CHICAGO BLOG » Consob http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Dell’incredibile Popolare per il Meridione, di Totò e della Consob /2010/08/11/dellincredibile-popolare-per-il-meridione-di-toto-e-della-conmosb/ /2010/08/11/dellincredibile-popolare-per-il-meridione-di-toto-e-della-conmosb/#comments Wed, 11 Aug 2010 19:11:00 +0000 Oscar Giannino /?p=6767 La truffa è arte pura e assoluta, quando tocca vette di maestria nel raggiro della buona fede di centinaia e centinaia di persone. L’articolo 640 del codice penale, per chi è cultore della materia e conosca la giurisprudenza accumulata in decenni di vita italiana, si applica sovente nel nostro Paese a dei maestri sommi della dissmulazione, che non avrebbero sfigurato in scena ai tempi della Commedia dell’arte, che avrebbero benissimo potuto campare quali spalle d’eccezione nei film di Totò, Peppino e Nino Taranto. Uno di questi è con ogni probabilità Lello Cacciapuoti, sedicente principe di Montebello tanto per non farsi mancare nulla sul biglietto da visita, l’ideatore e e realizzatore nella realtà del vecchio detto caro a chi brechtianamente diffida per definizione di banche e banchieri: e cioè che c’è solo una cosa moralmente più grave che rapinare una banca, fondarla appunto.

Cacciapuoti lo ha fatto. Ha raccolto 10 milioni di euro di capitale perché la ”sua” Banca del Meridione era una banca popolare. Bastavano 20 titoli da 100 euro di nominale per diventarne azionisti, e quasi 900 persone, imprese ed enti ci sono cascate. Ha coinvolto nell’iter di promozione e fondazione primari professionisti e accademici napoletani titolari di fior di cattedre universitarie, e financo un ex ufficiale presso lo stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, a fianco di un’improbabile compagnia composta da parenti e amici, nonché da un vetraio a Castellammare. Ha convinto a diventare soci la Popolare di Bari, la Fondazione Banco di Napoli.

Ora spetta ai magistrati Fausto Zuccarelli e Francesco Raffaele, della Procura di Napoli, accertare quanto sarà lunga e grave la lista di reati del sedicente principe, involatosi nel nulla ma, naturalmente, col più del capitale della banca intanto raccolto. La mia esperienza mi dice che non dovrete stupirvi, se il Cacciapuoti, nelle sue dichiarazioni oculatamente girate alla stampa nelle prossime settimane, riserverà veri e propri fuochi d’artificio, tra rivelazioni ad effetto e foschi scenari di oscuri complotti finanziari, domestici e financo -vedrete – internazionali, dei quali tenterà di presenterà vittima. Perché oltretutto ho l’impressione, da quel che si raccoglie riservatamente in ambienti finanziari, che agli 842 soci ufficiali della banca, registrati a raccolta del capitale chiusa, vanno aggiunti altri soggetti, anche al Nord, che si erano fidati delle stratosferiche sparare del principe e gli avevano affidato bei soldini.

Al di là del colore e della vicenda che a questo punto è puramente giudiziaria, però, il caso straordinario di Cacciapuoti e della Popolare per il Meridione non può che far suonare a mille decibel un serio campanello d’allarme. Perché la truffa non si è perpetrata secondo una legge non scritta ma ferrea in materia di truffe, e cioè nella minima unità di tempo possibile perché le vittime del raggiro non aprano gli occhi e chiedano la restituzione del maltolto. E’ una storia andata avanti per 5 anni, dacché il Cacciapuoti annuncia l’idea e affianca a sé i primi stimati professionisti, fino a presentare il progetto alla Confindustria napoletana. L’autorizzazione all’emissione di titoli da parte della costituenda Popolare è regolarmente stata concessa nell’agosto del 2008 dalla Consob. E nell’agosto 2009 l’obiettivo della raccolta è stato raggiunto. Da allora sono passati altri 11 mesi, prima che i tanti rispettabilissimi associati all’impresa capissero che qualcosa non tornava, se la prescritta richiesta di autorizzazione all’attività bancaria non era mai nemmeno stata inoltrata alla Banca d’Italia. E’ partita quando già fioccavano i primi esposti alla magistratura, quando già i buoi erano scapati dalla stalla.

