CHICAGO BLOG » Burocrazia http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 La tremontata del giorno. Impegno serio o parole in libertà? /2010/05/31/la-tremontata-del-giorno-impegno-serio-o-parole-in-liberta/ /2010/05/31/la-tremontata-del-giorno-impegno-serio-o-parole-in-liberta/#comments Mon, 31 May 2010 06:56:13 +0000 Alberto Mingardi /?p=6096 Al netto delle solite tremontate, e di un ego che ormai è grosso quasi quanto il suo elefantiaco monistero (“Succede che dal copione è venuto fuori il film. Per come lo vedo e lo vivo io, La paura e la speranza era il copione, e quello che sta girando è il film”), oggi nella sua intervista con Aldo Cazzullo Giulio Tremonti dice una cosa interessante, su cui ci sarebbe da prenderlo in parola e attenderlo al varco.
E’ probabile che si tratti di un’uscita in buona misura strumentale. Tremonti parla dopo l’assemblea annuale di Confindustria, e prima delle Considerazioni finali del Governatore Draghi. In un caso, a fronte di una relazione ben più ricca, sui giornali è uscito che la proposta-forte degli imprenditori sarebbe convocare una grande assise coi sindacati per discutere di riforme strutturali. Insomma, l’ennesimo convegno. Nell’altro, il Governatore della Banca d’Italia potrà fare poco di più che offrire una lettura puntuale della crisi italiana:  la sua “camicia di forza” istituzionale gli rende impossibile concedersi grandi salti in avanti sul piano delle proposte.
Ed ecco, quindi, che proprio nel giorno che dovrebbe essere del “nemico” Draghi, arriva il Ministro dell’Economia a rubargli la scena.
Ma, una tantum, gli ruba la scena evitando di discutere di Eraclito e Parmenide e pigliandosi invece quello che in un Paese normale sarebbe considerato un impegno poltico preciso.
Questo il punto di partenza:
Quella della burocrazia è la questione fondamentale. Vede, i paesi poveri soffrono per un deficit di cibo, di mezzi di sussistenza, di mezzi per lo sviluppo. I paesi ricchi, al contrario, soffrono per l’eccesso delle regole che si sono autofabbricati e da cui sono condannati. Le regole giuste sono un investimento; le regole eccessive sono prima un blocco e poi un costo.
A Cazzullo che gli fa notare che “in Italia le liberalizzazioni le ha fatte il centrosinistra”, Tremonti replica che “le liberalizzazioni di Bersani pur nella loro generosa intenzione sono servite a poco, proprio perché erano disegnate all’interno del sistema”. La sua proposta invece sarebbe quella di bypassare un secolo di bizantinismi regolamentari: “una norma rivoluzionaria per cui tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge penale o europea. Per due o tre anni”. Richiederebbe una modifica costituzionale? “Probabilmente sì. E io, oltre a proporla, vorrei essere tra i firmatari di una legge di riforma così fatta”. Ministro, se non ora quando?
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Perche’ la Sicilia avrebbe bisogno di piu’ liberismo /2010/05/10/perche-la-sicilia-avrebbe-bisogno-di-piu-liberismo/ /2010/05/10/perche-la-sicilia-avrebbe-bisogno-di-piu-liberismo/#comments Mon, 10 May 2010 20:47:01 +0000 Luciano Lavecchia /?p=5966 Scandali come i “progettini” del Comune di Palermo o i  corsi di formazione della Regione, non fanno che confermare quello che a livello di intuizione penso da molto tempo: il peggior nemico dei siciliani oggi e’ lo Stato.

Immagino che i puristi della lotta anti-mafia staranno gia’ tremando di paura e chiarisco subito che non sono ne’ a favore della Mafia (!), ne’ della scuola di “quelli che con la Mafia bisogna convivere“. Inoltre per “Stato” intendo la sommatoria di Comune, Provincia, Regione e Governo Centrale, riferendomi dunque in maniera indifferenziata a tutta la macchina pubblica, quel mostruoso esercito di 352.153 impiegati pubblici (al 2008), ossia 1 ogni 14 siciliani (in Lombardia siamo a 1 su 23).

