CHICAGO BLOG » fus http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 La manna è finita /2010/11/23/la-manna-e-finita/ /2010/11/23/la-manna-e-finita/#comments Tue, 23 Nov 2010 15:23:15 +0000 Filippo Cavazzoni /?p=7680 Il mondo della cultura e dello spettacolo trova un nuovo importante alleato: il Presidente della Repubblica. E’ di oggi infatti l’esternazione di Napolitano in cui afferma che non è attraverso la “mortificazione” della cultura che “troveremo nuove vie per il nostro sviluppo economico e sociale”. Da tempo ormai le rivendicazioni fanno leva sull’effetto moltiplicatore degli investimenti in cultura. Facendo tesoro della lezione di Keynes, ora il concetto di moltiplicatore della spesa pubblica viene declinato a suo favore. Gli investimenti in cultura avrebbero infatti una caratteristica anticiclica. Dietro tali affermazioni si nasconde in realtà solamente la ricerca di una giustificazione scientifica ed inoppugnabile affinchè lo Stato dia sostegno alla cultura.
Nei giorni scorsi si è svolta la manifestazione “Florens 2010″, dedicata al tema dei beni culturali. Tra gli studi proposti non poteva mancarne uno sull’effetto della spesa in termini di crescita di Pil e di occupazione: ogni 100 euro di investimenti nel settore culturale si attivano 249 euro di PIL nel sistema economico. Per quanto riguarda invece l’occupazione: “2 unità di lavoro nel settore culturale generano 3 unità di lavoro nel sistema economico”.
Come sostiene Hunter Lewis nel suo “Tutti gli errori di Keynes“: “Il moltiplicatore di Keynes è forse il suo concetto più conosciuto [...] Si tratta di un esempio da manuale di uso improprio della matematica per fare in modo che una cosa incerta sembri il contrario”. La finalità del moltiplicatore è quella di quantificare ciò che non può essere quantificabile.
Qualche settimana fa, a proposito delle proteste contro la riforma delle pensioni che animavano la Francia, l’Economist scriveva: “[They] appear to believe that public money is printed in heaven and will rain down for ever like manna to pay for pensions, welfare, medical care and impenetrable avant-garde movies”. Ecco, ogni giustificazione è buona per reclamare soldi pubblici, come se i soldi venissero stampati in paradiso.
Lo sciopero di ieri aveva fra le sue rivendicazioni la richiesta di risorse aggiuntive a quelle già assegnate. Qui non si contesta il fatto che il FUS abbia fatto registrare in questi ultimi anni un decremento delle risorse stanziate per il settore. Ma sarebbe opportuno che il dibattito vertesse sui modi alternativi di sostenere il comparto, separando quei settori più attrezzati ad affrontare il mercato dagli altri.
La scelta operata di sopprimere alcuni enti come l’ETI (Ente teatrale italiano) va nella giusta direzione, ovvero quella di ridurre quei soggetti pubblici che una analisi costi-benefici farebbe ritenere non necessari. Spiace allora che il Presidente Napolitano definisca “inspiegabile” la soppressione di tale ente.
Lo sciopero di ieri è stato orchestrato assai bene per il risalto che i media gli hanno dato. In realtà è stato un discreto flop. I teatri erano chiusi perchè ogni lunedì dell’anno lo sono. Le sale cinematografiche invece erano regolarmente aperte: si proiettavano film e si staccavano biglietti. Nelle prossime settimane la protesta continuerà. E’ probabile che attraverso il decreto milleproroghe qualche risorsa aggiuntiva per lo spettacolo verrà trovata. Forse il mondo dello spettacolo vedrà accolte le proprie rivendicazioni minime: reintegro del FUS e rinnovo delle agevolazioni fiscali per il cinema. Queste ultime rappresentano una modalità “altra” di sostenere il settore. Se aiuto ci deve essere, allora meglio che sia indiretto.
