Grandi titoli stamane sulle parole di Giulio Tremonti ieri a Parigi, sulla crisi finanziaria che non è finita e la solita parabola dei nuovi mostri che appaiono sul videogame appena ne hai eliminato uno e tiri un sospsiro di sollievo. Non entro nelle simaptie – poche – e antipatie – soverchianti – che Tremonti suscita e catalizza. Anche perchĂ© io sono tra quelli che criticano i tagli lineari pur apprezzando il contenimentod el deficit pubblico che rocciosamente il ministro difende, perchĂ© i tagli lineari finiscono per perpetuare perimetro e allocazioni di un spesa publica diluviale che io sono invece per abbattere energeicamente e riallocare laddove serva davvero, per aprire spazioi – parecchi punti di Pil – a meno tasse, interventi pro concorrenza per mla crescita, e dismisisoni di patrimonio pubblico e municipalizzate a oltranza. Vediamo invece un po’ di numeri che gioustificano l’allarme sulla crisi non terminata, numeri che i media stentano – non so perchĂ© – a fare. Prosegui la lettura…
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All’Eurogruppo di stasera e all’Ecofin di domani Tremonti e il presidente dell’Eurogruppo Juncker riproporrano gli eurobond europei, questa volta non per rilanciare gli investimenti pubblici ma anche e sprattutto per swappare titoli dei Paesi a rischio nell’eurozona. Ho dei fortissimi dubbi che per i tedeschi la proposta sia accettabile. E una controproposta, dovessi essere io al tavolo. Prosegui la lettura…
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Mi spiace andare controcorrente, ma se io fossi irlandese avrei del tutto condiviso l’atteggiamento tenuto dal governo in queste ultime settimane. Avrei cioè detto fino alla fine che di aiuti non c’era bisogno, perchĂ© il debito pubblico era coperto per un anno:così da far “strizzare” le altre capitali dell’euroare. E avrei anche opposto fiera resistenza alla condizione numero uno per gli aiuti posta dai tedeschi e dai francesi. Anzi, avrei anche aggiunto sul tavolo un’altro argomento polemico, che al contrario l’Irlanda non ha ritenuto opportuno usare. Prosegui la lettura…
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Riceviamo da Leonardo Baggiani (IHC) e volentieri pubblichiamo
Era ancora metĂ giugno, e circolavano “voci” di un interesse della Cina all’acquisto dei titoli greci. Ora che ci approssimiamo alla metĂ di luglio, esce la notizia che la Cina ha acquistato un miliardo di euro di bond spagnoli. La Spagna non è (ancora) la Grecia, ma fa sempre parte della famiglia dei PIGS (o PIIGS), i “porcellini europei”… Insomma, la Cina è attratta dai suini nostrani. Prosegui la lettura…
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Ma quanto conta davvero, il fattore cambio tra le valute delle tre macroaree mondiali, ai fini dell’exit strategy? Se diamo un’occhiata alle tante proposte del post Lehman, c’è da perdere la testa. Mi faccio aiutare da una guida, elaborata in proposito da Kati Suominen del German Marshall Fund a Washington. La conclusione? Il dollaro ha un solo nemico al momento, checchĂ© dicano in tanti. Un nemico interno, però. Prosegui la lettura…
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D’accordo, nella community dei trader e relativi blogger Tyler Durden e il suo Zerohedge ha fama di spararle un po’ grosse. Ma vale la pena di leggere il suo post appena scritto sulle nuove emissioni di debito pubblico italiane a copertura degli oltre 5 miliardi di euro in cui consiste il nostro contributo all’eurosalvagente deciso il 9 maggio scorso.. Quando parla di “idiozia europea” Durden esagera, e oltretutto le emisisoni a copertura del fondo europeo non accrescono il debito per Eurostat. Ma ha ragione nel dire che si tratta naturalmente di un artificio, perchĂ© chi cura i debiti con piĂą debiti comunque non convince i mercati, e il suo spread sul Bund è dunue destinato a salire. Infatti quello italiano è salito da quota 90 a quota 173 punti in sole 7 giornate borsistiche…. e nel frattempo il colloquio chiarificatore tra Sarkozy e Merkel che doveva tenersi oggi è stato aggiornato al 14 giugno, tanto per ribadire quanta convergenza reale vi sia tra le due maggiori capitali dell’euroarea, in materia di come comportarsi di fronte alla sfiducia dei mercati.
