CHICAGO BLOG » ortis http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Nomine. Come d’autunno sugli alberi le foglie /2010/12/03/nomine-come-dautunno-sugli-alberi-le-foglie/ /2010/12/03/nomine-come-dautunno-sugli-alberi-le-foglie/#comments Fri, 03 Dec 2010 11:31:27 +0000 Carlo Stagnaro /?p=7773 Ieri le commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera hanno silurato Michele Corradino, candidato dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di cui è capo di gabinetto uscente, al collegio dell’Agenzia di sicurezza nucleare. Il collegio nasce così mondo, essendo stati contemporaneamente approvati i nomi del presidente (Umberto Veronesi) e degli altri tre commissari (il magistrato Stefano Dambruoso, indicato pure lui da Prestigiacomo, e Marco Ricotti e Maurizio Cumo, indicati dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani). La Caporetto di Prestigiacomo arriva all’indomani della ritirata di Antonio Catricalà dalla presidenza dell’Autorità per l’energia, che gli era stata offerta e che ha rifiutato per le ragioni già illustrate. Forse per la prima volta, un governo italiano si trova nella condizione di non riuscire a fare nomine decenti. Cosa è successo e perché? Cosa ci aspetta?

Partiamo dalle ragioni del “no” a Corradino. Gli osservatori più attenti alle dinamiche politiche trovano la pistola fumante in mano all’ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola (Gilda Ferrari in un documento articolo sul Secolo XIX di oggi e Dagospia ieri). Probabilmente è vero che si è consumato un regolamento di conti interno al centrodestra, ma le cose sarebbero andate diversamente se i nomi indicati da Prestigiacomo avessero avuto una caratura diversa. Due i problemi: l’assenza di competenze specifiche in campo nucleare e l’eccessiva vicinanza a un ministro in carica, lesiva – secondo i critici – dell’indipendenza di un organismo che può contare solo sulla reputazione dei suoi componenti, non avendo una reale indipendenza istituzionale. Questa debolezza venne rilevata fin da subito sia dalle voci più attente dell’opposizione (qui Federico Testa) e della maggioranza (come Andrea Fluttero). Senza un simile argomento, che ha consentito di coagulare dissensi bipartisan, probabilmente lo sgambetto scajoliano non avrebbe potuto verificarsi. A questo punto, bisogna attendersi – come racconta Federico Rendina se ne vedono già le avvisaglie – uno scontro tra Prestigiacomo (che per salvare il suo uomo è riuscita a far ripetere le votazioni in commissione, peraltro peggiorando la situazione) e Romani. Il ministro dell’Ambiente sostiene che l’Agenzia, per decollare, deve avere un collegio completo. Quello dello Sviluppo ritiene che 4 membri su 5 siano sufficienti. Non so chi abbia ragione: so che, per il nucleare italiano, questa vicenda va inserita nella casella “cattivo inizio”.

E un cattivo inizio lo è, a maggior ragione, se viene letta parallelamente all’incagliarsi dei negoziati sul rinnovo dell’Autorità per l’energia. Dopo la marcia indietro di Catricalà, sono circolati nomi che hanno sollevato ancora più polemiche di quelle che già c’erano (in particolare il consigliere di stato Rocco Colicchio, attuale revisore dei conti dell’autorità, e il magistrato della corte dei conti Raffaele Squitieri, delegato al controllo della gestione finanziaria di Eni). Nell’incertezza più totale, alimentata anche dalle speranze immediatamente rintuzzate che il governo potesse proporre una cinquina alternativa allo scorso consiglio dei ministri, si fa strada la possibilità di una prorogatio. Alessandro Ortis, presidente uscente, ha chiesto un parere al consiglio di stato per capire quali siano i termini della questione, visto che si tratterebbe di un caso senza precedenti. E’ ragionevole attendersi che, comunque, non appena si entrerà in questo terreno sconosciuto inizieranno a fioccare i ricorsi, da parte di tutti, contro le delibere sgradite. Ed è in questo senso preoccupante la voce – che mi auguro sarà immediatamente smentita dai fatti – di una proroga addirittura di sei mesi (che potrebbero diventare Dio-sa-quanti in caso di elezioni anticipate). Non solo non vorrei essere nei panni di Ortis, ma credo che il paese nel suo complesso darebbe uno spettacolo indecente proprio in uno dei settori dove era riuscito a porsi all’avanguardia in Europa, come documentiamo nell’Indice delle liberalizzazioni.

Tutto questo è una brutta storia italiana. L’indecisione e l’impreparazione dei nostri politici sta mettendo a rischio la stabilità del sistema: un sistema non perfetto e che anzi richiede molti aggiustamenti, ma che deve essere aggiustato secondo le procedure corrette, non creando dei pericolosi “vuoti” dei quali gli squali sanno e possono approfittare. Se dunque l’atteggiamento critico del parlamento verso alcune nomine è segno di una sana dialettica, esso deve portare a un miglioramento della qualità delle nomine, non a un’intensificazione delle attività spartitorie (come è sembrato accadere, invece, nei giorni precedenti la rinuncia di Catricalà, quando addirittura pare siano state messe sul piatto le teste dei vertici della struttura dell’Autorità per ospitare paracadutati politici). Ha ragione, in questo senso, Testa quando dice che l’accesa discussione sull’Agenzia nucleare

E’ anche un bel segnale da parte del Parlamento rispetto a chi prefigura scelte di vertice senza coinvolgere le competenti commissioni parlamentari.

La domanda è se il Parlamento sia davvero in grado di seguire coerentemente questa linea, e se il governo sia in grado di cogliere l’indicazione e superare le difficoltà scegliendo uomini che abbiano i titoli per svolgere le mansioni che gli vengono assegnate. Non si tratta di fare le verginelle e fingere che i partiti debbano distribuire cariche senza tenere in conto la vicinanza delle persone da loro indicate. Nessuno di noi è nato sotto il cavolo e tutti sappiamo che non è e non sarà mai così. Ma c’è un limite che non dovrebbe essere mai oltrepassato, e che impone di scegliere, tra tutti i simpatizzanti del partito X, quelli che – oltre a simpatizzare per il partito X – sanno anche qualcosa dell’argomento Y di cui dovranno occuparsi, specie quando l’argomento Y ha, come quello dell’energia, una rilevanza economica, strategica e ambientale di un certo peso. Insomma: non chiediamo dimostrazioni di virtù eroiche. Chiediamo un onesto, banale, normale esercizio di decenza.

]]>
/2010/12/03/nomine-come-dautunno-sugli-alberi-le-foglie/feed/ 2
Autorità per l’energia: Fate quelle fottute nomine /2010/11/16/autorita-per-l%e2%80%99energia-fate-quelle-fottute-nomine/ /2010/11/16/autorita-per-l%e2%80%99energia-fate-quelle-fottute-nomine/#comments Tue, 16 Nov 2010 13:41:32 +0000 Carlo Stagnaro /?p=7618 L’attuale crisi politica ha completamente sovvertito l’agenda di governo e parlamento, facendo slittare in fondo alla lista alcuni provvedimenti che, peraltro, già non erano considerati di grande urgenza. Tra questi, la nomina del nuovo collegio dell’Autorità per l’energia, che dovrebbe insediarsi allo scadere dell’attuale (composto dal presidente, Alessandro Ortis, e un solo componente, Tullio Fanelli) a decorrere, teoricamente, dal 16 dicembre. Se le nomine non verranno effettuate in tempi rapidi, l’Autorità rischia di trovarsi decapitata.