Lo Stato pervade la Sicilia. Oggi a Palermo, sommando i vari enti pubblici, lo Stato e’ il primo datore di lavoro, assolutamente incontrastato. Una volta c’era il Banco di Sicilia, oggi neanche quello. I politici regionali e nazionali comandano ovunque, anche li dove non dovrebbero mettere piede. La politica non dovrebbe allocare risorse, salvo per pochi e selezionati beni pubblici (come la sicurezza, la tutela dei diritti privati e la giustizia), invece in Sicilia siamo abituati ad invocare sistematicamente la politica per qualsiasi emergenza, lavorativa e non. Ed i politici rispondono (anche contro la volonta’ degli imprenditori)… non certo per un innato senso di bonta’ nei confronti dei loro concittadini (anche se non escludo che vi possano essere eccezioni), bensi’ per procacciarsi voti e assicurarsi la rielezione. Risultato: oggi la Sicilia e’ la nona regione (al momento della redazione dell’articolo) al mondo per rischio di default, con una probilita’  pari al 20%. Per interrompere questo circolo vizioso, che alimenta e si autoalimenta con la Mafia, la soluzione radicale e’ ridurre drasticamente il flusso di denaro pubblico, ridimensionando la macchina statale; noi siciliani non siamo geneticamente inferiori a nessuno (nonostante certi discutibili studi in Ulster), abbiamo solo bisogno di risvegliare un certo senso di imprenditorialita’ che si e’ sopito a causa di 50 anni di minestre pronte servite dal Pubblico. Certo, ci sono delle infrastrutture necessarie che avranno bisogno anche del supporto pubblico (metropolitana di Palermo, ferrovie, potenziamento rete elettrica..), ma stiamo parlando di progetti specifici, di casi eccezionali. Per il resto, Formazione, Sanita’, Forestali, AMIA, ATO…, meno Stato, meglio sara’ per tutti. In quest’ottica, il federalismo fiscale e’ l’amara medicina di cui la Sicilia ha drammaticamente bisogno: chiusi i rubinetti, ogni euro andra’ centellinato e speso con cura… i vari quaquaraqua’ della politica non potranno piu’ elargire (come se fosse cosa loro!) posti di lavoro a destra a manca perche’ non avranno piu’ 1000 per fare un lavoro che si poteva fare per 10, dunque saranno costretti ad essere estremamente selettivi nei progetti e a ridurre drammaticamente gli sprechi. I siciliani, a loro volta, liberi dal giogo del clientelarismo, potranno riacquistare la liberta’ di scegliere una classe dirigente in base ai programmi presentati e non sulle promesse di una piu o meno precaria sistemazione. Dispiace solo che questa battaglia sia monopolio culturale della Lega. Immagino gia’ l’obiezione di alcuni: cosa succedera’ quando si interrompera’ il flusso di denaro? Chi paghera’ gli stipendi? La risposta e’: nessuno. Sicuramente diverse migliaia di siciliani dovranno industriarsi, anche emigrando. Nulla che non sia gia’ successo nel passato o che non continui a succedere anche oggi. Con una differenza: prima emigravano soprattutto lavoratori ed operai; oggi emigrano giovani, laureati o professionisti, un fenomeno di adverse selection che impoverisce ulteriormente la Sicilia. Prova ne e’ la stabilizzazione di 26.500 persone con l’ultima Finanziaria regionale, molto spesso ex-detenuti o LSU che hanno letteralmente preso d’assedio la sede dell’Assemblea Regionale Siciliana in nome di un fantomatico diritto al lavoro (giovani disoccupati prendete nota!). Personalmente penso che i siciliani onesti, che non hanno una rendita di posizione, non possano che desiderare uno stato liberale (almeno in senso economico!), in cui lo stato torni a fare l’arbitro, non il giocatore/imprenditore. Unicuique suum, a ciascuno il suo direbbe Sciascia. Lasciamo fare agli imprenditori il loro ruolo, migliorando la terribile macchina burocratica siciliana, investendo semmai sulla ricerca, sulle universita’ e sulle lingue se proprio si vuole fare formazione, ma soprattutto liberando i siciliani dal senso di impotenza, di impossibilita’ di essere i fautori del proprio destino. Solo cosi’ questa terra, tanto bella quanto disgraziata, potra’ aspirare ad un futuro.

