CHICAGO BLOG » carburanti http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Liberalizzazioni: bene il Pd, se sa quel che dice /2010/06/16/liberalizzazioni-bene-il-pd-se-sa-quel-che-dice/ /2010/06/16/liberalizzazioni-bene-il-pd-se-sa-quel-che-dice/#comments Wed, 16 Jun 2010 18:23:22 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6295 Finalmente il Partito democratico batte un colpo, e che colpo. Le sei proposte di liberalizzazione presentate oggi da Pierluigi Bersani rappresentano, finalmente, un tentativo di dare sostanza all’opposizione, evitando sia la tentazione controproducente dell’antiberlusconismo, sia il massimalismo della Fiom. Non tutto è perfetto, ma c’è molto di buono.

Prima ancora di entrare nel merito delle proposte, buona è la retorica con cui il Pd le condisce:

Il Partito democratico sostiene la libertà di impresa e la libertà dei consumatori… L’Italia ha bisogno di una nuova stagione di liberalizzazioni: meno barriere di accesso alle professioni, più concorrenza nei servizi, autorità realmente indipendenti.

L’idea di fondo sembra essere che il paese sia “bloccato”, e che questo blocco non dipenda (perlopiù) dalla crisi, cioè non sia un blocco congiunturale, ma dipenda da ragioni strutturali. In particolare, dall’inadeguatezza del contesto normativo a ospitare vera concorrenza in una serie di settori della nostra economia, producendo rendite a favore degli incumbent e sottraendo risorse preziose ai consumatori e al mercato. Da questo presupposto, discendono abbastanza naturalmente quattro delle sei proposte. Due, invece, mi paiono contraddirlo. Vediamo perché.

1. Carburanti. Il Pd propone due cose, una – voglio essere buono – sbagliata e l’altra dannosa. Quella sbagliata è di rompere il vincolo di esclusiva che lega i distributori alla compagnia di cui battono i colori, obbligandoli a ritirare da essa solo il 50 per cento del carburante servito. Per il resto, varrebbe una sorta di third party access in virtù del quale potrebbero approvvigionarsi dove gli pare. La misura dannosa prevede di affidare all’Acquirente Unico – che già svolge un compito analogo nel settore dell’elettricità – le funzioni di grossista della benzina, in modo da rifornire i piccoli distributori fornendogli potere contrattuale. Questo è sbagliato perché – al di là delle riserve sul ruolo attuale di Au – c’è una ovvia e sostanziale differenza tra l’elettricità e i carburanti: nel caso dell’elettricità il consumatore, specie quello domestico, ha bisogno di essere accompagnato verso il mercato (anche se credo che questa sia una comoda illusione, ma facciamo finta), nel caso dei carburanti no. E, per la stessa ragione, non si vede per quale ragione si debba entrare a gamba tesa nella libertà contrattuale tra distributori e compagnia. Ma, al di là di tutto questo, mi pare che l’errore sia più profondo: la lettura del Pd è che si debba usare diversamente la rete esistente, mentre il problema vero è che è la rete a essere inadeguata: non dobbiamo usarla meglio, dobbiamo ricostruirla. E per ricostruirla non servono alchimie regolatorie, ma libertà di apertura/chiusura di punti di rifornimento, inclusa la libertà di aprirli assieme a un supermercato o minimarket o quel che sia senza vincoli al mix merceologico, sul tipo di servizio offerto, e così via. Sta tutto scritto qui.

Farmaci. L’ampliamento delle maglie della prima “lenzuolata” di Bersani è cosa buona e giusta. Il Pd propone di consentire alle parafarmacie di vendere anche farmaci di fascia C, ampliando i canali d’offerta. C’è poco da aggiungere, visto che sta tutto scritto qui e qui.

Professioni. Questa è la proposta, al tempo stesso, più innovativa e rivoluzionaria: si propone in sostanza, al di là di una serie di aggiustamenti condivisibili ma minori, di “riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti (sono circa 3 milioni) che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale. Viene infine prevista l’equiparazione delle professioni intellettuali al settore dei servizi ai fini del riconoscimento delle misure (comunitarie e nazionali) di sostegno economico per lo sviluppo dell’occupazione e degli investimenti con particolare riferimento ai giovani“. Questo scardinerebbe il sistema ordinistico italiano, introducendovi un importante germe di libertà di organizzazione. Assolutamente da sostenere con le unghie e per i denti. Peraltro, sta scritto anche qui.

Abolizione della clausola di massimo scoperto. Anche qui si tenta di estendere le lenzuolate del 2006/7, ma rispetto a un tema che ci ha visti molto critici. Infatti, quello che questa proposta farebbe sarebbe di mettere le mani all’interno di contratti già scritti e firmati, cioè di pasticciare con la libertà contrattuale di individui e imprese. Roba che a noi non piace e che, di norma, non funziona neppure rispetto ai suoi obiettivi originari. Comunque, non c’è nulla di nuovo: i nostri dubbi stanno scritti qui.

