Il Piano industriale di Sergio Marchionne, presentato lo scorso aprile, si scontra con una situazione molto delicata. I dati che arrivano dal mercato europeo, il piú importante per Fiat, mostrano una caduta importante del numero di veicoli venduti. Questa deriva dal fatto che nel 2009 e per una parte 2010, i maggiori Governi Europei hanno dopato le vendite con la conseguenza che una volta finiti gli aiuti, il mercato è crollato. Prosegui la lettura…
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È arrivata la scissione Fiat: la parte auto e quella industriale sono dunque divise. La decisione presa il 16 settembre avrà un impatto rilevante sul settore auto italiano e quello mondiale in generale. È il primo passo anche verso un consolidamento della Chrysler in Fiat Auto, proprio nel momento in cui il Tesoro Americano ha annunciato la progressiva uscita dal settore automotive. La quota di Fiat nel colosso di Detroit crescerá lentamente dapprima dal 20 per cento di oggi al 25 per cento, poi al 35 per cento e successivamente, con l’uscita dei sindacati americani, fino al 51 per cento. Per raggiungere la maggioranza assoluta, la societá guidata da Sergio Marchionne dovrá investire una somma non irrilevante di liquiditá ed è anche per questa motivazione che il demerger è avventuto. Prosegui la lettura…
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Dieci, cento, mille Pomigliano. Le nuove regole contrattuali sottoscritte da Confindustria nel 2009 con tutti i sindacati meno la Cgil, l’accordo applicativo delle nuove regole per più produttività in cambio di più salario detassato proposto da Fiat a Pomigliano e approvato alle urne da due terzi dei dipendenti, hanno compiuto ieri un altro passo verso la rivoluzione delle relazioni industriali italiane. All’unanimità , il consiglio direttivo delle imprese meccaniche di Confindustria ha infattin ieri affidato al presidente, Pierluigi Ceccardi, il mandato di procedere alla disdetta del contratto dei metalmeccanici siglato il 20 gennaio del 2008. La Fiom è insorta, il suo segretario Maurizio Landini ha giudicato la scelta come una vera e propria lesione alle regole democratiche del Paese. Prima dell’analisi della nuova fase che si apre, è il caso di spiegare ai non addetti ai lavori in che cosa davvero consiste, la scelta confindustriale adottata tra le reazioni positive di tutte le altre sigle sindacali. Prosegui la lettura…
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La nuova Fiat è sempre più globale, come mostrano anche i dati delle vendite di agosto nei principali mercati automobilistici. Certo un singolo mese non fa un anno, ma la tendenza dopo lo sbarco di Marchionne in America è questa. Tuttavia Fiat, nonostante l’acquisto di Chrysler, rischia di non essere abbastanza grande per il mercato dell’auto del futuro. Prosegui la lettura…
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Maurizio Landini è il capo della Fiom Cgil, e ha un problema. Non è quello dei tre licenziati alla Fiat di Melfi e reintegrati dal giudice. Quell’operazione che alla Fiom è riuscita benissimo. Lo dico con il massimo rispetto per i tre lavoratori e le loro famiglie. A essere riuscita – grazie a un’informazione un po’ troppo sprovvista delle fondamentali nozioni tecniche in materia di reintegri disposti dal giudice – è la manovra per la quale si è deliberatamente confusa un’ordinanza emessa ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori con una ex articolo 18. Decenni di giurisprudenza abbastanza consolidata comprovano che quando il giudice non ravvisa la giusta causa per un licenziamento, il reintegro è non solo retributivo e contributivo ma anche sul posto di lavoro. Quando invece – come a Melfi – l’ordinanza d’urgenza avviene ex articolo 28, cioè contro un provvedimento disciplinare verso il quale può sussistere il fumus persecutionis antisindacale, in realtà un precedente in giurisprudenza non c’è. Per questo, la stampa nazionale avrebbe dovuto bocciare l’atteggiamento Fiom, e spiegare che – a impugnative simmetricamente pendenti tanto dell’azienda quanto dei lavoratori – era inoltre del tutto singolare un intervento come quello del Quirinale, e di esponenti della gerarchia ecclesiastica italiana. Quindi è vero: nella battaglia mediatica, la Fiom se l’è cavata bene. E’ in concreto, che ora Landini ha un problema serio. Ce l’ha con tutti gli altri sindacati. Ce l’ha, ovviamente, con la Fiat. E con l’intera Federmeccanica. Se capisco quel che sta avvenendo, il problema è serio davvero. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino Mercato del lavoro, auto, sindacato auto, Confindustria, Federmeccanica, Fiat, Fiom
Sergio Marchionne ieri ha conquistato il Meeting di Rimini. Come il giorno precedente Emma Marcegaglia, si è guardato bene dal cadere nella trappola di chi sulla vicenda Fiat-Melfi alza i toni per alzare polveroni. Ha usato sobrietà e misura, l’uomo che porta la nuova Fiat di John Elkann alla sfida mondiale attraverso l’America. Con il pieno sostegno non solo dell’azienda che guida ma – c’è almeno da sperarlo – di tutta l’industria italiana, ha lanciato un fermo appello a chiunque nella società italiana comprenda che è tempo di usare grande responsabilità , di scelte rapide ed efficaci, e di regole nuove che le consentano nell’interesse di tutti: delle aziende, dei lavoratori, del Paese intero. E’ un Marchonne molto diverso da quello che, tra 2005 e 2007, piaceva alla sinistra perché “socialdemocratico”. E che torna invece al suo credo illustrato due anni prima di assumere la guida Fiat all’Harvard Business Review, quando il suo unico faro era lo shareholder value. E’ un vero e proprio nuovo patto sociale, quello che Marchionne e il presidente di Confindustria hanno perorato a Rimini. E’ il contrario di quella specie di rozza imposizione, unilaterale e autoritaria, che Fiom e sinistra antagonista attribuiscono al nuovo corso dell’azienda leader della manifattura italiana, e a tutti coloro che insieme a lei indicano nel rapido decollo dei Paesi emergenti il treno della crescita sul quale o ci attrezziamo a salire subito, oppure per anni e anni resteremo confinati a un crescita ancor più stagnante di quella del decennio precrisi. Prosegui la lettura…
