CHICAGO BLOG » energia http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 19:45:09 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Senza nucleare il futuro non è “Zero Emission” /2010/09/10/senza-nucleare-il-futuro-non-e-%e2%80%9czero-emission/ /2010/09/10/senza-nucleare-il-futuro-non-e-%e2%80%9czero-emission/#comments Fri, 10 Sep 2010 09:53:00 +0000 Piergiorgio Liberati /?p=6985 Si è conclusa oggi, venerdì 10 settembre, “Zero Emission”, la maratona di quattro giorni dedicata alle energie rinnovabili e alla lotta alla CO2. Quattro giorni, alla Fiera di Roma, tra tavole rotonde, convegni e incontri, dove si è discusso di fotovoltaico, eolico, ma anche di quelle tecnologie, come la Ccs (cattura e stoccaggio della CO2), in grado di ridurre i gas climalteranti. Unico assente, con grande stupore di chi vi scrive, il nucleare. Già perché parlare di un futuro senza nucleare, equivale a spingere nelle braccia degli idrocarburi il nostro fabbisogno energetico.
Ora, è vero che “Zero Emission” costituisce una enclave di società e associazioni che spingono al 100% per le energie rinnovabili, nella cui categoria di certo il nucleare non rientra. Ma è altrettanto vero, però, che un futuro senza nucleare è destinato ad essere Full Emission, in barba a quanto si continua a sostenere in alcune sedi. A dimostrarlo, a livello mondiale, sono i tanti e autorevoli studi che in materia concordano nel sostenere che, da qui ai prossimi 40 anni, senza l’apporto dell’atomo (poi si potrà discutere di fissione o fusione) sarà impossibile tagliare del 50% l’anidride carbonica e ridurre la temperatura (ammesso serva a qualcosa) dei famosi 2,4 gradi centigradi.
Come dicevo sono moti gli studi, ma per questioni di autorevolezza, è bene sempre citare l’Agenzia internazionale dell’energia. Nel suo ETP 2010 (qui l’executive summary) l’Aie “esamina le future possibilità in termini di opzioni tecnologiche a disposizione della generazione elettrica e dei principali settori di uso finale dell’energia, quali industria, residenziale e terziario”, e lo fa ipotizzando due scenari da qui al 2050. Il primo Business as usual, prevede “l’assenza di introduzione da parte dei governi di qualsiasi nuova politica energetica e climatica. Per contro, lo scenario Blue Map (proposto in diverse varianti) è target-oriented: definisce l’obiettivo di dimezzamento delle emissioni di CO2 legate al consumo di energia all’orizzonte 2050”, si legge nello studio.
Sorvolando sui costi, cosa salta all’occhio? Nello scenario Business as usual la CO2 raddoppierà, con i combustibili fossili a soddisfare i 2/3 della domanda termoelettrica. Nello scenario Blue Map, invece, la CO2 sarà dimezzata, ma solo grazie a questo mix: “Le fonti rinnovabili coprono il 48% della domanda termoelettrica; il nucleare vi contribuisce per il 23% e le centrali dotate di sistemi di CCS per il 17%”.
Da questi dati si possono trarre tre conclusioni: primo, senza quel 23% di nucleare non si riuscirà mai a tagliare le emissioni di gas climalteranti. Secondo, escludere il nucleare da un dibattito “zero emission” (qui ha ragione Chicco Testa) equivale a sostenere un futuro fatto di carbone e gas i quali, al netto degli incentivi, da qui ai prossimi anni, saranno sempre più convenienti delle rinnovabili. Terzo, rinnovabili e nucleare, sostenuti dalla ricerca, devono crescere e poter convivere in modo da incrementare la sicurezza energetica mondiale e abbattere i costi delle bollette.
Non a caso, il Cigre, l’organo che a livello internazionale si occupa di sistemi elettrici di potenza, nel suo meeting biennale (a Parigi dal 22 al 27 agosto), ha affidato il discorso di apertura a Shosuke Mori, ex presidente della FEPC, Federation of Electric Power Companies of Japan, il quale ha sottolineato:

“From the view point of energy supply side, we put priority on ‘nuclear power generation’, which is acknowledged to be a key solution for achieving the triple E. We are doing our best to construct new plants, improve their availability and consolidate the nuclear fuel recycling system. Amid stronger pressure for mitigation of Green House Gas emissions in the future, nuclear power will be recognized again as a pragmatic solution with its significance, effectiveness and efficiency. It is necessary not only to build new plants but also to replace the existing aged nuclear plants. In this case, a long lead-time, required to increase capacity in transmission lines, needs to be shortened”.

Infine una considerazione: il fatto che qui in Italia dibattiti di questo tipo non trovino mai ospitalità nelle assise dove di parla di lotta ai gas serra, la dice lunga sul fatto che il nostro Paese è ancora molto lontano dall’abbandonare quella mentalità che, dopo Chernobyl, ha legato a doppio filo – forse per sempre – la sopravvivenza energetica italiana agli idrocarburi mediorientali e russi.

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Una “Fist Rule” a tutela del diritto (e per aprire a un nucleare di mercato) /2010/09/09/una-%e2%80%9cfist-rule%e2%80%9d-a-tutela-del-diritto-e-per-aprire-a-un-nucleare-di-mercato/ /2010/09/09/una-%e2%80%9cfist-rule%e2%80%9d-a-tutela-del-diritto-e-per-aprire-a-un-nucleare-di-mercato/#comments Thu, 09 Sep 2010 06:29:03 +0000 Carlo Lottieri /?p=6976 Da quando il diritto è stato ridotto alla semplice volontà del “sovrano” (in passato era un re, oggi in genere è un’assemblea parlamentare), uno dei problemi più gravi che ne sono derivati riguarda la tenuta delle regole. In definitiva, una delle funzione fondamentali di un buon sistema normativo consiste proprio nel limitare l’incertezza: nel garantire quale sarà l’orizzonte legale entro cui ci si troverà a operare in futuro. Ma se le leggi non sono altro che semplici decisioni del sovrano, è facile finire vittima della volubilità del legislatore.

