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Posts Tagged ‘energia’

Sturzo: la risposta impossibile

8 agosto 2009

Intervenendo al Senato l’8 giugno 1955, Luigi Sturzo dice:

Nessuno dei miei contraddittori ha saputo dare una risposta alla mia insistente domanda: ‘Se l’Eni non vuole, non sa o non può affrontare la ricerca petrolifera nella Valle Padana, perché impedire che ditte private, nostrane o forestiere, impieghino per tali ricerche, a proprio rischio e pericolo, i propri capitali?’.

Non è una domanda retorica, e non è retorica l’insistenza del vecchio prete sull’incapacità dei suoi interlocutori e avversari – la maggior parte, suoi colleghi di partito – di fornirgli una risposta. Perché in quella domanda, e in tutto ciò che vi è sotteso, sta la parabola politica dell’Italia del dopoguerra. Una parabola che conobbe un’inclinazione particolarmente forte proprio nel settore energetico, a dispetto delle intenzioni e speranze originali. Enrico Mattei fu chiamato all’Agip col compito di liquidarla; e morì avendo creato una “piovra”, come la chiamava Sturzo, che ancora oggi coi suoi tentacoli previene il libero dispiegarsi della concorrenza. Nel giro di pochi anni, anche il settore elettrico venne monopolizzato, e quel fiorire di libera intrapresa che l’Italia aveva conosciuto appassì rapidamente.

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Carlo Stagnaro energia, liberismo , , , ,

Benzina: in tutto il mondo è cartello?

31 luglio 2009

Parrebbe di sì, a leggere quanto riferiva un paio di giorni fa il Moscow Times. L’Antitrust russo sta affilando le armi contro il presunto cartello composto dai colossi petroliferi privati, semiprivati e affini: Rosneft, Lukoil, Tnk-Bp e Gazpromneft, accusati di cospirare per mantenere artificialmente alti i prezzi dei carburanti.  L’accusa si concentra sulla apparente lentezza con cui essi si sono adeguati al calo delle quotazioni del greggio. La cosa divertente, almeno per noi che leggiamo da qui, è che il litro di benzina a Mosca costa l’astronomica cifra, si fa per dire, di 23 rubli, pari a circa 52 centesimi di euro, ossia meno della sola accisa sulla benzina (56,4 centesimi) e poco più di quella sul gasolio (42,3 centesimi) in Italia.

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Carlo Stagnaro Senza categoria , , , , , ,

Strategica tua sorella

17 luglio 2009

Privatizzazioni? No, grazie. Anche quest’anno, il Documento di programmazione economica e finanziaria (approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri) esclude il ricorso alle privatizzazioni, se non in casi marginali. Un paragrafo (p.39) è dedicato espressamente a questo tema, inserendosi nell’analisi che il documento svolge della situazione macroeconomica e degli andamenti della finanza pubblica. In generale, l’aspetto più interessante – che si inserisce nel mix un po’ naif di ottimismo della volontà e pessimismo delle cifre – consiste nel quadro delle misure anticrisi, che effettivamente, almeno dal punto di vista dell’impatto sulla spesa pubblica e quindi delle potenziali conseguenze di lungo termine, si confermano come un saggio tentativo di non incrinare ulteriormente un equilibrio che è già instabile. Ed è dominato dal peso del debito che si fa ancor più ingombrante rispetto a un Pil in ritirata e a un deficit che torna a salire anche a causa degli interessi sul debito stesso. Il contesto, dunque, non viene giudicato maturo per la cessione al mercato degli asset e le società pubbliche. Perché?

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Carlo Stagnaro Senza categoria, energia, liberismo, mercato , , ,

Que viva el presidente!

14 luglio 2009

UPDATE: L’eterno ritorno dell’uguale.