Separazione proprietaria rete gas. Se quella sulle professioni è la proposta probabilmente più rivoluzionaria, questa è la più improbabile: perché il Pd si muove sul classico terreno che “chi tocca i fili, muore”. Si tratta del crocevia indispensabile per avviare una seria liberalizzazione del mercato del gas naturale nel nostro paese, e a catena di quello elettrico che a esso è strettamente legato. Pochi hanno provato e quei pochi hanno fallito (con onore). Ma la proposta è talmente giusta e condivisibile che sta scritto tutto qui e qui.

Avvio immediato attività produttive. Infine, l’ultima proposta è quella di consentire, tramite una semplice autocertificazione, le procedure per la realizzazione di impianti necessari all’avvio di nuovi insediamenti produttivi. C’è poco da commentare, qui, se non che sono idee giustissime (e forse, vista la convergenza con le ultime uscite di Giulio Tremonti, questa proposta ha perfino qualche chance). La burocrazia e la confusione amministrativa sono i mostri contro cui le imprese italiane si battono quotidianamente. Sta scritto qui.

Il giudizio è insomma più che positivo. Su sei proposte, due sono discutibili (carburanti e massimo scoperto), quattro buone o molto buone, ma due del tutto impossibili (rete gas e professioni) o estremamente improbabili (farmaci). Una (semplificazione) è buona e possibile. Non sono sicuro che il Pd si renda pienamente conto della portata di questo “programma di governo”: di certo, se mai torneranno a Palazzo Chigi, il giorno dopo qualcuno dovrà prendersi la briga di chiedergli di mantenere le promesse.

]]>
/2010/06/16/liberalizzazioni-bene-il-pd-se-sa-quel-che-dice/feed/ 15
Di avidi petrolieri, giornali disinformati, e consumatori fessi /2010/04/07/di-avidi-petrolieri-giornali-disinformati-e-consumatori-fessi/ /2010/04/07/di-avidi-petrolieri-giornali-disinformati-e-consumatori-fessi/#comments Wed, 07 Apr 2010 14:08:02 +0000 Carlo Stagnaro /?p=5611 La consueta polemica pasquale tra le associazioni dei consumatori e le compagnie petrolifere segna, oggi, un deciso scarto rispetto al comune svolgimento. La stizzita risposta che il direttore del Corriere della sera, Ferruccio De Bortoli, dà a una lettera (per ora non resa pubblica) ricevuta dal presidente dell’Unione petrolifera, Pasquale De Vita, è una brutta pagina di giornalismo. Infatti, due piani sembrano sovrapporsi, a detrimento della trasparenza e della correttezza dell’informazione.

Un piano è quello in cui si inserisce, in larga misura, l’intervento di De Bortoli. Si tratta di un attacco diretto e, per quel che ricordo, senza precedenti del primo quotidiano italiano al presidente di un’associazione di categoria (“da troppi anni alla guida dell’associazione che riunisce le compagnie petrolifere“), con tanto di calembour finale: “finché c’è De Vita non c’è speranza“. Essendo una polemica evidentemente personale, di cui oltre tutto manca l’antefatto, non voglio e non posso entrarvi, fatto salvo che per notare il cattivo gusto della scelta di De Bortoli, che mette il lettore di fronte a un attacco ad alzo zero senza dargli la possibilità di giudicare chi abbia ragione, chi torto. Ma, ripeto, trovo l’aspetto personale poco rilevante e ancor meno interessante.

Quello che è rilevante è la tesi sostenuta dal Corriere, che in questo si accoda alle accuse delle associazioni dei consumatori: scrive De Bortoli che ”i prezzi alla pompa si adeguano velocemente nelle fasi di aumento del greggio mentre scendono con scandalosa lentezza in quelle in cui il prezzo della materia prima cala, anche di colpo“. Non so quali dati abbia De Bortoli che io non ho. Per quello che ho potuto constatare nei periodi in cui ho monitorato i prezzi (qui, qui, qui e qui) ciò non avviene o, se e quando si verifica, riflette una dinamica opposta rispetto a quello che sembra supporre De Bortoli. Infatti, non è vero che i margini si allargano quando le quotazioni internazionali scendono: è vero che i margini si restringono quando le quotazioni salgono. Cioè, tendenzialmente la strategia commerciale delle compagnie è di presidiare i volumi, sacrificando i margini unitari, nei momenti di tensione sui prezzi, per ricuperare almeno parzialmente quando la tensione si allenta. Cioè, non è vero che le compagnie fanno profitti illeciti quando il costo greggio (in realtà, l’indice Platt’s) si riduce: è vero che gli aumenti internazionali non vengono automaticamente e interamente traslati sui prezzi alla pompa. Naturalmente questo avviene non per beneficienza ma, appunto, perché alle compagnie conviene mantenere i volumi piuttosto che i margini unitari.