Questo è particolarmente grave quando si riflette sulle prospettive economiche del Paese.

Chi investe oggi lo fa sulla base di un progetto (un business plan) che comporta una scommessa sul futuro (su ciò che in consumatori saranno interessati a chiedere, ad esempio), ma che ha bisogno – nei limiti del possibile – di delimitare l’aleatorietà del contesto in cui si troverà ad agire. L’impresa che oggi investe in produzioni tessili o automobilistiche può essere assai danneggiata da una riforma che, tra un anno o due, modifichi in maniera significativa il sistema regolamentare o fiscale.

Il problema è particolarmente avvertito ogni volta che si discute, nel nostro Paese, sull’ipotesi di far rinascere il settore nucleare. L’eventuale introduzione, oggi, di una normativa che tolga ogni sbarramento di sorta dinanzi a quanti vogliano puntare su tale settore non può certo rassicurare un eventuale investitore, poiché è sempre possibile che – domani – un cambio di orientamento politico blocchi progetti avviati e in cui si sono destinate somme considerevoli.

Di fronte a questioni di tale natura appare evidente l’esigenze di “super-norme”. Tipicamente, una super-norma è la Costituzione, dato che naturalmente può essere modificata, ma per fare tutto questo è necessaria una procedura assai più complicata. Non è un caso che da parte liberale si sia spesso invocata l’esigenza di porre una tutela costituzionale di fronte alla possibilità, per il Parlamento, di tassare le famiglie e il mondo produttivo, e anche di manipolare la moneta, aumentando la massa monetaria e producendo quindi inflazione.

Se non si volesse necessariamente offrire una garanzia costituzionale agli investimenti nell’energia nucleare si può comunque immaginare una Fist Rule quale è quella che fu proposta su “Il Foglio”, un paio di anni fa, da Michele Fiorini ed Ernesto Felli. L’idea è semplice e ingegnosa: per dare più stabilità alle norme, si può ipotizzare che una legge approvata, ad esempio, con il 90% dei voti di deputati e senatori possa essere abolita nel corso del primo decennio di vita solo se, in un momento successivo, trova in Parlamento un 90% di votanti disposti ad abolirla.

Una legge che aprisse la strada al nucleare e che trovasse in Parlamento una maggioranza davvero ampia, in presenza di una Fist Rule potrebbe forse proteggere meglio l’investitore. Può darsi – come hanno sottolineato gli stessi Felli e Fiorini nel loro intervento – che quella della Fist Rule sia un’idea da perfezionarsi e svilupparsi ulteriormente, ma è senza dubbio vero che è in questa direzione – di regole più “rigide” – che ci si deve orientare.

Diversamente, pochi avrebbero voglia e interesse a impegnare capitali in iniziative tanto rischiose. A meno che non si tratti di quelli del solito, e ignaro, contribuente.

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Campioni d’Italia /2010/08/11/campioni-ditalia/ /2010/08/11/campioni-ditalia/#comments Wed, 11 Aug 2010 15:29:14 +0000 Camilla Conti /?p=6762 Ultima notizia dal libero mercato. Dopo l’acquisizione definitiva di International Power da parte di GdF-Suez, l’Inghilterra non ha più gestori di energia a controllo inglese. Il settore elettrico di Sua Maestà Britannica è ormai gestito da francesi, cinesi, tedeschi e spagnoli. L’operazione con cui GdF si è portata a casa il 70% di International Power, creando un gruppo che, nelle intenzioni, dovrebbe diventare il primo al mondo, con posizioni di leader nelle regioni a maggior crescita, come l’America Latina, il Medio Oriente e l’Asia, non è stata commentata dal governo inglese. Viceversa il premier francese, François Fillon, ha dichiarato che una tale operazione industriale “dimostra la vitalità delle grandi imprese francesi, in un settore particolarmente strategico”. Entusiasmo prevedibile, anche perchè GdF è finanziata in maniera sostanziale dallo Stato , che ne detiene il 35%.  Anche la Francia ha aperto il suo mercato dell’energia, ma è difficile pensare che lo lascerà passare sotto controllo straniero. E l’Italia? Ha ragione  fabrizio Onida a sostenere sulle pagine del Sole24Ore che tutti i Paesi attuano misure per favorire i propri campioni nazionali e attrarre investimenti. Non c’è alcun motivo per scandalizzarsi: che male c’è se lo facciamo anche noi? In realtà, come ben dimostra l’operazione Gdf, ci sono due Europe: quella francese, che sostiene i campioni, ma anche quella britannica che al contrario non ha mai esitato troppo a cedere le sue utilities. Per quanto ci riguarda, l’Italia ha assistito a un’irruzione nel mercato nazionale dell’elettricità grazie al portage fatto fare, anni fa, dalle banche alla Fiat degli Agnelli a favore di Edf su Edison. Irruzione che oggi si sta praticamente sciogliendo nella vicenda A2A. Nel nostro caso il nodo principale da sciogliere è la politica industriale sul nucleare. Se i progetti allo studio rimarranno solo sulla carta, allora l’azionista pubblico si dovrà porre il problema di spingere Enel non solo a ridimensionare il debito per continuare ad assicurare i dividendi allo Stato. Ma anche ad accelerare lo shopping mondiale. Stesso discorso vale per Terna che ha un debito risibile e oggi potrebbe finanziare importanti acquisizioni con mere operazioni di mercato a basso costo. Perché campioni non si nasce, ma si diventa.

