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Posts Tagged ‘liberalizzazioni’

Paolo e Giulio

4 settembre 2009

Il fondo americano Knight-Vinke, che aveva osato ipotizzare il break up dell’Eni, e il Financial Times, che ne aveva rilanciato le tesi, non trovano sponde in Italia. Il fondo controlla circa l’1 per cento di Piazzale Mattei, e ha posizioni anche in Enel (di cui aveva sostenuto, tra i pochissimi, la mai lanciata opa sulla francese Suez) e in Snam Rete Gas (a sua volta in pancia al Cane a sei zampe per il 51 per cento). La reazione di Paolo (Scaroni) era prevedibile. Quella di Giulio (Tremonti) meno. Vediamo perché.

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Carlo Stagnaro energia, liberismo , , , , , , , , , ,

Parafarmacie, RIP?

28 luglio 2009

Come riportato da Sara Todaro sul Sole 24 Ore, oggi all’esame del preconsiglio dei ministri vi e’ un decreto che porterebbe all’abolizione della denominazione “parafarmacie”, per evitare “confusione” con le farmacie non-para. La croce verde parimenti dovra’ essere d’ora in poi un attributo esclusivo dei farmacisti proprietari.
Cosa pensiamo, sul tema, l’abbiamo gia’ detto tante volte. Ma cerchiamo un secondo di fissare di nuovo l’attenzione sulla questione, prendendo sul serio il punto di vista degli aspiranti assassini delle parafarmacie (qui invece trovate una petizione a loro difesa).
Perche’ il governo ce l’ha con le parafarmacie? Perche’ difende i farmacisti proprietari? Prosegui la lettura…

Alberto Mingardi mercato, welfare , ,

Abolire i regolatori – di David Potter

22 luglio 2009

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera, inviata da David Potter (già Chairman e CEO di Guinness Mahon &Co Ltd) a Financial World.

E’ il momento di ripensare completamente la regolazione.
Non c’è dubbio che negli ultimi venticinque anni le attività di regolazione siano cresciute sostanzialmente nel Regno Unito e in tutti gli altri maggiori centri finanziari.
La prima domanda è: a cosa è servito? Provate a chiedere a un regolatore la lista dei suoi successi. La lista sarà breve e poco eccitante: qualche trader multato, qualche sanzione a banche o compagnie d’assicurazione per errori amministrativi di relativamente poca importanza, eccetera.
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Guest liberismo ,

Servizi locali. Privatizzare senza privati?

5 luglio 2009

Linda Lanzillotta da ministro per gli affari regionali nel secondo governo Prodi aveva cercato con grande determinazione di introdurre elementi di concorrenza nei servizi pubblici locali. Di cio’, e di molte altre sue battaglie, le va riconosciuto ampio merito. Un suo intervento odierno sul “Sole 24 Ore” torna sul tema convergendo “su un diverso approccio” alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, patrocinato dall’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato.
Per Lanzillotta,

Se, infatti, come e’ ormai dimostrato, l’ostacolo ricorrente e’ rappresentato dalla sistematica resistenza opposta al processo di liberalizzazione dagli enti locali proprietari delle aziende, allora bisogna prendere atto che lo schema classico “liberalizzare prima, privatizzare (eventualmente) dopo” in questo caso non funziona. Bisogna quindi rovesciare l’ottica e affrontare in via prioritaria il tema della proprieta’ delle aziende che gestiscono i servizi pubblici locali.

L’ex ministro giustamente sottolinea come “proprieta’ e regolazione” vadano separati, e quindi in qualche maniera da’ priorita’ alla privatizzazione per “liberare” le imprese dalla politica. Per riallineare l’interesse dei decisori locali con quello dei consumatori (loro elettori), bisogna fare in modo che le aziende pubbliche escano dal “giro” degli appannaggi clientelari. Cio’ che convince meno, e su cui varrebbe la pena discutere, e’ la soluzione proposta da Lanzillotta (e prima di lei da Catricala’) rispetto al processo di privatizzazione. Scrive infatti:

Mentre non sarebbe neppure proponibile un trasferimento di beni di eccezionale valenza sociale e ambientale, quali sono appunto i servizi pubblici locali, ad investitori speculativi o orientati ad una pura logica di mercato, diverso sarebbe l’approccio delle Fondazioni bancarie, soggetti strutturalmente legati al territorio.

