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Posts Tagged ‘commissione’

Storie di ordinaria follia teutonica

3 giugno 2009

Del meraviglioso mondo delle Landesbanken abbiamo parlato in questo paper scritto un mese e mezzo fa per l’Istituto Bruno Leoni. Ma le banche regionali sono una miniera inesauribile di chicche che val la pena di raccontare. Succede infatti che la maxi-indebitata Bayern Lb, facente capo al Land della Baviera e i cui intrecci con la politica fanno un baffo a tutti i Mario Resca del Belpaese, sia proprietaria anche di due lussuosi hotel a cinque stelle. Il primo è l’Intercontinental dell’Obersalzberg, acquisito dalla mano pubblica per risollevare le sorti di una graziosa località alpina, fatalmente gravata dal peso della storia (come tutti sanno fu la residenza estiva di Hitler). Peccato che i turisti non arrivino, l’hotel sia pressoché sempre vuoto e le perdite record (4 milioni di euro nel solo 2008) dell’hotel dei sogni se le debbano generosamente sobbarcare i contribuenti. Ma si sa, per rinverdire i fasti della “colpa collettiva” questo ed altro. “Io non voglio pensare che le forze dell’estrema destra rilevino l’hotel per farne un punto di ritrovo”, ha chiarito il presidente della CSU Horst Seehofer. Accipicchia, quanto zelo! Cosa non si fa per la causa della democrazia. Ma, come detto, Bayern Lb possiede anche un altro hotel, nella prestigiosa cornice del Wörthersee. Anche qui il rosso è da capogiro: solo nel 2008 quasi undici milioni di debiti, dopo una ristrutturazione costatane la bellezza di 120. Il governo regionale ha sostenuto la voragine di Bayern Lb con 10 miliardi freschi freschi. La Commissione Europea pretende che le controllate della società vengano vendute al più presto per ripagare parte del prestito-ponte. Una completa privatizzazione dell’istituto non è comunque prevista prima del 2014-2015. C’è ancora tempo per acquistare nuovi hotel.

Giovanni Boggero liberismo, mercato , , , , , , ,

La Germania e l’Europa

31 maggio 2009

In Germania le elezioni europee sono generalmente poco seguite. Si calcola che circa il 60% degli elettori rimarrà a casa  il 6 e 7 giugno prossimi. Lo scetticismo verso il moloch della burocrazia UE, ma soprattutto l’insofferenza verso la presunta attitudine “mercatista” della Commissione (viene da chiedersi se in questi ultimi mesi i tedeschi abbiano o meno assistito all’“insabbiamento” delle pratiche sugli aiuti di Stato riguardanti il loro paese) ha generato una nuova ondata di nazionalismo. E con il Trattato di Lisbona al vaglio della Corte Costituzionale di Karlsruhe (una delle “lamentele costituzionali” proviene da un professore berlinese di estrazione liberale), la Germania è  pericolosamente in bilico tra il proseguire sulla strada dell’integrazione e l’avventurarsi su perigliosi sentieri solitari. Finora la Repubblica federale ha mostrato di essere infastidita dallo sguardo vigile di Bruxelles e ha approfittato della crisi per dettare un po’ l’agenda e fare di testa propria. Ce ne ha data prova con la sua invettiva anti-italiana di qualche mese fa anche Günter Verheugen, Commissario tedesco all’Industria, un tempo esponente dell’Fdp (il partito liberale!), poi accasatosi all’Spd. Ora che l’Unione Cdu/Csu sembra prossima a vincere questa tornata di giugno con decine di lunghezze di vantaggio sui colleghi di governo, il Ministro degli Interni ha messo le mani avanti, candidando a prossimo Commissario Friedrich Merz. Per chi non lo conosce, basterà citare il titolo del suo ultimo libro per capire di che pasta sia fatto: “Osare più capitalismo. Vie per una società più giusta”. Ebbene, Merz, a lungo capogruppo al Bundestag per i conservatori, è da ormai qualche tempo nelle retrovie, non incontrando più il favore di una Cancelliera passata in pochi anni dal proporre la flat tax ad un approccio pragmatico (leggasi neostatalista) alla politica economica. Il nome di Merz non è ovviamente andato giù ai socialdemocratici: “La sua candidatura contraddice gli interessi della Germania”, afferma con molto candore il segretario generale dell’Spd Hubertus Heil, che rilancia subito proponendo il nome dell’immarcescibile “Kapò” Martin Schulz. La scelta tra l’uno e l’altro non è secondaria. Almeno dal punto di vista del segnale che la Germania intende dare agli altri paesi membri. Nell’un caso, con Merz, avremmo una Germania più rispettosa ed attenta ai principi del mercato e allo spirito dei Trattati di Roma; con Schulz il rischio è quello di vedere la Germania alla guida della setta “pro-armonizzazione”, così come la intendono i socialdemocratici tedeschi, ovvero con un tocco di teutonico protezionismo. Un assaggio di questi scenari neo-doganali lo abbiamo d’altronde già gustato a fine aprile, quando Berlino ha deciso di prolungare fino al 2011 i termini del periodo transitorio che permette agli Stati membri di porre limitazioni all’ingresso di lavoratori dai nuovi Stati membri dell’Europa dell’Est. A questo punto solo Merz potrebbe aiutare a invertire la rotta. D’altronde per Schulz il nemico numero due da sconfiggere (subito dopo Berlusconi) è “l’ideologia neoliberista”. Fate voi.

