CHICAGO BLOG » Oro http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 L’Eutopia /2010/05/22/l%e2%80%99eutopia/ /2010/05/22/l%e2%80%99eutopia/#comments Sat, 22 May 2010 08:07:22 +0000 Guest /?p=6038 Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gerardo Coco:

L’euro avrebbe dovuto essere l’erede del marco tedesco. Dopo il salvataggio da un trilione di usd della Grecia, si è guadagnato una reputazione da dracma greca. Chi aveva capito cosa sarebbe stata l’Europa non si stupito più di tanto di quello che sta accadendo e sa che il peggio deve ancora arrivare. Quando i malati sono “terminali” sappiamo che moriranno, ma non sappiamo esattamente quando.

Il dollaro non sta meglio dell’euro.

Il fatto che si rivaluti rispetto al “cugino” significa solo che quest’ultimo perde valore più velocemente. Le future quotazioni fra le due valute rifletteranno le velocità relative di svalutazione perché le economie delle due “europe degli stati uniti” sono condannate ad una depressione inflazionistica (gli aumenti delle pressioni fiscal, investimenti pubblici ne ostacoleranno lo sviluppo).

Gli USA hanno tutto l’interesse che l’euro non crolli. Obama, il presidente più indebitato del Pianeta, segue con trepidazione gli eventi. Dopo avere sponsorizzato il salvataggio greco (di cui una parte, quella del IMF è a carico dei contribuenti americani) ha tirato un sospiro di sollievo. Un default e una “ristrutturazione” greca  avrebbe comportato una perdita secca per i detentori del debito, facendo alzare le antenne ai creditori americani i quali resi più coscienti della loro vulnerabilità e prefigurando una sorte simile per i propri titoli, li avrebbero riclassificati” anticipando l’apocalisse finale obamiana. Perché, dopo il bail out europeo, l’intenzione della Fed  sarà quella di inflazionare ancora di più la base monetaria per assicurasi che il debito del paese non resti invenduto.

È evidente che in questo contesto la quotazione dell’oro non può che salire inesorabilmente. L’oro svolge il suo ruolo storico di riserva di valore ogni qualvolta i governi affondano nei debiti e espandono la base monetaria. Il noioso economista à la page Nouriel Roubini e quelli come lui che non capiscono cosa è il denaro, parlava qualche tempo fa del pericolo di una bolla della “barbara reliquia” ricordandoci con l’uso di questa espressione la sua vera matrice culturale (perché non essere, una volta tanto, più originali e citare Lenin per il quale la funzione dell’oro era quella di arredare i pubblici orinatoi?). Lui che passa per l’anticipatore della crisi finanziaria del 2008 (molti economisti contemporanei l’hanno prevista prima di lui e uno che si chiamava Mises, addirittura quasi 100 anni fa) dovrebbe sapere che le bolle sono esclusivamente manifestazioni di politiche monetarie lassiste e che in assenza di queste, le bolle non emergerebbero mai. L’oro è, al contrario l’antidoto alle bolle.

La vera bolla, costantemente e minacciosamente presente, è la quantità di valuta che le banche centrali continuano a mettere in circolo. L’oro era ed è il denaro vero perché scarso per definizione e costoso da produrre e non moltiplicabile ad libitum con i computer bancari. È la protezione contro la costante ed inevitabile svalutazione delle valute. Gli aumenti delle sue quotazioni anticipano il rischio di deflazione del debito bancario che deve essere scongiurato da una continua inflazione monetaria, da un aumento delle riserve bancarie che a sua volta rende ancora più scarso l’oro e ne aumenta il valore rispetto alle valute.