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Dietro la burocrazia: il caso Ryanair ed Enac /2009/12/29/dietro-la-burocrazia-il-caso-ryanair-ed-enac/ /2009/12/29/dietro-la-burocrazia-il-caso-ryanair-ed-enac/#comments Tue, 29 Dec 2009 13:39:12 +0000 Andrea Giuricin /?p=4566 La burocrazia italiana ancora una volta è protagonista. Il bell’articolo di Ugo Arrigo dimostra come un semplice DPR possa di fatto bloccare la concorrenza di Ryanair nel mercato aereo italiano. Per questa motivazione è necessario un cambiamento, come auspicato stamattina nel programma di Oscar Giannino “Nove in punto, la versione di Oscar” della legge. Il parlamentare PDL, Benedetto Della Vedova, ha immediatamente fatto un’interrogazione parlamentare, cosi come Piercamillo Falasca, insieme ad Alessandro Caforio e altri hanno creato un gruppo Facebook per fare pressione  sulla questione Ryanair – Enac. L’identificazione del passeggero è solo l’ultima delle battaglie che la compagnia irlandese sta combattendo nel nostro paese. La guerra è in corso da diversi anni ed era nata addirittura quando c’era ancora il governo Prodi e come Ministro dei Trasporti, il comunista Alessandro Bianchi. L’ex Ministro della Repubblica, tra il 2006 e il 2007, aveva scritto un piano degli aeroporti che aveva l’intenzione di scegliere senza alcun criterio economico quali aeroporti potessero svilupparsi o meno. Questo piano serviva a salvare un’Alitalia morente e ancora nelle mani della politica e dei sindacati. Proprio la debolezza di Alitalia era stata la fortuna di Ryanair e delle altre compagnie low cost, che avevano trovato in Italia un ottimo mercato da sviluppare.
La liberalizzazione del trasporto aereo europeo aveva permesso l’entrata dei vettori low cost e aveva “massificato” l’utilizzo dell’aereo. L’efficienza di questi vettori ha aiutato a sviluppare il mercato europeo ed italiano. Non è un caso che il mercato più monopolistico, quello francese, sia stato quello dove vi sia stato lo sviluppo più basso e al contempo la penetrazione più bassa delle compagnie a basso costo.
La guerra vede un’altra tappa fondamentale: il salvataggio di Alitalia e la “salvaguardia” dell’italianità. La classe politica ha confuso troppo spesso l’interesse nazionale con l’interesse di tutti i cittadini italiani. Ai viaggiatori poco importa di quale nazione sia un vettore. La cosa importante è l’efficienza di un vettore. Dal momento in cui la politica ha deciso di salvare Alitalia, si è messa da parte la concorrenza. L’approvazione della legge 166 del 2008 ha segnato un punto di svolta. Con questa norma, detta “SalvaAlitalia”, si è permesso il monopolio della nuova compagnia su molte tratte nazionali, con l’impossibilità di intervento da parte dell’Antitrust. Il “Piano Fenice” prevedeva una forte concentrazione di Alitalia sul mercato domestico e la legge 166 non è certo una casualità.
L’ultimo intervento della politica in ordine di tempo, ma non meno importante, riguarda l’aeroporto di Roma Ciampino. Ryanair è il principale operatore su questo scalo che la politica ha deciso di chiudere. L’ex presidente della Regione Lazio aveva addirittura dichiarato nel gennaio del 2009 “chiudiamo Ciampino per aiutare Alitalia”. In effetti il secondo scalo romano creava una concorrenza molto forte al vettore nazionale e la politica si era preoccupata di creare un nuovo aeroporto per Roma: a Viterbo (due ore di distanza dalla Capitale), tutto a spese del contribuente italiano (decine di milioni di euro).
La battaglia tra Ryanair ed Enac può essere risolta con una semplice modifica normativa. La guerra difficilmente si risolverà in tempi brevi e il rischio più grande è che la concorrenza nel trasporto aereo italiano torni ai livelli pre-liberalizzazione.