 

Anche quest’anno non delude, l’intervento con cui Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia, presenta la “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” (qui la relazione e qui il discorso di Ortis). Pur formalmente ineccepibile, Ortis ha approfittato del palcoscenico privilegiato della Sala della Lupa non solo per rivendicare i meriti suoi e dell’organismo da lui presieduto, ma soprattutto per difenderne l’autonomia e il ruolo in un mondo sempre più sballottato dalla crisi economica, e in un paese sempre più incerto riguardo a chi, come, cosa, quando e perché liberalizzare. Tre, in particolare, i passaggi che mi sembrano “caldi”, al di là della polemica (se posso permettermi, un po’ stucchevole) sulla speculazione petrolifera che invece è stata più ampiamente ripresa. (Il che, per inciso, non stupisce, essendo la speculazione petrolifera questione talmente complessa e lontana che, qualunque cosa se ne pensi, non rischia di disturbare alcun manovratore).

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Carlo Stagnaro energia, liberismo, mercato , , , , , ,

Nucleare dove?

11 luglio 2009

L’approvazione del ddl sviluppo ha scatenato una pluralità di reazioni, di segno diverso ma generalmente esagerate, sul possibile ritorno dell’Italia al nucleare. Infatti, bene o male, i tre articoli filo-nucleari della legge (gli articoli 25, 26 e 29) delineano l’inizio di un percorso ma si tratta, appunto, dell’inizio. Al di là degli aspetti singolarmente positivi o negativi, comunque, il governo ha dato un segnale importante in merito alla sua reale volontà di procedere su questa strada. Infatti, l’esecutivo ha sei mesi di tempo per mettere nero su bianco il suo progetto – con tanto di definizione degli standard, criteri per l’individuazione dei siti, norme di costruzione, esercizio e smantellamento degli impianti, eccetera. Si poteva fare meglio? Certo: per esempio si poteva evitare di assegnare al Cipe (?) il compito di scegliere la tecnologia, e si poteva creare un’Agenzia di sicurezza degna di questo nome. Si poteva evitare di mettere le mani su Sogin e si poteva evitare di attaccare ripetutamente l’indipendenza dell’Autorità per l’energia (a proposito: appuntamento a settembre per il prossimo round, mi dice la mia sfera di cristallo). Si poteva evitare tutto questo e si poteva fare meglio quel che si è fatto, ma, nella misura in cui il meglio è nemico del bene, qualcosa lo si è fatto e da lì bisogna partire. Quindi, come ha scritto oggi Il Foglio, “tre hurrà per Claudio Scajola” e speriamo che usi la finestra di opportunità che lui stesso ha aperto per mettere i puntini giusti sulle rispettive “i”. A questo punto, le questioni veramente aperte sono due più una. La prima: il lavorio dei tecnici del Mse per rispettare le scadenze e presentare i vari decreti. Cioè, rispondere alla domanda: nucleare come? La seconda: nucleare dove? Prosegui la lettura…

Carlo Stagnaro energia, mercato , , , , ,

7 luglio 2009. Crisi del gas?

2 luglio 2009

Ancora una volta, allarme rosso sulle forniture di gas dalla Russia via Ucraina. In conclusione della riunione del Gruppo coordinamento gas, la Commissione europea ha invitato gli Stati membri a “riempire gli stoccaggi” e prepararsi a eventuali interruzioni “nelle settimane o mesi a venire”. A monte di tutto, la consueta querelle tra Mosca e Kiev sul pagamento degli arretrati. Sul tappeto c’è il prestito da 4 miliardi di dollari che l’Ucraina ha chiesto all’Occidente, per far fronte ai suoi obblighi (anche se, come anticipato qualche giorno fa da Quotidiano Energia, probabilmente un paio di miliardi basterebbero a tranquillizzare i russi).

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Carlo Stagnaro energia, liberismo, mercato , , , , , , ,

Una tranquilla giornata, in un Paese “liberalizzato a meta’”

