CHICAGO BLOG » agenzia http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Agenzia nucleare: si parte con Veronesi per arrivare dove? Ecco i nomi mancanti /2010/10/16/agenzia-nucleare-si-parte-con-veronesi-per-arrivare-dove-ecco-i-nomi-mancanti/ /2010/10/16/agenzia-nucleare-si-parte-con-veronesi-per-arrivare-dove-ecco-i-nomi-mancanti/#comments Sat, 16 Oct 2010 13:43:49 +0000 Carlo Stagnaro /?p=7314 Umberto Veronesi ha accettato di presiedere la costituenda Agenzia per la sicurezza nucleare, elemento pivotale nella strategia di ritorno all’atomo. Non possiamo che rallegrarcene, visto che Chicago-blog fu tra i primi ad avanzare la candidatura dell’oncologo e senatore del Pd. Vediamo quali sono gli altri nomi in pista, e quali le prime sfide, e i primi test, che l’organismo dovrà affrontare.

Fino all’ultimo Veronesi è stato in “ballottaggio” con altri due potenziali presidenti, ciascuno – in modo e per ragioni diverse – in possesso di tutti i requisiti necessari. Alessandro Ortis, presidente uscente (scadrà a dicembre) dell’Autorità per l’energia, è per formazione ingegnere nucleare e non ha mai nascosto di vedere di buon occhio la possibilità che il paese torni all’atomo. Molti hanno visto nel documento di consultazione pubblicato dall’Autorità sui contratti a lungo termine per le tecnologie caratterizzate da alti investimenti upfront una mano tesa al piano del governo. Nei sette anni di presidenza del regolatore, Ortis si è conquistato la fama di tecnico competente e indipendente sia dai soggetti regolati (con cui spesso si è scontrato), sia dalla politica. L’altro candidato, Maurizio Cumo, professore di impianti nucleari alla Sapienza di Roma, è ancora in pista come consigliere, quindi ne parlerò dopo.

La scelta di Veronesi segna una svolta, nel modo in cui il governo ha gestito il nucleare, in almeno tre sensi. Anzitutto implica l’affermazione di Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo, che da subito ha caldeggiato la nomina consapevole che il nucleare, per essere, deve essere una scelta bipartisan. Poi è la dimostrazione che l’arrivo di Paolo Romani al ministero non è stato una scelta pro forma, se ha sbloccato immediatamente uno dei dossier più caldi per l’esecutivo. Infine, rappresenta una sfida al centrosinistra, che finora ha dato la sensazione di condurre un’opposizione pregiudiziale e ideologica e, oggi, non può rimanere indifferente all’insediamento di un suo uomo alla guida dell’organismo tecnico che dovrà pilotare la strada italiana al nucleare. Va da sé che, pur non essendo strettamente necessario ai sensi dello statuto (ed è un male), Veronesi dovrà dimettersi da senatore, come hanno subito chiesto un po’ maliziosamente Roberto Della Seta e Francesco Ferrante e come lo stesso Veronesi aveva promesso, in seguito a una schermaglia col segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Proprio il segretario del Pd esce paradossalmente sconfitto da una scelta nel nome del dialogo, visto che, per evitare di pronunciarsi con chiarezza e mantenersi equidistante tra l’anima più dialogante del partito e quella massimalista, aveva puntato tutto sulla guerra senza se e senza ma al “modo in cui” il governo stava conducendo il programma. Va da sé che il clima distensivo innescato dalla nomina di Veronesi delegittima i toni guerrafondai di una parte del Pd (che peraltro si trova nell’imbarazzante situazione di aver condotto un’opposizione massimalista nel paese, razionale in aula, e non può dunque oggi – per le scelte fatte in tema di comunicazione – rivendicare un ruolo nell’oggettivo ammorbidimento dell’esecutivo).

