E vi stupite che i mercati scommettano contro l’Italia? Nel pomeriggio di oggi il governo ha svelato i suoi due “piani†per tornare a privatizzare e liberalizzare. Due tardivi ritorni di fiamma, della serie: non sappiamo più che pesci pigliare. Privatizzazioni e liberalizzazioni, però, non si fanno di norma perché l’ha ordinato il dottore. Si fanno perché, perdonate la frase da libro Cuore, uno ci crede. Si fanno perché rientrano nella visione complessiva che del futuro di un Paese hanno le forze politiche cui è toccato in sorte di governarlo. Si fanno perché si è capito che a frenare la crescita non è quanto sopravvive in Italia di un’economia privata, ma il socialismo introdotto surrettiziamente nel sistema. Prosegui la lettura…
Alberto Mingardi debito pubblico, liberalizzazioni, privatizzazioni crescita, ordini professionali, società , sviluppo, tassazione
Nello (scarno) dibattito sull’introduzione di una imposta patrimoniale per ridurre lo stock del debito pubblico, molti aspetti sono rimasti in ombra. Per esempio, si è riflettuto poco sul fatto che un intervento dal lato delle entrate, senza un corrispettivo (e duro) intervento dal lato della spesa, avrebbe sì ridotto il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, ma solo per vederlo ricrescere in funzione della naturale tendenza allo “sbilancio” dei nostri conti pubblici. Un altro fattore che è stato incredibilmente trascurato è il dogma dell’immacolata concezione della patrimoniale: come se fosse possibile sottrarre 560 miliardi di euro al settore privato, senza produrre alcuna reazione da parte degli attori economici.
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Carlo Stagnaro macroeconomia crescita, patrimoniale, Pil, recessione, tasse
Quando, il 23 novembre 1986, mi rivolsi ai 35.000 partecipanti alla marcia dei contribuenti di Torino, debuttai dicendo pressappoco: “Siamo qui da neanche un’ora e lo Stato italiano ha speso (?) mila miliardi, ne ha incassati (?) mila e ha contratto nuovi debiti per (?) mila.†Le cifre esatte, ovviamente, a distanza di tanti anni non le ricordo più, ma ricordo l’obiettivo di questa mia premessa. Volevo illustrare la tesi che, come sostenuto da Oscar Wilde, “il tempo è spreco di denaroâ€.
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Guest debito pubblico, spesa pubblica crescita, debt clock, informazione, tasse
Per oggi e per non risultare eccessivo, un ultimo proposito per l’anno appena iniziato. Riguarda più da vicino l’Italia e la Germania, cioè i Paesi dell’Euroearea che più esportano e che vantano la maggior quota di manifattura. A questo proposito il luogo comune da contrastare è quello che di solo export si possa ripartire, in altre parole confidando il più possibile – nel nostro caso – sui pianti anticiclici messi in atto da Paesi che hanno maggiori possibilità di spesa in deficit. Non è così: senza pulizia bancaria vera – nel caso tedesco – e senza riforme di produttività – nel caso nostro, meno tasse ed esternalità negative che gravano sulla produttività multifattoriale, trasporti, logistica, energia etc. – il mercantilismo costruito sui piani pubblici altrui si traduce in crescita bassa. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino commercio mondiale, macroeconomia, welfare crescita, export, germania, Italia
Non è solo nella teoria del mercato e del regolatore pubblico, che occorre porre nuovi paletti tentando di martellarli ben in profondità nella sabbia che oggi c’è sotto i nostri piedi. Serve una visione più ampia. Essere cioè disposti a battersi con grande compostezza ma cocciuta determinazione contro l’altro mito che della rivincita del regolatore pubblico è in realtà padre e incubatore da sempre: la priorità della redistribuzione – del reddito, dei beni e dei servizi – rispetto alla loro offerta secondo princìpi di libertà e vantaggio privato.  Prosegui la lettura…
Oscar Giannino Diritti individuali, liberismo, mercato, welfare crescita, giustizia sociale, redistribuzione
La sfida per l’Italia è riprendere a crescere senza scassare la finanza pubblica. Ora che il commercio internazionale ha ripreso lentamente a salire, altri Paesi stanno cambiando marcia. Per procedere più spediti sulla strada della ripresa. In questa nuova fase, dobbiamo cambiare marcia anche noi, ha detto oggi Emma Marcegaglia agli industriali di Roma. Ma la sfida è di non aumentare il debito pubblico. Solo tassi di crescita più elevati possono nel medio periodo stabilizzare il debito pubblico, tornare nel tempo a farlo decrescere, rendere meglio sostenibili i conti previdenziali, altrimenti nuovamente destinati ad aggravarsi. Ma come? Prosegui la lettura…
Oscar Giannino fisco, liberismo, mercato, privatizzazioni crescita, industria, produttività , Terziario