25 giugno 2009

Ieri mattina mi sono trovato ad avere bisogno, fortunamente: per la prima volta nella vita, di un farmaco serio. Ricetta alla mano, ho cominciato a cercarlo nelle farmacie del centro di Milano. Uno degli argomenti piu’ tosti contro la piena liberalizzazione del settore, ma anche contro la concorrenza delle parafarmacie, si fonda sull’idea che le farmacie sarebbero un “presidio del servizio sanitario nazionale”. La limitazione dell’offerta, e i privilegi di cui godono i farmacisti, sarebbero dunque legati al loro svolgere un servizio pubblico.
Ma la farmacia e’ un’attivita’ che deve stare sul mercato, e obbedisce a talune, comprensibilissime, necessita’: avere sugli scaffali abbondanza di prodotti che si vendono (anche se si tratta di shampoo e profumi!), limitare il magazzino per quanto riguarda prodotti che si vendono meno, e per giunta possono scadere. Cosi’, ho girato per undici diverse farmacie, piu’ le due delle stazioni (Garibaldi e Centrale), a detta degli altri farmacisti le piu’ fornite, senza trovare la medicina che mi serviva.
Avrei potuto ordinarla, e mi sarebbe stata consegnata il giorno dopo. Il farmacista si sarebbe guadagnato il suo venticinque e rotti per cento del prezzo al dettaglio tendendo in casa il mio antidolorifico un paio d’ore. Non ho potuto fare l’ordine, perche’ dovevo “scendere” a Roma (dove, per inciso, il farmaco l’ho poi trovato, alla fornitissima farmacia del senato: si vede che i politici sono buoni consumatori!).
Gia’, scendere a Roma. Ho preso un Eurostar alta velocita’. Di norma, e’ molto comodo: piu’ comodo dell’aereo, per chi fa centro-centro. Se non fosse che lunedi’ mattina c’e’ stato un incidente a Firenze, e da allora continuano i rallentamenti sulla linea. Arrivato in stazione centrale, scopro che il mio treno era stato cancellato. Il biglietto si puo’ ricevere via mail o sms: informazioni (dettagli?) di trascurabile importanza come questo, evidentemente no. Riesco a saltare sul treno prima. Che accumula mezz’ora di ritardo: le tre ore e mezza previste, diventano quattro.
Arrivato a Roma, cerco un taxi. Alla stazione Termini, c’e’ una coda che non finisce piu’, nonostante le norme veltroniane che dovrebbero coartare i tassisti a stare stabilmente, e in forze, innanzi alla stazione (“piuttosto che liberalizzare, meglio costringere”). In compenso, l’offerta “parallela” e’ abbondante, ma a prezzi  francamente proibitivi. Faccio un po’ di moto, e vado in albergo a piedi.
Entrato in hotel, prendo la chiave e vado in camera. Dieci minuti dopo, sorpresina: non c’e’ elettricita’ e la fornitura continua ad essere a singhiozzo, dalle due alle sette di sera. La batteria del mio laptop e’ a secco e di aria condizionata ci sarebbe bisogno. Sento discorsi concitati fra il personale dell’albergo e il servizio clienti della municipalizzata romana che dovrebbe illuminarlo.
Perche’ continuiamo, con sprezzo del ridicolo, a rompere l’anima a chi ha la bonta’ di ascoltarci, sulle liberalizzazioni? La risposta e’ molto semplice. Perche’ ce n’e’ bisogno.

Alberto Mingardi liberismo , , , , ,

I russi non mangiano più i petrolieri?

12 maggio 2009

Per qualche accidente della sorte, il numero del 20 aprile di Oil & Gas Journal mi è arrivato solo oggi. Altrimenti avrei dato prima questa notizia che mi pare rilevante: dopo qualche anno di bullismo (come hanno imparato Bp e Shell), complice la crisi, la Russia comincia a rivedere l’atteggiamento aggressivo che ne ha contraddistinto i rapporti con le compagnie petrolifere private. Sulle pagine del settimanale americano, Grigory Vygon (direttore del dipartimento di economia e finanza del ministero delle Risorse naturali e dell’ambiente) spiega le nuove strategie del governo per rendere il paese di nuovo appealing per le major. Il dato di partenza, impressionante, è che tra il 2005 e il 2008, nonostante l’impennata dei prezzi del petrolio, il “free cash flow” dell’upstream è sceso da 7,4 dollari al barile a 2,9, mentre i costi operativi sono raddoppiati (da 9 a 18 dollari al barile) e le entrate fiscali sono cresciute ancor più rapidamente (da 20,1 a 45,3 dollari al barile). Quindi,

le principali ragioni per la riduzione dell’attrattività delle attività esplorative sono un sistema fiscale sfavorevole e l’assenza di stimoli per le regioni per finanziare direttamente tali attività.