Sul tema segnalo poi questo bel post di Beda Romano che risale al settembre scorso e l’editoriale dell’Economist di fine aprile dal titolo “Quei tedeschi egoisti”.

Giovanni Boggero mercato , , , , , , , ,

Malpensa e Alitalia, tra Governo Nazionale ed Unione Europea.

17 maggio 2009

La conferenza stampa effettuata da Alitalia questa settimana nella quale si affermava la scelta di Fiumicino come hub per la compagnia, ha lasciato molti strascichi.

Rocco Sabelli, amministratore delegato della compagnia aerea ha dichiarato che il futuro della propria compagnia sarà nello scalo romano e Malpensa sarà solamente uno degli aeroporti tra i tanti con solo tre voli intercontinentali.

In realtà tale scelta è figlia del “Piano Prato”, dal nome dell’ex amministratore delegato dell’ormai defunta Alitalia, che fu presentato a fine agosto del 2007. Le novità sono ben poche, perché di fatto l’abbandono di Malpensa da parte di Alitalia è cominciato oltre un anno fa, quando tale piano industriale cominciò ad essere attuato.

La risposta alla compagnia italiana è arrivata da diversi politici del Nord Italia ed in particolare dalla classe dirigente della Lombardia. Lo scorso 16 Maggio sul Corriere della Sera, le dichiarazioni di Giuseppe Bonomi, amministratore delegato della società Aeroportuale che gestisce gli scali milanesi, hanno sintetizzato la posizione ed il sentimento presente nella Regione Lombardia.

Bonomi ha rilevato che l’abbandono in realtà sia avvenuto ormai da oltre un anno e ha inoltre accusato la politica di avere fatto poco per aiutare lo scalo di Malpensa.

Sull’uscita di Alitalia dallo scalo varesino sono i dati che parlano chiaro: nel corso del 2008 i passeggeri di Alitalia sono stati circa 7,8 milioni in meno rispetto all’anno precedente, passando da oltre 11 milioni a poco più di 3,5 milioni di passeggeri l’anno. Questo abbandono è stato supplito in parte dagli altri vettori aerei, tanto che nel complesso l’aeroporto ha perso “solo” 4,7 milioni di passeggeri.

La crisi del trasporto aereo non aiuta un recupero immediato, ma le prospettive non sono totalmente nere per lo scalo varesino.

L’accusa di abbandono da parte della classe politica è in parte veritiera; Malpensa avrebbe bisogno di una liberalizzazione veloce degli accordi bilaterali per potere sviluppare il trasporto aereo intercontinentale. Infatti, a dispetto di quanto si possa immaginare, la maggior parte della caduta del traffico di Malpensa è da imputarsi alla contrazione del trasporto aereo intercontinentale.

