CHICAGO BLOG » fallimento http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 La via ambientale al fallimento /2010/07/21/la-via-ambientale-al-fallimento/ /2010/07/21/la-via-ambientale-al-fallimento/#comments Wed, 21 Jul 2010 12:17:34 +0000 Camilla Conti /?p=6602 Sequestro a sorpresa, martedì mattina, dell’area Montecity-Rogoredo di proprietà della Milano Santa Giulia spa che fa capo al gruppo Zunino. Di fronte alla battaglia persa con le banche dai pm milanesi che nel 2009 avevano chiesto il crac del gruppo Risanamento, oggi per i giudici si configura una strada alternativa a ciò che era stato negato alla procura: la via ambientale al fallimento.

La Guardia di finanza di Milano martedì mattina ha infatti eseguito il sequestro preventivo dell’area Montecity-Rogoredo perché, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la falda acquifera sottostante sarebbe inquinata con alcune sostanze pericolose per l’ambiente e la salute, tra cui alcune cancerogene. Nelle settimane scorse, la Procura aveva ordinato una perizia per verificare la presenza di materiali pericolosi nei terreni sui quali sta sorgendo il nuovo quartiere. Il sequestro è avvenuto nell’ambito dell’inchiesta coordinata dai pm di Milano Laura Pedio e Gaetano Ruta su presunte irregolarità per la bonifica dell’area di Montecity Santa Giulia, per la quale sono finiti indagati (e anche arrestati) l’imprenditore nel campo dei rifiuti Giuseppe Grossi, alcuni suoi collaboratori e Rosanna Gariboldi, moglie del deputato del Pdl Giancarlo Abelli (che ha patteggiato come Grossi). I reati ipotizzati per questo filone d’inchiesta sono di attività di gestione di rifiuti non autorizzata e avvelenamento delle acque.

La pm Pedio è già stata protagonista (insieme al collega Roberto Pellicano) della battaglia che si è giocata l’anno scorso a Milano sempre su Risanamento fra la procura,  i legali di Zunino e le banche. I magistrati avevano chiesto il fallimento del gruppo immobiliare per cessata continuità aziendale già dal 2008, e contestando dunque come falso e illegale il bilancio al 31 dicembre 2008 regolarmente approvato. Nella partita poi sono entrate le big del credito con il piano di ristrutturazione del debito presentato ai sensi dell’articolo 182 bis del nuovo diritto fallimentare: che prevede, previo l’accordo del 60% dei creditori, il riscadenziamento dell’esposizione. Alla fine hanno vinto le banche e la procura ha perso.

Oggi il mirino dei magistrati  si è spostato verso una vicenda collegata, quella delle bonifiche di Santa Giulia a cui la stessa Pedio stava lavorando ancor prima di avviare la guerra del 2009 sulla continuità aziendale. Per bonificare la zona ci vorranno anni e 400 milioni di euro. I tempi si prevedono dunque lunghissimi con inevitabili ricadute sul valore delle aree del nuovo quartiere milanese che è destinato nel frattempo a crollare.  Creando problemi alle stesse banche che hanno in pegno il capitale di Risanamento e che sono sì uscite vittoriose dalla prima battaglia ma ora rischiano di perdere la guerra. Il provvedimento su Santa Giulia legato a reati ambientali potrebbe dunque configurare un’alternativa alla prima istanza riferita invece alla discontinuità aziendale. Del resto, c’è già un precedente: nell’aprile scorso il Tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato l’insolvenza e respinto la richiesta di Snia, formulata in base all’articolo 182 bis della legge fallimentare, per ridefinire l’importo e le scadenze dei propri debiti. Circa 60 milioni di euro che sarebbero stati rimborsati per quasi il 70% ai 43 creditori che avevano dichiarato l’intenzione di sottoscrivere il piano. La pur alta adesione all’accordo non è stata sufficiente a salvare la società, quotata in Borsa, attiva nella chimica e di recente anche nell’immobiliare.

Come nel caso di Risanamento, sulla vicenda Snia hanno pesato soprattutto le incertezze sulla continuità aziendale, messa però a repentaglio dai rischi per i risarcimenti di eventuali danni ambientali. Del gruppo, infatti, faceva parte anche la Caffaro di Brescia, già in liquidazione in amministrazione straordinaria, e tristemente nota per uno dei più gravi disastri ecologici del Paese causato dai Pcb, i Policlorobifenili parenti della diossina.

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Posto fisso, “Quelle” note stonate /2009/10/21/posto-fisso-quelle-note-stonate/ /2009/10/21/posto-fisso-quelle-note-stonate/#comments Wed, 21 Oct 2009 10:15:31 +0000 Giovanni Boggero /?p=3382 Posto fisso da Quelle? Ahiahiai. Dal 1 novembre la società bavarese di vendita per corrispondenza, autrice dal dopoguerra ad oggi di tanti cataloghi di successo, sparirà letteralmente dalla circolazione. La politica tedesca ha arbitrariamente stabilito che, a differenza di Opel, Quelle non abbia alcuna “rilevanza sistemica”. Dopo alcuni mesi di amministrazione controllata, la strada verso il fallimento è quindi ormai del tutto spianata. I sindacati lamentano che l’intervento statale sia avvenuto con estremo ritardo e che, se soltanto il Ministro Zu Guttenberg (CSU) avesse voluto, il malato sarebbe potuto essere salvato, evitando il licenziamento di circa 7000 persone. Il grido di dolore del sindacato Ver.di arriva proprio nel giorno in cui in Italia Giulio Tremonti si è detto convinto della necessità di riorientare l’intera struttura economica e produttiva del paese sul posto fisso, ovvero sull’immobilità. Le voci che provengono dalla Germania sembrano voler far eco a quelle del Ministro dell’Economia italiano. Dopo un’iniezione di denaro pubblico pari a 50 milioni di euro (i contribuenti ringraziano), le associazioni dei lavoratori avrebbero voluto praticare dell’accanimento terapeutico, pur di ritardare ancora di qualche mese l’uscita di scena di uno dei marchi simbolo dell’industria tedesca del miracolo economico. “La colpa del dissesto non è dei lavoratori, ma della dirigenza arrogante ed inetta che si è avvicendata dopo la fusione con Karstadt nel 1999”, si è più volte sentito dire. Può darsi e forse è anche così. Non risulta però che i sindacati abbiano alzato un dito negli ultimi anni, per esplicitare il loro dissenso nei confronti del progetto industriale del gruppo. Ciò detto, anche se la responsabilità dovesse pendere tutta in capo ai manager, ciò non giustificherebbe affatto il salvataggio di un’impresa, battuta da concorrenti più bravi e capaci. Il gioco del mercato, della “distruzione creatrice” per dirla con Schumpeter, se bloccato, produce parassitismo, come ha ottimamente spiegato Carlo Lottieri ieri nel suo post. In Germania aziende come Otto o Neckermann.de hanno saputo riconvertire la produzione, orientandosi con tempismo sulla rete, ormai mezzo privilegiato di acquisto per centinaia di migliaia di consumatori. Quelle ha perso il treno. Se è vero che i lavoratori che tra qualche settimana rimarranno senza lavoro, otterranno il sussidio di disoccupazione ALG I, non c’è motivo di strepitare contro la CSU, accusandola di fare della macelleria sociale. I posti di lavoro devono poter stare in piedi da soli, senza la stampella dei contribuenti.  Questa è giustizia sociale.

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