Vygon enuncia quindi le nuove linee d’azione del paese che, pur continuando a ritenere “strategici” i grandi giacimenti di petrolio e di gas (che dunque dovranno sempre essere operati da consorzi in cui la maggioranza relativa è in mano a un’impresa pubblica del paese), intende tornare ad aprire le porte agli investimenti privati. L’obiettivo è ambizioso: se il ministero stima in 180 miliardi di dollari l’ammontare complessivo degli investimenti necessari da qui al 2020, il 90 per cento di tali risorse dovranno arrivare da tasche private. Come?

Anzitutto, riscrivendo la normativa fiscale, rendendola più semplice e meno onerosa – e in particolare spostando il peso della tassazione dai ricavi ai profitti delle compagnie petrolifere. Anche la svalutazione del rublo (da un rapporto di 23:1 col dollaro nel 2008 si è passati a 33:1 ad aprile di quest’anno) mira a ridurre i costi del capitale, soprattutto per le piccole e medie compagnie petrolifere private (russe e straniere), che hanno la maggior parte dei costi denominati in valuta russa, i ricavi in moneta americana.  Oltre a questo, il ministero vorrebbe, tramite una normativa ad hoc, stimolare un maggior coinvolgimento delle regioni nelle attività esplorative, spingendole a farsi promotrici di nuove campagne attraverso una compartecipazione significativa al gettito delle aste per ottenere le concessioni esplorative. Infine, il Cremlino ammette l’enorme problema infrastrutturale, per cui si impegna a una vasta opera di ristrutturazione delle pipelines e alla realizzazione di nuovi oleodotti e gasdotti laddove necessari.

Non è del tutto chiaro se questo mutamento di attitudine sia dovuto all’effetto che la crisi sta avendo sulle finanze pubbliche del paese, o se sia – come sembra – il segno di un aggiustamento del tiro più di lungo termine (reso necessario anche dalle buie prospettive di produzione, che rischiano di rendere insufficiente la produzione di gas, come spiegano molto bene Michael Economides e altri). E’ nell’interesse di tutti, russi compresi, un superamento dell’attuale fase di inaffidabilità del paese. Se davvero il crollo del fettito fiscale sarà la molla che ha determinato un’evoluzione a lungo attesa, per una volta si può dire che la recessione non è arrivata invano.

Carlo Stagnaro energia , , , , ,

Iride-Enia. Quando la trasparenza diventa caciara

8 maggio 2009

La forma è sostanza. Sul Secolo XIX di oggi, Riccardo Casale risponde a un mio editoriale di qualche giorno fa, critico sulle modalità e le caratteristiche della fusione tra Iride ed Enìa, sia nella sua veste di presidente genovese di Iride Energia (che ha un amministratore delegato torinese), sia in quella di presidente di Amiu, la municipalizzata genovese dei rifiuti che controlla, tra l’altro, le farmacie e la società SportInGenova. Non è chiaro perché Amiu debba difendere Iride, ma soprassediamo, e andiamo oltre. Iride Energia, una delle quattro società in cui si articola il gruppo, ha sede a Torino, come Iride Servizi; al contrario, Iride Acqua Gas e Iride Mercato hanno sede a Genova. Ciascuna di queste società ha un presidente, un amministratore delegato e un consiglio d’amministrazione, i cui membri sono rigorosamente divisi secondo logiche territoriali tra il capolugo ligure e quello piemontese. Il Cencelli delle partecipazioni pubbliche.

Perché dico tutto questo? Per dare un’idea di cos’è e come è costruita Iride, nata dalla fusione tra Aem e Amga, e lasciar quindi intendere cosa e come sarà “Irenia”, il gruppo nato dalla fusione tra Iride e l’emiliana Enìa. Anzitutto Casale afferma che

l’incorporazione di Enìa in Iride non nasce su Marte ma dai confronti e dall’osservazione di quello che accade nel resto del paese e dell’Europa.