Nel complesso circa il 50 per cento della perdita di passeggeri dell’aeroporto nel 2008 rispetto al 2007 deriva dai mercati a lungo raggio.

La mancanza di liberalizzazione su tale segmento del trasporto aereo, fa sì che in seguito all’abbandono di Alitalia, non sia possibile una sostituzione da parte di altri vettori.

Infatti molti accordi bilaterali prevedono che, non solo non sia possibile la presenza di più di una compagnia per Stato, ma viene anche vietato l’utilizzo di scali differenti da Roma Fiumicino. Inoltre il numero di frequenze settimanali è deciso dall’accordo.

Si capisce bene, che in questo segmento del trasporto aereo, il mercato non abbia molta presenza a causa dell’eccessiva regolamentazione Statale.

Si prenda il caso di Taiwan; tale isola che ha un’economia sviluppata (hanno la sede molte importanti multinazionali tra le quali Acer) non può essere collegata direttamente a Milano perché gli accordi lo vietano. Se un businessman vuole recarsi nel paese asiatico è costretto ad andare a Fiumicino. Di questi casi ce ne sono molteplici.

Il Governo è realmente immobile? Bisogna evidenziare che il Ministro agli Affari Esteri, Franco Frattini, si sta impegnando per modificare alcuni accordi bilaterali, ma il processo è molto lungo.

Il Governo è immobile invece sulla questione degli slot; in questo settore invece di appoggiare la posizione del Commissario Europeo Antonio Tajani nella proposta di congelamento di questi diritti, avrebbe dovuto spingere verso una soluzione di mercato per l’assegnazione di questi.

L’introduzione di un mercato secondario è possibile e il 30 aprile 2008 fu la stessa Commissione Europea a prevederla come soluzione; poi la crisi economica ha cominciato a “picchiare duro” e come spesso è capitato, con la scusa della crisi di fatto si è cercato di limitare la concorrenza.

Sapendo della lunghezza delle trattative, l’Istituto Bruno Leoni, fin dalla presentazione del “Piano Prato” aveva preso una posizione pro-liberalizzazione, avvisando che tale soluzione potesse essere l’unica per salvare Malpensa.

Se il Governo, sta facendo qualche passo in avanti almeno sul segmento intercontinentale, l’Unione Europea ne sta facendo cinque indietro.

Il congelamento degli slot di fatto blocca l’entrata delle compagnie aeree che volessero investire sugli scali milanesi. Per onor del vero, bisogna ricordare che Malpensa non è congestionato e dunque sullo scalo varesino tale modifica ha un impatto molto limitato. Al contrario tale decisione colpisce duramente lo scalo di Linate, sempre gestito dalla SEA.

Non lasciando liberi gli slot inutilizzati su Linate non si permette l’entrata delle altre compagnie.

L’Unione Europea con questa modifica al regolamento degli slot di fatto impedisce di sostituire i voli non effettuati da Alitalia nel city airport milanese con altri voli di altre compagnie concorrenti.

Proviamo ora ad immaginare che il mercato prenda piede nel settore degli slot.

Se la Commissione Europea eliminasse il congelamento degli slot e il Governo Italiano introducesse un mercato secondario di tali diritti, come succede nell’area londinese e come proposto dalla stessa Commissione solamente un anno fa, si potrebbe avere una soluzione best-best-best, vale a dire:

  • Best per Alitalia, perché avendo molti slot su Linate potrebbe valorizzarli e venderli alle compagnie in grado di sviluppare l’aeroporto, facendo cassa.
  • Best per gli aeroporti Milanesi, perché la caduta del traffico verrebbe frenata dall’entrata di nuovi operatori al posto di Alitalia.
  • Best per i consumatori, perché avrebbero maggiore possibilità di scelta e la maggiore concorrenza a Linate apporterebbe anche un beneficio in termini di riduzione delle tariffe.

Ancora una volta la soluzione sta nel mercato e nella concorrenza. Introdurre misure anti-competitive, come quella del congelamento degli slot, peggiora la situazione di tutti gli attori ad eccezione delle compagnie aeree tradizionali.

La soluzione per Malpensa e Linate non è dunque difficile da individuare e va nella direzione “più mercato”, ma è difficile che tutti gli attori politici convergano su una posizione a favore della concorrenza.

