CHICAGO BLOG » G8 http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Pittsburgh: vedere per credere, e Draghi sale /2009/09/26/pittsburgh-vedere-per-credere-e-draghi-sale/ /2009/09/26/pittsburgh-vedere-per-credere-e-draghi-sale/#comments Sat, 26 Sep 2009 19:10:37 +0000 Oscar Giannino /?p=2992 Ho passato parte della giornata a farmi un’idea dei documenti conclusivi del G20, di quel che c’è scritto, e di quel che resta tra le righe. Innanzitutto è meglio leggere i documenti originali. Qui il testo conclusivo del vertice, con i suoi 31 impegni e 50 aree tematiche – 50! – di implementazione delle misure da definire in maniera concordata, e variamente adottare visto che poi sono i livelli di sovranità nazionale a suonare la musica in concreto. Qui le proposte al G20 avanzate dal Financial Stability Board, 12 paginette con 55 paragrafi che hanno il pregio di essere molto chiari, e qui la relazione sempre del FSB al G20 sui progressi effettuati dal G20 di Londra di aprile a oggi. Qui infine il comunicato finale sempre del FSB, in cui si traduce in obiettivi concreto, in materia di rafforzamento della supervisione bancaria e finanziaria, quanto nel documento del G20 è assai più fumoso. Il bilancio? Non entusiasmante, a mio giudizio. Draghi va avanti bene sulla sua strada e il mondo intero gli è grato, però. Questo almeno è sicuro. E la politica italiana farebbe bene a rifletterci, invece di lasciar che sia il Wall Street Journal a candidarlo alla guida della BCE. 

Sulla morte del G8, l’unico foro in cui l’Italia aveva un ruolo da comprimario primattore, ho già scritto ieri sera per il Messaggero di oggi. Che davvero si debba prendere alla lettera l’impegno che il “Framework for Strong, Sustainable, and Balanced Growth” esponga nel G20 a una peer review incrociata che faccia rientrare gli eccessi di deficit commerciale americano e del saldo di parte corrente che lo pareggia, obbligando gli USA a importare di meno e la Cina a consumare di più, mi sembra un classico sogno alla Obama anche se mi rendo conto sia molto conveniente credere che siamo davvero alla svolta del XXI secolo. Mi accontenterei di vedere, di qui a fine anno come promesso, prender corpo in dettagli concreti le proposte del FSB sugli otto punti che sono poi la ciccia essenziale: i requisiti di capitale bancario da rafforzare in amount and quality, con cuscinetti anticlici per evitare effetti contrari (qui c’è il problema tedesco, che per l’Europa a leva tuttora maggiore degli USA è pesante, e voglio vedere come si risolve); un nuovo standard di liquidità cross border da introdurre, per evitare asfissie future del’interbancario; i criteri di macrostabilità per gli intermediari che pongano rischi sistemici a prescindere dal Paese in cui siano incardinati; un set comune tra IASB e FASB, Usa e Ue  sui criteri contabili-patrimoniali; l’adesione da parte FASB a standard comunque condivisi; la stretta annunciata a hedge funds e agenzie di rating; le camere di clearing per i derivati OTC, con innalzamento dei margini per partecipare al loro mercato; il rilancio della securitization su basi più solide. Lascio da parte la proposta sui compensi bancari, perché quella è fuffa per politici alla ricerca di applausi.

La parte più concreta, dunque, è affidata ai lavori coordinati da Draghi, ed entro fine anno si vedranno le prime proposte, da attuare tra fine 2010 per i requisiti di capitale bancari e 2012 per i derivati. Vedere per credere. Ma Draghi sale, eccome se sale.