Insomma, Lanzillotta dice: solo privatizzando prima di liberalizzare, si separano le aziende dalla politica, creando le condizioni per la liberalizzazione, cioe’ per esporle alla concorrenza. Ma dice anche: privatizziamo affidandole ad attori, le Fondazioni di origine bancaria, i cui vertici sono di norma scelti dalle istituzioni locali. Solo che cosi’ il controllo politico non si annullerebbe certo, semmai diventerebbe un controllo “di secondo livello”, mediato da investitori che saranno certo “azionisti privati istituzionali con forte responsabilita’ sociale” ma che definirli “distinti e reciprocamente autonomi rispetto ai decisori politici sia nazionale che locali” pare un po’ eccessivo.

Alberto Mingardi energia, mercato , , , ,

Una tranquilla giornata, in un Paese “liberalizzato a meta’”

25 giugno 2009

Ieri mattina mi sono trovato ad avere bisogno, fortunamente: per la prima volta nella vita, di un farmaco serio. Ricetta alla mano, ho cominciato a cercarlo nelle farmacie del centro di Milano. Uno degli argomenti piu’ tosti contro la piena liberalizzazione del settore, ma anche contro la concorrenza delle parafarmacie, si fonda sull’idea che le farmacie sarebbero un “presidio del servizio sanitario nazionale”. La limitazione dell’offerta, e i privilegi di cui godono i farmacisti, sarebbero dunque legati al loro svolgere un servizio pubblico.
Ma la farmacia e’ un’attivita’ che deve stare sul mercato, e obbedisce a talune, comprensibilissime, necessita’: avere sugli scaffali abbondanza di prodotti che si vendono (anche se si tratta di shampoo e profumi!), limitare il magazzino per quanto riguarda prodotti che si vendono meno, e per giunta possono scadere. Cosi’, ho girato per undici diverse farmacie, piu’ le due delle stazioni (Garibaldi e Centrale), a detta degli altri farmacisti le piu’ fornite, senza trovare la medicina che mi serviva.
Avrei potuto ordinarla, e mi sarebbe stata consegnata il giorno dopo. Il farmacista si sarebbe guadagnato il suo venticinque e rotti per cento del prezzo al dettaglio tendendo in casa il mio antidolorifico un paio d’ore. Non ho potuto fare l’ordine, perche’ dovevo “scendere” a Roma (dove, per inciso, il farmaco l’ho poi trovato, alla fornitissima farmacia del senato: si vede che i politici sono buoni consumatori!).
Gia’, scendere a Roma. Ho preso un Eurostar alta velocita’. Di norma, e’ molto comodo: piu’ comodo dell’aereo, per chi fa centro-centro. Se non fosse che lunedi’ mattina c’e’ stato un incidente a Firenze, e da allora continuano i rallentamenti sulla linea. Arrivato in stazione centrale, scopro che il mio treno era stato cancellato. Il biglietto si puo’ ricevere via mail o sms: informazioni (dettagli?) di trascurabile importanza come questo, evidentemente no. Riesco a saltare sul treno prima. Che accumula mezz’ora di ritardo: le tre ore e mezza previste, diventano quattro.
Arrivato a Roma, cerco un taxi. Alla stazione Termini, c’e’ una coda che non finisce piu’, nonostante le norme veltroniane che dovrebbero coartare i tassisti a stare stabilmente, e in forze, innanzi alla stazione (“piuttosto che liberalizzare, meglio costringere”). In compenso, l’offerta “parallela” e’ abbondante, ma a prezzi  francamente proibitivi. Faccio un po’ di moto, e vado in albergo a piedi.
Entrato in hotel, prendo la chiave e vado in camera. Dieci minuti dopo, sorpresina: non c’e’ elettricita’ e la fornitura continua ad essere a singhiozzo, dalle due alle sette di sera. La batteria del mio laptop e’ a secco e di aria condizionata ci sarebbe bisogno. Sento discorsi concitati fra il personale dell’albergo e il servizio clienti della municipalizzata romana che dovrebbe illuminarlo.
Perche’ continuiamo, con sprezzo del ridicolo, a rompere l’anima a chi ha la bonta’ di ascoltarci, sulle liberalizzazioni? La risposta e’ molto semplice. Perche’ ce n’e’ bisogno.

