire. Ora speriamo possa esservi un dibattito consapevole e adulto su questi temi. Per “costringere” chi con il Libro bianco dimostra di avere piena consapevolezza dei problemi, a trarne le conseguenze dovute.
Alberto Mingardi welfare Libro Bianco, Maurizio Sacconi, pensioni, sanitĂ , welfare