Scarso o nullo il rilievo sui media italiani della convocazione a Basilea da parte della Banca dei Regolamenti Internazionali di alcuni tra i maggiori istituti mondiali dell’area Usa ed Ue . Si conferma l’impressione, più volte ribadita su questo blog, che Basilea a differenza dei maggiori regolatori continui ad avvertire la necessità di interventi d’urgenza in quanto tutte le maggiori ragioni all’origine dell’instabilità finanziaria restano in essere. Fare miliardi di utili per gli intermediari prendendo denaro a carrettate a costo zero in Usa o comunque modesto nell’Ue, per fare impieghi a un tasso del 9% – per dire – in Brasile, non solo non è molto difficile, ma continua a far rimbalzare sulle economie emergenti – verso le quali dovremmo essere grati, trainano oggi l’economia mondiale – il rischio di minarne la solidità – compromettendone il ruolo di locomotiva che al contrario è nostro interesse preservare, se vogliamo che il commercio mondiale riprenda con vigore, e consenta il “riaggancio” alle nostre esportazioni. Per quanto futuribile possa apparire, servirebbe un coordinamento globale dei tassi tra le tre macroaree mondiali, Usa, Ue e Cina (che oggi ha dato un ulteriore piccolo ma significativo segnale di restrizione monetaria per evitare il surriscaldamento, innalzando di 4 punti base il suo tasso di riferimento trimestrale, da 1,02 a 1,06%). In assenza di coordinamento monetario, paradossalmente l’unico sceriffo che mostra di tenere gli occhi aperti è la Bri, cioè lo sceriffo che non ha pistole né fucili per intervenire, visto che quelli stanno invece ai regolatori nazionali troppo “vicini”, soprattutto in Usa, alla politica. Che oggi ha un unico motto: ripetere “le cose stanno procedendo bene”. A costo di chiudere gli occhi sui casi Dubai, Grecia, Islanda e sugli impieghi in contrazione come non mai, nell’ultimo trimestre 09.
Oscar Giannino commercio mondiale, credito, finanza, monete banche, BRI, Cina, Fed, ue
La Banca d’Italia ha avvisato che da domani ogni giorno è buono, per l’annuncio delle nuove regole sul rafforzamento del capitale bancario sulle quali, alla BRI, è stato definito l’accordo tecnico secondo le guidelines approvate dal G20 a Pittsburgh. Finalmente capiremo quanto sono fondate, le preoccupazioni molto alte che hanno spinto in queste settimane primari banchieri – in Italia soprattutto Corrado Passera, che ha nel capitale di vigilanza della sua Intesa più strumenti ibridi degli altri – a chiedere che fosse opportuno abbassare i ratios di capitale – già, abbassare – e non alzarli. A me consta da fonti autorevoli che il periodo di innalzamento di qualità e quantità del capitale sarà molto lungo, e con occhi ben aperti per monitorare gli effetti intanto sugli impieghi. Vedremo, comunque, perché è di sicuro l’unico vero passo concreto in avanti fatto dall’inizio della crisi. Dunque, c’è da sperare che sia buono. Ma intanto, rispondiamo a una domanda ormai quasi stucchevole, nel dibattito pubblico. Che cos’è davvero una “banca etica”? Prosegui la lettura…
Oscar Giannino credito, finanza, mercato banche, Bankitalia, BRI
È un consiglio programmatico: dopo un anno di chiacchiere e distintivo, preferisco non continuare a inseguire il proliferare astronomico di ricette e proposte che in teoria a Puittsburgh domani e dopodomani dovrebbero essere varate, delibate, indicate e sussunte. Quando capiremo qualcosa di concreto, se ci sarà qualcosa di concreto e non solo la recita di un quadro coordinato di princìpi generali che ognuno attua o meno come però vuole a casa sua, allora varrà la pena di commentare e analizzare. Per oggi, come viatico programmatico al tenersi bassi, mi limito a due indicazioni. La prima: ha ragione Taylor, l’exit strategy può cominciare subito dal NON PIU’ attribuire al FMI tutte le risorse che erano state deliberate, perché NON servono. La seconda: come al solito è la Banca dei Regolamenti Internazionali, a vincere la gara dei papers preparatori più seri e concreti e meno pindarici. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino credito, finanza, mercato BRI, derivati, g20, supervisione finanziaria, taylor
La notiziona del fine settimana è senza dubbio quanto concordato nella riunione del G10 a livello di banchieri centrali, dopo la benedizione il giorno prima dei politici al G20 di Londra. Il punto non è affatto quello che demagogicamente ha occupato per due giorni le pagine dei giornali, cioè nuove regole per i bonus ai manager del credito. Bensì le cinque key measures e i tre principles to guide supervisors in the transition che trovate nell’odierno comunicato emesso da Basilea. Il punto è: come iniziare a rendere le banche patrimonialmente più “munite”, in relazione al rischio assunto e intermediato. I franco-tedeschi sono stati sconfitti, in apparenza. Volevano rinviare il tema, poiché soprattutto i tedeschi sinora si sono ben guardati dal fare pulizia nel proprio settore bancario. Io sono tra chi considera un bene, che non sia passata la loro linea. Anche se ora bisogna passare dagli impegni condivisi ai fatti, naturalmente. Ma rinviare il rafforzamento patrimoniale bancario attraverso criteri il più possibile condivisi significa solo rinviare contestualmente il pieno ristabilimento della fiducia interbancaria. Cioè continuare a tenerci un basso moltiplicatore monetario: il che rende inutile l’oceanica liquidità garantita dai regolatori ai mercati a fini anticlici, che finisce per imboccare la via del trading sui mercati finanziari invece di passare all’economia produttiva. Vediamo in concreto di che cosa si tratta. Prosegui la lettura…
Oscar Giannino mercato banche, bonus, BRI, coefficienti di vigilanza, Draghi, FSB, TBTF
Mentre noi qui chiacchieriamo coi nostri post intorno alle generalità della questione TBTF – gli intermediari finanziari che non possono essere lasciati fallire e che vanno salvati coi denari dei contribuenti, nonché come impedire che si arrivi a tale situazione – Fitch ha rilasciato ai suoi clienti uno spettacolare report in cui fa i conti in tasca all’intero mercato americano dei derivati, a data giugno 2009. È un’ottima base di partenza, per capire le dimensioni intatte del problema, a due anni esatti dall’inizio della crisi finanziaria. Il 99,7% dell’intero ammontare di attività e passività “derivatizzate” è interamente concentrato tra gli intermediari finanziari, ma solo cinque di loro ne totalizzano l’80%. Se ci chiediamo chi siano davvero i TBTF, a prescindere dalle grandi banche di deposito, è di loro che stiamo parlando. Le Big Five sembravano sparite, nella settimana dopo il 15 settembre 2008 che iniziò con il fallimento di Lehman Brothers, e che vide l’estinzione delle banche d’investimento, mangiate da banche di deposito o trasformate esse stesse in banche commerciali. Invece ci sono ancora. Eccome se ci sono! Cinque aziende, nei cui libri il valore nozionale dei derivati pesa per la bellezza di 280 mila miliardi di dollari! E’ una stima che fa apparire datata e troppo contenuta quella che a dicembre 2008 era stata fatta dalla BRI di Basilea, secondo la quale l’intero mercato dei derivato Over the Counter era intorno ai circa 600 mila miliardi di dollari, con un valore di mercato lordo (somma di assets e liabilities “derivatizzata” a valori di libro) intorno ai 34mila miliardi di dollari. Vale la pena di leggere in dettaglio.
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Oscar Giannino Senza categoria Big Five, BRI, cigno nero, derivati