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Milano, Italia: l’edilizia pubblica di ghetto in ghetto

15 agosto 2009

In data 14 agosto, l’agenzia ANSA dava notizia di un’azione condotta dalle forze dell’ordine nella zona Nord di Milano all’interno di un quartiere Aler (gli edifici costruiti dallo Stato e messi a disposizione delle categorie più deboli).

Operazione congiunta di polizia e carabinieri in un quartiere periferico della zona Nord di Milano, il cosiddetto “ghetto”, una serie di palazzi popolari tra viale Zara e viale Fulvio Testi. Le forze dell’ordine hanno circondato i palazzi, eseguito controlli a persone e autoveicoli, e perquisizioni domiciliari per droga e armi.

Le case popolari del cosiddetto “ghetto”, quartiere periferico della zona Nord di Milano, sono state recentemente oggetto di un’inchiesta del Corriere della Sera per via del degrado, dell’abusivismo e dello spaccio di droga. Una sorta di “terra di nessuno”, come ha denunciato il quotidiano di via Solferino, di fronte alla quale si sono levate, da più parti, richieste di intervento.

Se l’opposizione in Comune a Milano ha chiesto a più riprese di far intervenire nel “ghetto” i militari, l’Aler ha anche proposto di assegnare case a poliziotti nel quartiere. Anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha affrontato la questione: in un’intervista ha riferito di aver “chiesto al prefetto un intervento più incisivo per questa e altre zone della città”.

Insomma : l’edilizia popolare produce non solo morosità, sprechi e corruzione, ma favorisce anche (per ragioni facilmente comprensibili) un progressivo degrado della vita sociale. Costruire quartieri e destinarli a quanti posseggono i requisiti per essere aiutati e si trovano in cima alle graduatorie significa “pianificare” (un po’ per stupidità, un po’ per superficialità) un fallimento. Significa far sì che i figli di persone caricate da problemi si trovino a convivere - nelle classi scolastiche come nei cortili - quasi esclusivamente assieme ad altri bambini che vivono in famiglie caricate da analoghi problemi.

Eppure solo il 21 luglio scorso l’assessore alla Casa del comune milanese, Gianni Verga, salutava con soddisfazione il varo dell’ennesimo piano casa governativo (i 100 mila alloggi in 5 anni promessi dal premier Silvio Berlusconi):

“Il Piano Casa decretato dal Presidente del Consiglio arriva in ritardo, ma rappresenta un avvio importante per sviluppare interventi utili che serviranno a dare una casa alle diverse fasce del bisogno”. Con queste parole l’assessore alla Casa Gianni Verga ha accolto il decreto che si pone l’obiettivo di costruire centomila alloggi in 5 anni. Beneficiari del Piano Casa saranno i nuclei familiari a basso reddito, le giovani coppie, gli anziani in condizioni sociali svantaggiate, gli studenti fuori sede, gli sfrattati e gli immigrati regolari a basso reddito e residenti da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa Regione. Insieme ai più bisognosi, potranno beneficiarne i ceti medi e medio-bassi che non possono sostenere i prezzi di mercato”.

È davvero bizzarro che un giorno si intervenga con il fucile spianato per tentare di porre rimedio ai guasti causati dal socialismo urbanistico, e un altro giorno - quasi senza avvedersi del nesso tra le due cose - ci si impegni a porre le basi per un’ulteriore espansione della gestione statale delle abitazioni e, quindi, per nuovi e sempre più pericolosi ghetti.

Non sarebbe molto meglio privatizzare (anche offrendo condizioni di favore per gli attuali residenti ) le abitazioni oggi di proprietà pubblica e con il ricavato avviare un programma di buoni-casa a favore di quanti hanno seri problemi economici, lasciando però che essi vadano a vivere in quartieri “normali”, e non nei dormitori predisposti da sindaci e assessori?

Carlo Lottieri mercato, welfare , , , , ,