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Legal standards: c’è un anti Tremonti, laggiù nell’Oregon /2009/08/04/legal-standards-ce-un-anti-tremonti-laggiu-nelloregon/ /2009/08/04/legal-standards-ce-un-anti-tremonti-laggiu-nelloregon/#comments Tue, 04 Aug 2009 12:45:19 +0000 Oscar Giannino /?p=1899 Ofer Raban insegna alla Law School della Oregon University, e ha appena pubblicato un saggio che evidentemente non tiene molto conto di quanto Giulio Tremonti ha alacremente sottoposto al G8 dell’Aquila, in materia di nuovi legal standards condivisi da porre al centro dell’agenda del prossimo summit di Pittsburgh in materia di supervisione finanziaria internazionale, di requisiti di capitale per gli intermediari e criteri di redazione dei bilanci. Il titolo, esplicitamente, propone la tesi: Why Vague Legal Standards May Be Better for Capitalism, Liberalism, and Democracy.  L’autore considera la “mania” dei legal standards come un frutto tardivo del “testualismo”, corrente ultima che attribuisce al diritto codificato superiorità su tradizione, norme statutarie dal basso e autoregolazione. Gli effetti di “very binding legal standards” possono tradursi in conseguenze inintenzionali che accrescono le crisi in direzioni prociclica invece che anticiclica, a meno di essere proclamati per compiacere il ritorno della politica alla sovranità preminente, ma a patto di applicarli solo a crisi terminate cioè quando essi serviranno ancor meno. Una lettura in controtendenza, giusto per stimolare il cervello e non arrendersi al mainstream.  Scommetto che molti dei membri dello steering commitee del Financial Stability Board - si riunisce domani, ed è un incontro decisivo per la concreta agenda di Pittsburgh – sono più d’accordo con Ofer che con il nostro amato Giulio.

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Petrolio indietro tutta. Si torna ai posted price? /2009/05/26/petrolio-indietro-tutta-si-torna-ai-posted-price/ /2009/05/26/petrolio-indietro-tutta-si-torna-ai-posted-price/#comments Tue, 26 May 2009 14:26:09 +0000 Carlo Stagnaro /?p=713 Dopo Paolo Scaroni, anche Nicolas Sarkozy chiede un intervento globale per stabilizzare i prezzi petroliferi. Intervenendo lunedì al G8 Energia, il capo dell’Eni aveva sottolineato come l’instabilità delle quotazioni del greggio fosse un elemento di forte preoccupazione, in quanto rende più incerti gli investimenti sia in ricerca e sviluppo di giacimenti di oro nero, sia in tutte le fonti a esso più o meno legate (dal carbone alle rinnovabili fino al nucleare). In uno scenario di alti prezzi, le imprese investono; in uno scenario in cui, invece, si teme che i prezzi possano crollare dall’oggi al domani l’atteggiamento tende a essere più cauto. Per esempio, una cosa che tutti sanno e pochi dicono è che, in genere, in questi anni (a dispetto delle dichiarazioni pubbliche) le principali major hanno valutato la bontà dei loro investimenti prevedendo uno scenario di prezzo tra i 30 e i 50 dollari al barile, in modo da minimizzare gli effetti della “sberla” che avrebbero preso nel caso di una contrazione del valore (come in effetti è puntualmente accaduto). Per questo, Scaroni ha suggerito la creazione di una sorta di “Agenzia mondiale del petrolio” che avesse lo scopo non lo di rendere più trasparenti le transazioni, in modo da discernere meglio il sovrapporsi di una componente speculativa ai fondamentali, ma anche di limitare le fluttuazioni. In particolare, l’amministratore delegato dell’azienda di San Donato ha parlato di un “global stabilization fund”, pronto a intervenire quando il prezzo scende “troppo” (comunque si voglia definire il troppo).

Sul tema torna oggi il presidente francese, che ha promesso (o minacciato?) di portare al G8 dell’Aquila un progetto di accordo

tra paesi produttori e consumatori su un orientamento generale di prezzo da dare al mercato, anche su una forchetta di prezzo che garantirebbe la continuità degli investimenti senza penalizzare le economie consumatrici.