L’autorizzazione Consob, e le 183 pagine di prospetto informativo che sono regolarmente scaricabili dal sito della mai nata Popolare, ci fanno amaramente capire come non ci sia lezione della crisi finanziaria che tenga. La catena di Sant’Antonio, il più classico schema di truffa finanziaria, è nata nell’Italia del Seicento. E’ a tutti gli effetti made in Italy anche il cosiddetto “schema Ponzi”, quello usato con successo per moltissimi anni da Bernard Madoff per raggirare la crema della crema di mezzo establishment finanziario e politico americano. Eppure, proprio nel nostro Paese che da secoli ha purtroppo insegnato al mondo come con carte false si possono estorcere volontariamente denari a risparmiatori e investitori, è ancora del tutto possibile che capitino vicende come questa napoletana. E’ legittimo pensare che il Cacciapuoti rinviasse a oltranza la richiesta a Bankitalia perché tanto esperto delle cose di mondo da sapere bene che lo scrutinio sarebbe stato più intenso e capillare, e non l’avrebbe superato. Ma possiamo solo supporlo. Perché intanto per raccogliere il capitale il placet della Consob era venuto eccome. E non a caso astutamente la forma giuridica della banca prescelta era quella di una Popolare, in maniera che non si dovessero dichiarare ex ante né soci né attività, ma solo il comitato promotore, e nove dipendenti in tutto compreso il direttore generale che per il primo anno sarebbero bastati e avanzati, per quello che c’era da fare.

La Consob replica che l’autorizzazione alla raccolta si basa sull’adempimento dei prescritti requisiti formali richiesti alla presentazione del prospetto. Di qui, le due lezioni che sin qui si possono trarre dalla storia. La prima è che, quand’anche fosse come sostiene legittimamente la Consob, significa con ragionevole certezza che c’è un buco nella regolazione, o nella concreta attività dello sceriffo finanziario. Ed è un buco al quale occorrerà subito rimediare. La seconda lezione non riguarda i regolatori, ma la società civile. Non solo quella napoletana, della Campania tutta e della Puglia, le aree in cui si concentra il più dei soci. Se per cinque anni interi fior di gente del mestiere è stata così grossolonamente raggirata, non è solo frutto della maestria certo singolare di Cacciapuoti. Significa purtroppo che la seduzione del denaro facile attraverso denaro raccolto a sbafo da terzi è ancora molto, troppo diffusa: e proprio in ambienti dove, più che nel resto della tecnicamente sprovveduta società italiana, di quest’ambizione si dovrebbe invece massimamente diffidare.

