CHICAGO BLOG » banche pubbliche http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 HSH, ovvero dell’agonia delle Landesbanken /2009/09/21/hsh-ovvero-dellagonia-delle-landesbanken/ /2009/09/21/hsh-ovvero-dellagonia-delle-landesbanken/#comments Mon, 21 Sep 2009 12:35:05 +0000 Giovanni Boggero /?p=2895 Su tutti i quotidiani tedeschi di questa mattina campeggia la tragicomica notizia relativa ad HSH Nordbank, istituto di credito attivo nel finanziamento al settore dello shipbuilding e la cui quota azionaria di maggioranza è detenuta dai Land della città anseatica di Amburgo e dello Schleswig-Holstein. Stando ai report della stampa, la banca, che era finita già nel mirino dei media per la corresponsione di bonus eccessivi a seguito del recente bailout approntato dal governo, avrebbe pagato circa 30 milioni di euro a Goldman Sachs nell’ambito di un credit default swap (CDS) stipulato con essa a titolo di copertura sui crediti verso Lehman Brothers. Peccato che, dopo il fallimento di quest’ultima lo scorso settembre, Goldman Sachs abbia dimenticato di battere cassa, facendo così scadere il termine e perdendo ogni diritto su quella somma di denaro. HSH pagò comunque con nonchalance tre settimane dopo, senza che il consiglio di sorveglianza venisse minimamente interrogato sulla questione. Oggi, messi sotto pressione dai giornalisti, i vertici di HSH rispondono di aver voluto comunque prestare fede all’accordo, per via della reputazione che altrimenti la banca si sarebbe guadagnata. Il mondo politico- ovvero quello stesso mondo preposto al controllo di tali banche pubbliche- ha reagito indignato. “Mi domando se i manager della società si comportino in questo modo, anche quando ne va del proprio denaro”, ha osservato un socialdemocratico locale. E qui sta il punto. Usare il denaro dei contribuenti, come se fosse di nessuno conduce a risultati grotteschi. Le banche pubbliche, come abbiamo documentato in questo focus di aprile e come sottolineato in uno studio più recente dell’Università di Dresda e dell’Istituto economico Ifo, sono gli istituti di credito più colpiti dalla crisi finanziaria. Il problema, spiega il professor Marcel Thum, è che chi siede nei consigli di amministrazione e nei consigli di sorveglianza di queste società non ha affatto esperienza nel mondo della finanza. Aver maturato una certa esperienza, talora, non è affatto un requisito sufficiente. Questo è vero. Ma di certo è almeno necessario, quando ne va dei soldi altrui…

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L’indipendenza dei regolatori in Germania /2009/07/08/lindipendenza-dei-regolatori-in-germania/ /2009/07/08/lindipendenza-dei-regolatori-in-germania/#comments Wed, 08 Jul 2009 19:30:13 +0000 Giovanni Boggero /?p=1454 Mi ricollego a quanto scritto da Carlo Stagnaro sul nostro paese per fare un considerazione riguardante la Germania. Come detto, i regolatori possono servire, ma  per funzionare devono essere indipendenti. Se vengono tirati per la giacchetta dalle consorterie politiche, la loro stessa utilità viene meno. In Germania il problema si pone da tempo in tema di controllo dei mercati finanziari e delle banche. Due sono le istituzioni competenti: Bundesbank e BaFin. Al di là del fatto che la ripartizione dei compiti è poco chiara, la lacuna maggiore è l’autonomia della seconda, legata anima ‘e core al Ministero delle Finanze. Se a ciò si aggiunge che più di un terzo del sistema bancario tedesco è in mano pubblica, immaginatevi i conflitti di interesse che ne possono scaturire. Per chi conosce il tedesco, consiglio vivamente di leggere questa ricerca dell’istituto economico di Colonia sulla vigilanza bancaria tedesca e non  nei tempi della crisi.