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Agenzia nucleare: Gabanelli, Veronesi e le cose serie /2010/07/27/agenzia-nucleare-gabanelli-veronesi-e-le-cose-serie/ /2010/07/27/agenzia-nucleare-gabanelli-veronesi-e-le-cose-serie/#comments Tue, 27 Jul 2010 11:07:00 +0000 Oscar Giannino /?p=6646 Premessa: non avrei indicato Umberto Veronesi, alla guida dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Seguito: che il Corriere della sera stronchi oggi Veronesi, dopo averlo ospitato, pubblicando come alfiere della competenza in materia Milena Gabanelli, io lo trovo abbastanza ri-di-co-lo. Conclusione amara: il nucleare sta tornando a essere mera occasione di scontro ideologico, quel che hanno sempre voluto i suoi interessati nemici, sapendo che è la loro solita ma vera e temibile arma segreta per non farlo fare. Non desidero rubare il mestiere al nostro Carlo Stagnaro, che ci illumina – è il caso di dire – in materia energetico-ambientale sui pregiudizi antisviluppisti diffusi nel nostro Paese, tra i suoi intellettuali e media prevalenti. Chi ci leggem, sa come la pensiamo. Dati alla mano, non perché mattacchioni lunatici. Nucleare e rinnovabili alternative devono convivere, basta che lo Stato non dissipi risorse con incentivi a piffero che distorcono costi e – nel caso italiano – bollette al consumatore finale.

Ci siamo più volte occupati dei ritardi ingiustificati relativi alla costituzione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, senza di cui non si mette in moto l’intero processo di riapertura del nucleare in Italia. Sono passati due anni dacché il governo è in carica. Diciamo che per essere fermi a questo punto un anno buono poteva essere risparmiato, se davvero ci si credesse. In primis le grandi aziende energetiche italiane hanno dovuto prendere atto che è meglio andarci piano con previsioni di massicci investimenti.

Eppure, tutti i sondaggi mostrano che gli italiani sul tema non sono più sotto l’effetto della ventata emotiva che seguì a Chernobyl, e che gonfiò il vento del referendum antiatomo del novembre 1987. Fu l’occasione per una delle più favolose megatangenti alla politica, unendo maggioranza e opposizione di allora, sui costi di conversione non solo di Montalto ma di un gran numero di centrali elettriche in costruzione verso il sistema a ciclo combinato, effetto di quella scelta nelle urne in cui cavalieri dell’ideale divennero strumenti – consapevoli, ero portavoce nazionale dell’unico partito che allora fece campagna pronucleare, erano tutti consapevoli e so quel che dico – di una delle più colossali e spregevoli lobby di tangentari che mai storia italiana abbia visto all’opera.  Ho avuto personalmente le prove che il Pci dell’epoca, rappresentato puntualmente nel cda Enel pre-apertura al mercato del suo capitale, compartecipò all’affare. E’ anche per questo che, quando assisto alle virate incongrue della politica su questi temi seri , so bene che al di là dei sondaggi – sui temi seri è la politica seria che deve guidare i sondaggi spiegando alla gente perché convengano cose che alla gente istintivamente non piacciono, non viceversa -  sono affamati interessi suid enari pubblici, a scendere in campo come lupi travestiti da agnelli. Nell’ala riformista del Pd e nella parte meno ideologica dell’ambientalismo italiano, per esempio, sul nucleare in realtà molto è cambiato, rispetto a 23 anni fa.  E’ la cattiva politica, che alla fine taglia l’erba sotto i piedi ai Morando e ai Chicco Testa e ai Realacci. E che riduce di nuovo tutto a puro torneo medievale. Con Bersani che boccia tutto riscoprendo “il grande pericolo atomico” , e la Bonino che ritorna pasdaran.

In questa situazione, avrei io scelto il professor Umberto Veronesi, per guidare l’Agenzia della sicurezza nucleare? No, e non solo per questioni di età o diretta competenza amministrativa, oltre che di fisica e impiantistica. Non lo avrei scelto perché, individuando il grande oncologo come una contraddizione della sinistra, in quanto nuclearista che non si nasconde come tanti nel Pd oggi, il centrodestra segna un modestissimo punto mediatico, che si esaurisce in poche ore una volta che finirà l’eco delle dimissioni da senatore alle quali bersani lo ha costretto. Ma in compenso così facendo il centrodestra spinge strutturalmente Pd e opposizione a indurire ulteriormente i toni antinuclearisti. L’esatto opposto di quel che serve ed è prioritario per il futuro di un più equilibrato mix energetico nazionale. Come sempre o quasi, al centrodestra manca una regia oculata dei tempi e dei modi della politica, e come chi usa la spada negli spazi ristretti in cui è d’uopo al massimo il pugnale, finisce per farsi male da solo e danneggiare la causa che sostiene.

Fatta questa premessa, trovo assolutamente ridicolo che in tutto questo il Corriere oggi riservi la stroncatura di Veronesi, in nome della competenza e del fatto che bisogna occuparsi solo di ciò che veramente si sa, a un volto della tv come Milena Gabanelli. La sua trasmissione su Raitre spesso confonde la tutela del consumatore con l’eccesso permanente ma è comunque utile, nel panorama dell’asfittica ribalderia televisiva che va in onda abitualmente. Ma non mi risulta che l’ottima Milena pubblichi sul Journal of Physics né su Science…

