Riceviamo da Kevin Dowd e volentieri pubblichiamo:
Il miglior contributo al dibattito parlamentare sulla “finanziaria†d’emergenza del regno Unito è quello dato da Steve Baker, deputato eletto nella circoscrizione di Wycombe. Avvalendosi di un’analisi impeccabile e di fonti universalmente rispettate (ONS – Office for National Statistics – e Banca dei regolamenti internazionali) per i dati che ha citato, Baker ha dipinto un quadro spaventoso: le politiche fiscali dei governi dei paesi occidentali sono insostenibili, e lo erano anche prima che si verificasse la crisi delle ultime settimane.
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Sarà che ora le elezioni, da “già vinte†che erano, nelle ultime settimane si sono fatte assai incerte e c’è perfino chi scommette su un Regno Unito senza maggioranza. Sarà che magari c’è stato un soprassalto di serietà , dopo un’orgia di retorica a buon mercato e uno spaventoso vuoto di idee. Sarà che alla fine qualcuno si è convinto che taluni principi anche elementari (che il lavoro è importante, che la responsabilità è cruciale, che l’imprenditoria è il motore dell’economia) sono piuttosto radicate in larga parte della società , a Londra come altrove. Sarà per questo o per altro ancora, ma è comunque doveroso registrare che nel “Welfare Contract†proposto da David Cameron agli inglesi con lo scopo di riformulare – in caso di vittoria dei conservatori – le relazioni sociali e soprattutto la rete di protezione, alcune idee buone ci sono.
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Carlo Lottieri welfare conservative, David Cameron, gran bretagna, lavoro, sussidi
Sono reduce da un fine settimana nella penisola calcidica, al congresso delle banche di Credito Cooperativo della Lombardia, che a tutti gli effetti è il maggior appuntamento nazionale dell’intero comparto delle BCC nazionale, il terzo pilastro del sistema creditizio italiano insieme alle banche SPA e alle Popolari. È la parte del sistema bancario con i più forti coefficienti di patrimonializzazione, e con un persistente aumento degli impieghi quasi a doppia cifra, rispetto allo zero e poco più per cento delle grandi banche SPA. Vorrei dilungarmi ma lo farò in altra occasione, visto che ho più volte scritto in questi ultimi tempi su Messaggero, Gazzettino e Mattino sul perché sarebbe il momento di fare delle BCC un Credit Agricole all’italiana, sul perché ancora siano più forti al Nord per storia e tecnica gestionale, e sul perché e sul percome il governo pensi di affidasi ad esse per la ormai stra-annunciata Banca del Sud. Qui voglio solo dirvi che le BCC sono giustamente perplesse su quanto finora si è sentito a proposito proprio della Banca del Sud, perché non sono disposte a travasi di raccolta dal Nord verso più impieghi al Sud. Il Sud di raccolta ne ha a iosa, il problema è di innalzare la tecnica e il merito di credito con cui vengono concessi gli impieghi. E quanto all’annunciato sgravio fiscale di 5 punti sulla raccolta reimpiegata al Sud, emerso in tralice dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso, le BCC del Nord chiedono come un sol uomo che un tale sgravio venga dato a tutti, non solo alle meridionali. Hanno ragione, a mio modesto avviso. È l’unica platea bancaria al quale al sottoscritto vengano applausi scroscianti quando, appellandomi alla loro forte tradizione e identità cattolica, dico che se fossi un ministro di Dio ebbene non me la sentirei proprio, di amministrare sacramenti ai capi di Banca Intesa e di Unicredit. Se non dopo prove di redenzione assai diverse dalla lettera che Faissola, il presidente dell’ABI, a loro nome ha mandato al premier la settimana scorsa. Ma qui mi fermo. Perché se dovessi proprio dirvi negli ultimi giorni da dove ho raccolto il più promettente segno di speranza, direi che è da Londra. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino credito, fisco, liberismo, welfare BCC, Cameron, Gordon Brown, gran bretagna, Irap, Labour, privatizzazioni, tasse, Tories, welfare
di Pasquale Annicchino
“Restateci voi all’Università di Cumbriaâ€. Questo sembra essere stato il primo pensiero di Phillip Blond, uno dei protagonisti dello scenario politico-intellettuale attuale in Inghilterra. Per Alberto Mingardi a febbraio Blond era ancora una “provocazioneâ€, “un personaggio di dignitoso secondo piano†(Il Riformista 22/02/2009), ma più passano i mesi più aumentano i fedelissimi del “Conservatorismo Progressistaâ€. Questo lo slogan coniato dal teologo inglese che invoca una “Catholic economyâ€, mezzi conservatori per scopi progressisti, e che David Cameron ha preso come guru per la sua lunga corsa elettorale.
Certo un teologo che discetta di economia potrebbe far storcere il naso agli addetti ai lavori, ma le notes di Blond che circolano fra gli addetti ai lavori dei Tories dettano la linea. Così “il nostro†non lascia, ma raddoppia. Messo a capo del Progressive Conservatism Project gestito dal think tank Demos, dopo i primi successi Blond ha ben pensato di alzare la posta e mettersi in proprio. Ha raccolto quasi due milioni di sterline in due settimane e così a settembre fa partire i lavori della sua nuova macchina infernale: il think tank Res Publica (Si recluta, se qualche libertario coraggioso è interessato non esiti!!). Che cosa succederà all’iniziativa di Demos? Jonty Olliff Cooper ne ha preso le redini e, in una conversazione telefonica, mi ha confermato che l’impostazione che seguiranno sarà diversa rispetto a quella del teologo Blond. Meno social conservatism (quindi meno attenzione al ruolo della religione nelle dinamiche pubbliche) e maggiore attenzione all’economia (magari qualcuno potrebbe essere interessato all’ultimo working paper “Ricapitalising the poor. Why property is not theftâ€). Attendiamo la risposta di Blond che intanto conquista anche una bella paginata del Guardian. Secondo la migliore tradizione anche i conservatorismi si moltiplicano. Entia sunt multiplicanda direbbe qualcuno, ma Blond replica: “There are just too many people rehashing the politics of the 1980s. What I want to do is something truly transformativeâ€. Yes we can.
p.s.
Ad agosto Blond sbarca a Rimini con il suo “Civic State†(PDF).
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Il libro bianco del governo britannico sulle fonti rinnovabili lo dice chiaro e tondo: a fronte di un costo di incentivazione per raggiungere gli obiettivi stimato fra 57 e 70 miliardi di sterline nei prossimi 20 anni, il beneficio ambientale generato dalle fonti verdi sarà di appena 4-5 miliardi di sterline. Metteteci dentro tutto quello che volete: il costo evitato di generazione elettrica da altre fonti, i green jobs, shakerate, e troverete comunque le cifre impietose di un fallimento annunciato. Prosegui la lettura…
Carlo Stagnaro energia, mercato alberto clò, ambiente, energia, gran bretagna, politica industriale, rinnovabili, unione europea