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Posts Tagged ‘politica monetaria’

Serve un nuovo paradigma macroeconomico

27 agosto 2009

Due letture immediate a commento degli ultimi dati poco confortanti, due visioni diverse - entrambe non ottimiste, comunque, nello stile di questa  nostra casa - dei rischi a cui tutti restiamo esposti, al di là degli ottimismi di maniera. Io vi dico subito che sono per la seconda lettura, quella che indica la necessità di un nuovo paradigma macroeconomico, ponendo l’intermediazione finanziaria ben al centro di una profonda revisione dei modelli teorici sin qui seguiti. Prosegui la lettura…

Oscar Giannino mercato , , ,

Jackson Hole, Feldstein ha ragione

21 agosto 2009

La prima giornata del meeting di Jackson Hole vede i mercati europei in rally con crescite tra il 2 e il 3% degli indici. Vi invito a leggere il testo di Ben Bernanke, in apertura dei lavori, che ha provocato tutto questo entusiasmo. Da giornalista, ai lettori - e agli operatori di Borsa in azione - lo avrei presentato col titolo del WSJ - Bernanke: Recovery to Start Off Slowly - non con quello del Financial Times - Bernanke Optimistic on Economic Growth. Eppure è la seconda tesi che ha prevalso: il titolo stu-pe-fa-cen- te di apertura, del sito della Stampa diretta da Mario Calabresi, in queste ore è “La FED: preso la crisi sarà finita”.  Parole che Bernanke non si è neppure sognato di dire. Il “nostro” Martin Feldstein porta a casa la palma di giornata, per chiarezza e secchezza di giudizio. Qui la sua intervista di commento a Bloomberg : Us Economy Weak, May Dip Again.  La penso come Feldstein. La disoccupazione USA peggiorerà e la crisi USA potrebbe persino peggiorare. Ma vale la pena di esaminare il testo di Bernanke con cura. Prosegui la lettura…

Oscar Giannino mercato , , , , , , ,

A Jackson Hole, banchieri al capezzale

20 agosto 2009

In queste ore comincia a Jackson Hole - Wyoming, la trentunesima conferenza  annuale organizzata dalla FED di Kansas City, appuntamento rituale estivo in cui tutti i maggiori banchieri centrali del mondo si ritrovano per fare il punto sulla situazione in corso. Francamente, non ho mai capito perché i media italiani diano pressoché nulla copertura a tale appuntamento, che insieme alle sessioni della BIS a Basilea (BRI se usate l’acronimo italiano) è una delle pochissime sedi nelle quali i banchieri centrali si confrontano in maniera aperta: oltretutto, mentre la riservatezza che grava sulle riunioni BIS è proverbiale e pressoché a prova di bomba, a Jackson Hole invece vengono - sia pure con qualche ritardo - rilasciati i papes che vengono formalmente presentati e discussi. Certo, non possiamo sapere quel che stasera i 45 banchieri centrali riuniti quest’anno si diranno tra loro, ma è proprio grazie ai papers di Jackson Hole che abbiamo potuto ricostruire, negli anni addietro nei quali Greenspan regnava sovrano, come egualmente per esempio proprio economisti della BIS osarono sfidarlo muovendo ai suoi tassi d’interesse l’accusa  di essere destabilizzanti e moltiplicatori di rischio.

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Oscar Giannino Senza categoria ,

Mercati giù come detto, povera FED

19 agosto 2009

Che i mercati finanziari fossero in bolla, se ci seguite su questo blog per voi non è una novità. Come non lo è la frenata cinese che vi abbiamo anticipato quando nessuno ci faceva caso, allorchè la Banca centrale ha tirato un freno all’eccesso di liquidità che finiva per alimentare acquisti in Borsa invece di traslarsi sull’economia reale. Di conseguenza, è solo un bene che anche stamane Shangai perdesse più di 4 punti e che di conseguenza tutto ciò tiri verso il basso da due settimane le Borse mondiali. Meglio fermare la bolla bis alimentata dalle banche centrali, piuttosto che continuare ad alimentarla. Da oltre il 90% che Shangai aveva guadagnato da marzo ad oggi, siamo al 18,9% in meno. Vedremo più avanti, se la discesa dell’equity andrà per un po’ a vantaggio dell’obbligazionario che stentava, per poi ritornare all’equity a fine anno. O se il futuro ci riserva - Dio non voglia ma attualmente non credo - di peggio. La domanda a questo punto è:  le banche centrali capiranno che devono cambiare musica?

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Oscar Giannino mercato , ,

La Cina frena e nessuno se ne accorge?

