Stephen Cecchetti è uno dei più meticolosi e affidabili economisti dell’intermediazione finanziaria che io conosca, cresciuto alla grande scuola dell’Ufficio Studi della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, l’istituzione alla quale ho spesso reso omaggio come una delle pochissime che abbia cercato – inascoltata – di mettere sull’avviso dal 2002 in avanti dei rischi d’instabilità enormi “accesi” dai bassi tassi praticati da Greenspan. Nel suo più recente paper, Cecchetti e due junior della BRI approfondiscono che cosa oggi rischiamo. Paradossalmente, il costo della crisi è peggiore se non si realizzano crisi dei debiti sovrani. Può sembrare un controsenso, da parte di un’istituzione che presiede alla stabilità. Al contrario, dà l’idea dei tempi pazzi che viviamo: grazie ai governi al potere, che aggiungono in proprio errori a quelli dei regolatori precrisi. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino Mercato del lavoro, credito, finanza, fisco, mercato crisi bancarie, crisi del debito sovrano, disoccupazione, recessione
L’Economist affronta in questo e questo articolo il tema di che cosa l’America e l’Europa abbiano reciprocamente da imparare, considerando i rispettivi tassi di disoccupazione. Effettivamente, il tasso medio dell’euroarea è poco sotto il 10%, quello USA l’ha appena superato. Ma ciò che offre argomento su cui riflettere è che in Europa Germania e Italia, i due paesi più manifatturieri ed esportatori che proprio per questo perdono tra i 6 e i 5 punti di Pil dacché la crisi è iniziata, sono tra quelli coi più bassi tassi di disoccupazione. C’è di che fare trionfalismo? Immaginavo di leggerne, oggi, sui media italiani che lo accostano all’annuncio che abbiamo superato come sesto paese al mondo il Regno Unito, e all’indicatore anticipatore Ocse – uno strumento del tutto inservibile, dal punto di vista quantitativo, che da qualche mese è però la delizia della politica italiana – che torna a dire che l’Italia uscirà dalla crisi meglio di tanti altri. Così è, infatti, la retorica impazza. Secondo me, di gonfiare le gote non è il caso. Di riflettere, sì. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino liberismo, mercato, welfare crescita, disoccupazione, Italia, ue, USA, welfare
La delusione di venerdì sui posti di lavoro persi negli Stati Uniti a settembre – quasi 100 mila più del previsto – si è riverberata su tutti i mercati. L’Ecofin tenutosi a Stoccolma si è chiuso con un comunicato assai più prudente, rispetto all’ottimismo che ispirava l’ampio documento approvato dal G20 a Pittsburgh pochi giorni prima. In America, tutti hanno preso a interrogarsi sull’amara realtà che sembra prospettarsi per un futuro che sembra abbracciar tutto l’anno a venire: il ritorno del segno positivo sull’andamento trimestrale del PIL, ma con una disoccupazione che continua a crescere. Sono 8 milioni, i posti di lavoro persi negli USA dacché la recessione è tecnicamente cominciata (qui il diagramma a paragone delle altre crisi USA, e la curva da tener presente è quella segmentata rossa, peggiore di quella coerente ai dati attualmente stimati, perchè calcolata sulla base dell’attesa revisione annuale dei parametri statistici di rilevamento, reviusione che avviene ogni anno a febbraio) . E purtroppo anche da noi, in Italia e in molti Paesi europei, cresce la probabilità che il futuro prossimo sia analogo. Come bisogna reagire? Che cosa può fare l’Italia, poiché in Europa nell’attuale crisi ogni Paese deve sostanzialmente far da sé e dunque non a tutti è consentita una strategia analoga, in ragione del diverso peso esercitato dal debito pubblico ereditato dal passato? Di sicuro servono a poco, le polemiche politiche, gli scontri sociali, le tensioni tra banche e imprese. Tre indicatori aiutano invece a riflettere meglio, per capire che cosa sia più opportuno fare. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino credito, finanza, fisco, liberismo, mercato crescita, disoccupazione, Italia, moltiplicatore keynesiano, pressione fiscale, spesa publica, Tremont bonds, USA
I dati odierni sulla disoccupazione americana a settembre confermano quanto vi stiamo scrivendo da mesi. L’uscita dalla crisi preconizzata come già avvenuta nei comunicati ottimistici di tanti meeting internazionali resta per il momento un wishful thinking. L’America si interroga, a differenza di noi, sull’effetto degli incentivi all’auto. La conclusione è: finché non si incide il ferro nel bubbone banco-finanziario, l’ottimismo è incongruo. Perché il galoppo della spesa pubblica e del quantitative easing delle banche centrali - che i più intendono oggi rafforzare ulteriormente – si stanno rivelando la risposta sbagliata.
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Oscar Giannino credito, finanza, fisco, liberismo, mercato aiuti di Stato, auto, disoccupazione, Stati Uniti
Gli Stati Uniti applicheranno il concetto di accountability nel suo significato più profondo in lingua italiana. Cioè: sparare cifre a casaccio sapendo che nessuno le potrà smentire (noi siamo andati oltre, nel senso che non spariamo neanche più le cifre, ma date tempo al tempo e Barack Obama ci raggiungerà).
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Carlo Stagnaro liberismo disoccupazione, mankiw, Obama, occupazione, stimoli
Gli ottimisti si aspettavano non più di 250 mila disoccupati in più negli Usa, ad agosto. Sono stati 298 mila, documenta l’ADP. Solo nelle costruzioni, sono 73 mila i nuovi disoccupati del mese, in contrazione da 31 mesi a questa parte, per circa 1.600 mila lavoratori in meno nel solo settore edilizio. Una riflessione meritano anche i dati delle vendite di veicoli negli USA ad agosto, che trovate qui. L’effetto degli incentivi pubblici all’acquisto – ben 4.500 dollari in cambio di rottamazione – si è risolto in un miserrimo più 1% sull’agosto 2008. Le minute dell’Open Market Commitee della FED di mezzo agosto, appena rese disponibili, recitano che a giudizio del regolatore monetario americano l’andamento dei consumi USA resta assai più depresso del previsto, malgrado tutto ciò che FED e governo hanno messo in moto. Si direbbe proprio.
Oscar Giannino mercato auto, consumi, disoccupazione, USA
È assolutamente ovvio che i listini americani oggi non abbiano particolarmente brillato, dopo i dati preliminari sulla produttività americana nel secondo trimestre rilasciati oggi dal Dipartimento del Lavoro. Eppure sono numeri, in apparenza, tali da stappare champagne. Cerchiamo allora di tradurli, visto che confermano in pieno – purtroppo – quanto stiamo scrivendo su questo blog da settimane.
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Oscar Giannino mercato consumi, costo del lavoro, disoccupazione, produttività