]]>
/2010/08/11/dellincredibile-popolare-per-il-meridione-di-toto-e-della-conmosb/feed/ 6
Sulla Consob e le critiche di Giavazzi /2010/07/16/sulla-consob-e-le-critiche-di-giavazzi/ /2010/07/16/sulla-consob-e-le-critiche-di-giavazzi/#comments Fri, 16 Jul 2010 17:43:26 +0000 Camilla Conti /?p=6568 Stamani finalmente si è riletto sul Corriere della Sera un editoriale del professor Francesco Giavazzi. E diciamo finalmente perché, con ogni sincerità, preferiamo di gran lunga i suoi – anche se non sempre li condividiamo in tutto – rispetto a quelli recenti di altri editorialisti che indicano la via del “tutto pubblico” per uscire dalla crisi. Crisi in cui ci troviamo perché, secondo gli stessi, l’Italia si è arresa al crac del capitalismo anglosassone. Cioè “l’idea che la mera privatizzazione dell’economia potesse restituirci un’etica pubblica”. Evidentemente c’eravamo addormentati e ci siamo persi il film. Detto questo, stamattina Giavazzi ha fatto il contropelo alla Consob. Ma poiché siamo sensibile al tema affrontato, abbiamo voluto approfondire.  A dire la verità, qualcosa non ci quadra nel ragionamento del professore e abbiamo alcune osservazioni da fare. L’editoriale esordisce puntando il dito sul fatto che l’Autorità della Borsa da un mese è senza presidente. E su questo concordiamo pienamente: il governo dovrebbe preoccuparsi perché così non si tutela il mercato. Poi passa ad attaccare l’Autorità che esercita il suo ruolo di garante “in modo solo formale e burocratico”.  Ed ecco l’esempio: “Un’eccellente media impresa bergamasca, un caso di imprenditoria di qualità, la Gewiss, quotata in Borsa, è stata recentemente oggetto di un’offerta pubblica di acquisto (Opa) da parte del socio di controllo. A un investitore interessano soprattutto due cose: le motivazioni dell’offerta e il prezzo. Nelle 89 pagine del documento di offerta, approvato dalla Consob, queste informazioni non ci sono”.Prima osservazione. Le informazioni ci sono eccome e si possono trovare nel documento d’Opa facilmente rintracciabile sul sito gewiss.it. Del prezzo d’Opa si parla a pag 47 dove, tra l’altro, viene specificato che il prezzo offerto di 4,20 “incorpora un premio del 43,5% rispetto alla media aritmetica ponderata dei prezzi ufficiali registrati di borsa registrati nel corso degli ultimi 12 mesi”. Le carte parlano e del resto non si è mai visto un documento d’offerta che non indichi il prezzo d’offerta. Non solo. Per quanto riguarda le motivazioni a base dell’Opa, sono contenute nelle pag. 53, 54 e 55. Tra queste si legge ” È intenzione dell’Offerente, infatti, attraverso la promozione dell’Offerta ed il conseguimento della revoca delle Azioni dalla quotazione, far sì che l’Emittente possa concentrare i propri investimenti sul rafforzamento della posizione nel proprio mercato di riferimento nonché operare, a tal fine, con maggiore flessibilità ed efficienza nell’ambito della propria attività, così come descritto nel successivo Paragrafo G3. Poiché tali obiettivi di rafforzamento competitivo sono perseguibili nel lungo periodo, ciò potrebbe influenzare negativamente la redditività di breve-medio periodo dell’Emittente con un impatto negativo sul corso del titolo Gewiss (già caratterizzato da un ridotto volume medio giornaliero di scambi), eventualmente amplificato dalle poco favorevoli condizioni dei mercati borsistici. L’Offerente ritiene che tali obiettivi di sviluppo e riorganizzazione possano essere più agevolmente ed efficacemente perseguiti con un azionariato a base ristretta piuttosto che con un azionariato diffuso ed in una situazione caratterizzata da minori oneri e maggiore flessibilità gestionale e organizzativa”. Linguaggio da prospetto, ma le informazioni non mancano. L’editoriale prosegue  sottolineando i “legittimi sospetti” degli investitori che la società, tolta dalla Borsa, verrà venduta in blocco con un premio sul prezzo dell’Opa: “nel Bel Paese succede spesso”, ci spiega Giavazzi. “Un investitore istituzionale scrive all’offerente per chiedergli se il dubbio è fondato, e informa la Consob. Risposta dell’offerente: leggete il documento, nel quale però di spiegazioni non vi è traccia”. Giavazzi si riferisce alla lettera indirizzata al manager-imprenditore Domenico Bosatelli (e per conoscenza a Consob) da Nextam Partners che ha aderito a denti stretti all opa Gewiss. Nelle scorse settimane la sgr aveva contestato diversi aspetti dell’offerta finalizzata al delisting del gruppo milanese di installazioni elettriche. E nella missiva  la societa’ di gestione aveva chiesto piu’ chiarezza sui motivi dell’offerta e sui rischi impliciti legati al mantenimento di Gewiss a Piazza Affari. Non solo. Nextam aveva messo in discussione il prezzo di offerta, considerato troppo basso. Ma la risposta di Bosatelli c’è stata. Secondo l’imprenditore il prezzo di 4,2 euro sarebbe “congruo”, visto che per definirlo sarebbe stata condotta un’analisi dei multipli di mercato. L’azionista di maggioranza ha inoltre rassicurato gli azionisti sulle prossime mosse escludendo la possibilita’ che l’Opa sia preliminare a un successivo passaggio di proprieta’. Alla fine Nextam ha deciso di aderire all’Opa, pur ribadendo le proprie perplessita’ di fondo. Ma le spiegazioni sono comunque arrivate. E hanno lasciato traccia. Non si capisce quindi perché, come contesta più avanti il professore, Consob dovesse chiedere che all’investitore venisse data una risposta piùarticolata e più seria. Più in generale, ci preme inoltre ricordare che dichiarare l’equità del prezzo di un’Opa non spetta alla Consob, il cui ruolo non è dire se il prezzo è giusto ma evitare il ripetersi di terremoti come quelli di Cirio e Parmalat. L’esempio citato nell’editoriale per dimostrare, scrive l’autore, “l’incapacità di tutelare davvero gli interessi dei risparmiatori” ci lascia dunque perplessi. Noi di Chicago-Blog che amiamo tanto l’America ricordiamo al professor Giavazzi che a Wall Street quando parte un’ Opa la si saluta “Democracy at work“ direbbero loro. Perché anche l’azionista più potente della società è trattato alla pari di quello più piccolo.