La legge istitutiva dell’Autorità e successive modificazioni stabilisce che

L’Autorità è un organo collegiale costituito dal Presidente e da quattro membri. I cinque componenti l’Autorità sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle attività produttive. Le designazioni effettuate dal Governo sono sottoposte al parere vincolante, espresso a maggioranza qualificata (due terzi dei componenti), dalle Commissioni parlamentari competenti.

Il collegio scade formalmente il prossimo 15 dicembre. Questo significa che i tempi per i passaggi parlamentari sono scarsi e, probabilmente, insufficienti – ammesso e non concesso che un accordo politico sui componenti sia già stato trovato. L’intervento per decreto è molto probabilmente da escludersi, dato che non si capisce in che modo sia possibile argomentare la “necessità e urgenza” di un provvedimento che da sette anni sappiamo di dover prendere. In questo senso, passa in secondo piano – anzi, in terzo o quarto piano – l’incapacità di tre parlamenti e non so quanti governi di completare un collegio che è rimasto monco da quando, il 14 luglio 2004, Fabio Pistella ha abbandonato l’Autorità per prendere la guida del Cnr.

La situazione è talmente sfarinata che l’attuale collegio, che per legge non può essere rinnovato, ha messo le mani avanti chiedendo al Consiglio di stato un parere riguardo la possibilità di una prorogatio: se sia possibile, a quali condizioni, con quali limiti. La non rinnovabilità è una componente essenziale dell’indipendenza, perché fa venir meno l’incentivo perverso dei regolatori a blandire i loro padrini politici. Allo stesso modo, come abbiamo discusso tempo fa in merito all’ipotesi di proroga del mandato di Lamberto Cardia alla Consob, la stessa prorogatio dovrebbe essere gestita con le molle, ed è accettabile solo se è chiaramente finalizzata a consentire la regolare conclusione dell’iter di conferma del nuovo collegio e, dunque, se è di durata assai ridotta – dell’ordine di pochi giorni o pochissime settimane.

La questione, insomma, non è lana caprina per giuristi, ma rappresenta un momento fondamentale per il funzionamento dei nostri mercati energetici. Infatti, le decisioni dell’Autorità vengono prese dal collegio, non dalla struttura – che ha il compito di istruire le pratiche e dare attuazione alle decisioni. A differenza della Consob – da giugno senza presidente – il collegio decade tutto assieme, quindi non è immaginabile che il regolatore energetico continui a funzionare come sta facendo attualmente il suo omologo borsistico.

Una possibile reazione è: chissenefrega. In fondo, l’unico regolatore buono è il regolatore morto, e noi stessi (per esempio nel saggio introduttivo di Sam Peltzman all’Indice delle liberalizzazioni 2010) abbiamo spesso sostenuto che liberalizzare significa deregolamentare. Poiché un regolatore acefalo significa – se non una attiva deregolamentazione – almeno un minor tasso di crescita della regolamentazione, dove sta il problema? Il problema, purtroppo, c’è ed è grande. E ha almeno due dimensioni.

La prima dimensione riguarda il fatto che la deregolamentazione “pura” è più un traguardo che uno “stato”. Quanto meno perché sussitono ancora troppe asimmetrie tra ex monopolisti e newcomer per lasciare che le cose evolvano in assenza di vincoli. Molto brevemente, queste asimmetrie – che sono l’eredità della precedente stagione di monopolio pubblico – richiedono una vigilanza attenta e un intervento talvolta odioso ma necessario per arginare i conflitti di interesse e i comportamenti abusivi (in particolare nel caso del gas, dove le infrastrutture essenziali restano in mano al non-molto-ex monopolista). Le distorsioni vanno corrette: il first best sarebbe separare le reti dagli incumbent e privatizzare tutti e tutto, ma in assenza di tali provvedimenti – oggi politicamente impossibili – il second best è un cauto ma fermo esercizio della regolamentazione. La seconda dimensione del problema dipende dal fatto che, data l’attuale struttura dei mercati energetici, in alcuni segmenti – quelli in “monopolio tecnico” – una qualche forma di regolamentazione è comunque necessaria, sia sotto il profilo tariffario, sia sotto quello tecnico, sia sotto quello della qualità del servizio.

Far venir meno la presenza del regolatore danneggerebbe l’intero mercato, la sua credibilità e il suo sviluppo, anche se fosse solo una parentesi di breve durata. I danni della regolamentazione, in un momento e in un contesto come quelli attuali, sono inferiori, per ordini di grandezza, ai danni potenzialmente derivanti dal lasciare mano libera ai nemici del mercato. Confesso di non riuscire ad appassionarmi alle questioni di cognati e di cubiste, ma trovo frustrante che tutto questo impedisca di affiancare alla schermaglia politica quotidiana una riflessione seria sui temi che meritano attenzione e serietà.

Lo dico brutalmente: fate quelle maledette nomine, e possibilmente fatele bene, selezionando uomini e donne che sappiano combattere la buona battaglia, che non siano compiacenti verso i monopolisti nazionali e locali. Fatele per evitare che le conquiste faticosamente raggiunte in termini di liberalizzazione regrediscano. Fatele per impedire che il vuoto finisca per premiare quelli che, aggressivamente e colpevolmente e non di rado forti di un supporto politico trasversale e clientelare, in tutti questi anni hanno resistito alle pressioni dell’Autorità e hanno conservato il loro artiglio monopolistico.

]]>
/2010/11/16/autorita-per-l%e2%80%99energia-fate-quelle-fottute-nomine/feed/ 0
Agenzia nucleare: si parte con Veronesi per arrivare dove? Ecco i nomi mancanti /2010/10/16/agenzia-nucleare-si-parte-con-veronesi-per-arrivare-dove-ecco-i-nomi-mancanti/ /2010/10/16/agenzia-nucleare-si-parte-con-veronesi-per-arrivare-dove-ecco-i-nomi-mancanti/#comments Sat, 16 Oct 2010 13:43:49 +0000 Carlo Stagnaro /?p=7314 Umberto Veronesi ha accettato di presiedere la costituenda Agenzia per la sicurezza nucleare, elemento pivotale nella strategia di ritorno all’atomo. Non possiamo che rallegrarcene, visto che Chicago-blog fu tra i primi ad avanzare la candidatura dell’oncologo e senatore del Pd. Vediamo quali sono gli altri nomi in pista, e quali le prime sfide, e i primi test, che l’organismo dovrà affrontare.

Fino all’ultimo Veronesi è stato in “ballottaggio” con altri due potenziali presidenti, ciascuno – in modo e per ragioni diverse – in possesso di tutti i requisiti necessari. Alessandro Ortis, presidente uscente (scadrà a dicembre) dell’Autorità per l’energia, è per formazione ingegnere nucleare e non ha mai nascosto di vedere di buon occhio la possibilità che il paese torni all’atomo. Molti hanno visto nel documento di consultazione pubblicato dall’Autorità sui contratti a lungo termine per le tecnologie caratterizzate da alti investimenti upfront una mano tesa al piano del governo. Nei sette anni di presidenza del regolatore, Ortis si è conquistato la fama di tecnico competente e indipendente sia dai soggetti regolati (con cui spesso si è scontrato), sia dalla politica. L’altro candidato, Maurizio Cumo, professore di impianti nucleari alla Sapienza di Roma, è ancora in pista come consigliere, quindi ne parlerò dopo.