In un commento comparso sul Corriere della Sera di domenica scorsa, Severino Salvemini portava all’attenzione il caso francese, “dove una legge sui mecenats introdotta nel 2003 ha sviluppato un sistema di fundraising privato di successo [Inoltre ...] il ministro Frédéric Mitterand sta studiando di elevare la soglia di deduzione fiscale delle persone fisiche, nel caso di donazioni alla cultura, alla educazione e alle organizzazioni umanitarie. E la vuole portare al 60% dell’imposta”.
Questa sarebbe una buona cosa anche per l’Italia, dove il sistema di agevolazioni fiscali è insufficiente e da semplificare. Secondo un rapporto realizzato da Civita, solo il 5,6% delle donazioni è per arte e cultura. A livello pro capite è di 19,9 euro negli Stati Uniti e di 0,9 euro in Italia. Se da noi a donare sono in primis le imprese (mentre negli Stati Uniti i donatori sono in larga maggioranza persone fisiche), questo avviene perchè in Italia il sistema degli sgravi fiscali prevede la piena deduzione per le imprese e una deduzione del 19% per le persone fisiche.
La leva fiscale rappresenta allora un forte incentivo per attrarre risorse da soggetti privati, ed è per questo che sarebbe opportuno cominciare dal cinema per invertire la rotta dell’intervento dello Stato.

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Fus: il governo fa marcia indietro? /2009/07/30/fus-il-governo-fa-marcia-indietro/ /2009/07/30/fus-il-governo-fa-marcia-indietro/#comments Thu, 30 Jul 2009 09:59:07 +0000 Filippo Cavazzoni /?p=1826 Nella giornata di ieri, Berlusconi ha promesso lo stanziamento di ulteriori 60 milioni per rimpolpare la quota totale del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) per il 2009. Ancora però non si conoscono i tempi e le modalità. Il mondo dello spettacolo spera ancora che ci sia la possibilità di inserire questi soldi nel decreto anti-crisi (ora giunto al Senato). Più realisticamente, le vie saranno altre. Ad ogni modo, anche la politica non desiste. Quattro mozioni sono state presentate (due dall’opposizione e due dalla maggioranza) per impegnare il governo a dare maggiori risorse allo spettacolo. Se da parte dell’opposizione si chiede un cospicuo incremento, la maggioranza mette l’accento sulle necessarie riforme che devono rivoltare come un calzino il settore. 
Le criticità del Fus sono state evidenziate qui. Indubbiamente bisognerà riflettere sull’inadeguatezza di questo strumento. Ad esempio, per quanto riguarda il cinema: è difficile capire il senso dei contributi dati dallo Stato sugli incassi delle pellicole. A beneficiarne sono, tra gli altri, Filmauro e Medusa. Nella relazione del 2007 sull’utilizzo del Fus si apprende chiaramente come un film come “Natale a Miami” (il classico cinepanettone!) abbia preso soldi dallo Stato come contributo sugli incassi. La domanda a cui dobbiamo rispondere allora è la seguente: lo Stato deve dare soldi ai cinepanettoni prodotti dalla Filmauro? Ne hanno bisogno? Credo siamo tutti d’accordo sulla risposta: No. Altro esempio. Nell’anno 2006 il teatro ha ottenuto dal Fus 75,3 milioni di euro e ha avuto 14,5 milioni di spettatori. Sempre nello stesso periodo il settore della lirica ha ottenuto 197,4 milioni di euro e ha avuto 2,1 milioni di spettatori. La sproporzione è grande. E’ giusto finanziare tanto la lirica (rispetto agli altri settori dello spettacolo) a fronte di un numero così basso di fruitori? Inoltre, in questo caso è evidente come gli effetti anti-redistributivi dei finanziamenti siano da prendere in considerazione. A quale fascia di reddito appartengono gli spettatori della lirica? Di certo non alla fascia più bassa.