]]>
/2010/07/16/sulla-consob-e-le-critiche-di-giavazzi/feed/ 4
Dopo la crisi, più contendibilità e più armi agli azionisti /2009/08/27/dopo-la-crisi-piu-contendibilita-e-piu-armi-agli-azionisti/ /2009/08/27/dopo-la-crisi-piu-contendibilita-e-piu-armi-agli-azionisti/#comments Thu, 27 Aug 2009 12:20:53 +0000 Alberto Mingardi /?p=2368 Luca Enriques, professore di diritto commerciale e Commissario Consob, ha distillato per il Foglio e lavoce.info un articolo che è assieme una disamina sintetica e accurata delle cause della crisi finanziaria, e un’utile focalizzazione delle componenti di “corporate governance” delle stesse.
Nelle banche travolte dalla crisi, per Enriques “è mancata, da un lato, una leva di governance fondamentale per la buona gestione, il monitoraggio da parte dei creditori” mentre al contrario vi è stata  “per soci e manager, la tentazione di scommesse sempre più rischiose a spese dei contribuenti”. Inoltre

il mercato del controllo societario ha premiato, nel breve, i peggiori: le banche più apprezzate da un mercato distorto (perché contava sulle garanzie pubbliche) hanno potuto acquisire le società ad esso meno gradite (magari perché più prudenti), diventando ancor più grandi e dunque più inclini all’azzardo morale.

L’articolo è da leggere e meditare, ma ci fa soprattutto apprezzare il grande merito di studiosi come Enriques o Jonathan Macey (che proprio nel mezzo della crisi ha pubblicato il suo strepitoso Corporate Governance. Promises Kept, Promises Broken, che nel 2010 potrete leggere in italiano per IBL Libri): l’applicare cioè all’interno delle imprese strumenti analitici cari agli studiosi di public choice.
Alla fine, il succo dell’articolo di Enriques (e del libro di Macey) è molto semplice: bisogna assicurarsi che i diritti di proprietà siano appieno rispettati. Condizioni di opacità e autoreferenzialità del management mettono a rischio il corretto funzionamento dei mercati proprio nella misura in cui contribuiscono a indebolire i diritti dei proprietari.

