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Eredità Agnelli, il fisco finalmente si è svegliato

12 agosto 2009

La notizia è appena uscita in agenzia. Ed è una notizia buona. L’amministrazione tributaria sta indagando sull’eredità Agnelli. Francamente, visto che la figlia Margherita avanza in Tribunale l’argomento che sia stata addirittura inscenata una finta Opa su Exor solo per retrocedere stabilmente all’estero oltre un miliardo di euro di allora a fiduciari sconosciuti – lei pensa che si trattasse semplicemente di capitali attribuiti alla disponibilità di suo padre – non si vede proprio come il fisco non potesse mettersi in moto. Ma quando si tratta degli Agnelli, la notizia c’è comunque. Per fortuna non si è attesa la pronuncia del Tribunale di Torino sull’eredità, perché con l’ipotesi di maxi evasione fiscale quella decisione non c’entra nulla.

Oscar Giannino Senza categoria ,

Tutta la vita: evviva Margherita

11 giugno 2009

L’Italia è paese ben singolare, se colei che ha messo in moto tutto ciò che ha fatto notizia nella recente campagna elettorale – chapeau giornalisticamente, comunque la si possa pensare,  alla Repubblica di Ezio Mauro, che è riuscita a imporlo a tutti –  a risultati delle urne proclamati prende la penna e scrive al Corriere che ha sempre amato Silvio Berlusconi. Quando lo sdegno privato si rende esplosivo fatto politico, pretenderne a effetti prodotti una tardiva riduzione al privato o è segno di resipiscenza, oppure ammissione di ingenuità. Non sta a me giudicare, ma solo notare che un accostamento mi è venuto spontaneo. In vicenda del tutto diversa, ma che a sua volta ci restituisce prova dell’imbarbarimento delle cosiddette “classi dirigenti italiane”, in materia scivolosa di “donne e potere”.

Mi riferisco alla nota emessa oggi dall’accomandita Giovanni Agnelli & co Sapaz, rispetto al deposito documentale effettuato dai legali di Margherita Agneli de Pahlen presso il Tribunale di Torno, nell’azione intentata verso Gabetti, Grande Stevens e  Mahron quali supposti materiali esecutori delle volontà testamentarie dell’Avvocato. È una vicenda sulla quale colpevolmente dichiaro di non aver scritto nel recente passato, per energica pressione su di me esercitata dal direttore del quotidiano al quale il mio LiberoMercato andava in abbinata. Egli era convinto che Margherita avesse torto, nel chiedere puntuale rendicontazione del patrimonio paterno. Io credo invece abbia tutte le ragioni, e conoscendo un minimo per alcune lontane  esperienze dirette le sue vicende familiari, tendo ad escludere tassativamente che la sua richiesta possa essere inficiata da qualunque considerazione in ordine all’andamento del titolo Fiat nel tempo, alle scelte finanziarie e industriali del gruppo, e tanto meno a qualsivoglia ipotetico dubbio sul ruolo di guida dell’accomandita assunto da suo figlio, John Jaki Elkann, per volontà esplicita dello stesso Avvocato.

La nota emessa oggi dall’accomandita accusa Margherita di gettare fango su Fiat proprio mentre essa con l’operazione Chrysler fortemente sostenuta da Obama assurge agli onori del mondo. E’ un’ accusa priva di sostanza e per molti versi intenzionalmente infamante. Gli sviluppi e le scelte di Fiat nulla hanno a che vedere con ciò che Margherita chiede da tempo gli sia chiarito, della consistenza patrimoniale paterna. Gabetti e Grande Stevens, per come conosco entrambi, possono benissimo aver anche deciso di essere fedeli interpreti delle volontà dell’Avvocato, mettendo in atto una strategia volta a garantire alla successiva guida operativa del gruppo il più delle sostanze accumulate dall’Avvocato.  Ciò non toglie che, in altri tempi e secondo un’altra concezione da quella oggi praticata in Italia di classe dirigente, alle domande della figlia avrebbe potuto e dovuto corrispondere altro atteggiamento, che quello della sdegnata replica la cui sintesi più estrema si racchiude nella sentenza “è una povera pazza”. In definitiva, la sentenza che l’accomandita chiede venga emessa dal Tribunale di Torino, sa Dio quanto veramente indipendente oggi dall’influenza del Lingotto, poiché storicamente lo è stato assai poco.

La vicenda, tra le altre,  sulla quale Margherita chiede chiarezza riguarda l’opa disposta oltre 10 anni fa su Exor da parte di una società appositamente creata dall’accomandita, opa che vide soci ignoti e schermati da società esteroversite incamerare quasi il 50% dei 2,6 miliardi allora corrisposti. Chiedere chiarezza non è oltraggio alla memoria di alcuno, né ostacolo di alcun tipo alla Fiat di oggi. Non  è solo pieno diritto di una figlia, ma contributo alla costruzione di un mercato meno opaco per tutti, e meno asimmetrico per i soliti noti. Tutta la vita, tra le due donne dolenti della vita pubblica italiana attuale, io dico: viva Margherita.

Oscar Giannino Senza categoria , , ,

La sacra famiglia

1 maggio 2009

Che cosa sia il deal Fiat/Chrysler, ce lo dirà solo il tempo. Con Franco Debenedetti, ci eravamo fatti qualche domanda del genere che sui giornali di oggi non si trovano. Il perché, si capisce. Da una parte, i giornali hanno tutto l’interesse a descrivere con toni epici la “avventura americana” di Marchionne, se non altro per ragioni di prioprietà e quattrino. L’influenza di Fiat non si sente solo su Stampa e Corriere, ma anche sul Sole, in quanto socio di peso (e, tradizionalmente, “azionista di riferimento”) di Confindustria. Questi tre giornali, più Repubblica, sono quelli che contano in Italia. I giornalisti di tutte le altre testate dove vogliono finire a scrivere? Ma lì, è ovvio. Pertanto, conviene loro mostrarsi accomodanti, rispettosi e gentili verso la Real Casa. Non è un’accusa di dettaglio, è solo la constatazione di un trend.

A questo atteggiamento della stampa, che non è il piatto del giorno ma un filo rosso della storia italiana, si aggiunga che la comunicazione del governo (Giulio Tremonti in primis) è tutta improntata sull’Italia che ce la fa mentre gli altri affondano, il nostro sistema bancario che non sa le lingue e quindi non langue, “la vera ricchezza che viene solo dal lavoro e mai dalla finanza” (Berlusconi, ieri, fra una dichiarazione sulle veline e l’altra), eccetera. Quindi che Obama “chiami” Fiat fa garrire le bandiere al vento.

Tutto torna, tutto si capisce. Non ho gli strumenti per fare un’analisi puntuale del deal – quale spero possa fare magari Oscar Giannino, su queste colonne. C’è solo una cosa che mi stupisce e mi lascia ammirato. La diversa fine degli Agnelli e dei Savoia. Monarchi a Torino prima gli uni e poi gli altri, l’una famiglia e l’altra forse più fortunate negli esponenti tenuti lontani dal bastone del comando (Umberto II, e Umberto Agnelli), a differenza dei principi finiti a ballare sotto le stelle, gli Agnelli sono riusciti a conservare la corte all’estinzione del casato. Il mio regno, per un giornale!

Alberto Mingardi mercato , , , , ,