CHICAGO BLOG » farmacie http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Liberalizzazioni: bene il Pd, se sa quel che dice /2010/06/16/liberalizzazioni-bene-il-pd-se-sa-quel-che-dice/ /2010/06/16/liberalizzazioni-bene-il-pd-se-sa-quel-che-dice/#comments Wed, 16 Jun 2010 18:23:22 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6295 Finalmente il Partito democratico batte un colpo, e che colpo. Le sei proposte di liberalizzazione presentate oggi da Pierluigi Bersani rappresentano, finalmente, un tentativo di dare sostanza all’opposizione, evitando sia la tentazione controproducente dell’antiberlusconismo, sia il massimalismo della Fiom. Non tutto è perfetto, ma c’è molto di buono.

Prima ancora di entrare nel merito delle proposte, buona è la retorica con cui il Pd le condisce:

Il Partito democratico sostiene la libertà di impresa e la libertà dei consumatori… L’Italia ha bisogno di una nuova stagione di liberalizzazioni: meno barriere di accesso alle professioni, più concorrenza nei servizi, autorità realmente indipendenti.

L’idea di fondo sembra essere che il paese sia “bloccato”, e che questo blocco non dipenda (perlopiù) dalla crisi, cioè non sia un blocco congiunturale, ma dipenda da ragioni strutturali. In particolare, dall’inadeguatezza del contesto normativo a ospitare vera concorrenza in una serie di settori della nostra economia, producendo rendite a favore degli incumbent e sottraendo risorse preziose ai consumatori e al mercato. Da questo presupposto, discendono abbastanza naturalmente quattro delle sei proposte. Due, invece, mi paiono contraddirlo. Vediamo perché.

1. Carburanti. Il Pd propone due cose, una – voglio essere buono – sbagliata e l’altra dannosa. Quella sbagliata è di rompere il vincolo di esclusiva che lega i distributori alla compagnia di cui battono i colori, obbligandoli a ritirare da essa solo il 50 per cento del carburante servito. Per il resto, varrebbe una sorta di third party access in virtù del quale potrebbero approvvigionarsi dove gli pare. La misura dannosa prevede di affidare all’Acquirente Unico – che già svolge un compito analogo nel settore dell’elettricità – le funzioni di grossista della benzina, in modo da rifornire i piccoli distributori fornendogli potere contrattuale. Questo è sbagliato perché – al di là delle riserve sul ruolo attuale di Au – c’è una ovvia e sostanziale differenza tra l’elettricità e i carburanti: nel caso dell’elettricità il consumatore, specie quello domestico, ha bisogno di essere accompagnato verso il mercato (anche se credo che questa sia una comoda illusione, ma facciamo finta), nel caso dei carburanti no. E, per la stessa ragione, non si vede per quale ragione si debba entrare a gamba tesa nella libertà contrattuale tra distributori e compagnia. Ma, al di là di tutto questo, mi pare che l’errore sia più profondo: la lettura del Pd è che si debba usare diversamente la rete esistente, mentre il problema vero è che è la rete a essere inadeguata: non dobbiamo usarla meglio, dobbiamo ricostruirla. E per ricostruirla non servono alchimie regolatorie, ma libertà di apertura/chiusura di punti di rifornimento, inclusa la libertà di aprirli assieme a un supermercato o minimarket o quel che sia senza vincoli al mix merceologico, sul tipo di servizio offerto, e così via. Sta tutto scritto qui.

Farmaci. L’ampliamento delle maglie della prima “lenzuolata” di Bersani è cosa buona e giusta. Il Pd propone di consentire alle parafarmacie di vendere anche farmaci di fascia C, ampliando i canali d’offerta. C’è poco da aggiungere, visto che sta tutto scritto qui e qui.

Professioni. Questa è la proposta, al tempo stesso, più innovativa e rivoluzionaria: si propone in sostanza, al di là di una serie di aggiustamenti condivisibili ma minori, di “riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti (sono circa 3 milioni) che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale. Viene infine prevista l’equiparazione delle professioni intellettuali al settore dei servizi ai fini del riconoscimento delle misure (comunitarie e nazionali) di sostegno economico per lo sviluppo dell’occupazione e degli investimenti con particolare riferimento ai giovani“. Questo scardinerebbe il sistema ordinistico italiano, introducendovi un importante germe di libertà di organizzazione. Assolutamente da sostenere con le unghie e per i denti. Peraltro, sta scritto anche qui.