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Relazione annuale di Ortis. Liveblogging /2010/07/15/relazione-annuale-di-ortis-liveblogging/ /2010/07/15/relazione-annuale-di-ortis-liveblogging/#comments Thu, 15 Jul 2010 09:09:04 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6520 Oggi il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, ha letto la sua ultima relazione annuale. Oltre a evidenziare le persistenti criticità – con particolare enfasi sulla scarsa competizione nel gas e sulle inefficienze nel sostegno alle fonti rinnovabili – Ortis ha rivendicato i sensibili progressi nel mercato del gas e soprattutto in quello elettrico verso una maggiore concorrenza. In vari passaggi il presidente ha rimarcato l’importanza dell’indipendenza dell’Autorità, peraltro richiesta dalle norme comunitarie. Senza indulgere in polemiche dirette, ha però accennato alla più recente aggressione – il micromanagement dei tagli presente nella manovra finanziaria – e ha lasciato solo all’immaginazione (e alla memoria) le polemiche precedenti, sui ripetuti tentativi di menomare l’autonomia del regolatore energetico. Ortis è stato bravo nel leggere in parallelo il bilancio di quest’anno di regolazione ed evoluzione dei mercati energetici, coi risultati ottenuti durante l’intero mandato. Implicito nelle sue parole era l’auspicio che l’Aeeg sia tutelata attraverso il dovuto rispetto istituzionale e la nomina di un collegio, alla scadenza dell’attuale a fine anno, in grado di porsi su un sentiero di continuità, esattamente come Ortis ha cercato di proseguire con coerenza il percorso avviato da Pippo Ranci prima di lui. E’ una speranza che mi sento di condividere ed è il modo migliore per chiudere, con umiltà e con orgoglio al tempo stesso, un’avventura che troverà tra pochi mesi il suo epilogo formale.

Qui sotto è possibile trovare i miei commenti, irriverenti e sgangherati, in tempo reale alla relazione di Ortis.

12.07. “Una confessione: essere stato chiamato a tutelare i consumatori, a promuovere la competizione, a servire il mio paese per regolare e controllare nell’accezione einaudiana è stato per me un’esperienza bellissima”.

12.06. “Titoli di coda” di un intero mandato: gratitudine per chi ci ha assegnato “il dovere di guidare, in piena autonomia, una autorità indipendente per un settore così importante”. Gratitudine anche per il personale.

12.04. Evidenzia la continuità col collegio precedente, presieduto  da Pippo Ranci.

12.02. Chiede potenziamente dell’organico, senza aggravio per il bilancio dello Stato e per i consumatori e operatori, tenendo conto che il personale è lo stesso dal 2004 mentre le funzioni sono aumentate. “Confidiamo che sia tenuta in conto la nostra segnalazione sulla manovra finanziaria” nella quale abbiamo dichiarato disponibilità a partecipare allo sforzo economico ma “abbiamo evidenziato la criticità di alcune misure” relative all’organizzazione interna dell’Autorità. Ortis è disposto a partecipare ai tagli ma chiede indipendenza e autonomia nel ripartirli al proprio interno. Sottolinea che l’Aeeg, la quale si autofinanzia, già partecipa al finanziamento di altre autorità (una piccola mostruosità).

11.58. Cosa pensa la giustizia amministrativa dell’operato dell’Aeeg? Ovviamente questo è una proxy della capacità tecnica dell’Autorità. Nei sette anni si è dimmezzato il numero delle delibere impugnate, e quelle annullate sono pochi punti percentuali: il “tasso di resistenza” è superiore al 98 per cento. Impressive.

11.57. Ortis vanta l’impegno al dialogo con gli stakeholder, in particolare attraverso i documenti di consultazione che non solo danno trasparenza, ma anche legittimazione, all’attività di regolazione. E ciò sebbene la consultazione pubblica non sia esplicitamente prevista dalla legge. Questo è un punto molto importante e molto condivisibile, che viene approfondito anche da Stephen Littlechild nel saggio introduttivo al nostro Indice delle liberalizzazioni 2009.

11.55. Sottolinea che l’Autorità “non ritiene opportuno beneficiare” delle sanzioni, che vengono versate al bilancio dello Stato e utilizzate a favore dei consumatori (spero non, ma temo di sì, delle associazioni dei consumatori, sennò il fondo dovrebbe essere chiamato “contro i consumatori”. Ma questa è mia polemica spicciola).

11.48. Rivendica lo sforzo dell’Autorità per informare i consumatori. Frecciata molto indiretta alla manovra tremontiana, come da recente segnalazione inviata a governo e parlamento (qui).

11.46. Le differenze nel mix di produzione rappresenta solo il 15 per cento nella differenza dei prezzi Italia-Ue. Il resto dipende da componenti diverse, in particolare gli oneri. Affermazione pesantissima.

11.42. Sulle bollette elettriche pesano anche gli oneri parafiscali, principalmente quelli per l’incentivazione delle fonti rinnovabili. Gli obiettivi europei sono condivisibili (noblesse oblige) ma proprio perché sfidanti serve efficienza. Il nostro sistema è inefficiente. Da qui costi eccessivi, con l’aggiunta di distorsioni e opacità. Nel 2010 costi di incentivazioni superiori ai 3 miliardi di euro con un incentivo medio pari al doppio del valore dell’energia prodotta. Occorre rivedere durata e livello delle incentivazioni – specie per solare fotovoltaico – e correzione dei malfunzionamenti dei certificati verdi. In alternativa, rischio aumento bollette fino al 20%. A questo scopo Ortis propone, come nel passato, di spostare parte dell’incentivazione dalle bollette alla fiscalità generale (non sono sicuro di essere d’accordo). In caso contrario, sarebbe opportuno fissare gli obiettivi per via politica, lasciando poi all’autorità le modalità per farli rispettare al minimo costo, come nel caso dei certificati bianchi. Abbastanza ragionevole, direi, anche perchè questo potrebbe assicurare “una maggiore stabilità degli incentivi”, modificati quasi una volta all’anno negli ultimi dieci anni. 