Che le cose vadano in questo modo anche nei giorni attuali - e non come il Corriere sostiene – lo dimostrano almeno due fatti. Il primo: i margini lordi delle compagnie (che non coincidono coi loro profitti, in quanto includono tutte le voci di costo tranne il valore sui mercati internazionali dei carburanti) sono, nel 2010 in generale e negli ultimi giorni in particolare, inferiori alla media degli ultimi tre anni. Lo si vede chiaramente dal grafico qui sotto, “rubato” a Quotidiano energia:

La seconda evidenza che mi pare utile a smentire la tesi del Corriere è tratta… dal Corriere. Scrive il quotidiano di Via Solferino, riprendendo le rilevazioni della Staffetta quotidiana: “i prezzi Agip, Api/Ip ed Esso sono fermi da tre settimane e restano circa due centesimi più bassi delle altre compagnie“. Le tre compagnie in questione hanno una quota di mercato (dati 2007) pari al 50,9 per cento. Questo significa che, in media, un punto di rifornimento ogni due non alza i prezzi da tre settimane. Quindi, l’automobilista avveduto ha ampia possibilità di difendersi dagli aumenti. Il Corriere ha preso a cuore la battaglia per il consumatore fesso, che dovendo scegliere tra due impianti, a parità di altre condizioni si precipita in quello più caro? E’ un’iniziativa lodevole: ma andrebbe rubricata come attività educational. Usarla per imbastire la jihad contro un intero settore industriale, o anche solo contro il presidente della relativa associazione confindustriale, è una piccineria piccola piccola, specie per il più grande giornale borghese d’Italia.
]]>
/2010/04/07/di-avidi-petrolieri-giornali-disinformati-e-consumatori-fessi/feed/ 7
Benzina tedesca /2010/03/31/benzina-tedesca/ /2010/03/31/benzina-tedesca/#comments Wed, 31 Mar 2010 17:20:26 +0000 Giovanni Boggero /?p=5567 Ogni anno la stessa storia. Sui prezzi della benzina si dice tutto e il contrario di tutto e il populismo delle associazioni dei consumatori pare non ammettere freni. Ciò vale tanto per il nostro paese, quanto per la Germania. Nei giorni scorsi è stato addirittura il Ministro dell’economia, il liberale (sic) Rainer Bruederle, a scagliarsi contro le compagnie petrolifere, minacciando il ricorso all’Antitrust (che si palesa così anche in questo caso come uno squisito mezzo politico di intervento pubblico), se le società del settore dovessero aumentare i prezzi in occasione delle feste pasquali. Per il blog della Friedrich Naumann Stiftung, Steffen Hentrich, che si occupa di energia e ambiente, fa il bilancio di questa odiosa e reiterata campagna, che mette in luce l’analfabetismo economico (o forse la malafede?) di buona parte della classe politica. In questo senso non possiamo che accogliere l’invito di Mario Seminerio per l’insegnamento fin dalle elementari delle curve di domanda e offerta.

]]>
/2010/03/31/benzina-tedesca/feed/ 1
Carburanti. Bye Bye Mr Prezzi /2010/01/19/carburanti-bye-bye-mr-prezzi/ /2010/01/19/carburanti-bye-bye-mr-prezzi/#comments Tue, 19 Jan 2010 18:34:14 +0000 Carlo Stagnaro /?p=4843 Non c’è dubbio: questo è il caso in cui ti si nota di più se non ci sei. Dopo la tonante intervista di domenica sul Sole 24 Ore, il Garante dei prezzi, Roberto Sambuco, oggi non ha “potuto” partecipare all’incontro presso il ministero dello Sviluppo economico con le compagnie petrolifere e le associazioni dei consumatori. Presenti il sottosegretario con delega all’energia, Stefano Saglia, il capo del dipartimento per l’impresa, Giuseppe Tripoli, e il capo del dipartimento per l’energia, Guido Bortoni. Al di là delle solite posizioni sbracalate dei consumatori, Saglia ha colto l’occasione per porre – correttamente – la questione del differenziale dei prezzi nell’ottica della concorrenza.

L’obiettivo è ambizioso:

ridurre nell’arco di tre anni il differenziale con l’Europa di 3-4 centesimi, che è diventato insopportabile. Non è un annuncio, ma un percorso fondato.

Saglia ha in mano diverse carte. Una è la proposta di riforma del mercato petrolifero che, però, appare inadeguata, perché pretende di ricalcare l’assetto del settore su quello di realtà strutturalmente diverse, cioè l’elettricità e il gas. L’altra è quella di una complessiva, e a lungo attesa, ristrutturazione della rete, che – basta guardare i numeri – è radicalmente diversa da quelle di altri paesi europei: abbiamo molti più distributori, con un erogato medio molto più basso e pochi o nessun profitto da prodotti non oil, oltre a una molto minore diffusione del self service (anche per pigrizia degli italiani, che preferiscono il servito).