Abolizione della clausola di massimo scoperto. Anche qui si tenta di estendere le lenzuolate del 2006/7, ma rispetto a un tema che ci ha visti molto critici. Infatti, quello che questa proposta farebbe sarebbe di mettere le mani all’interno di contratti già scritti e firmati, cioè di pasticciare con la libertà contrattuale di individui e imprese. Roba che a noi non piace e che, di norma, non funziona neppure rispetto ai suoi obiettivi originari. Comunque, non c’è nulla di nuovo: i nostri dubbi stanno scritti qui.

Separazione proprietaria rete gas. Se quella sulle professioni è la proposta probabilmente più rivoluzionaria, questa è la più improbabile: perché il Pd si muove sul classico terreno che “chi tocca i fili, muore”. Si tratta del crocevia indispensabile per avviare una seria liberalizzazione del mercato del gas naturale nel nostro paese, e a catena di quello elettrico che a esso è strettamente legato. Pochi hanno provato e quei pochi hanno fallito (con onore). Ma la proposta è talmente giusta e condivisibile che sta scritto tutto qui e qui.

Avvio immediato attività produttive. Infine, l’ultima proposta è quella di consentire, tramite una semplice autocertificazione, le procedure per la realizzazione di impianti necessari all’avvio di nuovi insediamenti produttivi. C’è poco da commentare, qui, se non che sono idee giustissime (e forse, vista la convergenza con le ultime uscite di Giulio Tremonti, questa proposta ha perfino qualche chance). La burocrazia e la confusione amministrativa sono i mostri contro cui le imprese italiane si battono quotidianamente. Sta scritto qui.

Il giudizio è insomma più che positivo. Su sei proposte, due sono discutibili (carburanti e massimo scoperto), quattro buone o molto buone, ma due del tutto impossibili (rete gas e professioni) o estremamente improbabili (farmaci). Una (semplificazione) è buona e possibile. Non sono sicuro che il Pd si renda pienamente conto della portata di questo “programma di governo”: di certo, se mai torneranno a Palazzo Chigi, il giorno dopo qualcuno dovrà prendersi la briga di chiedergli di mantenere le promesse.

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Parafarmacie, RIP? /2009/07/28/parafarmacie-rip/ /2009/07/28/parafarmacie-rip/#comments Tue, 28 Jul 2009 05:44:21 +0000 Alberto Mingardi /?p=1771 Come riportato da Sara Todaro sul Sole 24 Ore, oggi all’esame del preconsiglio dei ministri vi e’ un decreto che porterebbe all’abolizione della denominazione “parafarmacie”, per evitare “confusione” con le farmacie non-para. La croce verde parimenti dovra’ essere d’ora in poi un attributo esclusivo dei farmacisti proprietari.
Cosa pensiamo, sul tema, l’abbiamo gia’ detto tante volte. Ma cerchiamo un secondo di fissare di nuovo l’attenzione sulla questione, prendendo sul serio il punto di vista degli aspiranti assassini delle parafarmacie (qui invece trovate una petizione a loro difesa).
Perche’ il governo ce l’ha con le parafarmacie? Perche’ difende i farmacisti proprietari?Le risposte sono “politiche”: i farmacisti proprietari sono tradizionalmente elettori del centro-destra, le parafarmacie sono uno dei pochi lasciti “di successo” del secondo governo Prodi. Di qui l’importanza elettorale e simbolica, per l’esecutivo, di dare un segnale.
Ma invitiamo rispettosamente ministro e sottosegretario competenti a ripensarci, prima di restare vittima di qualche parlamentare “captive” della lobby farmacista. Uno dei giusti argomenti utilizzati da esponenti di questo governo contro le liberalizzazioni di Bersani all’epoca era la necessita’, per qualsiasi tipo di riforma, di avere una sua gradualita’, in modo da non scombinare i piani d’investimento e di vita delle persone che, per quanto potessero beneficiare di regole del gioco assurde, avevano cominciato a giocare facendo assegnamento su di esse. E’ una giusta preoccupazione. Allora perche’ non considerare anche il punto di vista dei gestori di parafarmacie? Punto primo.
Punto secondo. Il governo sostiene di stare andando ancora piu’ in la’, sul fronte liberalizzazioni, consentendo ai farmaci da banco di finire dappertutto. Non e’ una cattiva idea: sarebbe molto comodo trovare un’aspirina dove e quando serve, senza costringere chi la vende a sostenere l’onere di un impiegato-farmacista. Ma se questo e’ il caso, come tutelare chi ha investito, magari solo un paio di anni fa, in una nuova parafarmacia? Le sue aspettative non sono altrettanto meritevoli di considerazione, di quelle dei farmacisti proprietari?
Il decreto, spiega la Todaro, prevedra’ anche la possibilita’ per le farmacie di essere piu’ attivi “presidi del servizio sanitario”, con la possibilita’ di prenotare visite e analisi ed eseguire alcuni esami. Personalmente, ho qualche dubbio sul come e perche’ obbligare il farmacista a fare un lavoro che non sia il suo, ma allora non sarebbe possibile immaginare un sistema “tripartito”?
Farmaci da banco: libera circolazione negli esercizi commerciali (dal supermarket all’autogrill), a fronte di alcune garanzie per la conservazione;
Parafarmacie (inclusi corner del farmaco col farmacista): esercizi in cui sia possibile acquistare, assistiti da un farmacista, qualsiasi medicinale non rimborsato dall’SSN, inclusi quindi i farmaci di fascia C, oltre ad altri prodotti (parafarmaco etc) a discrezione del titolare;
Farmacie: tutto quanto sopra, medicinali rimborsati dall’SSN, altre funzioni di “presidio del servizio sanitari”.