]]>
/2009/08/27/dopo-la-crisi-piu-contendibilita-e-piu-armi-agli-azionisti/feed/ 6
Assonime, Abete esordisce bene /2009/07/28/assonime-abete-esordisce-bene/ /2009/07/28/assonime-abete-esordisce-bene/#comments Tue, 28 Jul 2009 16:56:22 +0000 Oscar Giannino /?p=1778 Esordisce molto bene, l’Assonime guidata da Luigi Abete. Trovate qui la lettera inviata al Parlamento in cui l’associazione delle società quotate chiede di rimuovere i vincoli alla contendibilità introdotti da governo e maggioranza recependo l’appello improprio del presidente della Consob Cardia. L’estensione delle eccezioni alla passivity rule in caso di Opa come le possibilità di chi esercita il controllo di non lanciare Opa se accresce la sua quota oltre quanto previsto dal TUF hanno l’effetto di rendere meno appetibile il nostro mercato dei capitali. Un plauso ad Assonime che chiede di levarle, disallineando la propria funzione da quella di guardiano dell’interesse di chi oggi esercita il controllo. Incredibile l’attacco del pezzo del Sole, che critica Assonime dicendo che tutto ci si poteva attendere tranne che a criticare le misure fossero proprio le quotate…

]]>
/2009/07/28/assonime-abete-esordisce-bene/feed/ 2
Autorità di regolazione: la politica attacca, da noi e negli States /2009/07/20/autorita-di-regolazione-la-politica-attacca-da-noi-e-negli-states/ /2009/07/20/autorita-di-regolazione-la-politica-attacca-da-noi-e-negli-states/#comments Mon, 20 Jul 2009 16:09:36 +0000 Oscar Giannino /?p=1704 Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nel girare al Parlamento la relazione annuale del presidente Consob Lamberto Cardia, ha sottolineato con una propria nota la necessità  di interventi improcrastinabili «sull’attuale assetto istituzionale italiano che, rispetto agli altri Paesi membri dell’Unione europea, si caratterizza per un numero elevato di autorità indipendenti, tra cui sono ripartite le funzioni regolamentari di vigilanza». Secondo Tremonti il dibattito che è «di importanza cruciale». Il sistema basato sulla frammentazione delle autorità nazionali è ormai «irrealistico» perchè gli intermediari sono «sempre più internazionali» e i mercati «sempre più integrati». Abbiamo deciso di chiedervi con un sondaggio come la pensate. Io sono dell’idea che occorra stare oggi più che mai molto attenti. L’aria di “rivincita” da parte della politica non mi persuade per niente, e più volte ho già scritto come la penso intorno alle cattive prove offerte recentemente da vertici di Autorità di regolazione indipendenti, dalla Consob all’Antitrust, che mi appaiono troppo pronti a compiacere la politica invece di tutelare l’indipendenza delle decisioni del proprio collegio. È un dibattito che ferve in tutto il mondo, sotto la morsa della crisi la politica mostra crescente insofferenza verso Authorities che, tante volte, non hanno dato buona prova di sé, mostrandosi spesso “prigioniere” dei soggetti regolati. Negli States, soprattutto, il confronto è molto più alla luce del sole che da noi.  Perché lì accademici e intellettuali reagiscono e dibattono. Da noi, tutto tace e i media o restano muti, o plaudono alle… ”cardiate”.