Su questo terreno, purché sgombrato dalle stanche accuse di cartello, si è registrata una importante disponibilità dell’Unione petrolifera. Il presidente, Pasquale De Vita, ha parlato del taglio di 5-6.000 impianti su 22.450 (tutti i dati si trovano nel Data Book dell’Up). I tasselli per muovere in questa direzione, teoricamente condivisa, sono molti. Anzitutto c’è un problema regolatorio: turni e orari sono ancora soggetti a pesanti interferenze normative, e resistono sostanziali barriere all’ingresso sul mercato (l’ultima moda è quella di imporre l’obbligo di costosi, e land-intensive, impianti per i carburanti eco-compatibili in tutte le nuove stazioni). Poi c’è il tema del superamento dell’attuale rapporto tra gestori e compagnie, che determina un ircocervo in virtù del quale i gestori non sono né veri dipendenti, né veri autonomi. Infine – e questa è la richiesta esplicita e nuova dell’Up, a fronte di un’apertura non scontata – la riforma della rete va inquadrata nel campo più ampio dell’assetto dell’industria petrolifera nazionale. Si legge nella nota dell’associazione:

Il settore della raffinazionale nazionale al momento appare essere quello più in difficoltà con perdite che nel 2009 complessivamente a livello nazionale hanno superato il miliardo di euro.

Insomma: i petrolieri sono disposti a cedere sulla rete – nella misura in cui sono direttamente interessati dalle riforme – ma chiedono al governo di farsi carico delle conseguenze sociali di tale manovra (chiudere 5-6 mila impianti vuol dire lasciare a casa 5-6 mila gestori ed eventuali dipendenti), e di metterla a sistema con la crisi oggettiva che l’industria sta attraversando. Cioè, accantonare le polemiche sui presunti extraprofitti e gli atteggiamenti alla Robin Hood, e prendere di petto le esigenze di un settore che, comunque, è cruciale rispetto al paese. Il che non significa accettare tutte le richieste dei petrolieri, ma almeno considerarle, capirle e trovare un arrangiamento. Mettendo da parte le pretese posticce e le proposte irricevibili, oltre che incompatibili con norme nazionali e comunitarie.

E qui si arriva a Sambuco: a chi giova che un funzionario del ministero, tra l’altro smentendo i propositi dello stesso governo, se ne vada bel bello sul giornale di Confindustria a declamare propositi che tradiscono solo una cultura, teoricamente tramontata, dello Stato imprenditore? Nella sua intervista Sambuco dice alcune cose giuste – su turni e orari e sui prodotti non oil – ma calca la mano sull’impossibile. Di fatto ha in mente un regime di prezzi amministrati, indicizzato ai livelli europei, che prescinde totalmente dalla dimensione concorrenziale del business. Non è fattibile e non è auspicabile. Punto.

]]>
/2010/01/19/carburanti-bye-bye-mr-prezzi/feed/ 1
13,9 contro 1,6, per 7,1 /2009/11/28/139-contro-16-per-71/ /2009/11/28/139-contro-16-per-71/#comments Sat, 28 Nov 2009 16:19:00 +0000 Carlo Stagnaro /?p=3990 Il presidente della Conad, Camillo De Berardinis, non si arrende (per abbonati). I cinque impianti che la catena è riuscita ad aprire presso i propri supermercati hanno un erogato medio di 13,9 milioni di litri all’anno, contro una media nazionale nelle “normali” stazioni di servizio di 1,6 milioni di litri. E’ una sproporzione talmente evidente, da spingere necessariamente a porsi delle domande. Tanto più che, secondo De Berardinis, nei distributori Conad gli automobilisti hanno risparmiato mediamente 7,1 centesimi al litro – un valore enorme, reso possibile sia dall’incremento dei volumi, sia dalle condizioni vantaggiosi che un acquirente come Conad può spuntare. Questi numeri non sono però la testimonianza di un successo, ma di un fallimento. Perché in tutta Italia, Conad ha aperto solo cinque impianti, e i suoi concorrenti pochi altri.

Le resistenze dei gestori degli impianti tradizionali sono fortissime, e si traducono in interpretazioni restrittive delle norme, soprattutto a livello regionale (visto che, a livello nazionale, il settore è sostanzialmente liberalizzato). Recentemente, molte regioni – a partire dalla Lombardia – hanno approvato norme che, in risposta alle procedure di infrazione europee, impongono a tutti i nuovi entranti di dotarsi di pompe per carburanti eco-compatibili (almeno uno tra Gpl, metano e idrogeno). L’Antitrust ha attaccato queste norme, vedendone chiaramente l’effetto anticoncorrenziale (sarei tentato di dire lo scopo anticoncorrenziale). L’Autorità sostiene che le regioni possono incentivare i carburanti ecocompatibili, ma dovrebbero farlo in modo non discriminatorio: o si obbligano tutti, incumbent e nuovi entranti, a dotarsi di nuove pompe, o non lo si fa (magari erogando aiuti a favore di quanti, incumbent e nuovi entranti, intendono installare carburanti ecocompatibili accanto a quelli tradizionali). L’obbligo costituisce una rilevante barriera all’ingresso, sia per una ragione di costi, sia per una di spazi.

Il problema non è, naturalmente, limitato al settore dei carburanti. Come ha argomentato Serena Sileoni, l’attività delle regioni si è molto spesso tradotta, nel settore del commercio, in un freno alle liberalizzazioni. Evidentemente, la cultura del ceto politico regionale, o il potere lobbistico delle associazioni esistenti di commercianti, o entrambe le cose, sono tali da non consentire una vera apertura del settore. Lo ha detto bene lo stesso De Berardinis:

Occorre favorire una maggiore concorrenza in tutti i settori economici, superando la legislazione vincolistica che per anni, anche nel commercio e nei servizi, ha impedito la crescita delle imprese più efficienti.