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Scusate, ma sulla vicenda Fiat-Melfi non sono d’accordo né con l’intervento del Capo dello Stato, né con il giudizio dell’arcivescovo presidente della commissione CEI per i problemi sociali e del lavoro. Mi sembrano da segnalare positivamente il Corriere della sera, che ha titolato giustamente “Napolitanto critica la Fiat”, il segretario della Uil Angeletti, che ha detto chiaro che in una vertenza giudiziaria tra privati il Capo dello Stato non dovrebbe entrrare per nulla, e il ministro Gelmini che in tutto il governo ha detto chiario “sto con Marchionne”. Il Presidente della Repubblica mi sembra da elogiare molto per l’invito a superare lo scontro e a discutere con pacatezza del futuro delle relazioni industriali, visto che ha riconosciuto che la competizione internazionale è “aspra”. Ma mi sembra però da condannare risolutamente, per la sua scelta di entrare a gamba tesa in una vicenda nella quale menziona solo i ricorsi del sidnacato contro la Fiat, e non quelli della Fiat contro i tre licenziati. In questo modo, il segnale che viene dal Quirinale è che il magistrato del lavoro, che nel giudizio d’urgenza ex articolo 28 dello Statuto si limita a una delibazione sul presunto fumus antisinacale della misura aziendale senza entrare nel merito delle cuircostanze di fatto, dovrà di fronte al ricorso Fiat dare ragione ai licenziati. Il Quirinale tace, sui ricorsi pendenti Fiat e sull’azione penale intentata dall’azienda per danno improprio. In altre parole – come riconosce persino oggi Tito Boeri su Repubblica, in un articolo pure che è aspramente conro la Fiat nelle sue conclusioni – dovrebbe passare il principio per il quale chiunque sciopera può bloccare una linea di produzione ledendo il diritto dei colleghi a non scioperare, e danneggiando l’impresa. E’ un errore gravissimo, senza precedenti nella storia istituzionale italiana. Politici e imprenditori e sindacalisti e giornalisti seri avrebbero dovuto insorgere con durezza. Prosegui la lettura…
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Come purtroppo c’era da attendersi, la FIOM-Cgil si è attestata su una linea durissima a Melfi. I tre attivisti sindacali che erano stati licenziati dall’azienda per danni indebiti alla produzione durante lo sciopero dello scorso 7 luglio, sono stai reintegrati dal giudice del lavoro e ieri l’avvocato del sindacato li ha riaccompagnati in azienda, pretendendo che venissero riassegnati alle funzioni produttive. Ma l’azienda aveva chiarito in precedenza che, pendente il ricorso e partita anche l’azione penale per danni nei loro confronti, la riassegnazione sarebbe stata rifiutata. La giornata si è chiusa con l’annuncio di un’azione penale anche da parte dei lavoratori e del sindacato contro la Fiat, oltre che con un nuovo passo verso il giudice del lavoro, a cui si chiederà in dettaglio di circostanziare tutto ciò a cui l’azienda sarà obbligata dal giudice. Nei commenti, prevale la condanna alla Fiat. Anche sul Corriere della sera. Io dico che sbaglia, chi la pensa così. E lo penso ragionando, non per cercare dannose prove di forza. Prosegui la lettura…
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C’era da scommetterci. Il giudice del lavoro ham ordinato alla Fiat il reintegro dei tre lavoratori licenziati a Melfi, Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati della Fiom) e Marco Pignatelli. Durante unop sciopero, avevano blooccato un carrello robotizzato che portava in linea pezzi necessari al lavoro di altri lavoratori che non scioperavano. Per il giudice, il licenziamento configura elementi ritorsivi dell’azienda cotnro l’attività sindacale e il diritto di sciopero. Per quanto mi riguarda, è un pessimo segnale, per tre ordini di ragioni: nel merito, nel rapporto Fiat-Fiom, nell’intera vicenda Fiat-Italia. Prosegui la lettura…
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Quando nei mesi scorsi abbiamo scritto che il caso di Pomigliano non riguardava solo gli specifici problemi che si sono addensati nello stabilimento Fiat intitolato a Giambattista Vico, in molti hanno replicato che non era così, e che la nuova Fiat di John Elkann e Sergio Marchionne si limitava a porre un problema specifico per i 18 turni nel solo impianto in cui si concentravano ormai troppi ostacoli, perché si potesse realizzare la necessaria produttività senza esplicite deroghe. Oggi sappiamo che a sbagliare non era chi fin dall’inizio ha spiegato che il referendum a Pomigliano era solo un primo passo di un nuovo cammino. Certo, il primo passo calca un solo scalino. Ma poi, inevitabilmente, altri ne sarebbero seguiti. Domani e dopodomani saranno giorni decisivi. Prosegui la lettura…
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