La scelta di Veronesi segna una svolta, nel modo in cui il governo ha gestito il nucleare, in almeno tre sensi. Anzitutto implica l’affermazione di Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo, che da subito ha caldeggiato la nomina consapevole che il nucleare, per essere, deve essere una scelta bipartisan. Poi è la dimostrazione che l’arrivo di Paolo Romani al ministero non è stato una scelta pro forma, se ha sbloccato immediatamente uno dei dossier più caldi per l’esecutivo. Infine, rappresenta una sfida al centrosinistra, che finora ha dato la sensazione di condurre un’opposizione pregiudiziale e ideologica e, oggi, non può rimanere indifferente all’insediamento di un suo uomo alla guida dell’organismo tecnico che dovrà pilotare la strada italiana al nucleare. Va da sé che, pur non essendo strettamente necessario ai sensi dello statuto (ed è un male), Veronesi dovrà dimettersi da senatore, come hanno subito chiesto un po’ maliziosamente Roberto Della Seta e Francesco Ferrante e come lo stesso Veronesi aveva promesso, in seguito a una schermaglia col segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Proprio il segretario del Pd esce paradossalmente sconfitto da una scelta nel nome del dialogo, visto che, per evitare di pronunciarsi con chiarezza e mantenersi equidistante tra l’anima più dialogante del partito e quella massimalista, aveva puntato tutto sulla guerra senza se e senza ma al “modo in cui” il governo stava conducendo il programma. Va da sé che il clima distensivo innescato dalla nomina di Veronesi delegittima i toni guerrafondai di una parte del Pd (che peraltro si trova nell’imbarazzante situazione di aver condotto un’opposizione massimalista nel paese, razionale in aula, e non può dunque oggi – per le scelte fatte in tema di comunicazione – rivendicare un ruolo nell’oggettivo ammorbidimento dell’esecutivo).

Chi dovrà affiancare Veronesi alla testa dell’Agenzia? Secondo la legge istitutiva, se la nomina del presidente spetta formalmente alla presidenza del consiglio, i quattro componenti vengono decisi due dal ministero dell’Ambiente e due dal ministero dello Sviluppo economico. Stefania Prestigiacomo avrebbe scelto i nomi di Bernadette Nicotra, magistrato e vicecapo di gabinetto del ministro, e il geologo Gualtiero Bellomo, membro della Commissione Via (in precedenza si era parlato di Aldo Cosentino, direttore generale del ministero dell’Ambiente). Alcuni ritengono che Nicotra e Bellomo (o, se è per questo, Cosentino), pur essendo professionisti di indubbia competenza, abbiano due limiti che, potenzialmente, potrebbero sollevare qualche malumore: non si sono occupati di nucleare in precedenza, e soprattutto sono troppo vicini – professionalmente – a Prestigiacomo. Su questo punto tornerò a breve.

Più ampia la rosa valutata dal Mse, che comprenderebbe – tra gli altri – il fisico Antonio Moccaldi, presidente dell’Ispesl, l’oncologo Umberto Tirelli, e l’ingegnere Paola Girdinio, preside della facoltà di ingegneria all’Università di Genova che ha fatto partire un master, destinato a diventare nel giro di uno o due anni un corso di laurea, in ingegneria nucleare. In realtà, però, la rosa si sarebbe ristretta a tre soli nomi: il già citato Cumo (unico limite, l’età: un commissario nato nel 1939 di fianco a un presidente leva 1925 non sarebbe il massimo dell’immagine), e i professori Marco Ricotti (che insegna impianti nucleari al Politecnico di Milano) e Giuseppe Zollino (impianti nucleari all’Università di Padova). Il curriculum di entrambi calza a pennello col ruolo che dovrebbero occupare. Poiché Cumo viene dato per certo, il vero nodo da sbrogliare sarebbe il derby tra Ricotti e Zollino. Ricotti può contare sul sostegno di Energy Lab, la Fondazione promossa dal gotha politico lombardo su impulso del capo di A2a, e presidente di Assoelettrica, Giuliano Zuccoli. Zollino ha però un vantaggio curricolare: dal 2001 al 2007 è stato segretario della Commissione Parlamentare Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo, per la quale si è occupato, in particolare, del monitoraggio delle agenzie nucleari dei nuovi Stati membri al momento dell’allargamento.

Non appena nominato, il collegio dovrà procedere alla selezione del personale, proveniente per la maggior parte (ma nelle intenzioni del ministro dell’Economia, del tutto, compreso il direttore generale) dall’Enea e dall’Ispra. Non è detto che le caratteristiche delle risorse umane disponibili siano del tutto soddisfacenti, perché – tra l’altro – si tratta di persone non lontanissime dalla pensione e che di queste cose, in molti casi, hanno smesso di occuparsi negli anni immediatamente successivi al referendum dell’87.

La selezione del personale è fondamentale non solo perché, ovviamente, dalla sua qualità dipenderà l’efficienza e l’affidabilità dell’Agenzia. E’ importante anche perché, non appena formalmente insediata, essa entrerà nel mirino della Commissione europea, che dovrà valutarne la disponibilità finanziaria (che è un problema, vista la determinazione tremontiana di fare sostanzialmente a costo zero, facendo leva su personale già assunto nella PA e dotando l’Agenzia di un budget di appena 1,5 milioni di euro), la competenza e l’indipendenza. E’ sotto questo profilo che le due nomine dell’Ambiente potrebbero incontrare qualche resistenza. Il problema numero uno è che, pur avendo competenze utili al nucleare non ne hanno (per quel che se ne sa) sul nucleare. Il problema numero due è che il governo ha ritenuto di superare il problema dell’indipendenza creando sì un’Agenzia i cui componenti sono di nomina governativa, ma che dovrebbero essere protetti dall’irrevocabilità dell’incarico. Tuttavia, nominare due dirigenti del ministero che, ovviamente, hanno uno specifico rapporto di fiducia col ministro non è, forse, il migliore degli inizi.

Detto questo, sbaglia chi pensa di fare subito le barricate. L’Agenzia viene sì creata nell’ambito del progetto del governo di tornare all’atomo, ma la prima grana che dovrà affrontare sarà quella del deposito per le scorie. Un deposito che è necessario, dato che l’Italia ha comunque quattro centrali dismesse o in via di dismissione e che produce una quantità di scorie ospedaliere, a prescindere da qualunque scelta si faccia in merito alla produzione di energia nucleare. Pur coi limiti (attuali o potenziali) evidenziati, il nuovo collegio sembra avere un profilo indubbiamente alto. Speriamo che la “macchina” di cui verranno dotati sia all’altezza dei piloti.

]]>
/2010/10/16/agenzia-nucleare-si-parte-con-veronesi-per-arrivare-dove-ecco-i-nomi-mancanti/feed/ 12
Più stoccaggi per tutti. E per il mercato? /2010/09/04/piu-stoccaggi-per-tutti-e-per-il-mercato/ /2010/09/04/piu-stoccaggi-per-tutti-e-per-il-mercato/#comments Sat, 04 Sep 2010 06:20:59 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6946 L’Autorità per l’energia ha inviato a Parlamento e governo una segnalazione che solleva alcuni punti molto critici sul decreto stoccaggi, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 agosto. Il decreto muove dal presupposto che occorre mobilitare investimenti in nuova capacità di stoccaggio, indispensabile a garantire al mercato del gas (e, indirettamente, all’elettrico) la flessibilità necessaria specialmente nei mesi di maggior domanda. Se, da questo punto di vista, gli strumenti adottati possono essere efficaci, essi rischiano di essere inefficienti a causa delle conseguenze, potenzialmente negative, che rischiano di generare su un altro terreno: quello della concorrenza e del mercato.