Paradossalmente, però, il settore dei carburanti sembra coagulare il massimo delle tensioni anticoncorrenziali e delle pulsioni interventiste. E’ di questi giorni l’emendamento del deputato leghista Maurizio Fugatti (divenuto famoso per il suo blitz notturno, poi fallito, contro Sandro Ortis), che punta a “multare” con un aggravio fiscale le compagnie petrolifere che non adeguano, entro nove giorni, i listini al ribasso (chissà perché, non al rialzo). La proposta è talmente surreale che non merita particolari commenti – del resto, lo stesso sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, l’ha già stroncata. Solo che dà molto bene il polso di quanto sia facile e populistico intervenire con la scure sul prezzo del pieno: senza però comprendere che le conseguenze di questo continuo flusso interventista, a prescindere dall’esito delle singole proposte, è il modo migliore che i nostri politici hanno per far lievitare il nostro “rischio paese”.

]]>
/2009/11/28/139-contro-16-per-71/feed/ 6
Carburanti. La politica dei Sopranos /2009/11/17/carburanti-la-politica-dei-sopranos/ /2009/11/17/carburanti-la-politica-dei-sopranos/#comments Tue, 17 Nov 2009 14:16:09 +0000 Carlo Stagnaro /?p=3795 Negli ultimi giorni si sono intensificate le voci sull’ennesimo assalto alla diligenza. Il governo avrebbe in animo di introdurre, tramite un emendamento alla finanziaria da far presentare alla Camera, l’ennesima imposta ad personam: stando a quanto riferisce Quotidiano energia (subs. required) si tratterebbe di un incremento dell’1,5 per cento, che scatterebbe dopo nove giorni di ritardo nell’adeguamento dei prezzi alle variazioni dei mercati internazionali. Durissima, comprensibilmente, la reazione dell’Unione petrolifera, che parla di “una misura punitiva… tecnicamente ingestibile e impraticabile a meno di non tornare a un regime di prezzi controllati”. Il settore petrolifero è già gravato da una pressione fiscale discriminatorio, visto che, con l’introduzione della Robin Tax (di cui con Piercamillo Falasca abbiamo detto tutto il male possibile), l’aliquota Ires era stata incrementata di 5,5 punti percentuali (a cui un ulteriore punto di inasprimento si è aggiunto durante il passaggio parlamentare).

Spero che si tratti di una indiscrezione priva di fondamento. Se così non fosse, sarebbe davvero gravissimo. E non solo per le ragioni correttamente ricordate dal capo dei petrolieri, Pasquale De Vita. Che pure non sono prive di fondamento. Per dire: rispetto a cosa va valutato il ritardo? E di quante deve essere la riduzione (o aumento, presumibilmente) dei prezzi per non incorrere nelle ire governative? E, ancora, se le compagnie tagliano i margini duranti le fasi ascendenti dei prezzi (come è vero), possono poi “ricuperare” durante quelle discendenti? Sono tutte domande di buonsenso terra-terra, che difficilmente possono trovare una risposta convincente sotto il profilo sostanziale e giuridico.

Ma, al di là di questo, c’è un problema serio che ormai è divenuto preponderante, in qualunque discussione riguardi i carburanti: c’è ancora spazio per il libero mercato? A parole da tutti invocato, che parlano di concorrenza et similia, a me pare che sia il grande assente. In Italia, oggi, i prezzi sono liberi: è possibile che le compagnie adottino condotte abusive, ma verificarne l’esistenza è un compito che spetta all’Autorità Antitrust. La quale non è mai stata, nel passato, avara di interventi anche molto discutibili, e che in ogni caso è attentamente vigile su tutto quel che si muove nel settore, vista la sua rilevanza per l’opinione pubblica. Tuttavia, per lo meno l’Agcm si muove su un terreno che le è proprio. Da un po’, invece, la politica ha preso la tangente.

La Robin Tax, col divieto di traslarla sui consumatori e il compito per l’Autorità per l’energia di evitarlo; le ripetute richieste “ai petrolieri” (come se le diverse compagnie non avessero differenti politiche di prezzo) di ridurre i prezzi di n centesimi (come se i prezzi non fossero diversi da compagnia a compagnia, da zona a zona, da distributore a distributore); le continue insistenze dei politici; sono tutti segni di una cultura della concorrenza assai fragile. E’ come se lo Stato non accettasse di confinare se stesso nel ruolo, pure ingombrante, di regolatore, ma volesse farsi capitano d’impresa. E sì che, a dirla tutta, il governo ha amplissimo spazio di manovra sui prezzi dei carburanti, visto che circa i due terzi dipendono direttamente o indirettamente dalla componente fiscale.

Sul banco degli imputati non ci sono i petrolieri, quando si arrivare a teorizzare una “multa” per chi non adegua i prezzi. Sul banco degli accusati c’è la libertà di prezzo. E alla cattedra non siede una politica che almeno abbia il pregio della chiarezza, non seggono uomini cazzuti che si sappiano far carico delle loro responsabilità e che propongano un ritorno all’Italia di vent’anni fa. No. Ci sono solo allusioni sottili, minacce sussurrate. C’è un “abbassate i prezzi, sennò…”. Lasciata cadere lì, alla Tony Soprano.