Chi dovrà affiancare Veronesi alla testa dell’Agenzia? Secondo la legge istitutiva, se la nomina del presidente spetta formalmente alla presidenza del consiglio, i quattro componenti vengono decisi due dal ministero dell’Ambiente e due dal ministero dello Sviluppo economico. Stefania Prestigiacomo avrebbe scelto i nomi di Bernadette Nicotra, magistrato e vicecapo di gabinetto del ministro, e il geologo Gualtiero Bellomo, membro della Commissione Via (in precedenza si era parlato di Aldo Cosentino, direttore generale del ministero dell’Ambiente). Alcuni ritengono che Nicotra e Bellomo (o, se è per questo, Cosentino), pur essendo professionisti di indubbia competenza, abbiano due limiti che, potenzialmente, potrebbero sollevare qualche malumore: non si sono occupati di nucleare in precedenza, e soprattutto sono troppo vicini – professionalmente – a Prestigiacomo. Su questo punto tornerò a breve.

Più ampia la rosa valutata dal Mse, che comprenderebbe – tra gli altri – il fisico Antonio Moccaldi, presidente dell’Ispesl, l’oncologo Umberto Tirelli, e l’ingegnere Paola Girdinio, preside della facoltà di ingegneria all’Università di Genova che ha fatto partire un master, destinato a diventare nel giro di uno o due anni un corso di laurea, in ingegneria nucleare. In realtà, però, la rosa si sarebbe ristretta a tre soli nomi: il già citato Cumo (unico limite, l’età: un commissario nato nel 1939 di fianco a un presidente leva 1925 non sarebbe il massimo dell’immagine), e i professori Marco Ricotti (che insegna impianti nucleari al Politecnico di Milano) e Giuseppe Zollino (impianti nucleari all’Università di Padova). Il curriculum di entrambi calza a pennello col ruolo che dovrebbero occupare. Poiché Cumo viene dato per certo, il vero nodo da sbrogliare sarebbe il derby tra Ricotti e Zollino. Ricotti può contare sul sostegno di Energy Lab, la Fondazione promossa dal gotha politico lombardo su impulso del capo di A2a, e presidente di Assoelettrica, Giuliano Zuccoli. Zollino ha però un vantaggio curricolare: dal 2001 al 2007 è stato segretario della Commissione Parlamentare Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo, per la quale si è occupato, in particolare, del monitoraggio delle agenzie nucleari dei nuovi Stati membri al momento dell’allargamento.

Non appena nominato, il collegio dovrà procedere alla selezione del personale, proveniente per la maggior parte (ma nelle intenzioni del ministro dell’Economia, del tutto, compreso il direttore generale) dall’Enea e dall’Ispra. Non è detto che le caratteristiche delle risorse umane disponibili siano del tutto soddisfacenti, perché – tra l’altro – si tratta di persone non lontanissime dalla pensione e che di queste cose, in molti casi, hanno smesso di occuparsi negli anni immediatamente successivi al referendum dell’87.

La selezione del personale è fondamentale non solo perché, ovviamente, dalla sua qualità dipenderà l’efficienza e l’affidabilità dell’Agenzia. E’ importante anche perché, non appena formalmente insediata, essa entrerà nel mirino della Commissione europea, che dovrà valutarne la disponibilità finanziaria (che è un problema, vista la determinazione tremontiana di fare sostanzialmente a costo zero, facendo leva su personale già assunto nella PA e dotando l’Agenzia di un budget di appena 1,5 milioni di euro), la competenza e l’indipendenza. E’ sotto questo profilo che le due nomine dell’Ambiente potrebbero incontrare qualche resistenza. Il problema numero uno è che, pur avendo competenze utili al nucleare non ne hanno (per quel che se ne sa) sul nucleare. Il problema numero due è che il governo ha ritenuto di superare il problema dell’indipendenza creando sì un’Agenzia i cui componenti sono di nomina governativa, ma che dovrebbero essere protetti dall’irrevocabilità dell’incarico. Tuttavia, nominare due dirigenti del ministero che, ovviamente, hanno uno specifico rapporto di fiducia col ministro non è, forse, il migliore degli inizi.