Attualmente, esiste in Italia una capacità di stoccaggio di circa 14,3 miliardi di metri cubi (di cui 5,1 adibiti a stoccaggio strategico), 0,4 in più dello scorso anno termico. La disponibilità di punta giornaliera in erogazione è pari a 153 milioni di metri cubi, ancora insufficienti – secondo l’Autorità – a mettere il paese in sicurezza. La larga maggioranza della capacità esistente (13,9 miliardi di metri cubi) appartiene a Stogit, oggi in pancia a Snam e dunque controllata dall’Eni, che è anche operatore dominante sul mercato, mentre Edison Stoccaggi ha 0,4 miliardi di metri cubi nelle sue disponibilità. Diversi progetti, che potrebbero effettivamente cambiare la faccia al mercato, seppure solo parzialmente, sono stati autorizzati o sono in via di autorizzazione (quello più importante per le dimensioni, e dunque il simbolo di questo sforzo, è Rivara), ma si dibattono tra i consueti problemi. Una precisazione: a differenza della rete, gli stoccaggi non sono – tecnicamente – una essential facility. Lo diventano nel momento in cui la situazione è quella che è: cioè l’ex monopolista rimane monopolista in tutti i segmenti determinanti, di cui questo è, ovviamente, uno.

E’ in questo contesto che si cala il decreto stoccaggi. Devo qui fare una confessione: inizialmente, avevo sopravvalutato gli effetti positivi della riforma (infatti il titolo di questo post è auto-polemico). Esso, infatti, come spiegava Federico Rendina a suo tempo,

Nell’attesa di annullare o riproporre in altra forma i tetti sulla vendita in scadenza, i nuovi limiti di “occupazione” degli stoccaggi, ora quasi totalmente controllati dall’Eni attraverso la Stogit, possono essere innalzati dal 40 al 60% in cambio di impegni dell’Eni sulla realizzazione di nuove infrastrutture, o sul potenziamento (ad esempio con sovrapressioni) di quelle esistenti. Ampliandole per almeno 4 miliardi di metri cubi rispetto ai 13 miliardi attuali. Questo con la partecipazione di nuovi investitori (anche le piccole imprese attraverso le loro associazioni o operatori qualificati, fino ad una quota complessiva del 30%, come prevede l’ultima versione del testo) che in cambio ne avranno l’uso effettivo quando saranno disponibili, ma con un anticipo praticamente immediato di “capacità virtuale” tra uno e due miliardi di metri cubi.

Le criticità evidenziate dall’Autorità riguardano essenzialmente due aspetti. Il primo ha a che fare con la flessibilità nella determinazione dei tetti antitrust. In sostanza, si legge nella segnalazione,

il Decreto prevede – all’articolo 3 comma 1) – che ciascun operatore sia vincolato a non superare soglie predefinite in termini di quote di mercato; ove tali soglie sono determinate come somma di due termini, il primo rappresentato dalle quote di immissione ed il secondo rappresentato dalla somma delle ulteriori partite che contribuiscono a determinare la quota di mercato all’ingrosso di un operatore. Ora, sebbene il Decreto non porti gli autoconsumi termoelettrici in riduzione nel calcolo della quota di immissioni, prevede però espressamente che detti autoconsumi siano portati a riduzione del secondo termine che – unitamente alla quota di immissione – contribuisce a determinare la quota di mercato di ciascun operatore. L’effetto netto di questa impostazione di calcolo disomogenea tra i due termini della somma, risulta essere che la disponibilità di gas corrispondente agli autoconsumi – nei fatti – non sarà conteggiata nella determinazione della quota di mercato complessiva ai fini del rispetto delle soglie antitrust per gli operatori, e in particolare l’incumbent.

Calcolare le quote di mercato al netto dell’autoconsumo, quando il maggior importatore di gas è anche un importante consumatore, conduce ovviamente a una distorsione del mercato; anche perché sembra presupporre che il gas autoconsumato sia “fantasma”, ossia che non abbia un costo opportunità; e che gli scopi per cui viene autoconsumato (in particolare la generazione elettrica) siano “isolati” dal mercato, non siano immersi in una competizione che deve essere “equa”. Sullo stesso tema, qui il commento di Federico Testa.

Va detto che anche la decisione di coinvolgere gli “utilizzatori finali” del gas nella realizzazione di stoccaggi ha un che di paraculesco: concilia l’apparente desiderio di salvaguardare la posizione dominante dell’Eni “comprando” il consenso dei consumatori con una forma di sussidio mascherato, e in questo modo sbarra la strada ai concorrenti (e, paradossalmente, trasforma sempre più gli stoccaggi in una sorta di monopolio “innaturale”, sottraendoli alla concorrenza e rendendo necessaria una regolazione intrusiva, pesante, complessa e conflittuale).

Infine, l’organismo presieduto da Alessandro Ortis “pizzica” il governo su un passaggio solo apparentemente formale. Dice il decreto che il ministero dello Sviluppo economico “anche avvalendosi dell’Autorità di regolazione, presta assistenza all’Autorità garante [della concorrenza] per le verifiche degli impegni assunti” (corsivo aggiunto). Secondo l’Autorità per l’energia,

La previsione secondo cui l’attività di assistenza del Dipartimento per l’energia del Ministero dello Sviluppo Economico a favore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avviene “anche avvalendosi dell’Autorità di regolazione”, peraltro non prevista dalla legge delega, appare decisamente confliggente con la natura e le funzioni di una Autorità di regolazione indipendente, che non può configurarsi come il braccio tecnico od operativo di alcun Ministero, né tanto meno di un suo Dipartimento, condizione che verrebbe invece a realizzarsi nei fatti.

L’autodifesa del regolatore non è una questione di stizza inadeguata, o un sintomo di eccessiva sensibilità (anche perché l’attuale collegio è in scadenza a dicembre). C’è, piuttosto, un velato messaggio “culturale”, che richiama indirettamente le lunghe polemiche che negli scorsi mesi hanno investito l’Autorità proprio in virtù della sua indipendenza e del tentativo, conscio o inconsapevole, di menomarla, vuoi col blitz (fallito) per commissariarla, vuoi col pasticcio sui finanziamenti, vuoi con la tassa impropria che il Tesoro ha imposto sugli operatori (e sul mercato) attraverso il prelievo dal suo bilancio. Il punto, molto semplice ma, apparentemente, troppo difficile per essere digerito nel nostro paese, è che la relativa “indipendenza” garantita dall’autonomia finanziaria, un processo di nomina forzosamente bipartisan, e le regole che sovrintendono al funzionamento dell’Autorità e al comportamento del collegio durante e dopo il mandato, fornisce al mercato un orizzonte di certezza che una politicizzazione più accentuata farebbe venir meno. Per queste ragioni, è bene non solo che l’Italia mantenga questa indipendenza nel rispetto delle norme comunitarie, ma è bene che lo faccia soprattutto alla luce di quello che è lo scenario politico che abbiamo sotto gli occhi.

Di qualunque cosa stiamo parlando nel settore energetico – nucleare, rinnovabili, elettricità, gas – le parole chiave sono: certezza e stabilità. Se questa certezza e questa stabilità vengono demolite – non importa se tutte assieme o un pezzettino alla volta – non possono che derivarne conseguenze negative per gli operatori del settore e, indirettamente, per i consumatori industriali e domestici. E ciò anche quando essi (alcuni di essi) vengono blanditi con forme più o meno mascherate di sussidi.

Il decreto stoccaggi è un tentativo parzialmente apprezzabile di intervenire su un segmento che richiede attenzione e cautela, ma in alcuni passaggi rischia di fare più male che bene – o di barattare un bene comunque importante (garantire nuovi investimenti) con un male di lungo termine (proteggere il monopolio esistente). Correggerlo sarebbe un gesto di responsabilità e maturità.