Quindi, una fonte certamente informata dei fatti non cita, tra le ragioni del merger, le possibili sinergie industriali o le economie di scala, che pure potrebbero esserci viste le convergenze tra le aziende. Il problema è che, per farlo, bisogna avviare un processo di taglio dei costi, a partire dal numero e il costo dei manager. Cosa che, apparentemente, non c’è stata nel caso di Iride, e – scommetto sperando di perdere – non ci sarà con la fusione con Enìa. Infatti, prosegue Casale,

il successo di queste operazioni dipende da come le si governa.

Appunto. Se la governance delle aziende è costruita con l’obiettivo di preservare l’esistente, anizché di proiettarle verso un sentiero di crescita, allora non si tratta di fusioni, ma di somme, che non seguono una logica industriale, ma una logica di altro tipo. Politica, in senso lato. Lo conferma, involontariamente suppongo, lo stesso Casale:

Le nostre multiutilities… si ingrandiscono per difenderlo [il territorio] dalle scorribande degli altri.

Ora, se vogliamo raccontarci delle favole, benissimo. Ma se vogliamo parlare seriamente, la corretta formulazione, o almeno la corretta lettura, di queste parole è più o meno questa: Le nostre multiutilities si ingrandiscono per difendersi dalle scalate. E perché si difendono dalle scalate? Per la stessa ragione per cui tutti tentano di farlo, cioè tutelare le rendite degli insider (manager, dipendenti, politici, eccetera) a scapito degli outsider e dei consumatori. Solo che questa comprensibile e legittima autodifesa, nel caso delle municipalizzate, si spinge molto oltre rispetto a quanto possono fare le aziende “normali”, grazie alla connivenza tra le municipalizzate stesse e i loro azionisti di controllo, cioè i comuni, che oltre ad avere alcuni poteri regolatori hanno mille modi di mettere i bastoni tra le ruote ai concorrenti sgraditi. Tant’è che Casale proclama che, a differenza delle imprese private, quelle controllate dal pubblico

inseguono la sfida di remunerare dignitosamente il capitale investito e allo stesso tempo calmierare le tariffe.

Sorvolando sulla definizione di remunerazione “dignitosa” del capitale, che mi sfugge, questo ha una implicazione banale: probabilmente, gli investimenti nelle municipalizzate sono meno redditizi di altri, ma compensano questa minore remunerazione con un minore rischio. Il rischio, naturalmente, è inferiore perché a monte, a garantire la quota di mercato, ci sono i comuni stessi, che vengono ripagati dal flusso di dividendi così come dalla possibilità di, diciamo, fare pressioni sulle imprese da loro controllate perché, per esempio, seguano nelle politiche occupazionali criteri diversi da quelli consueti (suppongo che questa sia una delle caratteristiche della “vicinanza al territorio” che i sostenitori delle Iri locali scomodano tanto spesso). A fronte di ciò, non risulta alcuna evidenza di tariffe “calmierate”, come emerge per esempio dal confronto tra le offerte messo a disposizione dall’Autorità per l’energia (inserite un CAP genovese, per esempio, e i vostri dati di consumo: provare per credere).

In una sorta di crescendo, Casale strappa un sorriso – che non merita particolari commenti – quando dice che

nel settore energetico-ambientale non è difficile fare utili e distribuire dividendi se si risponde solo alla logica del profitto.

Posto che non capisco a quale altra logica un’azienda dovrebbe rispondere, e posto che se ne deduce che Iride non risponde alla logica del profitto (azionisti, scappate!), non mi pare così facile far soldi a palate in un settore tanto competitivo quando è competitivo (che, tra le altre cose, normalmente significa dove non ci sono municipalizzate tra i piedi).

Il passaggio più paradossale dell’intervento di Casale è, però, ancora un altro: quello in cui Casale vanta la maggiore trasparenza delle fusioni tra società pubbliche rispetto a quelle che coinvolgono soggetti privati. Nel caso di Iride-Enìa,

Si è fatto tutto in piazza, sui giornali… non si può non riconoscere alla politica una certa trasparenza.