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L’identità nel paradiso della burocrazia /2009/12/28/lidentita-nel-paradiso-della-burocrazia/ /2009/12/28/lidentita-nel-paradiso-della-burocrazia/#comments Mon, 28 Dec 2009 17:34:08 +0000 Ugo Arrigo /?p=4520 Poichè le opinioni sono opinioni ma i fatti sono fatti, sono andato a cercarmi la norma sui documenti utilizzabili per attestare l’identità che è all’origine della controversia tra Enac e Ryanair di cui stiamo dibattendo. Se ho ‘pescato’ giusto nel nostro mare normativo è la seguente:

Art. 35, comma 2, D.P.R. 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa)

Sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d’armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato. 
Mi pare che non vi sia bisogno di molti commenti:
  1. si tratta di un elenco non chiuso dato che qualsiasi amministrazione dello Stato può rilasciare tessere di riconoscimento;
  2. il vettore aereo che copre rotte italiane dovrebbe essere tenuto, se si applica questa norma, a conoscere tutte le tipologie di documenti indicati e ad accettarli per l’imbarco, consentendone inoltre l’inserimento on line dei relativi dati;
  3.  il vettore dovrebbe conoscere preliminarmente tutte le amministrazioni dello Stato e le caratteristiche di ogni possibile tesserino da esse emesso (quante cifre ha la tessera di riconoscimento di Palazzo Chigi? e quella della Corte dei Conti? e se un’amministrazione cambia il numero di cifre che facciamo?);
  4. sorge inoltre un dubbio: la norma intende tutte le amministrazioni pubbliche dello Stato italiano (comprese quelle locali) oppure solo quelle statali in senso stretto? La seconda ipotesi, che è certamente incompatibile col processo federalista, ha l’effetto di rendere inutilizzabile il mio tesserino (dotato di foto) di dipendente di Ateneo pubblico così come quello dei miei studenti (d’altra parte non dispongo di ‘patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici’ anche se potrebbe essermi molto utile in questo periodo di freddo intenso e di concomitanti bizze dell’impianto condominiale).
  5. e se gli altri 26 paesi dell’Unione avessero una ‘semplificazione’ amministrativa paragonabile alla nostra cosa dovrebbero fare i vettori: ringraziare il cielo che molti paesi sono talmente piccoli da non avere un trasporto aereo su rotte domestiche oppure trasferirsi al più presto negli Stati Uniti?
Mi sembra ragionevole che O’Leary preferisca sospendere i voli piuttosto che trasformarsi in un Indiana Jones della burocrazia italiana e se qualche lettore di questo blog avesse ancora dei dubbi, lo invito a leggere questo interessante documento dell’Istat: è l’elenco della amministrazioni pubbliche italiane (per essere più precisi: delle differenti tipologie di amministrazioni pubbliche, non delle loro specifiche denominazioni che credo nessun italiano sia in grado di conoscere).
Certo che il nostro è un paese ben strano: da un lato un provvedimento finalizzato alla semplificazione amministrativa  anzichè ridurre a 1 o 2 i documenti validi per l’identificazione e uniformarli allo standard europeo li moltiplica potenzialmente all’infinito, come le scope di Topolino apprendista stregone; dall’altro lato noi italiani ci salviamo da norme assurde semplicemente ignorandole e disapplicandole. Io non conoscevo questa norma ‘pluralista’ e non l’ho mai applicata nell’identificare gli studenti agli appelli; fortunatamente non la conoscevano neanche loro (oppure sono dotati di maggiore razionalità del legislatore) e non si sono mai presentati muniti di licenza di pesca o porto d’armi (nel primo caso avrei pensato a una presa per i fondelli, nella seconda a una forma di pressione).
In attesa che il legislatore italiano rinsavisca e che ci decidiamo ad adeguarci finalmente all’Europa anzichè pretendere che sia l’Europa ad adeguarsi ai nostri bizantinismi, dobbiamo essere grati a O’Leary per averci dato questa ulteriore prova della nostra deriva burocratica.
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Brunetta, il burocrate e il prodotto negativo /2009/12/06/brunetta-il-burocrate-e-il-prodotto-negativo/ /2009/12/06/brunetta-il-burocrate-e-il-prodotto-negativo/#comments Sun, 06 Dec 2009 18:13:38 +0000 Ugo Arrigo /?p=4161 Grazie alla cura Brunetta è calato l’assenteismo nella pubblica amministrazione e i burocrati pubblici, passando più tempo in ufficio, è  probabile che producano di più. Siamo tuttavia certi che la loro maggior produzione aumenti il benessere collettivo?