Andrea Giuricin Senza categoria , , , , , , ,

“Un uomo vuoto senza coraggio politico”

13 maggio 2009

Wolfgang Munchau non usa mezzi termini, sul Financial Times, per definire il presidente uscente della Commissione europea, José Manuel Barroso. E ha ragione da vendere. In questi cinque anni, Barroso è riuscito a distruggere il prestigio della Commissione come istituzione che promuove l’integrazione europea, agganciandosi allo spettro evanescente di Lisbona (la strategia), incassando un fallimento via l’altro su Lisbona (il trattato), assegnando alla competition policy e alle politiche ambientali il compito di definire l’Europa ex negativo rispetto agli Stati Uniti. Per il resto, nulla di nulla. La spinta per l’apertura dei mercati si è rapidamente esaurita, durante la crisi la Commissione non si è vista (e forse è meglio così), e l’unica ragione per cui Barroso rischia la rielezione è che rappresenta esattamente quello che i capi degli Stati membri più forti vogliono a Bruxelles: l’insostenibile ininfluenza dell’esserci.

Carlo Stagnaro mercato , , ,

La Commissione Ue si riforma e perde l’energia

6 maggio 2009

Di scorporare la direzione generale monstre che unisce Energia e Trasporti, a Bruxelles si parla da tempo e con ragione. Sembra però che si stia affermando – lo conferma tra l’altro una lettera del sindacato Tao-Afi – l’ipotesi da tempo accarezzata, tra gli altri, dal presidente dell’esecutivo Ue, José Manuel Barroso, di costituire una Direzione generale Energia e clima, anziché seguire la logica che vorrebbe una DG Energia. Al di là della riorganizzazione interna che questo imporrebbe - in quanto la competenza sulle questioni climatiche sarebbe sottratta alla DG Ambiente - se davvero si andrà in questa direzione, l’Europa di fatto compierà una scelta al ribasso, che del resto appare coerente con l’indebolimento della Commissione e la sua irrilevanza sempre più evidente in questa fase di crisi. Che sia in atto un processo di castrazione di Bruxelles lo dimostra anche, indirettamente, l’alta probabilità della riconferma di Barroso, presidente evanescente per antonomasia (ridateci Prodi!).

L’eredità di Barroso, quando qualcuno si prenderà la briga di tirarne le somme, non sarà soltanto quella di aver lasciato sostanzialmente scaricare quasi tutte le spinte propulsive con cui la Commissione aveva, nel passato, incoraggiato i processi di riforma e di integrazione dei mercati europei. Se davvero egli imporrà la DG Energia e clima, avrà svolto – consapevolmente oppure no – il ruolo di sicario franco-tedesco, nella pratica riconducendo interamente nell’orbita nazionale la politica energetica. E’ infatti chiaro che “Energia e clima” è un eufemismo per “Clima”, tema che già oggi focalizza l’attenzione della Commissione su questi temi.

Il senso della separazione dell’Energia dai Trasporti, del resto, non sta solo nell’esigenza di ricostruire una DG di dimensioni gestibili, ma anche e soprattutto nell’urgenza di riportare la voce dell’Ue nelle grandi scelte e nelle grandi strategie da cui, negli ultimi anni, è stata assente, dalla sicurezza energetica agli aspetti politici della realizzazione di nuovi gasdotti. Se, al contrario, il clima si mangerà l’energia, tutto questo resterà ai governi nazionali, cioè ai monopolisti pubblici, con buona pace della concorrenza e delle sue prospettive. E ciò finirà per danneggiare soprattutto quelle imprese che sullo spazio europeo hanno scomesso, perseguendo un disegno di espansione comunitaria anziché di rafforzamento domestico.

La transizione dalla DG Energia e trasporti alla DG Energia e clima può apparire, ed è, una questione burocratica, ma dietro di essa si legge un disegno politico che può piacere solo ai nemici dell’integrazione europea e ai credenti nella religione ecologista senza se e senza ma. Tutti gli altri, farebbero bene a preoccuparsi.

Carlo Stagnaro energia , , , , ,