12 agosto 2009

Sempre a proposito di media distratti, quando si tratta di leggere i dati della crisi che magari non confortano l’ottimismo a manetta. La settimana scorsa il Baltic Dry Index - indice che misura in maniera composita noli e contratti di trasporto marittimo nel settore delle rinfuse solide - ha avuto la sua peggiore settimana dalle cadute verticali dell’ottobre-novembre 2009, lasciando sul terreno oltre il 17%, e perdendo oltre il 35% rispetto al punto di risalita che aveva raggiunto intorno al 3 giugno scorso, allorché tutti presero ad avere fiducia nella ripresa dietro l’angolo. La spiegazione è una sola: la Cina ha iniziato a tagliare da un giorno all’altro del 30-40% le massicce importazioni di cemento e acciaio che da inizio marzo corrispondevano al maxi sostegno all’economia domestica - mancando l’export verso i Paesi Ocse - basato su un gigantesco programma di infrastrutture.  Ma a questa spiegazione “reale” se ne aggiunge una più profonda, di natura finanziaria. La Banca centrale cinese - leggete i comunicati nel suo sito e osservate come si possa essere essenziali su internet quando si è la potenza planetaria più forte  per quanto riguarda il traino dell’economia mondiale - sta dando un taglio radicale all’eccesso di liquidità che alimentava l’eccesso di credito domestico. Nell’ultimo mese la crescita degli impieghi in Cina si è limitata a salire dell’equivalente di 52 miliardi di $, rispetto ai 248 - ! - del  mese precedente. Le ragioni della scelta del regolatore monetario cinese sono due. Mentre l’oceano di liquidità saliva, il moltiplicatore monetario si abbassava, cioè si era più che abbondantemente superata la soglia entro la quale la liquidità diventata credito concesso a un’economia reale in grado di assorbirlo davvero. La seconda ragione è che parti crescenti della liquidità venivano invece impiegate in acquisiti di asset finanziari (e su questo il sottoscritto deve ammettere che si è parato rapidamente il fondoschiena, visto che il mio orticello di titoli cinesi oculatamente scelto a gennaio sta battendo di quasi 25 punti l’indice di Shangai, il quale indice - ehm ehm - a fine settimana scorsa da gennaio era a sua volta salito dell’81%…. a conferma di quanto “grassa” fosse la speculazione attirata sulle Borse cinesi da tutto il mondo). Chi ha comprato titoli cinesi alla cieca o si è già riparato, oppure è meglio che lo faccia affidandosi a gente che conosce i dati reali dell’economia cinese, e soprattutto quelli non dichiarati. Chi è stato critico come noi della Greenspan Put sul NYSE non può certo essere favorevole alla Panda Put messa in atto dai banchieri gialli.

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Bernanke bis? Un urrah per Anna Schwartz

27 luglio 2009

Reduce da un numero improbabile di ore per andare e tornare da un dibattito che dovevo fare alla Versiliana, solo per colpa delle immonde code autostradali arrivo in ritardo per proporvi di unirci in un ideale urrah ad Anna Schwartz, autrice con Milton Friedman della fondamentale storia monetaria degli Usa da cui tutti hanno imparato “la” vera lezione della Grande Depressione. Il suo editoriale di oggi sul NYT su Ben Bernanke, personalmente lo condivido dalla prima all’ultima parola, insieme all’auspicio di un successore diverso: ma perderemo, temo.

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Low return on assets versus high yields push: come se ne esce?

17 luglio 2009

Goldman Sachs e Jp Morgan escono con le loro trimestrali come le vere vincenti del credito americano post aiuti di Stato, e l’analisi dei loro risultati conferma che - grazie al fatto di essere state più prudenti nell’andare “corte” da metà 2007 a settembre 2008 sulle colossali nozionali di securities sintetiche che negli anni precedenti avevano loro fruttato utili stellari affettandole, reimpacchettandole e rivendendole in tutto il mondo - oggi possono meglio delle concorrenti assumersi di nuovo elevati rischi nel trading properties, massimizzando aiuti del Tesoro e oceanica liquidità.  M’interessa assai poco seguire i toni alla Grillo di Paul Krugman, nel commentare tale fenomeno. Serve di più una fredda analisi sistemica. Da dove nasce, la relazione asimmetrica tra basso return on assets e spinta verso high yields? Quali responsabilità implica per il regolatore? Se bisogna uscirne e cioè occorre attenuarla- e dico “se” -  come e che deve farlo al meglio? Le domande centrali sono queste, se vogliamo pensare a un’intermediazione finanziaria meno proclive a instabilità sistemica (il che non dovrebbe esimere noi europei dall’occuparci delle 30 banche continentali tra grandi e grandissime che attendono di essere ristrutturate dopo i salvataggi, come ha detto oggi Neelie Kroes per mascherare la sostanziale impotenza in materia della Commissione europea; né continuare a far finta di nulla di fronte all’accumulo tossico che resta nelle banche del Paese leader, la Germania, a fronte dell’aggravarsi della crisi bancaria nell’area baltica, vedi oggi i disastrosi risultati annunciati da Swedbank). Sono domande che ci riportano alla responsabilità del regolatore monetario, e a quella dei criteri di supervisione.  La risposta non “unisce” affatto: anzi, per chi la pensa come noi, divide e anche profondamente, dal mainstream che riecheggia oggi nei fori internazionali.