Gli economisti che fino ad oggi hanno lo hanno deriso si dovrebbero chiedere perché mai la Cina nel 2008 abbia istituito il Shanghai Gold Exchange, che permette a qualsiasi cittadino  di vendere ed acquistare liberamente oro e che lo stesso governo incoraggi (!) all’acquisto  la crescente classe media (pari ormai alla somma della popolazione degli USA e d’Europa), che è nella fortunata condizione di risparmiare fino al 40% del proprio reddito. È sicuramente una svolta significativa della politica cinese (viene in mente, per contrasto, la requisizione dell’oro agli americani operata da Roosevelt negli anni ’30) e rivela una preveggenza e senso di responsabilità che i governi occidentali non hanno. Sono le prove generali per abituare la gente alla rimonetizzazione dell’oro nell’eventualità di un collasso delle valute. Dal  2003, il governo cinese ha aumentato i propri averi in oro del 76% e ora ne possiede 30 volte in più rispetto al 1990.  Immaginiamoci se i greci avessero avuto i propri risparmi in oro al posto delle dracme.. Invece di insorgere nelle piazze se ne sarebbero stati a casa a sorridere.

Dall’inizio del secolo ad oggi l’oro si è rivalutato del 350%.  Qualcuno prevede che entro l’anno che l’oro raggiunga i 2000 USD e nel giro di qualche anno i 5000. Qualcuno azzarda oltre i 10.000. Previsione assurda?

Un momento: come si può valutare il valore intrinseco dell’oro? Ipotizzando di scambiare gli attivi in oro con le passività correnti ad es. della FED si dovrebbe semplicemente dividere il loro valore in dollari con la quantità fisica d’oro cioè, $2.5 trilioni diviso  8100 ton. metriche fa circa 10.000. Ecco dunque il valore terminale dell’oro. Ma se nel mercato si raggiungesse questo livello significherebbe anche il crollo dell’intero sistema monetario internazionale cioè di quel sistema creato per espandere la spesa pubblica e il debito degli stati. Il ritorno al gold standard puro (su base 100 % di riserva, complementato dall’argento) significherebbe l’eliminazione di tutte le valute create dal nulla e la loro unificazione in un sistema monetario internazionale ove l’unità monetaria è espressa in unità fisica di metallo e non in unità amministrativa deprezzabile. Significherebbe la fine delle svalutazioni competitive, la fine delle politiche di stabilizzazione destabilizzanti, la formazione di maggior risparmio e capitale, l’aumento della sua produttività, la discesa naturale dei prezzi e il conseguente aumento del potere d’acquisto e quindi, per quanto paradossale possa sembrare, una maggiore liquidità finanziaria, l’ossessione degli economisti. Infatti in un sistema in cui la quantità di moneta è misurata in termini di assoluto potere d’acquisto sarebbe come avere più denaro a disposizione e quindi essere corrispondentemente più liquidi. Significherebbe inoltre: la certezza delle obbligazioni contrattuali rese incerte dalla continua inflazione e quindi una maggior difesa dei diritti di proprietà; l’impossibilità di espandere la spesa pubblica oltre il prelievo fiscale, e, con la fine dei governi ipertrofici e delle banche centrali la fine dei cicli inflattivi e deflattivi.

In una parola, la rimonetizzazione dell’oro significherebbe un’eutopia che in greco significa “il buon posto” dove vivere.

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Il futuro è d’oro /2010/05/12/il-futuro-e-doro/ /2010/05/12/il-futuro-e-doro/#comments Wed, 12 May 2010 11:11:26 +0000 Mario Seminerio /?p=5987 Oggi segnaliamo un interessante commento di Greg Gibbs, di Royal Bank of Scotland, ripreso da Alphaville, che dà l’esatta misura di quello che sta accadendo sui mercati europei, e quello che ci attende nel prossimo futuro: la monetizzazione del debito pubblico dei paesi di Eurolandia, in perfetto stile-Fed o Bank of England. Perché non ci sono davvero alternative a questo esito, o meglio l’alternativa è la Grande Depressione 2.0. Spiegato agevolmente il motivo del rally dell’oro.

