Al G8 concluso da qualche ora, e al G20 in corso fino a domani in Canada, le tre macroaree mondiali sono arrivate divise. Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato venerdì un ultimo appello affinchĂ© le divisioni fossero superate, lanciando l’allarme emotivo su ben 30 milioni di posti di lavoro che sarebbero a rischio. Ma le divisioni non dipendono da scarsa buona volontĂ . Stati Uniti, Europa e Cina alla testa dei Paesi emergenti, a 22 mesi di distanza dal fallimento di Lehman Brothers e a 9 mesi dai primi segni di ripresa, hanno oggettivamente tra loro interessi diversi. Come del resto si comprende ricordando che i Paesi emergenti sono il vero motore della crescita mondiale – quest’anno sarĂ superiore al 4% – poichĂ© crescono del 7% nel 2010 (la Cina intorno al 10%, e nel 2009 è diventata la potenza leader con il 22% del prodotto industriale mondiale rispetto agli Usa che dal 25% del 2001 sono calati di 10 punti). Senza scendere nel dettaglio, e al prezzo di inevitabili approssimazioni, cerchiamo di capire i punti di maggiore divergenza, per leggeremeglio il comunicato del G20 che sarĂ diramat doomani pomeriggio. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino Stati Uniti, commercio mondiale, euro, finanza, fisco, macroeconomia, monete, ue banche, Barack Obama, Cina, Crisi, germania, Keynes, Merkel, spesa pubblica, ue, USA
Il mondo s’interroga sulla riduzione del surplus cinese a seguito anche del ritorno al regime di fluttuazione amministrata del renminmbi, giĂ in opera tra 2005 e 2008. La Cina si presenta al G20 canadese avendo sostanzialmente annullato il surplus sull’euroarea, mentre resta forte verso gli USA, ma di fatto bisogna dare atto che lo spazio dato alla sua domanda interna è molto forte, come meccanismo acceleratore della crescita dei Paesi meno forti. Lo stesso non si può dire della Germania nell’euroarea, che pensa però l’indebolimento dell’euro sul dollaro espanda piĂą che ragionevolmente l’export di paesi come l’Italia, senza che essi debbano dunque rompere le scatole in sede europea rimproverando Berlino di non fare in Europa come invece la Cina fa verso tutti i Paesi esportatori del Pacific Ring. Eppure, ai fini dell’exit strategy italiana, c’è un particolare sul quale avrebbero dovuto riflettere tutti, nelle ore immeduiatamente successive al referendum dei lavoratori Fiat a Pomigliano. La questione è: che cosa produce, la delocalizzazione? Prosegui la lettura…
Oscar Giannino Mercato del lavoro, auto, commercio mondiale, liberismo, macroeconomia, mercato, ue auto, Cina, Concorrenza, Fiat, germania, liberismo
Ha ragione o torto Wolfgang Munchau, il prestigioso editorialista del Financial Times, che all’indomani dell’ultima bombastica uscita di Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo, ha perso la pazienza e scritto nero su bianco che a furia di avere leader espressi da piccoli Paesi, l’Unione Europea non può che avere piccole politiche? Temo abbia ragione da vendere, e non per pregiudizio nei confronti dei piccoli Paesi. Anche perchĂ© alcuni di essi, come il Belgio di cui Van Rompuy è stato primo ministro, hanno in effetti dato tanto all’Europa, all’affermarsio originario della sua idea e poi al suo progresso istituzionale e politico. Ma la realtĂ dell’Europa odierna è quella che è. Nessuno regge ai tedeschi. Se fossi tedesco, me ne compiacerei. Ma non sono tedesco. NĂ© europeista all’italiana, quella peculiare versione del federalismo irreale, invocato per non affrontare intanto la nostra realtĂ , di ritardi e inefficienze. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino euro, macroeconomia, ue germania, Italia, Merkel, unione europea
Riceviamo da Leonardo Baggiani (IHC) Â e volentieri pubblichiamo.
Prendendo le mosse dall’articolo di Monsurrò sulla volontĂ di Hu Jintao di ridurre la dipendenza della crescita cinese dal suo export, è possibile intrecciare la vicenda cinese, quella tedesca, e le relative problematiche salariali. Prosegui la lettura…
Guest commercio mondiale, macroeconomia Cina, commercio internazionale, export, germania, Hu jintao, mercati asiatici, Stat iUniti
Pubblicata ieri dalla Banca centrale europea la semestrale Financial Stability Review, in cui si evidenzia il timore dell’istituto di Francoforte per lo stato delle banche europee, che rischiano un effetto-contagio dalla crisi di debito della regione. Considerando le svalutazioni e gli accantonamenti giĂ contabilizzati, mancano all’appello almeno altri 195 miliardi di euro, di cui 90 quest’anno. Di rilievo il fatto che queste stime prescindono da effetti di retroazione, come ad esempio la ricaduta in recessione di Eurolandia a seguito di manovre di consolidamento fiscale, che causerĂ un aumento di crediti inesigibili.