L’Economist affronta in questo e questo articolo il tema di che cosa l’America e l’Europa abbiano reciprocamente da imparare, considerando i rispettivi tassi di disoccupazione. Effettivamente, il tasso medio dell’euroarea è poco sotto il 10%, quello USA l’ha appena superato. Ma ciò che offre argomento su cui riflettere è che in Europa Germania e Italia, i due paesi più manifatturieri ed esportatori che proprio per questo perdono tra i 6 e i 5 punti di Pil dacché la crisi è iniziata, sono tra quelli coi più bassi tassi di disoccupazione. C’è di che fare trionfalismo? Immaginavo di leggerne, oggi, sui media italiani che lo accostano all’annuncio che abbiamo superato come sesto paese al mondo il Regno Unito, e all’indicatore anticipatore Ocse – uno strumento del tutto inservibile, dal punto di vista quantitativo, che da qualche mese è però la delizia della politica italiana – che torna a dire che l’Italia uscirà dalla crisi meglio di tanti altri. Così è, infatti, la retorica impazza. Secondo me, di gonfiare le gote non è il caso. Di riflettere, sì. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino liberismo, mercato, welfare crescita, disoccupazione, Italia, ue, USA, welfare
Nel Bollettino mensile reso noto stamane la BCE boccia senza appello gli aiuti di Stato all’auto. Non c’è un solo giornale italiano che lo riporti nel suo sito. Repubblica ha tenuto la notizia per un paio d’ore, poi l’ha retrocessa. Inutile chiedersi: come mai? Utile invece interrogare chi ci legge, e che magari è giustamente pronto a strapparsi la camicia in nome della presunta libertà di stampa in materia di politica italiana. Ma invece all’auto-condizionamento rigoroso e assoluto in materia economico-finanziaria – laddove “auto” va letto in chiave polisemica, come fenomeno spontaneo e come mezzo di trasporto – com’è che nessuno fa mai caso? Bisogna dire le cose come stanno: quando si tratta di Fiat e di tutti i direttori che le devono carriera e onori nei media, l’ipocrisia non può che regnar sovrana. Berlusconi se lo sogna, di avere i direttori ai piedi che ha avuto sempre Torino, per il semplice fatto che lui al Corriere e alla Stampa non ha mai – giustissimamente – fatto promuovere o nominato neanche un portiere. Eppure, ripeto, la BCE ha parlato chiaro. Le misure per l’auto non sono solo distorsive in termini di concorrenza: quel che è ancora peggio, deprimono la crescita. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino liberismo, mercato auto, BCE, crescita, Fiat, incentivi, libertà di stampa
Gli andamenti dei Paesi del vecchio mondo avanzato – il G7 – divergono sempre più sostanzialmente da quelli dei Paesi leader – il G5 composto da Brasile, India, Cina, Messico e Sud Africa — del blocco precedentemente noto come Brics, che nel frattempo ha perso la Russia, troppo instabile e troppo dipendente dal solo andamento del prezzo energetico. La divergenza comporta conseguenze sulla exit strategy, ma non solo su di essa. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino finanza, mercato crescita, Dollaro, domanda interna, inflazione, tassi d'interesse
La delusione di venerdì sui posti di lavoro persi negli Stati Uniti a settembre – quasi 100 mila più del previsto – si è riverberata su tutti i mercati. L’Ecofin tenutosi a Stoccolma si è chiuso con un comunicato assai più prudente, rispetto all’ottimismo che ispirava l’ampio documento approvato dal G20 a Pittsburgh pochi giorni prima. In America, tutti hanno preso a interrogarsi sull’amara realtà che sembra prospettarsi per un futuro che sembra abbracciar tutto l’anno a venire: il ritorno del segno positivo sull’andamento trimestrale del PIL, ma con una disoccupazione che continua a crescere. Sono 8 milioni, i posti di lavoro persi negli USA dacché la recessione è tecnicamente cominciata (qui il diagramma a paragone delle altre crisi USA, e la curva da tener presente è quella segmentata rossa, peggiore di quella coerente ai dati attualmente stimati, perchè calcolata sulla base dell’attesa revisione annuale dei parametri statistici di rilevamento, reviusione che avviene ogni anno a febbraio) . E purtroppo anche da noi, in Italia e in molti Paesi europei, cresce la probabilità che il futuro prossimo sia analogo. Come bisogna reagire? Che cosa può fare l’Italia, poiché in Europa nell’attuale crisi ogni Paese deve sostanzialmente far da sé e dunque non a tutti è consentita una strategia analoga, in ragione del diverso peso esercitato dal debito pubblico ereditato dal passato? Di sicuro servono a poco, le polemiche politiche, gli scontri sociali, le tensioni tra banche e imprese. Tre indicatori aiutano invece a riflettere meglio, per capire che cosa sia più opportuno fare. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino credito, finanza, fisco, liberismo, mercato crescita, disoccupazione, Italia, moltiplicatore keynesiano, pressione fiscale, spesa publica, Tremont bonds, USA