Linda Lanzillotta da ministro per gli affari regionali nel secondo governo Prodi aveva cercato con grande determinazione di introdurre elementi di concorrenza nei servizi pubblici locali. Di cioâ, e di molte altre sue battaglie, le va riconosciuto ampio merito. Un suo intervento odierno sul âSole 24 Oreâ torna sul tema convergendo âsu un diverso approccioâ alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, patrocinato dallâAutoritaâ garante della concorrenza e del mercato.
Per Lanzillotta,
Se, infatti, come eâ ormai dimostrato, lâostacolo ricorrente eâ rappresentato dalla sistematica resistenza opposta al processo di liberalizzazione dagli enti locali proprietari delle aziende, allora bisogna prendere atto che lo schema classico âliberalizzare prima, privatizzare (eventualmente) dopoâ in questo caso non funziona. Bisogna quindi rovesciare lâottica e affrontare in via prioritaria il tema della proprietaâ delle aziende che gestiscono i servizi pubblici locali.
Lâex ministro giustamente sottolinea come âproprietaâ e regolazioneâ vadano separati, e quindi in qualche maniera daâ prioritaâ alla privatizzazione per âliberareâ le imprese dalla politica. Per riallineare lâinteresse dei decisori locali con quello dei consumatori (loro elettori), bisogna fare in modo che le aziende pubbliche escano dal âgiroâ degli appannaggi clientelari. Cioâ che convince meno, e su cui varrebbe la pena discutere, eâ la soluzione proposta da Lanzillotta (e prima di lei da Catricala’) rispetto al processo di privatizzazione. Scrive infatti:
Mentre non sarebbe neppure proponibile un trasferimento di beni di eccezionale valenza sociale e ambientale, quali sono appunto i servizi pubblici locali, ad investitori speculativi o orientati ad una pura logica di mercato, diverso sarebbe lâapproccio delle Fondazioni bancarie, soggetti strutturalmente legati al territorio.
Insomma, Lanzillotta dice: solo privatizzando prima di liberalizzare, si separano le aziende dalla politica, creando le condizioni per la liberalizzazione, cioeâ per esporle alla concorrenza. Ma dice anche: privatizziamo affidandole ad attori, le Fondazioni di origine bancaria, i cui vertici sono di norma scelti dalle istituzioni locali. Solo che cosi’ il controllo politico non si annullerebbe certo, semmai diventerebbe un controllo âdi secondo livelloâ, mediato da investitori che saranno certo âazionisti privati istituzionali con forte responsabilitaâ socialeâ ma che definirli âdistinti e reciprocamente autonomi rispetto ai decisori politici sia nazionale che localiâ pare un po’ eccessivo.
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