Scrive Gibbs:

Se il mercato non comprerà i titoli governativi, dovranno farlo le banche centrali. Non c’è altra scelta. L’alternativa è semplicemente troppo dannosa per l’economia per essere contemplata. Se le banche centrali non compreranno il debito, i governi saranno forzati ad un surplus di bilancio. Immaginate la carneficina se le maggiori economie fossero costrette a passare da un deficit in doppia cifra a un surplus, stiamo parlando di uno scenario da Grande Depressione o peggio.

Anche solo approssimarsi a quell’esito è cosa troppo brutta da prendere in considerazione, quindi quando i costi di indebitamento cominceranno a crescere, come fatto di recente nella periferia dell’Eurozona, il contagio si diffonderà al mercato azionario ed ai mercati globali. Questo ha forzato i governi dell’Eurozona ad affrontare il problema gettandovi del denaro. Il pacchetto da 1 trilione di dollari ha una certa credibilità solo perché coinvolge i paesi centrali di Eurolandia ed il Fondo Monetario Internazionale, che hanno ancora costi di indebitamento relativamente bassi. Tuttavia, il pacchetto avrebbe poca efficacia se la Bce non fosse coinvolta.

L’acquisto di titoli governativi da parte della Bce (monetizzazione) è critico. Essa rappresenta la più credibile fonte di fondi poiché crea moneta. E’ indubitabilmente vero che le azioni della Bce, questa settimana rendono più chiaro che mai ciò che è globalmente il problema del debito sovrano. Tutti i paesi, non solo l’Eurozona, quando i rendimenti cominceranno a crescere a causa dei rischi di default sovrano, forzeranno le proprie banche centrali a comprare i titoli, cioè a monetizzare.

Potete parlare quanto volete di sterilizzazione, ma quando la banca centrale è forzata lungo questo percorso, potete star certi che i tassi non verranno alzati. Le banche centrali punteranno a tassi reali negativi, e fin quando la “casa fiscale” non sarà rimessa in ordine, punteranno alla crescita del Pil nominale. Che questo derivi da maggiore inflazione o da crescita reale sarà di secondaria importanza. Malgrado l’inflazione debba ancora esplodere, il prezzo dell’oro ci sta dicendo che questa minaccia è del tutto reale nel più lungo periodo. Giustamente, quindi, la gente non si fida più della fiat money.

Perfetto, sposiamo in toto questa analisi. Quali scenari, quindi? Il nuovo patto di stabilità, di cui si è iniziato a discutere dalle parti di Bruxelles, e su cui non scommetteremmo del denaro, dovrà misurarsi con questa nuova realtà di monetizzazione. Ai paesi verrà richiesto, in modo anche formalmente ruvido, di risanare la propria finanza pubblica, ma la prospettiva di avere in azione le presse della Bce limiterà la tensione ad agire, perché di fatto il moral hazard è drammaticamente aumentato.

Quanto alle tecnicalità scelte dalla Fed, ne abbiamo parlato ieri a Nove in punto, con Oscar Giannino. Contrariamente alle nostre elucubrazioni a caldo, la Bce punta alla sterilizzazione automatica, non a vendere i Bund presenti nel proprio portafoglio. In altri termini, le banche centrali europee, per conto della Bce, comprano titoli di stato dell’Eurozona e pagano i venditori (le banche commerciali) con un assegno. Le banche commerciali depositano questo assegno sul conto accentrato che detengono presso la banca centrale, o utilizzano la facility del deposito overnight, che però rende praticamente zero. Così facendo, le riserve bancarie libere presso la Bce si gonfieranno, come nel caso dell’easing quantitativo della Fed.

La Bce potrà in seguito, se le banche commerciali finiranno col detenere troppa liquidità “libera”, pensare ad interventi di drenaggio attraverso operazioni di pronti contro termine o con depositi a termine, per evitare che la massa di liquidità pressoché infruttifera accumulata nelle riserve bancarie libere possa improvvisamente prendere la strada di un aumento del credito all’economia. Per ora non ci sono rilevanti rischi inflazionistici, ma i mercati si portano avanti. Attendiamoci mercati azionari tonici, così come tutte le asset class a rischio.