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Garton Ash ha torto, i socialisti sbagliano

22 giugno 2009

Ma siamo davvero tutti “condannati” alla socialdemocrazia? Non lo credo affatto. Lo storico oxoniano Timothy Garton Ash sbagliava a firmare appelli sull’Iraq insieme ad Habermas e Derrida, sbaglia oggi sullo Spiegel a descrivere un’Europa e un mondo intero in cui, in realtà, non ci sarebbe alternativa a essere socialdemocratici, e tutti i degni di salvezza sono in realtà solo socialdemocratici, a prescindere dal nome e dal colore che si danno. Qui le sue tesi. Oltretutto, se si va dritti al cuore della questione economico-finanziaria, identificare nei massicci aiuti di Stato e nell’energico quantitative easing praticato da Fed e BoE - meno dalla BCE - la via obbligata alla socialdemocratizzazione obbligata della politica economica è tecnicamente sbagliato, a mio modo di vedere. Mentre hanno ragione i critici di entrambe le politiche - quelle economiche e monetarie - di formazione friedmaniana, come Tim Congdon del FMI.

Posso comprendere l’entusiasmo di Garton Ash innanzi a un Obama che viene giudicato come un socialdemocratico europeo, e su questo in effetti concordo. Ma che in Europa i conservatori di Cameron siano in realtà socialisti, e che la stessa cosa valga in Germania per Cdu e Csu, credo sia un errore assoluto. Non ho molta considerazione per i green tories di Cameron, la cui svolta affonda le radici in anni ormai alle nostre spalle, quando il problema dei conservatori era riuscire a identificare finalmente un leader che durasse più di 18 mesi, e che apparisse credibile di fronte alle politiche mercatiste di Tony Blair. Dire che sono laburisti al più vorrebbe dire tornare appunto a Blair, che oggi non avrebbe certo praticato la svolta statalista del socialista per davvero da sempre, Gordon Brown. Non mi risulta, per altro, che Cameron sia filoeuropeista, anzi alle europee ha fatto campagna proponendo un referendum sul trattato di Lisbona anche nel Regno Unito. Quanto alla Germania, resto convinto che le nazionalizzazioni e i salvataggi di Stato con la Spd al potere sarebbero stati assai maggiori. Quanto all’Italia, la natura “sociale” - ex democristiana e socialista, in altre parole - del PdL è sicuramente molto forte. Che sia la stessa minestra di Visco e Prodi, però, non  mi pare proprio.

Più interessanti le critiche al quantitative easing, che in Italia non trovano alcuna eco.  I friedmaniani non criticano affatto i massicci acquisti di asset praticati dalle banche centrali anglosassoni, poiché attuano le critiche alla Fed degli anni Trenta argomentate nella famosa storia della politica monetaria americana scritta appunto da Milton Friedman e Anna Schwarz.  Criticano il fatto che essi non vengano praticati magari anche più massicciamente, ma in presenza di una politica economica fatta di decisi tagli alle tasse e alla spesa pubblica. Perché solo questa potrebbe fronteggiare al meglio il terribile output gap che continua a gravare sulle economie avanzate. Oggi esso è pari a più di 7 punti percentuali negli Usa. La revisione al ribasso della crescita rilasciata oggi dalla World Bank si basa su una stima dell’utilizzo del potenziale economico da minimo storico, pari al 68% negli Usa e al 60% nel mondo. E dichiara che, in tali condizioni, il rischio deflazione da crisi dei salari e occupati resta all’ordine del giorno. Tanto è vero che per questo il quantitative easing non morde: il moltiplicatore monetario è sceso in aprile a 0,893, rispetto alla media storica pari a 1,6 nell’ultimo decennio: il che significa che per il momento non c’è proprio verso di velocizzare la moneta nell’economia reale, neanche con le politiche monetarie innovative che non impensieriscono affatto i conservatori, perché non sono affatto socialiste.  Sono le politiche economiche socialiste - alta spesa, alte tasse - oggi più che mai il peggior nemico.  Non averlo capito ha portato il Giappone a languire per 12 anni. E noi, in testa come siamo alla pressione fiscale e contributiva sul lavoro e quarti in Europa per quella sulle imprese, lo capiremo mai?

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