La questione diviene molto scottante quando investe innanzitutto il regolatore monetario e la vigilanza sugli intermediari finanziari, questione di cui spesso recentemente ci siamo occupati. In questo fine settimana è stata inviata al Congresso e all’Amministrazione una lettera aperta sottoscritta da otto primari economisti, tra cui il fondatore della scuola delle aspettative razionali Thomas Sargent, Anil Kashyap con cui ho condiviso un corso, e che oggi insegna alla University of Chicago Booth School of Business, Ricardo Caballero del MIT che in questi anni ha approfondito le ricerche di Alesina di ormai più di vent’anni fa sull’effetto che l’indipendenza delle banche centrali esercita sui track records delle loro politiche monetarie. All’appello hanno risposto, a oggi, oltre 180 economisti da tutta America, tra i quali grandi nomi come Robert Shiller ma soprattutto accademici giovani di neppure quarant’anni, formatisi negli anni in cui l’inflation targeting figlio delle aspettative razionali era diventato il mantra di ciò che si imparava nelle università, un mantra che come ho già scritto era “quasi” bipartisan tra neokeynesiani e monetaristi-offertisti, sia pure con i primi assai più pronti a giustificare politiche monetarie più discrezionali, i secondi più convinti del famoso paper di Rogoff del 1985 – The optimal degree if commitment to an intermediate monetary target. Quarterly Journal of Economics 100 (4), 1169–89 – in cui sosteneva che, al di là del confronto tra scuole diverse di appartenenza, le serie storiche mostrano che è sempre meglio scegliere un banchiere centrale assai più conservatore dell’environment politico-accademico, in materia di severe strategie anti inflazione.

L’appello è breve, e sostiene quattro semplici cose. Primo: l’indipendenza piena dalla politica costituisce scudo per giuste decisioni coro l’inflazione di pressi e asset. Secondo: le decisioni nella funzione di lender of last resort – cioè i salvataggi pubblici – non devono essere politicizzate, e ciò può avvenire solo che se il regolatore è indipendente. Terzo: ogni modifica del processo di selezione dei membri delle autorità come Fed e FDIC che porti più vicino alla politica, ne pregiudica credibilità ed efficacia. Quarto: l’attribuzione di nuove funzioni al regolatore, di cui al disegno di riforma presentato dall’Amministrazione in Congresso, deve vedere nell’indipendenza dalla politica il primo metro di giudizio.

Un appello che firmeremmo di corsa, si direbbe. Io, personalmente, non ho dubbi. Eppure anche negli Usa nel mondo più idealmente a noi vicino sono molte le voci che sferzano quell”appello come falso nei suoi presupposti e quanto mai inopportuno: vedi qui Alex Tabarrok su Marginalrevolution, oppure qui Robert Higgs sul blog dell’Independent Institute. La pretesa di “indipendenza” è del tutto velleitaria, dicono, visto che i regolatori “cosiddetti indipendenti” si rivelano più proclivi a salvare le grandi banche di cui spesso da qualche decennio a questa parte sono per altro diretta espressione, e del resto le loro decisioni su tassi e salvataggi sono politiche in ogni caso, dunque meglio tornare alle tesi originali del free banking di Hayek e Mises. Intendiamoci, questi critici sono liberisti puri, non hanno nulla a che vedere con l’ispirazione che muove da noi Giulio Tremonti. Nella teoria, io sono d’accordo con la messa in guardia liberista “pura”. Nella pratica, considerati i rischi assai concreti di peggiori danni che la rivincita politica è in grado di fare, io l’appello lo firmerei lì e lo promuoverei anche in Italia.

]]>
/2009/07/20/autorita-di-regolazione-la-politica-attacca-da-noi-e-negli-states/feed/ 4
Le dimissioni di Cardia: non ho parole /2009/06/26/le-dimissioni-di-cardia-non-ho-parole/ /2009/06/26/le-dimissioni-di-cardia-non-ho-parole/#comments Fri, 26 Jun 2009 19:13:05 +0000 Oscar Giannino /?p=1183 Il presidente della Consob ha ritenuto di presentare le sue dimissioni al governo, poiché non in grado di garantire l’allineamento della maggioranza del collegio alle indicazioni del Parlamento in materia di direttiva sulla trasparenza. La Consob aveva recepito la direttiva che accomuna a tutti gli effetti Internet alla carta stampata, in materia di pubblicazione obbligatoria di avvisi dovuto al mercato in occasioni come IPO, convocazioni d’assemblea ecc.  Il Parlamento, su forte pressione degli editori, aveva chiesto all’unanimità di tornare alla preferenza della carta stampa. Ma il collegio Consob, del tutto legittimamente, non ha cambiato idea.