Siamo entrati nella fase dello svilimento terminale della moneta. E ricordate di tenere nei vostri portafogli d’investimento una quota di oro.

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Perché le materie prime sono sempre più una riserva di valore /2009/11/16/perche-le-materie-prime-sono-sempre-piu-una-riserva-di-valore/ /2009/11/16/perche-le-materie-prime-sono-sempre-piu-una-riserva-di-valore/#comments Mon, 16 Nov 2009 11:30:46 +0000 Mario Seminerio /?p=3775 Su Econbrowser, Jim Hamilton discute un recente paper che mostra come i prezzi delle materie prime negli ultimi anni hanno mostrato una crescente tendenza a muoversi assieme. Tra le possibili cause, l’andamento del dollaro spiega solo una parte del movimento complessivo. E’ possibile ipotizzare, come fonti di domanda, la crescita delle maggiori economie emergenti, ma soprattutto il crescente utilizzo delle materie prime come classe d’investimento.

Le materie prime sono più idonee a finalità d’investimento rispetto a strumenti come i titoli di stato indicizzati all’inflazione, i TIPS. Le motivazioni sono piuttosto intuitive: i TIPS sono comunque denominati in dollari, quindi non proteggono dalla svalutazione del biglietto verde; inoltre, soffrirebbero in una ripresa che vedesse le banche centrali impegnate in una politica monetaria restrittiva, cioè con tassi d’interesse reali in aumento. Ecco perché, soprattutto quando i tassi sono bassi ed il livello di attività economica depresso, la tesaurizzazione delle materie prime rappresenta una scommessa a costo-opportunità contenuto.

Il paper di Ke Tang e Wei Xiong sostiene che il crescente utilizzo delle materie prime come asset class spiega la crescente correlazione tra i prezzi delle medesime. A riprova, si evidenzia che le materie prime presenti nei più diffusi indici finanziari delle commodities (come il Goldman Sachs Commodities Index, GSCI) mostrano una correlazione crescente nel tempo rispetto ai prezzi di materie prime da tali indici escluse.

Un test di prima approssimazione dell’esistenza di una crescente finanziarizzazione delle materie prime (quello che può essere definito il movente speculativo all’acquisto) può essere effettuato confrontando l’andamento dei prezzi e delle scorte. Nel caso del petrolio si ottengono risultati interessanti. Nel 2008, per quasi l’intera durata dell’anno, i prezzi sono cresciuti in presenza di scorte inferiori alla media mensile del periodo 1990-2007, con differenziale negativo piuttosto ampio proprio nei mesi estivi, quelli in cui i prezzi del greggio raggiunsero quotazioni record. Quindi, poiché intuitivamente la presenza di scorte e prezzi crescenti rappresenta conferma indiretta di un movimento speculativo, possiamo affermare con buona approssimazione che l’andamento dei prezzi del greggio nella prima metà del 2008 non presentava caratteristiche speculative. Per contro, nel 2009 gli stock appaiono superiori alla media pluriennale, e con prezzi crescenti.

Quest’anno, quindi, possiamo rinvenire conferme indirette di un movimento “speculativo”, verosimilmente riconducibile alla matrice finanziaria degli acquisti. Considerazioni analoghe sembrano valere per i metalli industriali, il cui stoccaggio appare in crescita, soprattutto fuori dagli Stati Uniti, ad esempio in Cina. La presenza di condizioni monetarie eccezionalmente alterate depone a favore di un mutamento strutturale nelle dinamiche finanziarie globali, con le materie prime sempre più protagoniste. A questa dinamica si accompagna inevitabilmente la necessità che le banche centrali più influenti (segnatamente la Fed) tengano conto, nelle proprie valutazioni congiunturali, dell’andamento dei prezzi delle materie prime come asset class. Sarebbe un metodo per monitorare la formazione precoce di bolle.

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