C’è una differenza tra la trasparenza e la caciara, così come è stato tutt’altro che trasparente il voltafaccia del sindaco genovese, Marta Vincenzi, prima contraria e poi favorevole – per diktat di una parte della sua maggioranza – alla clausola per cui il 51 per cento del gruppo dovrà sempre e comunque restare in mano agli enti locali. Le fusioni sono una cosa seria, che non si può brandire come oggetto di una perenne campagna elettorale. Sarò all’antica, ma queste cose non si fanno né in piazza, né al bar.

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Enrico Augusto

7 maggio 2009

Così si intitola un delizioso ritratto che, nel 1960, Giovannino Guareschi dedicò a Enrico Mattei, di cui quest’anno ricorre il centenario e che, in varie salse ma in particolare con una fiction televisiva, è stato beatificato, con tanto di complotto amerikano dietro la sua morte. Scriveva Guareschi:

Mattei, furibondo statalista, è il più spietato nemico dell’iniziativa privata che vorrebbe schiacciare con l’iniziativa di Stato.

Come ha giustamente ricordato Salvatore Rebecchini sull’Occidentale, Mattei – fortemente osteggiato, senza successo, da Don Sturzo – non fu né il redentore dell’Italia, né l’artefice della riscossa di un paese consumatore di risorse con le pezze al culo. L’opera di Mattei puntava alla nazionalizzazione e la monopolizzazione del settore dell’energia – il suo vero progetto era l’Ene, che avrebbe dovuto unificare petrolio, gas ed elettricità in un colosso pubblico – in base al presupposto che aprire il paese al mercato ci avrebbe messi alla mercé dello straniero. Ma, più ancora, Mattei, “petroliere senza petrolio”, soffriva per il fatto di essere escluso, e con buone ragioni, dal “club” delle grandi, che – si dice – fu lui per primo a chiamare le Sette Sorelle. Ora, la questione è complessa, ma mi pare difficile sostenere, perlomeno ex post, che il regime di “oligopolio privato” di allora fosse meno concorrenziale rispetto a quello, attuale, di “oligopolio pubblico”, e ancor meno rispetto a quello che era il panorama petrolifero fino a pochi anni fa: con monopolisti pubblici a monte, nei paesi produttori, e a valle, in quelli consumatori di risorse.

Oltre tutto, la santificazione di Mattei non passa soltanto al di sopra di tutte le critiche politiche ed economiche che si possono rivolgere alle conseguenze delle sue azioni (si veda, a questo proposito, la bella biografia di Carlo Maria Lomartire, Mattei. Storia dell’italiano che sfidò i signori del petrolio, che a suo tempo avevamo recensito con Alberto Mingardi).  E neppure essa sposa un po’ troppo semplicisticamente la tesi dell’attentato americano, mai provato, come ha osservato su Repubblica Mario Pirani. Il fatto è che essa fornisce un’immagine di Mattei molto, molto lontana da quella reale: sulla Staffetta, Giorgio Carlevaro parla di 

licenze storiche assolutamente gratuite, enfasi su avvenimenti marginali e all’opposto dimenticanze vistose.

Se dunque l’interpretazione che viene fornita della vita e delle opere di Mattei è più che libera, altrettanto libero è il giudizio che emerge sull’uomo pubblico e il protagonista di una fase della storia italiana. Mattei non era il cavaliere disinteressato e senza macchia che è stato raccontato. Mattei fu un “raider” senza scrupoli che, allo scopo di perseguire il suo disegno, era disponibile a ricorrere a ogni mezzo, lecito o illecito. E l’Eni, da lui creata, è oggi una grande impresa internazionale nella misura in cui si è “de-matteizzata”. Per citare ancora Guareschi:

E’ l’odio che lo spinge. La sua è la vendetta dell’uomo che, non essendo riuscito a mettere in piedi l’azienda personale che sognava, nega, adesso, l’iniziativa privata e le contrappone l’iniziativa di Stato. E’ la vendetta del piccolo industriale mancato. Dell’uomo che, non essendo mai riuscito a ottenere dalla moglie un permesso di libera uscita serale, sogna d’instaurare un regime dittatoriale per imporre, a danno di tutti i mariti liberi, il coprifuoco.

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