Nel frattempo, ieri si è svolta la conferenza stampa di presentazione della nuova direzione generale (del MiBAC) per la valorizzazione del patrimonio culturale. A capo della struttura ci sarà Mario Resca. Gli intenti lasciano ben sperare. Tra gli obiettivi: “Favorire la partnership tra pubblico e privato. Promozione e incentivazione del mecenatismo e defiscalizzazione nel settore delle sovvenzioni ai beni culturali (il panorama italiano è decisamente penalizzato rispetto ai competitors, europei e non)”. Se son rose…

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Fus: integrarlo con nuove risorse o abolirlo? /2009/07/22/fus-integrarlo-con-nuove-risorse-o-abolirlo/ /2009/07/22/fus-integrarlo-con-nuove-risorse-o-abolirlo/#comments Wed, 22 Jul 2009 09:02:56 +0000 Filippo Cavazzoni /?p=1718 RaiUno, prima serata di ieri, va in onda “Lezioni di volo”, film di Francesca Archibugi realizzato con il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Se i tagli al Fondo unico per lo spettacolo serviranno a non finanziare più film come questo, allora viva i tagli al Fus. In questi giorni, tutti (dal presidente Napolitano in giù) hanno espresso il loro disappunto per la riduzione dei fondi statali da destinare a teatro, cinema, musica, ecc. Con il decreto anti-crisi in fase di conversione in legge, gli uomini e le donne di spettacolo stanno dando battaglia per inserire nel testo qualche milione di euro da destinare al loro settore. Al momento, il governo sembra fermo sulle sue posizioni: i tagli previsti saranno mantenuti. A dir la verità, il ministro Bondi si sta adoperando affinchè allo spettacolo vengano date altre risorse. Tutti fanno pressioni, ma Tremonti sembra irremovibile. E se non si convince lui allora niente soldi. Le proteste sono trasversali, con gli “addetti ai lavori” (fra i quali molti artisti illustri, come Nanni Moretti e Michele Placido) si sono schierati anche parlamentari della maggioranza (come Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi) oltre a quelli dell’opposizione. Come detto in precedenza, anche il capo dello Stato si è messo al loro fianco (seppur in maniera felpata, visto il ruolo da lui ricoperto). 
A prescindere dalla quantità di soldi che ogni anno mette a disposizione, il Fus è lo strumento sbagliato per sostenere il settore. Soprattutto per il fatto di essere un meccanismo troppo rigido e discrezionale. Con il Fus si erogano contributi ai soggetti che richiedono soldi, e che vengono ritenuti meritevoli di ottenerli. Ma mentre i criteri dovrebbero essere oggettivi, le cose evidentemente non procedono in questo modo. E se ogni ogni anno i contributi devono essere redistribuiti, sono quasi sempre gli stessi soggetti ad ottenere il finanziamento. In effetti, come è possibile stabilire la qualità artistica, ad esempio, di un film? Nel caso del cinema, se il criterio dell’opera prima e seconda può essere oggettivo e inconfutabile, quello “dell’interesse culturale nazionale” ricade nella più ampia discrezionalità. Esiste una commissione di presunti esperti… ma allora come è possibile che un film come quello della Archibugi possa essere considerato di “interesse culturale nazionale”? E poi, il 50 per cento del Fus se lo portano via gli enti lirico-sinfonici (possibile che debbano chiudere i loro bilanci sempre in rosso? Non è che invece di una carenza di fondi ci sono problemi di produttività e di gestione legati ai singoli enti?), e anche per tanti teatri il contributo annuale è pressochè garantito. Forse allora il problema non sono i milioni più o i milioni meno che ogni anno vengono erogati attraverso il Fus, ma il Fus stesso. Il sostengo al settore dello spettacolo può essere dato in forme diverse rispetto ai sussidi diretti, eliminando le interferenze di natura politica e responsabilizzando maggiormente i soggetti che operano nel settore. Cosa aspettiamo allora ad abrogare il Fus?

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