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Mario Seminerio macroeconomia, monete BCE, germania, Spagna
Nel marasma finanziario che, per la seconda volta in pochi anni, sta mandando sottosopra gli ambiziosi piani riformatori dell’esecutivo tedesco, c’è, a dire il vero, ancora spazio per l’approvazione di qualche provvedimento – in versione liofilizzata, ma pur sempre- condivisibile. Mi riferisco al taglio delle sovvenzioni alle lobby del solare (-16%) e all’accorciamento del servizio militare/civile da nove a sei mesi. Entrambe le misure, previste dal patto di coalizione siglato nell’ottobre scorso, sono un compromesso tra liberali e democristiani. Nonostante l’annacquamento rimangono però una buona cosa. Ecco perchĂ©. Prosegui la lettura…
Giovanni Boggero energia, mercato FDP, germania, Merkel, servizio militare, solare, sussidi
Il grido di allarme della signora Merkel contro gli speculatori malvagi che vogliono affondare l’Eurozona rientra precisamente in quello che, con ogni probabilitĂ , i posteri definiranno “Merkel-pensiero”, un misto di attendismo associato a goffo opportunismo, nell’intento di risolvere i problemi del paese (leggasi: guadagnarsi la rielezione). Prosegui la lettura…
Giovanni Boggero Senza categoria elezioni, FDP, germania, Grecia, Merkel, Nordreno-Westfalia
ra senza alternative, il varo della terza versione degli aiuti Grecia in due mesi, dopo che il mercato aveva travolto come non credibili le prime due promesse. Le ragioni del ritardo stanno anche nelle cifre. Dai 30 miliardi iniziali e dai 45 successivi, siamo arrivati a 110 miliardi di euro, 80 dall’Europa e 30 dal Fondo Monetario Internazionale. Dunque il mercato aveva ragione a diffidare. BasterĂ ? Pare improbabile. Come Martin Feldstein, Luigi Zingales e diversi altri, penso che in ogni caso sarĂ necessaria una forma di soft default, cioè una ridefinizione delle scadenze del debito greco, auspicabilmente su base volontaria e sotto l’egida del FMI. Ciò porterĂ a perdite dei creditori, a cominciare dalle banche greche ovviamente, e poi di quelle tedesche e francesi e a seguire. Se mancherĂ tale ristrutturazione, e tutto sarĂ affidato al taglio di 10 punti di pil di deficit pubblico greco entro il 2014, l’effetto sarĂ di una decrescita del Pil ellenico di 4 o 5 punti per effetto dei tagli draconiani al bilancio pubblico decisi ieri e attuati tutti in un colpo, e per diversi anni avrĂ comunque l’effetto di accrescerne il debito pubblico sul Pil. Che cosa insegna la crisi greca? Tanto altro. Anche all’Italia, che chissĂ se vorrĂ tenerne conto. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino euro euro, germania, Grecia, Italia
Il salone dell’auto di Pechino in questi giorni ha come sfondo notizie da corsa all’oro. L’aumento del 46% di auto e pickup venduti in Cina nel 2009 con l’affermazione come primo mercato mondiale a 13,6 milioni di unitĂ , l’ulteriore crescita di un buon 20% attesa quest’anno e, se il credito cinese tiene, anche negli anni a venire a questi ritmi, producono sviluppi che hanno dell’incredibile. Dietro i numeri da sbornia, il governo cinese con un disegno di pianificazione che promette di essere spietatamente efficiente, e che molti in Europa – noi no – invidiano. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino auto, liberismo, mercato auto, Cina, germania, Stati Uniti
C’è stato bisogno di un secondo round all’Eurogruppo, domenica 11 aprile, per tentare di evitare ciò che di nuovo era divenuto pressochĂ© inevitabile, cioè la caduta a giorni della tenuta greca nell’eurosistema. In 48 ore, il giovedì e venerdì precedenti, agli occhi di chiunque segua professionalmente i mercati si era manifestata un’onda tale che con certezza avrebbe infranto il malcerto frangiflutti posto tre settimane prime dai Paesi dell’euro. I volumi di scommesse sui CDS ellenici erano diventati tanto forti, con il premio al rischio saltato a 440 punti base e il record di spread sul decennale tedesco battuto praticamente ogni ora, che entro il 7 maggio il fenomeno sarebbe divenuto incontenibile. Il mercato purtroppo aveva una data, entro la quale esercitare tutta la sua pressione, la data del voto in un Land tedesco entro la quale il governo Merkel non poteva che continuare a ripetere che in nessun caso si sarebbe proceduto ad alcuna decisione aggiuntiva, oltre a quella del mese precedente che aveva delineato un confuso meccanismo misto di teorici prestiti bilaterali ad Atene, da parte di ciascun Paese dell’euro in proporzione congiunta al peso rappresentato nel capitale della BCE e in quello del FMI. Naturalmente, i fatti si sono incaricati di dimostrare che i tedeschi sbagliavano, come puntualmente era stato scritto all’indomani del primo faticoso eurocompromesso. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino euro, monete, ue euro, germania, unione europea