Detto questo, sbaglia chi pensa di fare subito le barricate. L’Agenzia viene sì creata nell’ambito del progetto del governo di tornare all’atomo, ma la prima grana che dovrà affrontare sarà quella del deposito per le scorie. Un deposito che è necessario, dato che l’Italia ha comunque quattro centrali dismesse o in via di dismissione e che produce una quantità di scorie ospedaliere, a prescindere da qualunque scelta si faccia in merito alla produzione di energia nucleare. Pur coi limiti (attuali o potenziali) evidenziati, il nuovo collegio sembra avere un profilo indubbiamente alto. Speriamo che la “macchina” di cui verranno dotati sia all’altezza dei piloti.

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N = N(V) /2010/07/27/n-nv/ /2010/07/27/n-nv/#comments Tue, 27 Jul 2010 16:44:40 +0000 Carlo Stagnaro /?p=6648 Il polverone che si è sollevato attorno a Umberto Veronesi è una triste dimostrazione delle difficoltà in cui si dibatte il nostro paese. Credo di essere stato tra i primi a proporre il nome di Veronesi come presidente dell’Agenzia, proprio su Chicago-blog. La mia idea era che, tendendo la mano al centrosinistra offrendo il posto a un suo uomo, il governo avrebbe rafforzato quella parte del Partito democratico che nel nucleare ci crede non come una panacea ma, laicamente, come una tecnologia di cui è sciocco fare a meno. La provocazione era stata compresa e rilanciata dalla parte del Pdl che riconosce l’importanza di essere bipartisan, in queste cose. La proposta a Veronesi è infine arrivata, ma con che risultati?

Il quadro politico lo ha ricostruito poco fa Oscar Giannino, col quale mi sono praticamente sovrapposto nello scrivere questo post. Oscar evidenzia una serie di cose molto giuste, per cui non sto a farla lunga. Paradossalmente, indicando Veronesi si è messo il Pd alle strette, tanto che Pierluigi Bersani ha dovuto assumere una contorta e bislacca posizione – lui che, si mormora, in fondo nel nucleare ci crede – chiedendo all’oncologo le dimissioni da senatore. Dimissioni prontamente offerte, ma che non hanno mutato la posizione apparente del Pd. Credo che, in parte, a determinare il crollo degli eventi sia stato anche il modo in cui, nel frattempo, è cambiato il mondo. L’anno scorso, il nucleare era un progetto concreto per costruire il quale era più che necessario, era indispensabile costruire un sentiero di dialogo (come aveva colto perfettamente il responsabile energia e servizi pubblici del partito, Federico Testa).

Da allora è cambiata soprattutto una cosa: Claudio Scajola non è più ministro dello Sviluppo economico. In passato ho espresso tante perplessità sul modo in cui Scajola stava gestendo la faccenda, ma almeno una cosa gli va riconosciuta: la stava gestendo. Le sue dimissioni e lo sconsolante vuoto che hanno lasciato rivelano che, tutto sommato, il nucleare non è nelle priorità dell’esecutivo. Non basta l’impegno del sottosegretario Stefano Saglia: Saglia sarebbe l’uomo giusto, ma non è al posto giusto, nel senso che un sottosegretario è sempre un sottosegretario. Potevano farlo ministro all’Energia, magari scorporando l’Energia dallo Sviluppo economico, e non l’hanno fatto. Ne stiamo pagando le conseguenze (non solo sul nucleare, beninteso).

Il fatto è che tornare al nucleare – cioè costruire l’infrastruttura legale e regolatoria per consentire la costruzione e l’esercizio di impianti atomici – o è una priorità, o non è. Bisogna fare troppo lavoro per svolgerlo nei ritagli di tempo. Non basta darsi buone norme: serve anche credibilità e, per questo, non si può fare senza l’opposizione. La mano tesa del governo, forse allungata fuori tempo massimo ma comunque tesa, è rimasta senza controparte. Credo che questo dimostri, anzitutto, un grave limite del maggior partito d’opposizione: la versione brutale di quello che penso è che Bersani non conti, non abbia il controllo sul partito e dunque ne subisca gli istinti più populisti. La versione diplomatica della stessa cosa è che il Pd non è in grado di ospitare un dibattito interno degno di questo nome e, sulla base di questo dibattito e di quella trascurabile cosa circostante che si chiama “realtà”, di prendere una posizione. Con questa opposizione, verrebbe da dire, chi ha bisogno di una maggioranza: e infatti pure la maggioranza, come vediamo giorno dopo giorno, ha la stessa consistenza di un pupazzo di neve a Ferragosto.