]]>
/2010/09/04/piu-stoccaggi-per-tutti-e-per-il-mercato/feed/ 1
Relazione annuale di Ortis. Liveblogging /2010/07/15/relazione-annuale-di-ortis-liveblogging/ /2010/07/15/relazione-annuale-di-ortis-liveblogging/#comments Thu, 15 Jul 2010 09:09:04 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6520 Oggi il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, ha letto la sua ultima relazione annuale. Oltre a evidenziare le persistenti criticità – con particolare enfasi sulla scarsa competizione nel gas e sulle inefficienze nel sostegno alle fonti rinnovabili – Ortis ha rivendicato i sensibili progressi nel mercato del gas e soprattutto in quello elettrico verso una maggiore concorrenza. In vari passaggi il presidente ha rimarcato l’importanza dell’indipendenza dell’Autorità, peraltro richiesta dalle norme comunitarie. Senza indulgere in polemiche dirette, ha però accennato alla più recente aggressione – il micromanagement dei tagli presente nella manovra finanziaria – e ha lasciato solo all’immaginazione (e alla memoria) le polemiche precedenti, sui ripetuti tentativi di menomare l’autonomia del regolatore energetico. Ortis è stato bravo nel leggere in parallelo il bilancio di quest’anno di regolazione ed evoluzione dei mercati energetici, coi risultati ottenuti durante l’intero mandato. Implicito nelle sue parole era l’auspicio che l’Aeeg sia tutelata attraverso il dovuto rispetto istituzionale e la nomina di un collegio, alla scadenza dell’attuale a fine anno, in grado di porsi su un sentiero di continuità, esattamente come Ortis ha cercato di proseguire con coerenza il percorso avviato da Pippo Ranci prima di lui. E’ una speranza che mi sento di condividere ed è il modo migliore per chiudere, con umiltà e con orgoglio al tempo stesso, un’avventura che troverà tra pochi mesi il suo epilogo formale.

Qui sotto è possibile trovare i miei commenti, irriverenti e sgangherati, in tempo reale alla relazione di Ortis.

12.07. “Una confessione: essere stato chiamato a tutelare i consumatori, a promuovere la competizione, a servire il mio paese per regolare e controllare nell’accezione einaudiana è stato per me un’esperienza bellissima”.

12.06. “Titoli di coda” di un intero mandato: gratitudine per chi ci ha assegnato “il dovere di guidare, in piena autonomia, una autorità indipendente per un settore così importante”. Gratitudine anche per il personale.

12.04. Evidenzia la continuità col collegio precedente, presieduto  da Pippo Ranci.

12.02. Chiede potenziamente dell’organico, senza aggravio per il bilancio dello Stato e per i consumatori e operatori, tenendo conto che il personale è lo stesso dal 2004 mentre le funzioni sono aumentate. “Confidiamo che sia tenuta in conto la nostra segnalazione sulla manovra finanziaria” nella quale abbiamo dichiarato disponibilità a partecipare allo sforzo economico ma “abbiamo evidenziato la criticità di alcune misure” relative all’organizzazione interna dell’Autorità. Ortis è disposto a partecipare ai tagli ma chiede indipendenza e autonomia nel ripartirli al proprio interno. Sottolinea che l’Aeeg, la quale si autofinanzia, già partecipa al finanziamento di altre autorità (una piccola mostruosità).

11.58. Cosa pensa la giustizia amministrativa dell’operato dell’Aeeg? Ovviamente questo è una proxy della capacità tecnica dell’Autorità. Nei sette anni si è dimmezzato il numero delle delibere impugnate, e quelle annullate sono pochi punti percentuali: il “tasso di resistenza” è superiore al 98 per cento. Impressive.

11.57. Ortis vanta l’impegno al dialogo con gli stakeholder, in particolare attraverso i documenti di consultazione che non solo danno trasparenza, ma anche legittimazione, all’attività di regolazione. E ciò sebbene la consultazione pubblica non sia esplicitamente prevista dalla legge. Questo è un punto molto importante e molto condivisibile, che viene approfondito anche da Stephen Littlechild nel saggio introduttivo al nostro Indice delle liberalizzazioni 2009.

11.55. Sottolinea che l’Autorità “non ritiene opportuno beneficiare” delle sanzioni, che vengono versate al bilancio dello Stato e utilizzate a favore dei consumatori (spero non, ma temo di sì, delle associazioni dei consumatori, sennò il fondo dovrebbe essere chiamato “contro i consumatori”. Ma questa è mia polemica spicciola).

11.48. Rivendica lo sforzo dell’Autorità per informare i consumatori. Frecciata molto indiretta alla manovra tremontiana, come da recente segnalazione inviata a governo e parlamento (qui).

11.46. Le differenze nel mix di produzione rappresenta solo il 15 per cento nella differenza dei prezzi Italia-Ue. Il resto dipende da componenti diverse, in particolare gli oneri. Affermazione pesantissima.

11.42. Sulle bollette elettriche pesano anche gli oneri parafiscali, principalmente quelli per l’incentivazione delle fonti rinnovabili. Gli obiettivi europei sono condivisibili (noblesse oblige) ma proprio perché sfidanti serve efficienza. Il nostro sistema è inefficiente. Da qui costi eccessivi, con l’aggiunta di distorsioni e opacità. Nel 2010 costi di incentivazioni superiori ai 3 miliardi di euro con un incentivo medio pari al doppio del valore dell’energia prodotta. Occorre rivedere durata e livello delle incentivazioni – specie per solare fotovoltaico – e correzione dei malfunzionamenti dei certificati verdi. In alternativa, rischio aumento bollette fino al 20%. A questo scopo Ortis propone, come nel passato, di spostare parte dell’incentivazione dalle bollette alla fiscalità generale (non sono sicuro di essere d’accordo). In caso contrario, sarebbe opportuno fissare gli obiettivi per via politica, lasciando poi all’autorità le modalità per farli rispettare al minimo costo, come nel caso dei certificati bianchi. Abbastanza ragionevole, direi, anche perchè questo potrebbe assicurare “una maggiore stabilità degli incentivi”, modificati quasi una volta all’anno negli ultimi dieci anni. 

11.39. I prezzi italiani sono superiori alla media europea, ma sarebbero ancora più alti senza gli investimenti nel parco di generazione e senza i progressi che sono stati fatti a livello concorrenziali. Circa i prezzi all’ingrosso gas “non esistono ancora riferimenti trasparenti”. Scarsa concorrenzialità “con un operatore dominante in tutte le fasi della filiera”. I maggiori costi all’ingrosso vengono contrastati con bassi costi tariffari. Altra frecciata all’Eni.

11.37. Entriamo nel merito della composizione della bolletta, elettrica e gas. Nel settore elettrico le tariffe per i servizi a rete sono diminuite del 14% in termini reali dal 2004 a oggi, senza pregiudicare gli investimenti (raddoppiati) e la qualità del servizio. Nel settore gas si è scelta la stabilità delle tariffe, per tener conto delle maggiori inefficienze – principalmente per la parcellizzazione di concessioni e operatori nella distribuzione.

11.33. Nel settore elettrico molti più switch in tre anni di quanti se ne siano visti in 8 anni nel mercato del gas.  

11.32. Il mercato elettrico va abbastanza bene. L’avvio della borsa elettrica ha prodotto benefici. Restano da superare le congestioni e da garantire lo sviluppo dei mercati a termine.

11.31. A fronte della bolla internazionale, noi non abbiamo quella “bolla infrastrutturale” “tempo fa paventata da alcuni per impedire investimenti” e che ci impedisce di approfittare dei bassi prezzi internazionali stoccando gas ora per consumarlo quando l’economia tirerà.

11.29. Suggerisce il passaggio di Snam alla Cdp. Boh, marginalmente è meglio, ma non ci vedo tutta sta differenza, visto che Cdp è comunque il principale azionista di Piazzale Mattei. Altra frecciata: la separazione tra Terna ed Enel ha rafforzato, non indebolito, Enel, perché dovrebbe andare diversamente per Eni? Giusto, giustissimo, giusto coi fiocchi.