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Una tranquilla giornata, in un Paese “liberalizzato a meta’” /2009/06/25/una-tranquilla-giornata-in-un-paese-liberalizzato-a-meta/ /2009/06/25/una-tranquilla-giornata-in-un-paese-liberalizzato-a-meta/#comments Thu, 25 Jun 2009 08:47:43 +0000 Alberto Mingardi /?p=1138 Ieri mattina mi sono trovato ad avere bisogno, fortunamente: per la prima volta nella vita, di un farmaco serio. Ricetta alla mano, ho cominciato a cercarlo nelle farmacie del centro di Milano. Uno degli argomenti piu’ tosti contro la piena liberalizzazione del settore, ma anche contro la concorrenza delle parafarmacie, si fonda sull’idea che le farmacie sarebbero un “presidio del servizio sanitario nazionale”. La limitazione dell’offerta, e i privilegi di cui godono i farmacisti, sarebbero dunque legati al loro svolgere un servizio pubblico.
Ma la farmacia e’ un’attivita’ che deve stare sul mercato, e obbedisce a talune, comprensibilissime, necessita’: avere sugli scaffali abbondanza di prodotti che si vendono (anche se si tratta di shampoo e profumi!), limitare il magazzino per quanto riguarda prodotti che si vendono meno, e per giunta possono scadere. Cosi’, ho girato per undici diverse farmacie, piu’ le due delle stazioni (Garibaldi e Centrale), a detta degli altri farmacisti le piu’ fornite, senza trovare la medicina che mi serviva.
Avrei potuto ordinarla, e mi sarebbe stata consegnata il giorno dopo. Il farmacista si sarebbe guadagnato il suo venticinque e rotti per cento del prezzo al dettaglio tendendo in casa il mio antidolorifico un paio d’ore. Non ho potuto fare l’ordine, perche’ dovevo “scendere” a Roma (dove, per inciso, il farmaco l’ho poi trovato, alla fornitissima farmacia del senato: si vede che i politici sono buoni consumatori!).
Gia’, scendere a Roma. Ho preso un Eurostar alta velocita’. Di norma, e’ molto comodo: piu’ comodo dell’aereo, per chi fa centro-centro. Se non fosse che lunedi’ mattina c’e’ stato un incidente a Firenze, e da allora continuano i rallentamenti sulla linea. Arrivato in stazione centrale, scopro che il mio treno era stato cancellato. Il biglietto si puo’ ricevere via mail o sms: informazioni (dettagli?) di trascurabile importanza come questo, evidentemente no. Riesco a saltare sul treno prima. Che accumula mezz’ora di ritardo: le tre ore e mezza previste, diventano quattro.
Arrivato a Roma, cerco un taxi. Alla stazione Termini, c’e’ una coda che non finisce piu’, nonostante le norme veltroniane che dovrebbero coartare i tassisti a stare stabilmente, e in forze, innanzi alla stazione (“piuttosto che liberalizzare, meglio costringere”). In compenso, l’offerta “parallela” e’ abbondante, ma a prezzi  francamente proibitivi. Faccio un po’ di moto, e vado in albergo a piedi.
Entrato in hotel, prendo la chiave e vado in camera. Dieci minuti dopo, sorpresina: non c’e’ elettricita’ e la fornitura continua ad essere a singhiozzo, dalle due alle sette di sera. La batteria del mio laptop e’ a secco e di aria condizionata ci sarebbe bisogno. Sento discorsi concitati fra il personale dell’albergo e il servizio clienti della municipalizzata romana che dovrebbe illuminarlo.
Perche’ continuiamo, con sprezzo del ridicolo, a rompere l’anima a chi ha la bonta’ di ascoltarci, sulle liberalizzazioni? La risposta e’ molto semplice. Perche’ ce n’e’ bisogno.

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