C’è, poi, un altro problema, che emerge anche dalla lettera di Milena Gabanelli sul Corriere, è una scarsa comprensione di quello che il nucleare è. A questo proposito, segnalo l’uscita di un libro molto spiccio e molto chiaro sul tema: Fattore N. Tutto quello che c’è da sapere sull’energia nucleare, di Gino Moncada Lo Giudice e Francesco Asdrubali. Senza troppi fronzoli, Moncada e Asdrubali – due ingegneri e professori di fisica tecnica ambientale – raccontano la verità sul nucleare in quanto tecnologia. Non fanno politica, non appendono gagliardetti. Spiegano come funziona una centrale, che differenza c’è tra le centrali di oggi e quelle di ieri, perché Chernobyl è irirpetibile, quali rischi si corrono e in quali stadi della filiera, eccetera.

Purtroppo, suggerire la lettura di questo libro è, credo, abbastanza inutile, e dunque – mi spiace per Moncada e Asdrubali – inutile è stato scriverlo. Perché nessuno di quelli chiamati a decidere lo leggerà, perché le decisioni sono già state prese e, se l’opposizione le ha prese abdicando al suo ruolo di guardiano responsabile sull’operato del governo (con le dovute, lodevoli, romantiche e pure loro inutili eccezioni), il governo vi ha sostanzialmente abdicato nel momento in cui ha perso gran parte dei primi 2 anni di mandato nei quali si doveva avviare il cantiere istituzionale per il nucleare.

Dunque, N = N(V). Il nucleare (N) può essere - non necessariamente è – essere funzione di Veronesi (V), o di qualunque altro nome preparato e credibile si voglia proporre per la testa dell’Agenzia. Non vi piace l’oncologo? Prendete qualcun altro che abbia competenze, palle e indipendenza (tra pochi mesi ce ne sarà almeno uno disponibile, credo, uno che si è battuto come un leone per rendere il nostro mercato energetico migliore di quanto fosse, e in cambio ha ricevuto pesci in faccia e sgambetti un po’ puerili). Ma un buon presidente non è sufficiente. Ci vuole anche una reale indipendenza, e l’Agenzia di sicurezza nella sua versione attuale non ce l’ha (è di nomina governativa). Ci vuole soprattutto una cultura condivisa: cultura delle istituzioni (non si gioca con gli investimenti) e cultura dell’energia e cultura della tecnologia. Questa cultura condivisa non c’è. Non perché non ci sia una cultura condivisa. Perché non c’è una cultura. E si vede.

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Un consiglio non richiesto sull’Agenzia nucleare /2009/10/28/un-consiglio-non-richiesto-sullagenzia-nucleare/ /2009/10/28/un-consiglio-non-richiesto-sullagenzia-nucleare/#comments Wed, 28 Oct 2009 18:28:25 +0000 Carlo Stagnaro /?p=3485 Il primo passo concreto per il ritorno all’atomo - dopo l’approvazione della legge sviluppo, che delega il governo a emanare decreti su una quantità di questioni – è la creazione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Bozze apocrife dello statuto e quintetti di candidati al momento privi di paternità circolano da un po’, ma i giochi non sono ancora chiusi. E’ significativa e positiva, allora, la mano tesa verso l’opposizione del sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che, in occasione del Forum su “Meeting the Challenges of Returning to Nuclear Energy: Italian and US Perspectives” (per gli abbonati a Quotidiano Energia, qui il resoconto di Luca Tabasso), ha avanzato alcune interessanti ipotesi di lavoro.

In particolare, Saglia ha spiegato che

vogliamo sviluppare un confronto con l’opposizione al fine di avere un comune denominatore.