11.27. Per il settore gas il grado di liberalizzazione resta insufficiente. La capacità di importazione è aumentata solo col rigassificatore di Rovigo e lo sbottigliamento di gasdotti imposto dai regolatori nazionale e comunitario. L’Eni ha il 92% della capacità di importazione e il 65% delle immissioni alla frontiera. La concorrenza è ancora fragile, anche a causa dei comportamenti dell’Eni e “dalla mancanza di un operatore di rete… senza nemmeno un sospetto di discriminazione”, come nel settore elettrico. Quanti minuti passeranno da qui alla prima agenzia di Paolo Scaroni?

11.24. Nel gas crescita investimenti e della capacità di importazione. Attacco durissimo all’Eni sugli stoccaggi: cominciano le danze! Seconda citazione di Saglia. Altro segnale politico?

11.23. Rivendica il ruolo dell’Autorità nel promuovere investimenti, in particolare sulla rete elettrica. “Intendiamo promuovere l’utilizzo di capacità a pompaggio idroelettrico attivando bacini di piccola e media dimensione soprattutto nel Sud”: giusto punto, dato il vincolo degli obiettivi comunitari.

11.21. Il processo di liberalizzazione e integrazione dei mercati soffre ancora di anacronistiche resistenze protezioniste e carenze infrastrutturali.

11.20. Abbandonare il cap and trade per adottare un meccanismo integrato che comprenda anche border taxes. D’accordo sulla prima metà, molto scettico sulla seconda, ma è fondamentale che l’Autorità per l’energia evidenzi esplicitamente il fallimento degli attuali strumenti europei. Que viva el Presidente!

11.19. Sia pure nell’ambito della discussione sulla speculazione e l’intervento europeo per contenerla, Ortis ringrazia esplicitamente Stefano Saglia. Segnale politico?

11.18. La speculazione è cattiva. Vabbé Pres., questa gliela perdono.

11.15. Per combattere la fame energetica e perseguire lo sviluppo sostenibile servono le liberalizzazioni. La riduzione di componenti tariffarie e il meccanismo competitivo hanno contenuto la dinamica dei prezzi – rispettivamente in ragione del 40 e del 60 per cento. Ben detto!

11.12. Prende la parola Ortis. Ringrazia Leone e tutti quelli che deve ringraziare. Promette brevità “anche se con più difficoltà del passato”, vista l’esigenza di fare un bilancio di un mandato “concluso e non rinnovabile”.

11.09. Parla il vicepresidente della Camera dei deputati, Antonio Leone. Introduzione business as usual. Leone sottolinea, in particolare, l’ “interesse nazionale” a ridurre la dipendenza esterna e enfatizza il ruolo del nucleare.

11.08. Sta iniziando la presentazione della relazione annuale del presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis. Si tratta dell’ultima relazione del suo mandato. Ortis farà i fuochi di artificio? Qui la diretta video.

]]>
/2010/07/15/relazione-annuale-di-ortis-liveblogging/feed/ 0
Più stoccaggi per tutti /2010/04/24/piu-stoccaggi-per-tutti/ /2010/04/24/piu-stoccaggi-per-tutti/#comments Sat, 24 Apr 2010 14:05:27 +0000 Carlo Stagnaro /?p=5753 Il governo ha approvato ieri, dopo una lunga e incerta trattativa, lo schema di decreto sugli stoccaggi del gas predisposto dal ministero dello Sviluppo economico. Il decreto punta a superare le attuali rigidità del mercato, concedendo all’Eni un margine di flessibilità in più rispetto ai tetti antitrust esistenti (in scadenza alla fine di quest’anno) ma vincolando questa flessibilità alla realizzazione di investimenti adeguati. E’ inoltre prevista la partecipazione di soggetti industriali, direttamente o attraverso consorzi. In questo modo si spera di accompagnare lo sviluppo del settore creando un polmone di dimensioni adeguate, che dia liquidità agli scambi di gas metano, ed erodendo la posizione dominante di Stogit (che sta nel perimetro di Snam Rete Gas, controllata dall’Eni). Sul Sole 24 ore di oggi, Federico Rendina fornisce tutti i dettagli della manovra, e spiega perché essa segna una rivoluzione profonda nel settore. Il decreto introduce sensibili miglioramenti, di cui va dato atto al ministro, Claudio Scajola, e al sottosegretario competente, Stefano Saglia.

Il deficit di capacità di stoccaggio è, infatti, una delle ragioni per cui il mercato del gas, pur formalmente liberalizzato nel 2003, si dimostra asfittico. Nell’anno termico 2008/9, il sistema ha offerto una capacità pari a 13,9 miliardi di metri cubi, di cui circa 5,1 miliardi di metri cubi destinati allo stoccaggio strategico, contro una domanda pre-crisi di quasi 90 miliardi di metri cubi. La quasi totalità di questa capacità (13,5 miliardi di metri cubi) è gestita da Stogit, seguita a distanza siderale da Edison Stoccaggi, con 0,4 miliardi di metri cubi. Un certo numero di società si sono fatte avanti per ottenere la concessione a realizzare ed esercire nuovi siti di stoccaggio – la più rilevante essendo quella di Rivara, da 3 miliardi di metri cubi che potrebbero aggiungere alla disponibilità giornaliera di punta (circa 152 milioni di metri cubi) circa 32 milioni di metri cubi. Tutti i progetti, comunque, sono nelle more dei procedimenti amministrativi.

In questo contesto, è chiaro che un intervento teso a “oliare” il mercato e accelerare la realizzazione di nuove infrastrutture di stoccaggio è come manna dal cielo, sia nell’ottica del funzionamento quotidiano del mercato, sia in quella più di lungo termine della creazione di una borsa del gas degna di questo nome. L’entusiasmo per questo importante passo avanti, il primo dopo anni di tiramolla senza sostanziali sviluppi, è sostanzialmente unanime tra gli stakeholder, compresa Confindustria. Non bisogna, però, confondere un sensibile miglioramento con la soluzione del problema. Resta sul tavolo, infatti, la questione non triviale dei tetti antitrust – strumento odioso ma, nell’attuale assetto del mercato, tristemente necessario a contenere gli abusi, attuali e potenziali. La soluzione potrebbe arrivare solo con la separazione proprietaria degli stoccaggi dall’incumbent, più volte sollecitata, tra gli altri, dal presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis. Infatti,

Circa lo stoccaggio, mentre apprezziamo che ENI sembri apprestarsi volontariamente ad operazioni di cessione (la cui adeguatezza andrà valutata), segnaliamo che le sole misure di regolazione non possono superare gli ostacoli derivanti da un assetto proprietario che vede concentrata in un unico soggetto la massima parte sia degli stoccaggi esistenti sia dei giacimenti potenzialmente riconvertibili a stoccaggio.

Oggi è, dunque, una giornata importante per la travagliata storia della liberalizzazione del gas in questo paese. Soddisfazione ed esultanza sono pienamente giustificati. Sarebbe però ingenuo pensare che qui si chiuda un percorso travagliato e segnato da innumerevoli retromarce e campi minati.