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Aneddoti della “banca più stupida” di Germania /2009/07/01/aneddoti-della-banca-piu-stupida-di-germania/ /2009/07/01/aneddoti-della-banca-piu-stupida-di-germania/#comments Wed, 01 Jul 2009 10:09:27 +0000 Giovanni Boggero /?p=1291 Frank Schäffler è un parlamentare libertario che milita nelle file dell’FDP. Da tempo denuncia i collateralismi tra politica ed economia entro le mura del gruppo bancario Kfw, istituto che grosso modo potremmo assimilare alla nostra Cassa depositi e prestiti e che funziona un po’ come la banca di fiducia del governo. Per prestiti alle imprese e opere di interesse pubblico, dal 1948 sino ai recenti pacchetti congiunturali del gennaio scorso ci ha sempre pensato questo ente ad erogare il credito necessario. Con una piccola e non trascurabile differenza: rispetto alle altre banche, il Kfw può concedere denaro a pioggia senza essere sottoposto al controllo della Bafin (la Consob tedesca), ma dipendendo solo dal Ministero delle Finanze, ossia dalla politica. Ecco perché chi l’ha guidata, oggi come in passato, era noto ai più per le sue conoscenze nella stanza dei bottoni che non per la sua esperienza nel mondo dell’impresa. Un nome su tutti, quello di Ingrid Matthäus-Maier (Spd), il cui curriculum non le avrebbe mai consentito di diventare presidente di un gruppo bancario privato, ma che le ha invece permesso di diventarlo in quello pubblico per eccellenza. Un sunto dei pasticci da lei combinati nel goffo salvataggio della controllata IKB lo potete leggere in questo bel contributo (in inglese) di Wolfgang Reuter per Der Spiegel. Ma l’apoteosi è stata raggiunta all’indomani del crac di Lehman Brothers, quando il Kfw le versò inavvertitamente la modica cifra di 320 milioni di euro. Di qui l’appellativo affibbiatole dai media di banca più stupida di Germania. Oggi accade però che i responsabili di quel grottesco trasferimento di denaro, licenziati in tronco, abbiano ottenuto dal tribunale del lavoro di Francoforte il diritto al pagamento dello stipendio fino alla scadenza del contratto nel 2013. Il Kfw dovrà perciò sobbarcarsi il peso di un ulteriore milione di euro per retribuire chi commise quell’errore a dir poco stravagante. Ma non eravamo entrati nella “nuova era” della “responsabilità”? Frau Merkel, se è lì, batta un colpo.

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Storie di ordinaria follia teutonica /2009/06/03/storie-di-ordinaria-follia-teutonica/ /2009/06/03/storie-di-ordinaria-follia-teutonica/#comments Wed, 03 Jun 2009 19:10:07 +0000 Giovanni Boggero /?p=821 Del meraviglioso mondo delle Landesbanken abbiamo parlato in questo paper scritto un mese e mezzo fa per l’Istituto Bruno Leoni. Ma le banche regionali sono una miniera inesauribile di chicche che val la pena di raccontare. Succede infatti che la maxi-indebitata Bayern Lb, facente capo al Land della Baviera e i cui intrecci con la politica fanno un baffo a tutti i Mario Resca del Belpaese, sia proprietaria anche di due lussuosi hotel a cinque stelle. Il primo è l’Intercontinental dell’Obersalzberg, acquisito dalla mano pubblica per risollevare le sorti di una graziosa località alpina, fatalmente gravata dal peso della storia (come tutti sanno fu la residenza estiva di Hitler). Peccato che i turisti non arrivino, l’hotel sia pressoché sempre vuoto e le perdite record (4 milioni di euro nel solo 2008) dell’hotel dei sogni se le debbano generosamente sobbarcare i contribuenti. Ma si sa, per rinverdire i fasti della “colpa collettiva” questo ed altro. “Io non voglio pensare che le forze dell’estrema destra rilevino l’hotel per farne un punto di ritrovo”, ha chiarito il presidente della CSU Horst Seehofer. Accipicchia, quanto zelo! Cosa non si fa per la causa della democrazia. Ma, come detto, Bayern Lb possiede anche un altro hotel, nella prestigiosa cornice del Wörthersee. Anche qui il rosso è da capogiro: solo nel 2008 quasi undici milioni di debiti, dopo una ristrutturazione costatane la bellezza di 120. Il governo regionale ha sostenuto la voragine di Bayern Lb con 10 miliardi freschi freschi. La Commissione Europea pretende che le controllate della società vengano vendute al più presto per ripagare parte del prestito-ponte. Una completa privatizzazione dell’istituto non è comunque prevista prima del 2014-2015. C’è ancora tempo per acquistare nuovi hotel.

