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Fanno le buche e neppure le riempiono

17 giugno 2009

Tutte le volte che qualcuno parla delle opere pubbliche come panacea contro la crisi – questa o qualunque altra crisi futura – fategli leggere questa inchiesta di Enrico Mannucci per Magazine. Nulla di stupefacente, per carità, ma a volte fa bene ed è utile leggere nero su bianco, e guardare fotografato a colori e stampato su carta patinata, dove portano e a cosa servono gli investimenti pubblici. La risposta più vera e più banale è: gli investimenti pubblici servono a, e ottengono l’unico effetto di, foraggiare le consorterie che di volta in volta sono gli interlocutori primari del potente di turno. Altro che moltiplicatore keynesiano: qui il moltiplicatore non può che essere negativo, perché questo genere di opere, costituzionalmente destinate a fallire, non possono avere alcun ruolo di volano di sviluppo, non sbottigliano alcuna congestione, non aprono alcuna strada a merci in attesa di sfogo. Queste opere sono semplicemente e unicamente il risultato dell’operazione aritmetica per cui A sottrae risorse dalle tasche di B per investirle in C, un investimento che necessariamente è improduttivo perché altrimenti non avrebbe bisogno di essere indotto in questa maniera. Per uscire dalla crisi, e per depotenziare crisi future, non bisogna inoculare al paese lo stesso virus che lo ammorba da troppi decenni: bisogna rimuovere i vincoli, restituire libertà economica e disintermediare i rapporti economici.

Carlo Stagnaro liberismo , ,