]]>
/2010/04/24/piu-stoccaggi-per-tutti/feed/ 0
Put your policies where your mouth is /2009/10/07/put-your-policies-where-your-mouth-is/ /2009/10/07/put-your-policies-where-your-mouth-is/#comments Wed, 07 Oct 2009 08:39:02 +0000 Carlo Stagnaro /?p=3149 Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, lamenta spesso lo svantaggio competitivo di cui le imprese italiane sono gravate, a causa di costi energetici più alti della media europea e di un sistema energetico meno efficiente e meno flessibile. Con l’ultima segnalazione al Mse, l’Autorità per l’energia offre risposte esaustive e convincenti a una serie di problemi strutturali e gravi. Non sono d’accordo su tutto (per esempio ho dei dubbi sul ricorso estensivo alle gas release e sull’approccio del regolatore alla distribuzione locale del gas) ma, nella maggior parte dei casi, l’organismo presieduto da Alessandro Ortis si puntella su un’analisi corretta e avanza suggerimenti interessanti. Non sarebbe forse il caso di prenderlo sul serio e applicare almeno alcune delle ricette presentate?

]]>
/2009/10/07/put-your-policies-where-your-mouth-is/feed/ 2
Gas release: teoria del complotto o gioco delle coppie? /2009/09/10/gas-release-teoria-del-complotto-o-gioco-delle-coppie/ /2009/09/10/gas-release-teoria-del-complotto-o-gioco-delle-coppie/#comments Thu, 10 Sep 2009 09:11:31 +0000 Carlo Stagnaro /?p=2614 Per giudicare l’efficacia di un provvedimento, bisogna anzitutto aver chiaro quale sia il suo obiettivo. Se la gas release della settimana scorsa serviva dunque ad aiutare le piccole e medie imprese italiane, strette tra il crollo dei volumi, la riduzione dei margini, e un costo dell’energia comunque più alto di quello dei competitor, i dati diffusi ieri dall’Eni non lasciano spazio a dubbi: l’asta è andata semideserta, i prezzi hanno scontentato venditore e compratori (il che potrebbe essere un argomento per l’equità della scelta, però), e gran parte dei lotti sono andati a grossi utilizzatori o intermediari. Della delusione di tutti dà conto Stefano Agnoli sul Corriere. Dagospia, invece, offre una lettura, diciamo, complottista: forse non del tutto ingiustificata. Ma credo sia necessario aggiungere qualche tassello.

Partiamo, comunque, dai risultati dell’asta: dei 5 miliardi di metri cubi di gas disponibili, ne sono stati ceduti circa un quinto: per i lotti semestrali, ne sono stati assegnati 91 su 340, mentre per quelli di durata annuale si è arrivati a 53 su 285. Tra i maggiori beneficiari dell’operazione, l’Ilva, il gruppo tedesco E.On, e poi Burgo e Phlogas: che da sole avrebbero messo le mani su circa metà del totale venduto. Il prezzo di aggiudicazione è stato pari a circa 20,2 centesimi / metro cubo: sotto il mercato italiano (che viaggia sui 25-26) ma sopra i valori europei (15-17). Ora, i destinatari teorici del provvedimento – da Confindustria ad Aiget – si lamentano, mentre l’Eni minaccia ricorso.

Secondo la ricostruzione di Dagospia, si tratta del risultato di un diabolico disegno del presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, contro il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ossia colui che più di tutti ci ha messo la faccia. Sebbene tra i due non scorra buon sangue, non credo che Ortis potesse arrivare a tanto; né che, ammesso che ci sia la sua manina, anche a condizioni più favorevoli le cose sarebbero andate diversamente. La gas release è uno strumento da usare con estrema cautela, come avevo scritto tempo fa: in condizioni molto particolari può aiutare a sbloccare il mercato, ma in generale è un intervento a gamba tesa sul mercato. L’Italia ha spesso avuto, nel passato, caratteristiche tali da giustificare manovre autoritative: in fin dei conti, il mercato del gas è dominato da un (ex) monopolista (ex) pubblico, che controlla tutti i punti di accesso internazionali (Rovigo deve ancora entrare in funzione), nonché la rete nazionale e gli stoccaggi. Bene.

Il quadro è stato però alterato dalla crisi: che, tra i suoi portati, ha determinato un crollo della domanda industriale di gas e un crollo della domanda di elettricità (quindi della domanda di gas per il termoelettrico). Per la prima volta, il mercato è strutturalmente lungo: la questione che Paolo Scaroni deve affrontare, oggi, è più come sbarazzarsi del gas che comunque è obbligato ad acquistare dai suoi fornitori, più che ritagliarsi il margine grasso a cui era abituato. Per lui, insomma, come per tutti, contano oggi i volumi: tanto che i maligni, come ha punzecchiato Quotidiano Energia, mormorano che all’Eni avrebbe fatto comodo il successo dell’operazione.

Cosa ha prodotto, insomma, tutto questo tran tran? Direi più feriti che vincitori. Gli unici a guadagnare veramente, infatti, sono i grossi utilizzatori, che giustamente cantano vittoria. Per il resto, però, si vedono macerie. Macerie, anzitutto, a Via dell’Astronomia, che su questo punto aveva minacciato tuoni e fulmini e si ritrova con un pugno di mosche. Macerie a San Donato, che vende poco gas e a basso prezzo: né volumi né margini. E macerie, soprattutto, in Via Veneto, dove alberga il regista politico dell’iniziativa, Scajola, che, volendo giocare di sponda con gli industriali, è riuscito a far incazzare sia Emma Marcegaglia, sia Paolo Scaroni.

Ecco, infine, la possibile coda: l’Eni potrebbe far ricorso contro la gas release. La minaccia è affidata a Domenico Dispenza, capo del Gas & Power, che ne parla con toni bellicosi al Corriere. In questo caso, il principale destinatario sarebbe proprio Scajola, ma inevitabilmente qualche schizzo colpirebbe anche il suo collega-nemico, Giulio Tremonti. Che vedrebbe allargarsi il fronte polemico contro quello che è il più importante gruppo industriale italiano nonché la principale partecipata del Tesoro: lo scazzo sulla gas release va messo in fila con una serie di attriti reciproci, che vanno dal taglio del dividendo (Scaroni contro Tremonti) alla “tassa sulla Libia” (Tremonti contro Scaroni) con annesso possibile ricorso.

In questo contesto, allora, la divergenza tra Tremonti e Scaroni si sovrappone a quello tra Scajola e Ortis, che oltre tutto origina proprio dalla “vivace dialettica” tra Ortis e Scaroni; mentre è nota la scarsa empatia tra Scajola e Tremonti (che ha avuto pure risvolti energetici: come nella riforma della borsa elettrica, voluta da Roberto Calderoli con spalla tremontiana, e nelle osservazioni spedite dal Tesoro al Mse sul ddl sviluppo e in particolare sull’atomo, il più caldo tra i dossier sulla scrivania di Scajola). Facendo un po’ di ordine nel gioco delle coppie, si osserva che gli unici a non essersi ancora incornati sono Ortis e Tremonti, mentre Scajola e Scaroni potrebbero trovarsi, loro malgrado, nella stessa barca.

]]>
/2009/09/10/gas-release-teoria-del-complotto-o-gioco-delle-coppie/feed/ 1
Que viva el presidente! /2009/07/14/que-viva-el-presidente/ /2009/07/14/que-viva-el-presidente/#comments Tue, 14 Jul 2009 14:17:03 +0000 Carlo Stagnaro /?p=1560 UPDATE: L’eterno ritorno dell’uguale.

 

Anche quest’anno non delude, l’intervento con cui Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia, presenta la “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” (qui la relazione e qui il discorso di Ortis). Pur formalmente ineccepibile, Ortis ha approfittato del palcoscenico privilegiato della Sala della Lupa non solo per rivendicare i meriti suoi e dell’organismo da lui presieduto, ma soprattutto per difenderne l’autonomia e il ruolo in un mondo sempre più sballottato dalla crisi economica, e in un paese sempre più incerto riguardo a chi, come, cosa, quando e perché liberalizzare. Tre, in particolare, i passaggi che mi sembrano “caldi”, al di là della polemica (se posso permettermi, un po’ stucchevole) sulla speculazione petrolifera che invece è stata più ampiamente ripresa. (Il che, per inciso, non stupisce, essendo la speculazione petrolifera questione talmente complessa e lontana che, qualunque cosa se ne pensi, non rischia di disturbare alcun manovratore).