11.39. I prezzi italiani sono superiori alla media europea, ma sarebbero ancora più alti senza gli investimenti nel parco di generazione e senza i progressi che sono stati fatti a livello concorrenziali. Circa i prezzi all’ingrosso gas “non esistono ancora riferimenti trasparenti”. Scarsa concorrenzialità “con un operatore dominante in tutte le fasi della filiera”. I maggiori costi all’ingrosso vengono contrastati con bassi costi tariffari. Altra frecciata all’Eni.

11.37. Entriamo nel merito della composizione della bolletta, elettrica e gas. Nel settore elettrico le tariffe per i servizi a rete sono diminuite del 14% in termini reali dal 2004 a oggi, senza pregiudicare gli investimenti (raddoppiati) e la qualità del servizio. Nel settore gas si è scelta la stabilità delle tariffe, per tener conto delle maggiori inefficienze – principalmente per la parcellizzazione di concessioni e operatori nella distribuzione.

11.33. Nel settore elettrico molti più switch in tre anni di quanti se ne siano visti in 8 anni nel mercato del gas.  

11.32. Il mercato elettrico va abbastanza bene. L’avvio della borsa elettrica ha prodotto benefici. Restano da superare le congestioni e da garantire lo sviluppo dei mercati a termine.

11.31. A fronte della bolla internazionale, noi non abbiamo quella “bolla infrastrutturale” “tempo fa paventata da alcuni per impedire investimenti” e che ci impedisce di approfittare dei bassi prezzi internazionali stoccando gas ora per consumarlo quando l’economia tirerà.

11.29. Suggerisce il passaggio di Snam alla Cdp. Boh, marginalmente è meglio, ma non ci vedo tutta sta differenza, visto che Cdp è comunque il principale azionista di Piazzale Mattei. Altra frecciata: la separazione tra Terna ed Enel ha rafforzato, non indebolito, Enel, perché dovrebbe andare diversamente per Eni? Giusto, giustissimo, giusto coi fiocchi.

11.27. Per il settore gas il grado di liberalizzazione resta insufficiente. La capacità di importazione è aumentata solo col rigassificatore di Rovigo e lo sbottigliamento di gasdotti imposto dai regolatori nazionale e comunitario. L’Eni ha il 92% della capacità di importazione e il 65% delle immissioni alla frontiera. La concorrenza è ancora fragile, anche a causa dei comportamenti dell’Eni e “dalla mancanza di un operatore di rete… senza nemmeno un sospetto di discriminazione”, come nel settore elettrico. Quanti minuti passeranno da qui alla prima agenzia di Paolo Scaroni?

11.24. Nel gas crescita investimenti e della capacità di importazione. Attacco durissimo all’Eni sugli stoccaggi: cominciano le danze! Seconda citazione di Saglia. Altro segnale politico?

11.23. Rivendica il ruolo dell’Autorità nel promuovere investimenti, in particolare sulla rete elettrica. “Intendiamo promuovere l’utilizzo di capacità a pompaggio idroelettrico attivando bacini di piccola e media dimensione soprattutto nel Sud”: giusto punto, dato il vincolo degli obiettivi comunitari.

11.21. Il processo di liberalizzazione e integrazione dei mercati soffre ancora di anacronistiche resistenze protezioniste e carenze infrastrutturali.

11.20. Abbandonare il cap and trade per adottare un meccanismo integrato che comprenda anche border taxes. D’accordo sulla prima metà, molto scettico sulla seconda, ma è fondamentale che l’Autorità per l’energia evidenzi esplicitamente il fallimento degli attuali strumenti europei. Que viva el Presidente!

11.19. Sia pure nell’ambito della discussione sulla speculazione e l’intervento europeo per contenerla, Ortis ringrazia esplicitamente Stefano Saglia. Segnale politico?

11.18. La speculazione è cattiva. Vabbé Pres., questa gliela perdono.

11.15. Per combattere la fame energetica e perseguire lo sviluppo sostenibile servono le liberalizzazioni. La riduzione di componenti tariffarie e il meccanismo competitivo hanno contenuto la dinamica dei prezzi – rispettivamente in ragione del 40 e del 60 per cento. Ben detto!

11.12. Prende la parola Ortis. Ringrazia Leone e tutti quelli che deve ringraziare. Promette brevità “anche se con più difficoltà del passato”, vista l’esigenza di fare un bilancio di un mandato “concluso e non rinnovabile”.

11.09. Parla il vicepresidente della Camera dei deputati, Antonio Leone. Introduzione business as usual. Leone sottolinea, in particolare, l’ “interesse nazionale” a ridurre la dipendenza esterna e enfatizza il ruolo del nucleare.

11.08. Sta iniziando la presentazione della relazione annuale del presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis. Si tratta dell’ultima relazione del suo mandato. Ortis farà i fuochi di artificio? Qui la diretta video.