]]>
/2009/11/17/carburanti-la-politica-dei-sopranos/feed/ 3
Lex autostradale /2009/08/26/lex-autostradale/ /2009/08/26/lex-autostradale/#comments Wed, 26 Aug 2009 08:49:49 +0000 Carlo Stagnaro /?p=2355 La rubrica Lex del Financial Times è sempre una delle letture più interessanti della giornata. Oggi Lex affronta la questione della privatizzazione delle autostrade in Gran Bretagna. Il problema più difficile da superare, dice, è convincere il pubblico: in effetti, non è facile spiegare alla gente che, da domani, dovranno pagare quello che fino a oggi hanno avuto gratis. A volte, però, è necessario. In questo caso, tuttavia, c’è una soluzione a portata di mano, che il Ft identifica correttamente: il patto che il governo britannico (e qualunque altro) potrebbe proporre ai contribuenti è uno scambio tra tariffe autostradali e pressione fiscale. Cioè, ridurre le imposte sui carburanti come compensazione per l’accresciuto aggravio alla mobilità. Si tratta dell’uovo di colombo: le due giustificazioni teoriche della tassazione dei carburanti sono che in questo modo vengono internalizzate le esternalità ambientali, e che il gettito serve per la manutenzione stradale et similia. Ma se le strade sono a pagamento, si ottiene lo stesso risultato in modo meno distorsivo e più equo. Speriamo che, almeno a Londra, qualcuno sappia cogliere un suggerimento tanto prezioso.

]]>
/2009/08/26/lex-autostradale/feed/ 4
Caro pieno (dove si commenta anche una proposta dell’Adiconsum) /2009/08/05/caro-pieno/ /2009/08/05/caro-pieno/#comments Wed, 05 Aug 2009 10:23:19 +0000 Carlo Stagnaro /?p=1919 Puntuali come sempre, ad agosto si ripresentano le consuete polemiche sui prezzi dei carburanti. Ne danno conto tutti i quotidiani di oggi (per esempio qui e qui). Come da copione, e non senza ragioni, l’Unione petrolifera risponde che

Per quanto riguarda il petrolio, va rilevato che il valore del Brent datato è tornato per la prima volta dall’ottobre 2008 a superare i 73 dollari/barile rispetto ai 66 dollari/barile di fine luglio, pari ad un progresso di oltre l’11%. Quanto ai prodotti raffinati rilevati dal Platts, si segnala che la benzina nello stesso periodo ha mostrato un progresso di quasi 5 centesimi euro/litro tornando anch’essa sui valori dell’ottobre 2008. Analogo discorso si può fare per il gasolio. Sicuramente più cauto è stato l’andamento del prezzo interno (al netto delle tasse) le cui variazioni, sia per benzina che gasolio, nell’arco di tempo considerato sono state inferiori a quelle registrate dalle analoghe quotazioni internazionali.

Non varrebbe la pena entrare in una polemica sempre uguale a se stessa (una mia analisi degli andamenti, un po’ datata ma perfettamente sovrapponibile a quello che sta accadendo, si trova qui) se essa non finisse per evidenziare una nostalgia mai sopita: quella dei prezzi amministrati.

All’avanguardia di questa nostalgia, e anche questo fa parte del copione, sta il Codacons, la peggiore tra le associazioni cosiddette dei consumatori perché si tratta di quella che più spesso indugia in richieste antimercato. Così il suo presidente, Carlo Rienzi:

Il governo non può restare con le mani in mano e deve intervenire aprendo un tavolo e convocando urgentemente l’unione petrolifera e le singole compagnie petrolifere, usando per una volta il pugno duro nei loro confronti.

Se anche il governo convocasse, e non è improbabile che lo faccia come normalmente accadeva nel passato, un tale tavolo, cosa potrebbe fare? L’unica arma a disposizione dell’esecutivo è la “moral suasion”, cioè la minaccia: meglio che abbassiate i prezzi, sennò…

Ai tre puntini di sospensione, tuttavia, non può seguire nulla, almeno dal punto di vista legale. Naturalmente il governo può fottersene della legge e dar seguito a interventi più o meno ricattatori, teoricamente slegati dalle scelte di pricing delle compagnie petrolifere: controlli fiscali, rallentamenti degli iter amministrativi di loro interesse, e chi più ne ha più ne metta. Se è questo che Rienzi vuole, farebbe bene a dirlo esplicitamente: perché almeno sarebbe chiaro che stiamo parlando di un ruolo attivo e mafiosetto dello Stato nell’economia.