Incredibilmente, a quel punto, Cardia si è dimesso nelle mani del governo. Il quale ha naturalmente concordato con lui preventivamente il respingimento della sua iniziativa, dandogli atto con grande compiacimento del rispetto mostrato verso la volontà del legislatore.

Non trovo parole per commentare. Dunque scelgo di misurarle. Si affossa l’idea stessa di Autorità indipendenti che vigilino sul mercato, una volta che il loro stesso presidente ritenga doveroso “inchinarsi” alla volontà della politica. Tanto vale abolirle e tornare alla sorveglianza ministeriale, se questo è lo spirito ormai destinato a prevalere in Consob, Agcom, Antitrust. Comprendo che Cardia si sia così programmaticamente meritata attenzione e riconoscenza, oltre che della politica,  dei grandi editori italiani. Ma ha reso un pessimo servizio allo stesso fine per cui la Consob esiste.

Temo , purtroppo, che ci sia qualcosa di ancor più grave.  La procedura odierna mi risulta concordata col governo, anche al fine che altri presidenti di Autorità indipendenti, considerati assai meno malleabili, capiscano la lezione e riflettano, su ciò che ci si aspetterebbe da loro.  La lezione è per via Nazionale, per parlar chiaro. Qui mi fermo. Meglio. Mi uscirebbero parole troppo veementi. Non di assenso o dissenso all’operato di questo o di quello, tra via Nazionale ed Economia. Ma perché sono i princìpi, che vanno preservati prima di ogni confronto di merito.  Senza princìpi, finisce tutto in vacca.

]]>
/2009/06/26/le-dimissioni-di-cardia-non-ho-parole/feed/ 5
Draghi versus Consob e Parlamento, e fa bene /2009/05/18/draghi-versus-consob-e-parlamento-e-fa-bene/ /2009/05/18/draghi-versus-consob-e-parlamento-e-fa-bene/#comments Mon, 18 May 2009 14:10:43 +0000 Oscar Giannino /index.php/2009/05/draghi-versus-consob-e-parlamento-e-fa-bene/ La Banca d’Italia poche ore fa ha dato un segnale nella direzione giusta. Per le quote di capitale “sensibili” – cioè tali da dover essere non solo segnalate al regolatore, ma di cui richiedere l’autorizzazione preventiva al loro raggiungimento – le banche italiane seguono da subito una direzione opposta a quella del resto delle società quotate. Recentemente, infatti, il Parlamento ha fatto propria l’intenzione espressa dalla Consob, ritoccando verso il basso le quote sensibili da comunicare all’autorità di regolazione dei mercati, estendendo la possibilità di salire oltre il 30% senza obbligo di Opa per soci di controllo, e raddoppiando la quota di buy back a disposizione di chi esercita il controllo: tutto ciò a scopo “difensivo”, è stato detto, in un contesto finanziario nel quale l’assottigliamento delle capitalizzazioni accresce l’ipotesi di raid ostili, destabilizzando gli attuali “controllori”.
Al contrario la Banca d’Italia ha reso noto di considerare già disapplicata una norma dell’attuale articolo 19 del Testo Unico Bancario, che rendeva necessaria l’autorizzazione da parte di via Nazionale al raggiungimento della soglia del 5% in un istituto di credito. La soglia viene raddoppiata, portandola al 10%. In applicazione della Direttiva europea 2077/44, che doveva essere recepita entro lo scorso 21 marzo ma che – per ragioni che si comprendono purtroppo bene – era ancora ferma in Parlamento. La direttiva, scrive Draghi, ha però «disposizioni di dettaglio, chiare e precise» e Bankitalia ritiene che abbia «diretta efficacia nell’ordinamento italiano».
D’ora in poi, il superamento del 5% di capitale bancario dovrà essere comunque comunicato a Bankitalia ma non più preventivamente autorizzato, mentre la previa autorizzazione scatta per le successive soglie del 20, 33 e 50% delle azioni o dei diritti di voto. In un Paese nel quale tempi e modalità discrezionali delle autorizzazioni preventive di Bankitalia in passato hanno fatto molto e giustamente discutere, è un ottimo esempio che il regolatore per primo si spogli di sue prerogative in materia.
Il comunicato di Bankitalia precisa che tale impostazione è condivisa con il Tesoro. Ci si riferisce però – ritengo – all’immediata vigenza della direttiva per questione di gerarchia delle fonti normative, a prescindere per così dire dal contenuto. Ma resta il fatto che Draghi dà un segnale nella giusta direzione, bypassando il freno parlamentare. Alla vischiosità degli asset di controllo bancari italiani può venire solo del bene da un mercato per l’esercizio della proprietà meno ostacolato e più dinamico: l’esatto opposto di ciò che ritengono tutti i “difensivisti” che, con la scusa della crisi, tengono solo più al caldo la rendita di posizione di chi oggi esercita il controllo.