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BP-Eni, l’idea non era balzana. Un po’ di charts /2010/07/14/bp-eni-lidea-non-era-balzana-un-po-di-charts/ /2010/07/14/bp-eni-lidea-non-era-balzana-un-po-di-charts/#comments Wed, 14 Jul 2010 09:24:48 +0000 Oscar Giannino /?p=6516 L’idea lanciata qualche giorno fa di mandar avanti ENI con offerte per l’upstream pregiato di BP non era poi così balzana, visto che nel frattempo le prime compagnie petrolifere USA iniziano a farsi sotto strappando il titolo verso l’alto di 10 punti,  e Abu Dhabi vuole acquistar quote di BP per prenotarne il diritto ad acquisirlo in futuro.  Intanto, tutti sperano che il nuovo “tappo” tenga, nelle profondità del Golfo del Messico. Ma in casi come questi, un azionista pubblico di controllo – il governo italiano, per ENI – o ha al suo interno o è in grado di procurarsi fini expertises di settore, in grado di vagliare tempi e modi per operazioni straordinarie valutandone l’impatto sul titolo ENI, il suo debito, i tantissimi primari fondi internazionali presenti nel suo capitale; ed è capace al tempo stesso di decidere nei tempi rapidi imposti dal mercato una volta confrontatosi col management della società; oppure tanto per cambiare si pone – e pone l’azienda – su un piano di assoluta subordinazione rispetto agli sviluppi di mercato, fatti da operatori del mercato con logica di mercato. Una logica che comprende anche  il cinico diritto di prender per sè a buon prezzo il meglio di chi è in grave difficoltà ed esposto ad azioni multipulrimiliardarie come BP. Intanto, qui oltre 50 utili videografiche del caso Deepwater Horizon-BP  rispetto aglia ndamenti e consumi e interessi energetici globali, e qui la graduatoria stimata complessiva globale dei più gravi incidenti della storia.

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Liberalizzazioni: bene anche i Radicali e bentornata Emma /2010/06/23/liberalizzazioni-bene-anche-i-radicali-e-bentornata-emma/ /2010/06/23/liberalizzazioni-bene-anche-i-radicali-e-bentornata-emma/#comments Wed, 23 Jun 2010 18:05:02 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6348 Dopo le sei proposte di Pierluigi Bersani, oggi sono venuti allo scoperto i Radicali. I leader del partito – Emma Bonino, Mario Staderini, Michele De Lucia e Marco Beltrandi – hanno illustrato un pacchetto di emendamenti alla manovra finanziaria. Il senso generale delle proposte è quello di “raddrizzare” le storture dell’intervento tremontiano, giudicato molto duramente:

misura strutturale, tagli lineari, interventi emergenziali, settoriali o a colpi di “una tantum”. Misure inique, dunque, dall’efficacia limitata, ma soprattutto senza alcuna prospettiva, per il nostro Paese, di riforme, crescita, sviluppo. Per distribuire ricchezza, bisogna prima produrla; in caso contrario, si distribuisce solo povertà, se non – addirittura – miseria.

La diagnosi è, sostanzialmente, condivisibile, al netto della polemica politica. E la terapia?

Pensioni. I Radicali suggeriscono un graduale innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per tutti i lavoratori, uomini e donne, pubblici e privati, a decorrere dal 2018. Coi risparmi così realizzati, si suggerisce di creare strumenti più efficaci e affidabili degli attuali destinati al “sostegno del reddito, alla formazione e al reinserimento nel mercato del lavoro“. So che va molto di moda, e so di andare controcorrente, ma entrambe le misure mi lasciano perplesso. Per quel che riguarda l’età pensionabile, il mero innalzamento è un second best: il first best sarebbe la piena liberalizzazione dell’età del pensionamento, in cambio dell’abolizione di qualunque livello minimo della rendita pensionistica. In fondo, se uno vuole smettere di lavorare a 40 anni, perché vive in campagna e ha l’orto si sostenta da sé, e dunque per le spesucce gli basta un assegno da 100 euro vita natural durante, perché impedirglielo? Per quel che riguarda la costruzione di un welfare “nordico”, è questione complessa a piena di implicazioni, ma quanto meno la contropartita non dovrebbe essere il mero equilibrio contabile – meno pensioni contro più tutele – ma anche regolatoria – più sostegno ai lavoratori in cambio di un mercato del lavoro più libero. Ecco, questa seconda gamba non c’è, e in sua assenza non so se il gioco possa valer la candela. Ne abbiamo discusso qui.

Voucher. Sulla sanità, i Radicali propongono una proposta rivoluzionaria ma monca – o, almeno, insufficiente. Suggeriscono infatti di dotare ciascun individuo di una serie di “buoni sanità” utilizzabili per tutti i servizi di cura e assistenza. I voucher hanno una serie di vantaggi indiscutibili, che vanno dalla regolarizzazione di una serie di posizioni lavorative in particolare nell’assistenza, alla possibilità di creare forme di competizione tra le strutture pubbliche, e tra queste e le strutture private. Il problema è che, in un contesto ampiamente statizzato come il nostro, i voucher sono utili ma non sufficienti: occorre iniettare maggiori dosi di privato, creando un contesto competitivo che sia veramente equo. Ma, per evitare che questa appaia come una critica “benaltrista”, non ho problemi a dire che non c’è alcun motivo di avversare la proposta, mentre ci sono molti e buoni motivi per sostenerla. Comunque, la nostra posizione sul tema sta qui (e in un libro di prossima pubblicazione a cura di Alberto Mingardi e Gabriele Pelissero per IBL Libri: stay tuned).

Isae. Di fatto qui si vuole salvare, cambiandogli la faccia, l’Isae. Boh.