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Germania. Tutto bene con le Sparkassen? /2009/04/29/germania-tutto-bene-con-le-sparkassen/ /2009/04/29/germania-tutto-bene-con-le-sparkassen/#comments Wed, 29 Apr 2009 15:40:16 +0000 Giovanni Boggero /?p=334 Insieme con quello delle Landesbanken, l’universo delle Sparkassen è un fulgido esempio di ciò che molti tedeschi amano definire Soziale Marktwirtschaft. Che cosa esattamente si intenda con questo termine non è chiaro a nessuno, dato che tutti tendono ad appropriarsene dilatando o restringendo- a seconda dei punti di vista- le maglie del concetto. Il caso di specie fa però chiarezza su ciò che di sicuro l’economia sociale di mercato non è. La Soziale Marktwirtschaft, così come si è sviluppata in Germania dal dopoguerra sino ad oggi, non è infatti una Reine Marktwirtschaft, ovvero un’economia di mercato dura e pura. Né mai lo sarà. Anzi, perfino dopo la caduta del Muro, quando le magnifiche sorti del liberalismo sembravano dover trionfare ovunque, l’anelito verso il Vaterstaat non si è affatto dissolto, ma è rimasto inalterabilmente fisso nella spina dorsale della gran parte dei tedeschi. Ebbene, le casse di risparmio sono l’archetipo perfetto di questa irrefrenabile pulsione della Germania per soluzioni che releghino il mercato sempre a second best, a mero strumento accessorio. L’obiettivo del risparmio per le fasce sociali più disagiate (oggi in realtà per una vasta e sfaccettata pletora di clienti) si dice debba essere primariamente perseguito dallo Stato, che, a tal fine, conserverà la proprietà su determinati istituti di credito, le Sparkassen appunto. Ora, qui come altrove, è utile chiedersi: siamo davvero sicuri che laddove non riesce (o si suppone che non riesca) il privato, lo Stato ce lo possa fare e ce la possa fare bene? Nutrire qualche dubbio, anche alla luce di alcuni semplici considerazioni, pare lecito.

a) Il cronico eccesso di capacità nel settore delle casse di risparmio (overbanking) è legato per buona parte alla presenza del cosiddetto Regionalprinzip, che sottrae alla competizione gli istituti facenti capo ad enti territoriali diversi e fa in modo che i clienti di ciascuna cassa siano in massima parte i residenti della zona stessa in cui essa opera.

b) La raccolta del risparmio, come rileva Hans Werner Sinn nel suo felice volumetto “Der Staat im Bankwesen”, può essere davvero incentivata solo se gli interessi garantiti ai risparmiatori sono generosi. In realtà gli interessi reali per il deposito a risparmio sono stati per anni del tutto risibili (nel 1986 e poi ancora dal 1990 al 1994 ebbero persino segno negativo!!!).

c) Della scorsa settimana è la severa pronuncia del Bundesgerichtshof, la Cassazione tedesca, con la quale  sono state bocciate le clausole di quei contratti di credito che consentivano a quei “buoni samaritani” delle casse di risparmio di modificare unilateralmente l’entità dei costi delle transazioni bancarie, il più delle volte ritoccandoli verso l’alto.- Ma non dovevano favorire il piccolo risparmiatore?-

d) Dopo la definitiva caduta delle garanzie di Stato, non è affatto vero che non vi siano stati investitori privati disposti a rilevare o ad acquistare partecipazioni in casse di risparmio. Nel 2004, in un caso rimasto famoso, la cittadina di Stralsund tentò di cedere la propria, ma più forti si rivelarono e pressioni lobbistiche delle associazioni delle Sparkassen e dei potentati politici locali. Stesso esito anche per la recente proposta di modifica in senso più market-friendly della legge regionale sulle Sparkassen nel Nord-Reno Westfalia

e) Nonostante un doppio livello di sorveglianza (quello federale della Bafin e quello dell’organo regionale delle casse  di risparmio) i casi di corruzione in questo settore non sono affatto così desueti. L’ultimo è quello scoppiato nel febbraio scorso presso la cassa di risparmio di Colonia (proprietaria persino di un Golf Club!)  che rivela in maniera palmare i rapporti malsani e i conflitti di interesse tra politica locale e banche pubbliche.

f) Fin dagli anni ’70, le Sparkassen sono diventate banche pressoché universali, capaci di eseguire una vasta molteplicità di operazioni bancarie e in alcuni casi, laddove permesso dalle rispettive leggi regionali, anche di redistribuire gli utili. L’idea che debbano rimanere a tutti costi pubbliche, sottraendosi così a criteri di efficienza, è insomma palesemente ideologica e non fa certo gli interessi dei consumatori.

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