Coglie piuttosto di sorpresa la decisione dell’Ufficio centrale della Corte di Cassazione di tenere in piedi il referendum sul nucleare, nonostante le disposizioni oggetto dello stesso siano state abrogate dal cd. “decreto omnibus†(decreto legge 34/2011, come convertito in legge 75/2011).
La storia è nota ma è utile ripeterla: in attesa che gli italiani votassero circa il mantenimento o meno delle norme di attuazione di una politica energetica nucleare, il governo anticipava il risultato abrogativo eliminando, col “decreto omnibusâ€, le stesse disposizioni che sarebbero dovute essere oggetto di referendum. In parole povere, il referendum non aveva più oggetto. Prosegui la lettura…
Serena Sileoni nucleare cassazione, nucleare, referendum
Disquisire della riforma del processo civile in questa sede è difficile, tanto più, poi, se si tratta di dare giudizi nell’ambito di una materia già di per sé intricata e complessa. Mi limito perciò ad una breve panoramica e a qualche valutazione sui contenuti della riforma, che lungi dal costituire un isolato ed eccezionale intervento del legislatore (la certezza del diritto non è di questo mondo, né tantomeno di questo paese…), è solo l’ultimo anello di una catena che poco plausibilmente, date le attitudini italiche, può considerarsi davvero esaurita. Partiamo dall’obiettivo assai condivisibile che si è prefisso il Ministro Alfano: dimezzare i tempi abnormi dei processi italiani. Un contenzioso in sede civile si protrae in media per più di sette anni. Di qui una vasta (e meritoria) serie di misure volte a contrarne ope legis la durata. I termini previsti per l’impugnazione sono stati tagliati, così come quelli sulla sospensione del procedimento e sul suo rinvio a seguito di una pronuncia di Cassazione. Nella stessa direzione, volta a tamponare l’emorragia dilatoria che affligge i nostri procedimenti, va anche l’introduzione del calendario delle udienze disposta in tema di istanze istruttorie. Forse, oltre al filtro in Cassazione, qualche taglio più deciso allo strumento dell’appello sarebbe stato auspicabile, in particolar modo laddove non si palesa davvero come elemento imprescindibile di garanzia (mi riferisco alle sentenze del giudice di pace). La spinta alla conciliazione, impressa dalla condanna al pagamento delle spese processuali per chi, una volta avvalsosi di questa facoltà , decida poi di proseguire l’iter giudiziale, conseguendo con la sentenza un risultato meno soddisfacente, rientra nella medesima ottica di decongestionare e abbreviare la via ordinaria per ottenere giustizia. In tale filone di iniziative, si inserisce anche l’allargamento (fino a 5000 e a 20.000 euro) della competenza per valore e materia dei giudici di pace, categoria in realtà già oberata di lavoro e frustrata da bassi compensi. Ecco perché forse, anziché ricorrere ai magistrati onorari, sarebbe stato il caso di incentivare quegli innovativi schemi di ADR (Alternative Dispute Resolution), così come delineati in questo bel paper scritto per l’Istituto Bruno Leoni da Andrea Bozzi. Per rimediare c’è sempre tempo, a partire dal nuovo testo di legge che il governo approverà sulla conciliazione. Ahimè, temo che anche su questo tema si accavalleranno i pensieri di stucchevoli benpensanti, preoccupati –vado a memoria- da uno “Stato che abdica alle sue funzioni†e che “liberalizza beni pubbliciâ€. Il fatto è che chi crede di poter cambiare dalle stanze di Montecitorio la struttura ingessata e dannatamente formalistica del procedimento civile è, per usare un eufemismo, niente più che un illuso. I primi a dover collaborare nell’opera di flessibilizzazione del rito sono i giudici medesimi e questo perché, come è noto, sono loro che nella prassi fanno e disfanno il diritto, anche se nel velo di ipocrisia dei sistemi di civil law ciò non è ai più percepibile. Purtroppo, se è vero che la Cassazione si è arrovellata per anni nel tentativo di “capire” se la procura all’avvocato fatta su foglio separato e unita all’atto per il tramite di spilli e/o listelle di scotch fosse da considerarsi “in calce o a margine” e quindi valida; ebbene se è vero ciò (ed è vero!), bè allora la nostra giustizia rimane irrimediabilmente ancorata ad un astratto e vuoto formalismo. Con o senza riforme del Ministro Alfano.
Giovanni Boggero mercato ADR, angelino alfano, cassazione, diritto, giudici di pace, giustizia, riforma del codice di procedura civile