Liberalizzazioni. Qui sta della ciccia davvero sugosa, e forse è il capitolo più interessante e rivoluzionario dell’intero pacchetto di riforme radicali. La prima e più bella consiste nella sostanziale abolizione dell’Inail, consentendo l’ingresso dei privati nel mercato assicurativo degli infortuni sul lavoro. Credo noi dell’IBL siamo stati tra i primi a suggerirlo, qui. Sulle banche, si propone l’istituzione di un’autorità di controllo sull’attività delle fondazioni di origine bancaria e si suggerisce il ripristino del divieto di impresa nei settori non bancari e non finanziari: lasciamo perdere. Sulle infrastrutture energetiche si propone la separazione proprietaria delle reti, in particolare quella gas, dagli incumbent. Non è disponibile il testo della proposta, quindi non la so valutare tecnicamente (in realtà non serve una legge, serve solo una data per rendere efficace quello che la normativa vigente già impone), comunque il principio è giusto e coraggioso, come spiego qui. Libri: si suggerisce una parziale liberalizzazione dei prezzi, consentendo al librario di praticare sconti superiori al 15 per cento nei 20 mesi successivi alla pubblicazione (chissà perché solo per un periodo di tempo limitato). Buono ma poco coraggioso. Qui le buone ragioni per un intervento più… radicale. [UPDATE: Come spiegato nei commenti, l'emendamento radicale ha l'effetto di liberalizzare completamente i prezzi dei libri, perché questi sono già liberi a partire dal ventesimo mese dalla pubblicazione. Mi scuso per l'errore]. Sale cinematografiche: togliere alle regioni il potere di programmare (o impedirne) l’apertura. Giusto. Ne abbiamo parlato, con una riflessione più ampia sulle regolamentazione del commercio, qui. Idem per la liberalizzazione delle vendite dei giornali. Viene poi proposto un significativo alleggerimento dei vincoli alle vendite sottocosto (ma, anche qui, perché non liberalizzarle del tutto?). Infine, conclusione in bellezza: abolizione del valore legale del titolo di studio. Hip hip hurrà!

Costi della politica. Riduzioni assortite dei contributi pubblici ai partiti. Why not?

Risparmi nella pubblica amministrazione. Il primo emendamento propone di privilegiare il software open source rispetto a quello proprietario. Mi lascia molto perplesso: non c’è ragione a priori di ritenere l’uno meglio dell’altro, specie quando il software serve per svolgere funzioni precise. Non metto link perché non trovo, ma sono sicuro che anche questo l’avevamo detto qualche anno fa, quando se ne era parlato. Poi c’è un tentativo di rendere un filo più civili le nostre norme sull’immigrazione, e non possiamo che approvare. E infine c’è la questione della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, su cui è superfluo dire che siamo del tutto allineati.

Stato di diritto e fisco. Vengono eliminati gli interventi più violenti e da stato di polizia tributaria contenuti nella manovra tremontiana. Avanti tutta!

Fiscalità ambientale. Vengono avanzate tre proposte: una carbon tax il cui gettito sia impiegato per ridurre il carico fiscale sul lavoro. Promossa. La costituzione di un fondo di garanzia contro i danni delle estrazione offshore (mica siamo in Louisiana, perbacco). La riduzione degli incentivi all’eolico: qui non è chiaro come, ma di fatto un provvedimento del genere, e persino esagerato, c’è già nella manovra. Il problema è complesso e penso di tornarci presto in modo più ampio, ma mi pare anzitutto sia necessario distinguere tra impianti esistenti o autorizzati (per i quali pacta sunt servanda) e installazioni future. Inoltre non ne capisco la logica: in un’ottica di carbon tax, tutti i sussidi andrebbero aboliti. Inoltre, e questo ha dell’incredibile, credevo fosse ovvio che il vero scandalo in questo paese non sono i sussidi all’eolico, ma quelli al solare fotovoltaico. Se proprio si deve, pregasi iniziare da lì.

Tutela delle aree protette. I radicali vorrebbero restituire ai parchi i soldi tolti da Tremonti. Vade retro!

Urbanistica. Sono molto combattuto su questo emendamento, che vorrebbe rintuzzare le ambigue aperture della manovra sulla possibilità di re-introdurre imposte sugli immobili negli enti locali. Da un lato, mi sta bene: serve a contenere la pressione fiscale totale. Dall’altro insomma: se davvero dobbiamo prendere sul serio la riforma federalista, il problema non è impedire agli enti locali di autofinanziarsi come gli pare, ma tagliare le unghie al fisco centrale.

In conclusione: il pacchetto è ampio e variegato, ma la maggior parte delle proposte sono più che sensate. Quindi, nella maggior parte dei casi speriamo vengano approvate, sapendo che ciò non accadrà. Fa piacere, e mi scuso per la conclusione un filo polemica, scoprire che la Dott.ssa Bonino-Jeckyll ha ripreso il sopravvento su Miss Emma-Hyde che, durante la corsa alienata per la presidenza del Lazio, aveva subito una mutazione genetica nel solco tremontian-rifondarolo. Bentornata tra noi!

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Obama a picco nel Golfo del Messico, due numeri /2010/06/13/obama-a-picco-nel-golfo-del-messico-due-numeri/ /2010/06/13/obama-a-picco-nel-golfo-del-messico-due-numeri/#comments Sun, 13 Jun 2010 14:44:51 +0000 Oscar Giannino /?p=6261 Negli States e in UK Obama sta letteralmente perdendo la faccia nei sondaggi, dopo che il 28 maggio si era dichiarato generale in capo dell’operazione “stop the oil bleeding ‘nd make BP pay for it each single dime”. Da noi, la faccenda scalda per nulla le cronache, al di là delle trombe dei soliti sostenitori della decrescita…. è utile questa infografica, sui consumi energetici mondiali e loro andamento nel tempo, in un solo colpo d’occhio.

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Nucleare entro tre anni. Perché non si può /2010/04/26/nucleare-entro-tre-anni-perche-non-si-puo/ /2010/04/26/nucleare-entro-tre-anni-perche-non-si-puo/#comments Mon, 26 Apr 2010 14:50:30 +0000 Carlo Stagnaro /?p=5786 Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha spiazzato tutti promettendo che i lavori per la prima centrale nucleare in Italia “saranno iniziati entro tre anni“. La determinazione del Cav. è inedita e lodevole, ma bisogna stare attenti a fare promesse che non si possono mantenere. Sarebbe più utile concentrarsi sui più modesti, ma necessari, obiettivi di breve termine, senza i quali non avremo l’atomo né tra tre, né tra trent’anni.

