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Posts Tagged ‘petrolio’

Il petrolio torna BAU

15 maggio 2009

Dopo un lungo periodo di incertezza, finalmente una certezza: le dinamiche petrolifere, almeno nel loro aspetto politico, sono tornate quelle di sempre. L’Opec annuncia l’ennesimo taglio, l’Agenzia internazionale dell’energia parla di prospettiva “terrificante”, ma intanto la produzione del cartello è cresciuta e la tendenza a sgarrare torna prepotente.

I fatti: dopo la decisione di marzo di ridurre l’output di 4,2 milioni di barili al giorno (una quantità enorme), i prezzi del greggio sono tornati a salire, segno che da un lato la manovra degli sceicchi ha funzionato, dall’altro la domanda ha retto (o comunque si è ridotta in misura inferiore al previsto). A questo punto, la tentazione di “scartellare” è forte: a prezzi relativamente alti e con volumi relativamente bassi, ogni barile in più è tutto grasso che cola. Così, la compliance dell’Opec coi suoi stessi obiettivi si è ridotta dall’83 per cento al 78 per cento, e tutto questo mentre l’Iea tagliava per l’ennesima volta la sua previsione per i consumi nel 2009. L’aspetto più interessante, e per nulla sorprendente, è che, all’interno dell’Opec, i paesi tipicamente più “arrabbiati”, come Angola e Iran, sono quelli che hanno rispettato con meno rigore le loro quote, mentre di gran parte dell’impegno si è fatta carico l’Arabia Saudita, tornando a esercitare il suo tradizionale ruolo di swing producer e la sua leadership all’interno dell’Opec.

Questa dinamica è, nonostante tutto, incoraggiante. La dialettica interna al cartello mostra che il mondo, o almeno quel pezzo di mondo, sta tornando a ragionare secondo i consueti criteri e non più secondo il metro dell’eccezionalità. La crisi sarà ancora lunga, ma il petrolio sta tornando - Dio lo voglia - business as usual.

Carlo Stagnaro energia , ,

I russi non mangiano più i petrolieri?

12 maggio 2009

Per qualche accidente della sorte, il numero del 20 aprile di Oil & Gas Journal mi è arrivato solo oggi. Altrimenti avrei dato prima questa notizia che mi pare rilevante: dopo qualche anno di bullismo (come hanno imparato Bp e Shell), complice la crisi, la Russia comincia a rivedere l’atteggiamento aggressivo che ne ha contraddistinto i rapporti con le compagnie petrolifere private. Sulle pagine del settimanale americano, Grigory Vygon (direttore del dipartimento di economia e finanza del ministero delle Risorse naturali e dell’ambiente) spiega le nuove strategie del governo per rendere il paese di nuovo appealing per le major. Il dato di partenza, impressionante, è che tra il 2005 e il 2008, nonostante l’impennata dei prezzi del petrolio, il “free cash flow” dell’upstream è sceso da 7,4 dollari al barile a 2,9, mentre i costi operativi sono raddoppiati (da 9 a 18 dollari al barile) e le entrate fiscali sono cresciute ancor più rapidamente (da 20,1 a 45,3 dollari al barile). Quindi,

le principali ragioni per la riduzione dell’attrattività delle attività esplorative sono un sistema fiscale sfavorevole e l’assenza di stimoli per le regioni per finanziare direttamente tali attività.

Vygon enuncia quindi le nuove linee d’azione del paese che, pur continuando a ritenere “strategici” i grandi giacimenti di petrolio e di gas (che dunque dovranno sempre essere operati da consorzi in cui la maggioranza relativa è in mano a un’impresa pubblica del paese), intende tornare ad aprire le porte agli investimenti privati. L’obiettivo è ambizioso: se il ministero stima in 180 miliardi di dollari l’ammontare complessivo degli investimenti necessari da qui al 2020, il 90 per cento di tali risorse dovranno arrivare da tasche private. Come?

Anzitutto, riscrivendo la normativa fiscale, rendendola più semplice e meno onerosa - e in particolare spostando il peso della tassazione dai ricavi ai profitti delle compagnie petrolifere. Anche la svalutazione del rublo (da un rapporto di 23:1 col dollaro nel 2008 si è passati a 33:1 ad aprile di quest’anno) mira a ridurre i costi del capitale, soprattutto per le piccole e medie compagnie petrolifere private (russe e straniere), che hanno la maggior parte dei costi denominati in valuta russa, i ricavi in moneta americana.  Oltre a questo, il ministero vorrebbe, tramite una normativa ad hoc, stimolare un maggior coinvolgimento delle regioni nelle attività esplorative, spingendole a farsi promotrici di nuove campagne attraverso una compartecipazione significativa al gettito delle aste per ottenere le concessioni esplorative. Infine, il Cremlino ammette l’enorme problema infrastrutturale, per cui si impegna a una vasta opera di ristrutturazione delle pipelines e alla realizzazione di nuovi oleodotti e gasdotti laddove necessari.

Non è del tutto chiaro se questo mutamento di attitudine sia dovuto all’effetto che la crisi sta avendo sulle finanze pubbliche del paese, o se sia - come sembra - il segno di un aggiustamento del tiro più di lungo termine (reso necessario anche dalle buie prospettive di produzione, che rischiano di rendere insufficiente la produzione di gas, come spiegano molto bene Michael Economides e altri). E’ nell’interesse di tutti, russi compresi, un superamento dell’attuale fase di inaffidabilità del paese. Se davvero il crollo del fettito fiscale sarà la molla che ha determinato un’evoluzione a lungo attesa, per una volta si può dire che la recessione non è arrivata invano.

Carlo Stagnaro energia , , , , ,