Nella sostanza, questo significa che il governo intende, attraverso le nomine del collegio e di un direttore generale “forte”, dare all’Agenzia quell’indipendenza che, nei fatti e alle apparenze, la legge non le riconosce. Infatti, la nomina dei componenti spetta al governo (il presidente al premier, i membri del board due a testa a ministero dello Sviluppo economico e ministero dell’Ambiente). Non è richiesto alcun parere vincolante, tanto meno a maggioranza qualificata, alle commissioni parlamentari competenti. Quindi, la credibilità dell’agenzia – non essendo garantita dalle procedura di nomina e selezione dei suoi componenti – è legata esclusivamente al loro prestigio.

L’apertura di Saglia, quindi, indica la perfetta comprensione di questo fatto: tanto che il sottosegretario si è spinto a chiedere all’opposizione di indicare una rosa di nomi. Come ha pungolato Giorgio Carlevaro sulla Staffetta (anche qui solo per abbonati) vedremo se sarà il ministero di Claudio Scajola o quello di Stefania Prestigiacomo, a sacrificarsi per spazio alla minoranza. Ma, soprattutto, vedremo se il Pd, regnante Pierluigi Bersani, saprà accettare la sfida. Intanto, dicevo, qualche nome inizia a circolare. E’ coerente con l’auspicio di Saglia? Lascio decidere a voi. Un informato articolo di Luca Iezzi sulla Repubblica di ieri riferisce che in poll position ci sarebbero due nomi: Carlo Jean e Maurizio Cumo.

Il primo è un generale dell’esercito, noto per la sua lucida lettura delle evoluzioni geopolitiche. La sua competenza nucleare (che la legge richiede per i componenti dell’Agenzia) è legata soprattutto all’esperienza come presidente di Sogin, periodo durante il quale non si ricoprì di onore. L’azienda, infatti, non ebbe una performance stellare (tant’è che il cambio-marcia, all’arrivo di Massimo Romano, oggi commissariato, fu evidente). Ma il passaggio più critico della gestione Jean fu il fallimento col deposito per le scorie di Scanzano, che in seguito alle proteste della popolazione fu rapidamente cancellato. Molti ritengono che, all’origine della marcia indietro, stia una fallimentare strategia di comunicazione.

Maurizio Cumo è un ingegnere nucleare sulla cui competenza tecnica nessuno può dubitare, anche lui con un passato da presidente della Sogin durante la gestione Romano.

La mia perplessità su questi due nomi – specie in relazione alla carica di presidente dell’Agenzia – è che, pur non difettando di esperienza e competenza, rischiano di trasmettere la sensazione sbagliata. Come ha detto Saglia, compito dell’Agenzia, specie nelle fasi iniziali, non è solo vigilare sulla realizzazione e l’esercizio degli impianti (a proposito: mancano i soldi e il personale è scarso), ma anche e direi soprattutto “rassicurare l’opinione pubblica”.

Con tutto il rispetto, un ex militare e un ingegnere nucleare non hanno il profilo più indicato per questo. Perché chiunque voglia, anche in malafede, gettare benzina sul fuoco del populismo non dovrà far altro che denunciare il fatto che, per formazione, entrambi sono portati a un “bias” pro-nucleare. Come se ne esce? Secondo me, prendendo sul serio e rilanciando la sfida di Saglia. Cioè trovando un nome – come presidente, non come semplice componente – autorevole, in nessun modo riconducibile al centrodestra, rispettato, stimato e conosciuto. Uno che abbia competenze non tanto relative alla tecnica nucleare – per questo c’è la struttura e ci sono comunque i quattro consiglieri - quanto piuttosto agli aspetti sanitari e ambientali. Uno che la gente comune possa identificare come “uno di cui posso fidarmi”. Uno sicuramente non di primo pelo. Uno, magari, con qualche esperienza politica, ma che si sia distinto per la sua autonomia di giudizio. Magari un anziano e rispettato e indiscutibile oncologo, che proprio in virtù dei suoi studi si è esposto, dal centrosinistra, a favore del nucleare.

Io un nome in mente, in grado di combaciare perfettamente con questo profilo, ce l’avrei anche. E voi?

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