Anzitutto, Ortis ha voluto sottolineare la funzione positiva della regolazione rispetto alla creazione di un contesto concorrenziale. Funzione che, per essere svolta in modo efficace, deve essere “stabile e indipendente”. Non solo: deve anche essere poca, perché certi punti dolenti non possono essere risolti neppure “con muraglie cinesi costruite da regolazioni troppo invasive”. Quindi, il garante chiede alla politica di farsi carico del completamento delle riforme iniziate, particolarmente nel settore del gas, e chiede poi – implicitamente ed esplicitamente – che sia rispettata l’autonomia e indipendenza del regolatore stesso (tema di cui avevo scritto pochi giorni fa). La sede e l’occasione istituzionali, dunque, non impediscono a Ortis di togliersi i sassolini dalle scarpe, e di avvertire tra le righe (neppure troppo) il governo che, se i propositi bellicosi manifestati a più riprese da alcune componenti della maggioranza dovessero trovare nuovo vigore, tutti gli equilibri di mercato ne risentirebbero. Ne risentirebbero, in particolare, gli investimenti. Sottinteso (ma forse sono troppo malizioso): ne risentirebbero quindi anche, e soprattutto, gli investimenti nel nucleare, che tanto stanno a cuore al governo. Particolare non secondario che avvalora la mia malizia: la parola “nucleare” (o simili) compare una sola volta nell’intero discorso, e solo in relazione al decommissioning. A questo proposito, Ortis riconosce che la Sogin di Massimo Romano ha “ben implementato” le indicazioni dell’Autorità. Si tratta di un tributo non scontato e denso di significati: Romano è stato appena giubilato come pendant del ddl sviluppo, a dispetto della sua ottima performance nel rimettere in moto un carrozzone pubblico e a dispetto del fatto che aveva interpretato il suo ruolo non solo in senso stretto, ma anche nel tentativo di fornire una sponda alla ripartenza nucleare.

Secondo tema sollevato da Ortis è quello dell’effettivo funzionamento del mercato. Qui due sono i demoni da lui indicati: in primo luogo la mancata separazione di Snam Rete Gas / Stogit da Eni. Si tratta di un vecchio cavallo di battaglia del presidente, di cui ci siamo occupati varie volte. Secondariamente, c’è un problema di investimenti, che egli riconduce a tre macro-cause: le lungaggini amministrative, la confusione delle concessioni, e appunto il permanere di “soggetti verticalmente integrati con posizioni dominanti sul mercato”. Qui non c’è nulla di nuovo, né si tratta di sottolineature fuori luogo, ma anche in questo caso è evidente come Ortis stia indicando criticità che stanno al di fuori del suo perimetro di azione. Insomma, il messaggio che vuole lanciare è che l’Autorità – al di là del giudizio che si può esprimere sui singoli provvedimenti – sta facendo il suo mestiere, ma il paese ha bisogno di portare a termine i processi iniziati alla fine degli anni Novanta.

Terzo aspetto rilevante del suo intervento è la preoccupazione manifestata per l’impatto che le politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili potrebbero avere sulla bolletta elettrica. L’onere complessivo stimato per il paese dovrebbe raddoppiare tra oggi (circa 1,6 miliardi di euro all’anno) e il 2010, e raggiungere l’ammontare di 7 miliardi di euro all’anno nel 2020. Perciò, dice Ortis, “abbiamo già segnalato l’opportunità di una verifica di sostenibilità nel tempo e un riordino degli stessi meccanismi di incentivazione, tenendo conto delle specificità di ogni singola fonte, anche in termini di efficienza, costi, maturità tecnologica e ricadute industriali nazionali”. Quindi, il presidente dell’Aeeg suggerisce “una riflessione in merito alla possibilità di trasferire tali oneri, in tutto o in parte, a carico della più equa fiscalità generale”. Non entro nel merito: mi pare una soluzione migliore dal punto di vista distributivo, ho qualche dubbio sulla sua effettiva efficienza, e in ogni caso non risolverebbe la questione, perché comunque il paese quei benedetti sette miliardi li dovrebbe tirar fuori. Però, il semplice fatto che Ortis sollevi il tema spinge, per esempio, l’Adiconsum a rilanciarlo. Il che è bello e istruttivo, e quelli come noi che queste cose le dicono da tempi non sospetti se la ridono sotto i baffi (ma smettono di ridere quando gli arriva la bolletta).

]]>
/2009/07/14/que-viva-el-presidente/feed/ 0
L’indipendenza dei regolatori serve, nonostante tutto /2009/07/06/1380/ /2009/07/06/1380/#comments Mon, 06 Jul 2009 07:57:30 +0000 Carlo Stagnaro /?p=1380 Su Affari e finanza di Repubblica, Massimo Giannini attacca duramente la scarsa cultura dell’indipendenza dei regolatori che, secondo lui, caratterizza questo governo. A corredo del suo intervento (che non trovo online), sta un ampio servizio sulle surreali dimissioni di Lamberto Cardia, capo della Consob, di cui su Chicago si era occupato anche Oscar Giannino. Forse Giannini esagera nella critica al governo, ma c’è del vero nelle sue parole, che del resto prendono le mosse dal provvedimento con cui l’esecutivo ha respinto le dimissioni di Cardia, che recita testualmente:

[Il Consiglio dei Ministri] ha confermato la propria piena fiducia al Presidente Cardia, esprimendo apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di rispetto istituzionale verso il Legislatore.

L’atteggiamento di insofferenza verso le manifestazioni di indipendenza delle Authority ha, in effetti, caratterizzato il comportamento di diversi ministri: gli scontri tra Giulio Tremonti e Mario Draghi da un lato, Claudio Scajola e la Lega contro Alessandro Ortis dall’altro, e infine il fastidio sollevato dalla relazione annuale di Antonio Catricalà ne sono manifestazioni evidenti. Ora, è chiaro che l’indipendenza in senso assoluto è una chimera. Però ci sono strumenti e comportamenti che possono rendere un regolatore più o meno indipendente. E la fiducia nell’esistenza di un ragionevole grado di indipendenza è un presupposto importante del buon funzionamento di un mercato. Infatti, esso garantisce che la struttura del mercato stesso sarà relativamente meno esposta ai temporali della politica.

Questo non significa che tutte le decisioni dei regolatori siano buone e sagge e che nessuna di quelle dei politici lo sia (più frequentemente, non lo sono né le une né le altre). Significa solo che la natura diversa di questi attori – gli uni più politici, gli altri più tecnici – risponde a esigenze concrete, che, per quanto non possano sempre essere del tutto soddisfatte, possono esserlo almeno in parte. E’ significativo, a questo proposito, che quando la Lega cercò di trombare Ortis (con un emendamento al decreto rottamazione!) la reazione dell’industria fu compatta a favore del presidente dell’Aeeg, anche da parte di quelle imprese che, legittimamente, avevano avuto a che ridire su alcune sue prese di posizione.

Questa reazione dovrebbe far riflettere il governo, e aiutarlo a comprendere che pretendere, o anche solo aspettarsi, genuflessioni regolatorie ai supremi fini della politica non è, nel lungo termine, una buona prospettiva. Non lo è per l’economia del paese, e dunque non lo è per la buona performance dell’esecutivo.

]]>
/2009/07/06/1380/feed/ 0