Spero che Rienzi non abbia in mente nulla del genere. L’alternativa, però, non è migliore: si tratterebbe di qualche riforma che, in un modo o nell’altro, dia all’esecutivo poteri in materia di determinazione dei prezzi. Che il price control sia nocivo per i consumatori, è un’ovvietà talmente banale che non è neppure il caso di richiamarsi alla letteratura economica: basta rileggere il mai abbastanza compreso Alessandro Manzoni. Eppure, oggi come nel Diciannovesimo secolo, quando lo scrittore lombardo componeva il suo capolavoro, e come nel diciassettesimo secolo in cui il romanzo è ambientato, ancora

La moltitudine attribuiva un tale effetto alla scarsezza e alla debolezza de’ rimedi, e ne sollecitava ad alte grida de’ più generosi e decisivi.

UPDATE Poco dopo aver terminato di scrivere questo post, ricevo un bizzarro comunicato stampa dell’Adiconsum, che chiede di

vincolare le compagnie petrolifere a variare il prezzo alla pompa per un periodo predeterminato (es. 3 mesi).

Al di là dell’incompatibilità di tale idea con la legge e col buonsenso, al di là del fatto che un periodo di tre mesi in relazione a un bene quale i carburanti è ridicolo, e al di là di tutto, mi sembra che le associazioni dei cosiddetti consumatori abbiano le idee un po’ confuse. Per esempio, perché una politica di prezzi bloccati non necessariamente avvantaggia il consumaotre: lo favorisce quando i prezzi salgono, ma lo danneggia quando i prezzi scendono, come hanno imparato sulla loro pelle tutti quelli che, non seguendo i consigli dell’Istituto Bruno Leoni, a dicembre hanno firmato contratti elettrici a prezzi bloccati. Ma soprattutto perché l’idea di aggiornare i prezzi dei carburanti con frequenza meno che giornaliera è tutt’altro che una novità: è una strategia di pricing nota come “metodo Mincato” (dal nome dell’ex amministratore delegato dell’Eni, Vittorio Mincato, che per primo decise, nel 2004, di ridurre il numero delle variazioni aumentandone l’ampiezza. Come abbiamo spiegato con Stefano Verde in questo paper, il metodo Mincato è stato, secondo l’Antitrust, uno degli strumenti della collusione tra i petrolieri nel periodo 2004-2007 (l’altro pilastro era, sempre secondo il garante, la trasparenza dei prezzi). Il che lascia intendere che le compagnie petrolifere siano un ottimo bersaglio per le associazioni cosiddette dei consumatori, perché si prestano bene all’equazione: qualunque cosa facciano, dategli la colpa.

]]>
/2009/08/05/caro-pieno/feed/ 1
Benzina: in tutto il mondo è cartello? /2009/07/31/benzina-in-tutto-il-mondo-e-cartello/ /2009/07/31/benzina-in-tutto-il-mondo-e-cartello/#comments Fri, 31 Jul 2009 08:55:26 +0000 Carlo Stagnaro /?p=1856 Parrebbe di sì, a leggere quanto riferiva un paio di giorni fa il Moscow Times. L’Antitrust russo sta affilando le armi contro il presunto cartello composto dai colossi petroliferi privati, semiprivati e affini: Rosneft, Lukoil, Tnk-Bp e Gazpromneft, accusati di cospirare per mantenere artificialmente alti i prezzi dei carburanti.  L’accusa si concentra sulla apparente lentezza con cui essi si sono adeguati al calo delle quotazioni del greggio. La cosa divertente, almeno per noi che leggiamo da qui, è che il litro di benzina a Mosca costa l’astronomica cifra, si fa per dire, di 23 rubli, pari a circa 52 centesimi di euro, ossia meno della sola accisa sulla benzina (56,4 centesimi) e poco più di quella sul gasolio (42,3 centesimi) in Italia.

Del resto, così come le accuse contro i petrolieri fanno parte da noi dell’orizzonte delle cose certe, lo stesso vale in Russia. L’Antitrust ha erogato multe per circa 300 milioni di euro, all’inizio del 2008, a cui si aggiungono ulteriori sanzioni per circa 35 milioni a testa ai quattro maggiori operatori più tardi nell’anno. Le imprese si difendono accusando il sistema fiscale russo, a loro avviso costruito all’unico scopo di generare gettito anziché fornire una corretta e stabile regolazione del settore.

E’ sicuramente vero, comunque, quanto dice l’economista Igor Nikolayev:

La prima, fondamentale ragione perché abbiamo un’inflazione a due cifre [si stima 12,5 per cento nel 2009], un fenomeno pressoché sconosciuto durante questa crisi, è che abbiamo un problema di competizione… E’ un problema a cui abbiamo dedicato poca attenzione durante gli anni grassi e favorevoli e, come risultato, ne subiamo le conseguenze negative nel momento peggiore, cioè durante una crisi.

Ha naturalmente ragione, ma viene da chiedersi se, nel paese dei prezzi amministrati e nel quale è impossibile per un investitore straniero operare in modo decente, il problema siano davvero le presunte condotte abusive delle uniche cose vagamente simili a soggetti privati. Tanto che lo stesso Igor Artemyev, capo del garante russo per la concorrenza, riconosce che la maggior parte delle violazioni deriva da scelte dei funzionari pubblici. Ed è interessante che, anche sulla scorta del populismo putiniano, la Duma abbia approvato una norma che ne impone il licenziamento. La legge aspetta la firma del presidente, Dimitri Medvedev: arriverà mai?

