CHICAGO BLOG » Agcm http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Riforma professioni /2009/09/23/riforma-professioni/ /2009/09/23/riforma-professioni/#comments Tue, 22 Sep 2009 23:04:19 +0000 Pasquale Annicchino /?p=2924 DESCRIPTION

Lo avevamo detto.  Anche alla presenza di Maria Elena Valenzano, coordinatrice della Associazione Avvocati per la Libertà. Sedicente associazione neostatalista a difesa degli interessi costituiti.

E l’AGCM lo ha confermato. Vedi bollettino di guerra 35/2009.

La riforma della professione forense delineata dal testo adottato dal Comitato ristretto della Commissione Giustizia del Senato contiene disposizioni che determinano gravi restrizioni al funzionamento dei mercati e impongono oneri non giustificati a cittadini e imprese.
Lo scrive l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in una segnalazione inviata a Governo e Prlamento. Per l’Antitrust, in particolare, destano preoccupazione le disposizioni che prevedono l’estensione dell’ambito delle esclusive, le nuove modalità di accesso alla professione, la disciplina delle tariffe, delle incompatibilità e della pubblicità.”

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Fieg vs. Google: giornali e siti non sono tutti libere imprese? /2009/08/31/fieg-vs-google-giornali-e-siti-non-sono-tutti-libere-imprese/ /2009/08/31/fieg-vs-google-giornali-e-siti-non-sono-tutti-libere-imprese/#comments Mon, 31 Aug 2009 20:58:47 +0000 Carlo Lottieri /?p=2421 Nei giorni scorsi la stampa ha dato notizia dell’apertura di un’inchiesta dell’Antitrust nei riguardi di Google Italia. L’agenzia si sta muovendo sulla base di una denuncia dell’associazione delle aziende editoriali, la Fieg, secondo la quale “Google impedirebbe agli editori di scegliere liberamente le modalità con cui consentire l’utilizzo delle notizie pubblicate sui propri siti Internet” (ma i giornali non gestiscono forse a loro piacere le loro pubblicazioni?).

Per la Fieg, ad ogni modo, la conseguenza di tutto ciò sarebbe che “i siti editoriali che non vogliono apparire su Google News verrebbero automaticamente esclusi anche dal motore di ricerca Google”. È stata dunque avviata un’istruttoria per presunto abuso di posizione dominante.

Nel comunicato ufficiale trasmesso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato si può leggere che “gli editori italiani, che non ottengono alcuna forma di remunerazione diretta per l’utilizzo dei propri contenuti su Google News, non avrebbero inoltre la possibilità di scegliere se includere o meno le notizie pubblicate sui propri siti internet sul portale stesso: Google renderebbe infatti possibile ad un editore di non apparire su Google News, ma ciò comporterebbe l’esclusione dei contenuti dell’editore dal motore di ricerca della stessa Google”.

In sostanza, le cose funzionano così.

Google ha un proprio sito nel quale seleziona, gerarchizza e offre al lettore le notizie più diverse: provenienti da altri siti e giornali. Si tratta di un servizio di grande successo e che quindi attira pubblicità. Sulle modalità di questa gestione gli editori vorrebbe avere voce, ma Google Italia New pretende di mantenere una piena autonomia d’azione.

D’altra parte, come si può leggere nel sito stesso, “Google News è un sito di notizie generato automaticamente”. Per vedere le proprie notizie ospitate da Google News è comunque sufficiente inviare una richiesta, che dovrà poi essere vagliata dal sito stesso. Restando ben chiaro che quei giornali che non vogliono vedere utilizzate le loro notizie non hanno nulla da temere.

L’accusa rivolta a Google è che chi non mette a disposizione le proprie informazioni per il sito informativo (Google New), finisce per sparire anche dal motore di ricerca. La strategia dell’azienda multinazionale è chiara, ma non si capisce sulla base di cosa Google dovrebbe essere obbligata a trattare questo o quel soggetto all’interno del proprio motore di ricerca.

A ben guardare, tutta la vertenza manifesta il declino dell’idea di proprietà. I titolari dei giornali dovrebbero rivendicare la libertà di gestire come vogliono le loro aziende, e dovrebbero comprendere le buone ragioni che spingono le altre imprese a fare lo stesso. Nel corso degli anni, Google ha sviluppato servizi, tecnologie e competenze che ora vuole utilizzare al meglio: e nessuno può pretendere di dirgli cosa deve fare.

Quando Microsoft fu censurata per la decisione di “incorporare” (bundling) Media Player in Windows (e ora in Europa rischia un’altra condanna per l’analogo accorpamento di Internet Explorer), la conseguenza fu che l’azienda di Seattle fu obbligata a produrre anche un sistema operativo senza Media Player. E poco importa che nessuno, ovviamente, lo acquisti. Nella contorta e anti-imprenditoriale concezione della concorrenza elaborata dai regolatori, l’impresa non deve essere libera di usare le proprie risorse al fine di fare i propri interessi, ma deve seguire le direttive di chi vuole programmare tutto. Perché starebbe a politici e burocrati stabilire come deve funzionare ogni cosa.

Nel caso di Google non siamo lontani da questo spirito. Gli editori vorrebbero essere protagonisti del motore di ricerca di Google anche quando negano a Goggle (del tutto legittimamente) i loro prodotti per il sito sulle news. Scusate la trivialità dell’esempio, ma senza dubbio io ho tutto il diritto di non dare i miei soldi all’edicolante sotto casa, ma non posso pretendere che lui mi dia lo stesso quotidiani e settimanali.

Se il motore di ricerca è di Google, sta a Google gestirlo come vuole. E se non intende trattare le notizie di periodici e siti che in piena libertà decidono di non collaborare con Google News, non si vede cosa ci sia di illegittimo in tutto questo. Anche la Cgil non segue le pratiche pensionistiche di quanti non sono iscritti all’organizzazione.

Di diversa opinione è però il presidente della Fieg, Carlo Malinconico. Questi sottolinea anche che “il mercato pubblicitario è in crisi, e i generatori di contenuto guadagnano dal proprio lavoro sicuramente meno di quanto fa Google con il loro. Non nego che per una testata Google possa essere un’opportunità. Ma le modalità con cui il motore di ricerca ‘usa’ parte delle notizie di un giornale, senza alcun controllo da parte di chi le crea, non ci sembra trasparente”.

I giornali vogliono (com’è giusto che sia) gestirsi liberamente, ma non sembrano riconoscere lo stesso diritto alle altre imprese. E pretendono che l’Antitrust segni a loro favore un rigore che proprio non c’è.

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