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Come semplice contributo alle letture domenicali, occhio che piĂą di metĂ degli economisti interpellati oggi dal Sunday Telegraph rispondono che no, l’euro non ce la farĂ a evitare la sua esplosione, e che essa avverĂ non oltre i prossimi cinque anni (se non nelle prossime settimane, c’è chi aggiunge). Personalmente conosco, apprezzo e condivido l’opinione di Peter Warburton di Economic Perspectives, secondo cui la maggiore probabilità è di un euro a due gironi con meccanismi definiti di ingresso e uscita a tempo dal primo, e di Tim Congdon di International Monetary Research, che sostanzialmente la pensa allo stesso modo indicando i Paesi che salteranno, invece di quelli che resteranno con la Germania nel primo girone come fa Warburton. E l’Italia, in quel caso?
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Oggi segnaliamo un interessante commento di Greg Gibbs, di Royal Bank of Scotland, ripreso da Alphaville, che dĂ l’esatta misura di quello che sta accadendo sui mercati europei, e quello che ci attende nel prossimo futuro: la monetizzazione del debito pubblico dei paesi di Eurolandia, in perfetto stile-Fed o Bank of England. PerchĂ© non ci sono davvero alternative a questo esito, o meglio l’alternativa è la Grande Depressione 2.0. Spiegato agevolmente il motivo del rally dell’oro.
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Non è solo il dibattito pubblico sul dissesto degli “anelli più deboli” dell’euro a lasciare sorpresi: sono anche e soprattutto le interpretazioni che i governi e le istituzioni comunitarie ne danno che lasciano davvero basiti.
Oggi il Corriere della sera apre con un articolo di Federico Fubini intitolato “Il piano della Banca centrale per fermare la speculazione”.  Nel pezzo viene spiegato che la Bce intende agire, d’ora in poi, come una sorta di settimo cavalleggeri finanziario, “disposto a comprare sui mercati i titoli di Stato sotto attacco”. Se i Pigs spendono e spandono, in altre parole, ci sarĂ sempre l’Europa – tramite i propri apparati – a usare i nostri soldi per andare in soccorso di falsificatori di bilanci e demagoghi di ogni risma. Prosegui la lettura…
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ra senza alternative, il varo della terza versione degli aiuti Grecia in due mesi, dopo che il mercato aveva travolto come non credibili le prime due promesse. Le ragioni del ritardo stanno anche nelle cifre. Dai 30 miliardi iniziali e dai 45 successivi, siamo arrivati a 110 miliardi di euro, 80 dall’Europa e 30 dal Fondo Monetario Internazionale. Dunque il mercato aveva ragione a diffidare. BasterĂ ? Pare improbabile. Come Martin Feldstein, Luigi Zingales e diversi altri, penso che in ogni caso sarĂ necessaria una forma di soft default, cioè una ridefinizione delle scadenze del debito greco, auspicabilmente su base volontaria e sotto l’egida del FMI. Ciò porterĂ a perdite dei creditori, a cominciare dalle banche greche ovviamente, e poi di quelle tedesche e francesi e a seguire. Se mancherĂ tale ristrutturazione, e tutto sarĂ affidato al taglio di 10 punti di pil di deficit pubblico greco entro il 2014, l’effetto sarĂ di una decrescita del Pil ellenico di 4 o 5 punti per effetto dei tagli draconiani al bilancio pubblico decisi ieri e attuati tutti in un colpo, e per diversi anni avrĂ comunque l’effetto di accrescerne il debito pubblico sul Pil. Che cosa insegna la crisi greca? Tanto altro. Anche all’Italia, che chissĂ se vorrĂ tenerne conto. Prosegui la lettura…
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