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Posts Tagged ‘abolizione delle province’

Tonino, il compagno liberale

6 giugno 2010

L’Italia dei Valori ha presentato al pubblico il suo “libro dei sogni”, pardon la sua proposta di manovra alternativa a quella approvata dal Governo. Al di là dei numeri altisonanti, ci sono un paio di idee che val la pena di prendere in considerazione, casomai qualcuno fosse ancora convinto della collocazione politica dell’Iddivù in sede europea. Dunque. Il compagno Tonino vorrebbe introdurre:

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Vietti, la coerenza e le Province

13 giugno 2009

Devo ammettere che aspettavamo al varco l’onorevole Vietti. L’indegno teatrino sulla spartizione delle poltrone nella futura giunta provinciale di Antonio Saitta, è la migliore dimostrazione che l’abolizione delle province era ed è uno sterile ritornello da strimpellare in campagna elettorale. La “condivisione di un programma” come quello del presidente in carica, che dell’abolizione delle province si fa pubblicamente beffe, non può che essere letta in questo modo. Ci illumini onorevole, ci illumini; caso mai ci fossimo persi per strada brandelli della sua coerenza adamantina…

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Abolire le Province

4 giugno 2009

Non è possibile non segnalare questo. Un grazie a Massimo Gramellini.

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Abolizione delle Province. La conferenza di Torino

29 maggio 2009

Non ce l’hanno fatta. E’ piĂą forte di loro. I candidati alla Presidenza della Provincia di Torino Porchietto, Saitta e Vietti hanno giocato di sponda, tutti quanti. Nessuno è riuscito a spiegare per quale ragione un ente intermedio di questa natura debba essere mantenuto in vita. La risposta non è arrivata dal Presidente in carica, Antonio Saitta, che  dall’alto dei suoi ben quindici assessorati, si è limitato a pronunciare parole vuote sul compito di “razionalizzazione” delle competenze; senza rendersi conto che la confusione del quadro normativo è vieppiĂą accresciuta laddove si siano dotate le Province di nuove e mirabolanti funzioni. L’esempio della pianificazione urbanistica- si veda il mio precedente post sul tema- è palmare. Non vi è però riuscita nemmeno l’aspirante Presidente Porchietto, che ha vagheggiato di competizione tra enti locali ed eliminazione degli sprechi, quando ad aver deviato da uno scenario simile è stato proprio il suo partito con l’approvazione di una riforma del federalismo fiscale che non ha affatto aiutato a districare il guazzabuglio legislativo sul tema. Michele Vietti, invece, aveva sin dall’inizio la strada spianata. Se è vero che l’UdC è l’unico partito ancora fermamente convinto della necessitĂ  di tagliare questo ramo secco del sistema istituzionale, è d’altra parte altrettanto vero che le sue posizioni rimangono ad oggi puro wishful thinking. Candidarsi alla Presidenza di un ente del quale si vorrebbe essere “liquidatori” è poco credibile. Il professor Ricolfi, per bilanciare l’arringa iniziale di Silvio Boccalatte, fellow IBL e autore del libro in discussione, ha dovuto smorzare i toni, traducendo il suo intervento in uno sterile richiamo ad occuparsi non soltanto di un ridimensionamento del numero delle province, ma anche e soprattutto degli sprechi della P.A. Ora, va tutto bene. E di norma quando leggiamo gli editoriali del professor Ricolfi ci troviamo in perfetta sintonia. Ma il tema della serata era quello dell’abolizione delle province. Limitarsi a dire, come ha fatto il sociologo torinese spalleggiato dal Presidente Saitta, che bisognerebbe individuare criteri per eliminare le province piĂą piccole o quelle di nuovo conio (Ogliastra sì e Rovigo no? Per quale ragione? Dubito che gli amministratori locali assisterebbero in disparte a questa geometrica quanto arbitraria rimodulazione) e che il panorama delle Province è comunque estremamente sfaccettato al suo interno (ve ne sono alcune molto efficienti ed altre molto meno); ebbene ragionare così, ci fa perdere di vista il punto nodale della questione, ovvero: è utile un ente creato non per delle esigenze manifestatesi a livello locale, ma per un’imposizione centralista? E’ cioè utile un ente una volta creato il quale è necessario scervellarsi su quali competenze affidargli? Io credo di no. Ecco perchĂ© il paragone di Ricolfi con i distretti di Corti di appello è poco azzeccato. Qui non è in discussione la maggiore o minore efficienza di quella o di quell’altra Provincia, ma dell’ente in quanto tale. In ultimo, una provocazione: Vietti sostiene che invitare all’astensione alle provinciali non faccia un buon servizio alla causa dell’abolizione delle Province. Percepisco una contraddizione logica: qual è allora la soluzione? Fare campagna elettorale per andare a guidare un ente che si dice di voler abolire? Forse l’onorevole Vietti- e si sarebbe di certo attirato molti piĂą battimano- avrebbe dovuto dimostrare quella coerenza la cui mancanza ha rimproverato ai suoi avversari, un tempo grandi sponsor dell’eliminazione delle Province ed oggi soltanto timidi riformatori; ossia, quella di non candidarsi affatto.