La risposta è si a condizione che  il loro prodotto, espresso in valore, abbia segno positivo. Quindi in realtà è no: purtroppo, non trovandoci in un contesto di transazioni volontarie (mercato) non siamo per nulla certi che abbia valore positivo. Che cosa garantisce, invece, che l’output di una produzione privata non abbia valore negativo? La domanda dei consumatori, la loro disponibilità a pagare, che si manifesta per i beni economici e scompare di fronte ai ‘mali’ (beni di segno negativo). Nel caso delle produzioni pubbliche la ‘disponibilità’ a pagare non è volontaria ma obbligata: paghiamo le tasse e utilizziamo ‘gratuitamente’ le specifiche prestazioni pubbliche. Ma le avremmo egualmente richieste se fossimo stati liberi di scegliere? Vi sono, in sostanza, due rischi:

  1. Il primo è che il valore delle prestazioni pubbliche ricevute sia inferiore al valore delle tasse pagate e non solo per i cittadini più ricchi ma anche per quelli più poveri.
  2. Il secondo rischio è che i burocrati che (finalmente) lavorano lo facciano non per essere più efficaci nell’accrescere il nostro benessere ma per essere più efficaci nel diminuirlo (paradosso del prodotto pubblico di segno negativo).

Dato che questi rischi sono reali e consistenti, l’obiettivo n°  1 dovrebbe essere quello di contenere e minimizzare le burocrazie pubbliche e (solo) il n° 2 quello di rendere efficienti le burocrazie pubbliche che risultassero proprio inevitabili. In sostanza la P.A., più che riformata, andrebbe proprio abolita!

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Fenomenologia dello statalismo /2009/11/23/fenomenologia-dello-statalismo/ /2009/11/23/fenomenologia-dello-statalismo/#comments Mon, 23 Nov 2009 11:09:27 +0000 Ugo Arrigo /?p=3882 L’espansionismo dello stato nella sfera economica si sviluppa per stadi successivi:
1. Il primo stadio è lo stato che redistribuisce il reddito.
2. Il secondo stadio è lo stato che eroga direttamente prestazioni specifiche di welfare.
3. Il terzo stadio è lo stato che produce direttamente i servizi oggetto di erogazione pubblica.
4. Il quarto stadio è lo stato che, in assenza di una burocrazia pubblica forte e indipendente dalla politica e di una politica dagli alti obiettivi, permette l’appropriazione da parte di interessi privati delle risorse produttive destinate alle finalità di cui allo stadio 3, o comunque la loro distrazione dalle finalità originarie, generando in tal modo una razionale (dal punto di vista dello specifico sistema) inefficienza produttiva e allocativa. Si realizza in tal modo il minimo del mercato col massimo della ‘privatizzazione’.
Sino al terzo stadio possiamo trovarci in una socialdemocrazia nordeuropea ma per arrivare al quarto è necessario scendere in Italia.

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Potenza della burocrazia! /2009/10/27/potenza-della-burocrazia/ /2009/10/27/potenza-della-burocrazia/#comments Tue, 27 Oct 2009 12:51:12 +0000 Ugo Arrigo /?p=3460 E’ noto agli addetti ai lavori che l’aeroporto italiano con più traffico cargo è quello di … Francoforte. Non è invece noto perchè non lo sia uno più vicino al cuore delle attività economiche del nostro paese come Malpensa. Ieri a un convegno sul trasporto aereo che si è tenuto presso l’Università Statale di Milano il rappresentante di Anama, l’associazione degli spedizionieri di merci aeree, ha svelato l’arcano: signori, è la burocrazia!
Riporto integralmente il suo esempio. Immaginiamo che una merce destinata a Pavia arrivi per via area a Malpensa in un certo orario: considerando che la burocrazia doganale rilascia quella merce 24 ore dopo, essa arriverà a Pavia 26-27 ore dopo lo sbarco. Immaginiamo che una merce sempre destinata a Pavia arrivi invece a Francoforte nello stesso identico orario: qui i tempi della burocrazia sono di sole quattro ore; aggiungendo quindici ore di viaggio (tempo standard) per la meta finale, essa arriverà a Pavia dopo circa 20 ore, battendo nettamente la sua consimile atterrata a Malpensa.
Potenza della burocrazia italiana! Riesce persino a rendere competitivo l’aeroporto di Francoforte, 650 km più a nord di Malpensa. Il ministro Brunetta è consapevole di questa performance, degna del guinness dei primati?

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