L’idea di Scaroni fa leva su un meccanismo a suo modo di mercato (l’ingresso di un attore in grado di acquistare o rilaciare grandi quantità di greggio, così da influenzare il mercato rallentando le dinamiche “naturali”). E’ ovvio che si tratterebbe di un soggetto pesantemente invadente, ma tutto sommato esso agirebbe secondo logiche trasparentemente speculative (comprare a poco e vendere a tanto). In un certo senso, dunque, Scaroni propone di far emergere un attore speculativo talmente forte da trainare il mercato nel senso ritenuto desiderabile (da chi?). Non è un sistema entusiasmante, ma almeno ne sono chiare logica, funzionamento e scopi, se non altro in termini del tutto generali.

Al contrario, l’idea di Sarkozy è molto più radicale e distorsiva, e potrebbe avere un effetto devastante. Di fatto, il presidente francese propone di costruire una sorta di Opec globale, che includa tutti i maggiori soggetti (paesi produttori e consumatori e aziende) in una sorta di mostro che riassuma in sé tutte le fattispecie anticoncorrenziali note in letteratura. Per di più, non è per nulla chiaro il modo in cui tale mostro dovrebbe muoversi. Qualunque cosa abbia in mente Sarkozy, ricorda da vicino il metodo dei “posted price”, che ha retto i mercati petroliferi dall’inizio degli anni ’50 fino all’epoca degli shock petroliferi. Come spiega Leonardo Maugeri nel suo The Age of Oil (p.58 dell’edizione americana),

Prendendo spunto dell’abitudine delle compagnie petrolifere di pubblicare i prezzi del loro greggio, i paesi produttori chiesero e ottennero un “posted price” stabile come punto di riferimento per il “profit sharing”. Quei prezzi divennero uno strumento artificiale per cementare gli interessi delle compagnie e dei paesi, una sorta di patto che prescindeva dalle reali condizioni del mercato. In verità, per diversi anni le compagnie preferirono ingoiare le perdite quando i prezzi reali scendevano, piuttosto che mettere in discussione i “posted price” su cui si erano accordate coi paesi produttori, allo scopo di non destabilizzare le relazioni reciproche.

Come si vede, i “posted price” furono uno strumento (efficace) di stabilizzazione del mercato in un preciso contesto storico, politico ed economico, che era totalmente diverso da quello attuale. Al di là di altre, pur importanti, differenze, era radicalmente diversa tanto la natura dei soggetti coinvolti quanto la loro forza relativa: le compagnie erano l’intermediario tra i paesi produttori e quelli consumatori, e dunque si trovavano necessariamente nella condizione di trovare un punto di mediazione ragionevole per entrambe le parti. Nel disegno di Sarkozy, invece, le compagnie (tra l’altro oggi più pubbliche che private) di fatto sarebbero destinate a diventare le reggicoda di un gioco tutto politico, fatto di proclami e dettato dalle scadenze elettorali dei leader interessati e dai rispettivi populismi.

Il meccanismo dei “posted price” ha, durante una precisa fase storica, funzionato egregiamente e garantito stabilità (petrolifera) e crescita (economica). Oggi quell’epoca è conclusa, e mutuarne gli strumenti sarebbe come voler risolvere i nostri problemi sanitari tornando alle tecnologie di mezzo secolo fa.

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I “risparmi” del G8 /2009/04/29/i-risparmi-del-g8/ /2009/04/29/i-risparmi-del-g8/#comments Wed, 29 Apr 2009 14:02:31 +0000 Francesco Ramella /?p=322 di Andrea Boitani  e Francesco Ramella

La scorsa settimana il Governo ha deciso di spostare la sede del G8 di giugno dall’isola della Maddalena all’Aquila. Il Presidente del Consiglio ha motivato la sua scelta con il fatto che il trasferimento “permetterà di risparmiare soldi, che potranno essere usati per la ricostruzione” delle aree terremotate. Tale spiegazione desta qualche perplessità. Abbiamo chiesto i dati sui costi del G8 alla protezione civile, ma dopo ripetute insistenze abbiamo ricevuto soltanto le due tabelle allegate.

Continua su lavoce.info.

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