Sono almeno tre le ragioni per cui promettere che la “prima pietra“, per usare la poetica espressione di Claudio Scajola, sarà messa entro la fine della legislatura. La prima è che, semplicemente, non ci se la può fare. La tempistica per sviluppare e autorizzare un progetto è intrinsecamente più lunga del tempo che ci separa dalla naturale scadenza della legislatura. Lo avevo scritto due anni fa, quando la prima pietra è stata scagliata, e lo confermo oggi. A quelle motivazioni, che restano sostanzialmente valide nonostante gli importanti passi avanti compiuti con la legge 99/2009 e il decreto 15 febbraio 2010, n.31.

In primo luogo, l’Italia, a oggi, non si è ancora dotata dell’apparato regolatorio richiesto, oltre che dal buonsenso, dalle norme internazionali e comunitarie. Se anche un soggetto volesse presentare un progetto, non avrebbe lo “sportello” a cui depositarlo, e non conoscerebbe gli standard tecnici da rispettare. C’è un motivo per cui queste informazioni non esistono: da cinque mesi il paese attende la creazione dell’Agenzia di sicurezza nucleare, il cui statuto continua a rimbalzare tra il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente senza trovare, per ora, una chiusura. Sebbene le voci di corridoio dicano che la composizione è ormai vicina, niente statuto, niente Agenzia. Peraltro, non di solo statuto è fatta un’Agenzia: servono anche i nomi. Per quel che riguarda il collegio, siamo ancora in alto mare e, se alcuni nodi si sono sciolti (la rosa degli aspiranti presidenti e commissari avrebbe ormai pochissimi petali, alcuni dei quali di indubbio valore), altri restano insoluti.

Sul piano industriale, intanto, continuano le schermaglie: la cordata principale, quella paritetica tra Enel ed Edf, scalpita, ma attorno a essa il mondo è ancora magmatico. Finché Scajola non riuscirà a trovare un ragionevole equilibrio tra gli interessi contrapposti – tanto per citare alcuni comprimari particolarmente vocali, sono al momento a bocca asciutta o quasi A2a e Finmenccanica – la situazione resterà quella, confusa, descritta qualche giorno fa su Repubblica da Luca Iezzi.

Secondariamente, è la stessa tempistica dettata dalle norme oggi approvate che allunga, e non di poco, i tempi. Il nostro Diego Menegon ha fatto i conti in questo Briefing Paper: dal momento in cui le norme sono presisposte, ci vogliono almeno 6-10 mesi perché sia emanata la Strategia energetica del governo, che assieme alle delibere dell’Agenzia dovrebbe delineare il quadro entro cui situare gli investimenti; poi ci vogliono 90 giorni per certificare i siti candidati a ospitare gli impianti, a cui farebbe seguito l’istanza di autorizzazione a costruire impianti, della durata potenziale fino a 14 mesi. Arriviamo così facilmente alla seconda metà del 2011. A questo punto sarà possibile depositare un progetto, per il quale sono necessarie l’Autorizzazione integrata ambientale e la Valutazione di impatto ambientale: a essere ottimisti, ci vorrà un anno, dopo il quale riprenderà la fase concertativa con gli enti locali. Quindi, si potrebbe arrivare alla prima metà del 2013 con un’autorizzazione in mano solo se (a) l’Agenzia e tutti gli altri aspetti normativi fossero immediatamente risolti; (b) l’Agenzia iniziasse subito a lavorare a pieno regime (cosa non scontata data la provenienza eterogenea del personale, non sempre abituato a ritmi di lavoro adeguati); (c) la Corte costituzionale bocciasse, il 22 giugno, il ricorso delle regioni, e contemporaneamente accogliesse quello del governo contro le tre regioni anti-atomo, altrimenti tutto salterebbe per aria; (d) durante l’iter autorizzativo, tutto filasse liscio come l’olio, con progetti a prova di bomba ed enti locali collaborativi; (e) durante e dopo l’iter autorizzativo, nessuno presentasse ricorsi al Tar o simili. Mi sembra che ipotizzare un simile andamento sia del tutto irrealistico. Nel mezzo, ci sarebbero da disinnescare altre mine vaganti come l’individuazione del sito per lo smaltimento delle scorie.

Con questo non voglio fare il pessimista o lo iettatore, ma solo sottolineare che tornare al nucleare è una faccenda dannatamente complessa, che mal si presta a prendere scorciatoie più o meno populiste. Oltre che complesso, creare le condizioni per tornare all’atomo è anche uno sforzo necessario e importante, che richiede la maturità del governo (vabbé) e dell’opposizione (doppio vabbé), oltre che un’adeguata campagna di informazione che sensibilizzi i cittadini dei potenzili siti (vabbé coi fiocchi). Promettere, o enfatizzare, termini che già si sa di non poter rispettare può essere una strategia controproducente, anche se nell’immediato fa molto rumore (tra gli applausi dei supporter e i fischi degli altri). Rischia, però, di essere tanto, troppo rumore per nulla.

PS Ringrazio Antonio Sileo per avermi segnalato un errore sulla tempistica della Corte Costituzionale.

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Ci siamo illuminati di più /2010/02/12/ci-siamo-illuminati-di-piu/ /2010/02/12/ci-siamo-illuminati-di-piu/#comments Fri, 12 Feb 2010 21:58:19 +0000 Carlo Stagnaro /?p=5159 Anche quest’anno la Luce ha vinto contro l’Oscurità. Qui sotto il grafico del fabbisogno elettrico (linea rossa) rispetto alla domanda prevista (linea verde). Alle 17, quando i sith dell’ecologismo hanno invocato le tenebre, la domanda eccedeva la previsione di quasi 1.000 MW. Anche quest’anno la gente, col suo quotidiano plebiscito, ha scelto il progresso.

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