]]>
/2009/05/18/draghi-versus-consob-e-parlamento-e-fa-bene/feed/ 0
Exit strategy: Antitrust batte Consob ma… /2009/05/04/exit-strategy-antitrust-batte-consob-ma/ /2009/05/04/exit-strategy-antitrust-batte-consob-ma/#comments Mon, 04 May 2009 15:13:47 +0000 admin /index.php/2009/05/exit-strategy-antitrust-batte-consob-ma/ A proposito di quanto scritto in precedenza da Giannino, sulla temporaneità necessaria degli interventi straordinari giustificati dalla crisi economica, l’Antitrust ha appena battuto un buon colpo. Si tratta delle misure a potenziamento del controllo delle società quotate introdotte dal decreto legge numero 5 del 2009, in esame di conversione. Con un’apposita decisione comunicata al Parlamento, l’Antitrust ha preso in esame l’innalzamento dal 3 al 5% dell’ulteriore tetto azionario acquisibile senza obbligo di Opa da chi già detiene quote superiori al 30%, nonché l’aumento dal 10 al 20% del tetto di buyback. Per l’Antitrust, si tratta di misure restrittive del market for corporate control tali da ingenerare il rischio di un vero e proprio congelamento degli assetti attuali, dunque il legislatore deve disporre, all’atto della loro assunzione, espliciti limiti temporali di vigenza, al fine di restituire al mercato la sua fluidità ordinaria non appena cessata la dichiarata emergenza. Si tratta di una lezioncina che l’Autorità guidata da Catricalà alla Consob prima ancora che alla politica, poiché in realtà le misure restrittive erano state indicate da Cardia prima ancora che governo e maggioranza le facessero proprie. In materia di buyback fa del resto testo quanto dichiarato da Warren Buffet due giorni fa. “Credo che una sola volta nell’arco di tanti anni”, ha detto, “seri numeri alla mano il titolo Berkshire meritasse davvero di essere considerato a un fair value superiore a quello giudicato dal mercato. Mentre vale sempre, che i buyback non sono praticamente mai nell’interesse degli azionisti non di controllo”. Ottima decisione, dunque. Peccato che analogamente l’Antitrust avrebbe dovuto comportarsi, in materia di restrizioni alla concorrenza per esempio in materia di traffico aereo quando venne varato il decreto Alitalia, in base al quale avvenne poi la cessione a Cai… Ma meglio tardi che mai, come si suol dire.

]]>
/2009/05/04/exit-strategy-antitrust-batte-consob-ma/feed/ 0