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Abolire le Province

9 maggio 2009

L’ostilitĂ  preconcetta per una riforma degli Enti locali che comporti l’abolizione delle Province può essere spiegata solo in due modi: con la fiducia cieca e talvolta inconsapevole verso le istituzioni e il loro operato da parte di onesti, ancorchĂ© ignari cittadini oppure con la difesa di rendite di posizione da parte di gruppi di interesse politico-clientelari. Tertium non datur. Meglio di noi l’ha spiegato in un agile libercolo pubblicato di recente per la casa editrice Rubbettino il team capitanato da Silvio Boccalatte. Eppure, proprio in questi giorni di “febbrile” attesa per le consultazioni del 6 e 7 giugno prossimi, si sente spesso ricordare (almeno questa è la mia esperienza) che le Province sono e restano indispensabili, perchĂ©, tra i notevoli compiti cui sono preposte, v’è quello, imprescindibile, di varare il piano territoriale di coordinamento. Ebbene, questa vitale competenza di livello urbanistico è in realtĂ  stata attribuita alle Province nel 1990 con lo scopo conclamato di conferir loro un qualche ruolo (!). Come dire: in Italia prima si creano gli enti e solo dopo si decide quali funzioni essi debbano ricoprire. Il piano territoriale di coordinamento è lo specchio di questo modus operandi. Si tratta infatti di un ulteriore livello di pianificazione urbanistica del quale non si sentiva affatto il bisogno e che in buona sostanza si sovrappone a quello delle Regioni, ingolfandone l’attivitĂ  e accrescendo il garbuglio normativo. Il piano provinciale, infatti, una volta redatto, deve essere rimesso alla Regione, la quale ne accerta la conformitĂ  agli indirizzi regionali di programmazione (ottimo, ma allora non ne basterebbe solo uno?) e stabilisce le procedure di approvazione garantendo la partecipazione dei Comuni interessati. I Comuni, in pratica, non dovranno soltanto attenersi alle disposizioni dei piani urbanistici regionali, ma dovranno fare riferimento anche a quelli provinciali. Talora, però, i piani di coordinamento provinciale sembrerebbero poter essere approvati in deroga a quelli regionali. Si pensi al caso degli strumenti di pianificazione paesaggistica, i quali, prima di una legge del 2004, avrebbero dovuto essere inglobati nei piani di coordinamento provinciale a seguito di intese con le amministrazioni locali. La legge del 2004 ha scombussolato il quadro, dando la precedenza agli strumenti di pianificazione paesaggistica regionale su quelli adottati a livello provinciale. Insomma. L’estrema confusione e incertezza del quadro normativo imporrebbe un ripensamento del ruolo di un ente, sotto piĂą punti di vista, davvero pletorico e sovrabbondante. Ecco perchè, cara Claudia Porchietto, non possiamo che storcere la bocca di fronte ad un programma che si propone di tagliare gli sprechi, ma che non ci dice nulla di certo sul futuro delle Province. Almeno il suo avversario è stato chiaro: le Province non si toccano.

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Tagliare le province

19 aprile 2009

Torino. Elezioni provinciali 2009. Claudia Porchietto (Pdl) lancia il guanto di sfida ad Antonio Saitta (Pd) per la guida di Palazzo Cisterna. Un curioso manifesto elettorale recita: “E’ora di tagliare gli sprechi”. Domanda: ci sta prendendo in giro?

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