]]>
/2009/07/31/benzina-in-tutto-il-mondo-e-cartello/feed/ 0
Mettete della benzina nelle vostre cantine /2009/06/23/mettete-della-benzina-nelle-vostre-cantine/ /2009/06/23/mettete-della-benzina-nelle-vostre-cantine/#comments Tue, 23 Jun 2009 10:20:51 +0000 Carlo Stagnaro /?p=1115 I quotidiani degli ultimi giorni hanno dato ampio rilievo (qui una rassegna stampa) alla “previsione” del Codacons, secondo cui quest’estate il costo di un litro di benzina potrebbe raggiungere 1,5 euro. La “sparata” mi ha molto stupito, perché anticipare i prezzi della benzina richiede una serie di ipotesi sugli andamenti futuri dei mercati internazionali del petrolio grezzo e dei prodotti, sui margini di compagnie e gestori degli impianti, sul comportamento della domanda e, in ultima analisi, sul futuro dell’economia nei prossimi mesi. Tutti abbiamo le nostre idee, di cui parliamo al bar con gli amici, ma da lì a scambiare un terno al lotto per una previsione ce ne passa. Così, sono andato sul sito del Codacons per capire quali ipotesi e quale metodologia stessero alle spalle di una cifra tanto preoccupante, per le tasche degli automobilisti. Tutto quello che ho potuto trovare è questo comunicato. Cito testualmente le parole di Carlo Rienzi, capo dell’organizzazione cosiddetta dei consumatori:

Di questo passo prevediamo che i listini della benzina raggiungano 1,5 euro al litro entro il mese di agosto, grazie al famoso gioco della doppia velocità messo in atto dai petrolieri. Una simile circostanza rappresenterebbe una sciagura per le famiglie, con una maggiore spesa di 10 euro solo per il pieno rispetto ai listini attuali, e ripercussioni indirette (energia, trasporti, prezzi prodotti trasportati, eccetera) per complessivi 300 euro a famiglia solo nel secondo semestre 2009. Finora il governo non ha fatto nulla per punire le speculazioni sui prezzi dei carburanti, e non crediamo abbia intenzione di intervenire a tutela delle famiglie. Non ci resta che sperare nell’intervento dell’Antitrust o della magistratura per evitare che le nostre previsioni diventino una triste realtà.

Da quello che capisco, la “previsione” poggia sul nulla: potrei dire, con la stessa credibilità e la stessa solidità, che la benzina entro agosto costerà 1 euro al litro. Il punto non è se l’una o l’altra “previsione” si verificheranno: in entrambi i casi, è possibile. Il punto è che non si tratta di previsioni più “scientifiche” di quelle che ogni domenica milioni di italiani compiono quando compilano la schedina del Totocalcio. Magari fanno 13, ma l’unica ragione è il caso. Lo stesso vale per l’euro e mezzo di Rienzi. Che del resto viene giustificato con la “doppia velocità” del prezzo dei carburanti, e quindi assume prezzi petroliferi in crescita (cosa di cui non sono convinto, da qui ad agosto) e mercati dei prodotti ugualmente in tensione (più probabile, anche se incerto). Stessa ipotesi è sottostante all’inciso di Rienzi, che “prevede” aumenti non solo della mobilità e dei trasporti, ma anche dell’ “energia” (suppongo si riferisca all’elettricità), la quale vedrebbe crescere il costo della materia prima (in Italia, essenzialmente il gas) tramite il petrolio. Se però siamo davvero di fronte a un aumento significativo del Brent, da cui discenderebbero aumenti di tutti i beni e prodotti da esso dipendenti o a esso legati, non si capisce cosa ci sarebbe di stupefacente in un analogo aumento della benzina e degli altri carburanti.

Se infatti a monte degli aumenti della benzina stessero gli aumenti del petrolio, non ci sarebbe nulla che il governo, l’Antitrust o la magistratura (ohibò) potrebbero fare. Questo anche in presenza di movimenti “speculativi”, qualunque cosa siano e qualunque cosa intenda Rienzi (non sono sicuro che le due definizioni coincidano). Peraltro, va dato atto al governo (dal punto di vista di Rienzi, non dal mio) di aver fatto molto contro i petrolieri: se 5,5 punti percentuali di Ires aggiuntivi alla vigilia di una crisi di dimensioni colossali vi sembran poco…

Comunque, se Rienzi crede davvero nelle sue previsioni, non serve che invochi le autorità politiche, civili e religiose perché marcino contro i petrolieri. Basta che inviti gli italiani a comprare un po’ di taniche di benzina ai prezzi attuali per tenerle in cantina, in modo da farsene un baffo degli aumenti futuri. Sarebbe un comportamento “speculativo”, ovviamente, ma così funziona il mondo: si compra a poco e si vende a tanto, o almeno ci si prova. Chi fa il contrario non è onesto: è fesso e si fa giustamente difendere dalle associazioni dei cosiddetti consumatori.

]]>
/2009/06/23/mettete-della-benzina-nelle-vostre-cantine/feed/ 2