Alberto Mingardi liberismo , , , , ,

Concorrenza bene, tasse male

19 giugno 2009

Elettricità e gas in Italia sono più care che in Europa. Lo rivela un’indagine di Altroconsumo, i cui risultati sono stati anticipati oggi da Repubblica. L’aspetto interessante - e non scontato, vista la fonte - sta nel fatto che il “delta” di prezzo non viene ricondotto, come normalmente fanno le associazioni dei consumatori, alla cattiveria delle imprese, e neppure, come fanno molti esperti di energia, al destino cinico e baro che ci ha imposto un mix di generazione anomalo (quest’ultimo punto è reale, in verità, ma a mio avviso secondario). La principale ragione, secondo gli autori, e questo vale principalmente per il metano, sta nel carico fiscale, che “schiaccia” la quota di prezzo attribuibile alle dinamiche di mercato. A fronte di questo, e ciò vale soprattutto per l’elettrico, l’unico strumento reale di autodifesa dei consumatori sta nella pluralità di offerte rese possibili dalla liberalizzazione, ormai pienamente operativa a tutti i livelli seppure non senza criticità (come abbiamo evidenziato nell’Indice delle liberalizzazioni). Il problema, allora, sta nel fatto che non sempre i consumatori sono in possesso di tutte le informazioni necessarie a fare la scelta più conveniente, e spesso neppure sanno di poter effettuare questa scelta. Oltre a questo, è proprio la “strozzatura” fiscale a rendere apparentemente meno attraente la libertà di mercato, perché ha l’effetto di livellare (verso l’alto) i prezzi e ridurre l’entità percentuale dei risparmi sulla spesa annuale per luce e gas. Se il governo vuole andare incontro ai consumatori, in un momento di particolare difficoltà dovuta alla crisi, nell’indagine di Altroconsumo trova tutte le indicazioni necessarie a fare la cosa giusta.

Carlo Stagnaro energia, mercato , , , ,

Funiculi’ Catricala’

16 giugno 2009

Per la serie: l’eterno ritorno del sempre uguale, oggi l’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato (per gli amici, l’Antitrust) ha presentato la sua relazione annuale. Qui ci riferiamo alla presentazione letta dal suo Presidente al Parlamento.
Poco da segnalare. Il testo si apre con una timida difesa delle istituzioni di mercato, dalla cattiva reputazione che la crisi ha proiettato su di esse. Catricala’ non e’ molto persuasivo, ma un applauso da parte nostra, in questo caso, non glielo leva nessuno.
La relazione continua tra affermazioni tutte da dimostrare (in un periodo come questo, bisogna tener gli occhi ancora piu’ aperti su quei settori contrassegnati da “intrecci o posizioni dominanti”, come fossero la stessa cosa) e una difesa non d’ufficio ma dell’ufficio. L’Autorita’serve prima dopo e durante i processi di liberalizzazione, spesso per sanzionare “comportamenti elusivi delle liberalizzazioni”. I mercati liberi devono essere piu’ presidiati dei “settori protetti”, e altre amenita’.
Il piu’ importante punto di merito sta nella difesa della “strategia degli impegni”, accusata da alcuni esperti d’antitrust di eccessiva morbidezza nei confronti delle aziende. Poi poche ma sagge parole su farmacie e stoccaggi del gas.
Per gli appassionati della “indipendenza” dell’Autorita’, vedasi la paginetta scarsa sulla disciplina del conflitto d’interessi, in capo all’Agcm dalla legge Frattini (come gia’ in passato, l’Agcm contesta i meccanismi d’accertamento dei conflitti). I nostalgici di “Mi manda Lubrano” troveranno conforto nelle tre pagine sulla “tutela del consumatore”.

Alberto Mingardi mercato , , , ,

Postvoto: Brunetta, Formigoni, Scajola

9 giugno 2009

Per chi fosse eventualmente interessato a un mio commento sul turno elettorale, lo trovate qui, in forma di dieci domande che il risultato pone a tutti i maggiori attori della politica italiana. Non mi sorprende che Berlusconi si sia subito defilato dall’ipotesi di sostenere il referendum elettorale - io sono nel comitato promotore -  poiché, alla luce dell’esito delle urne, non irritare la Lega in vista dei tanti ballottaggi ancora aperti ai suoi occhi supera di gran lunga la convenienza di una prova di forza in senso bipolar-bipartitico. Al contrario, a me tale spinta sembra ancor più essenziale, di fronte alle tendenze centrifughe manifestatesi nelle urne, con voti in uscita e astenuti a milioni tanto dal Pd che dalla Pdl.

Ma qui occupiamoci invece delle prime reazioni che al voto si manifestano nella politica economica. Telegraficamente, ne segnalo tre. Il più lesto a reagire è stato, come al solito, l’ipercinetico ministro Brunetta. Alla giornata dell’innovazione, che si tiene stamane in Confindustria, ha secondo me giustamente dichiarato che la cosa migliore per il governo sarebbe quella di mettere subito mano a un programma straordinario in cento giorni, mirato a innalzare la produttività non solo attraverso interventi che sono di competenza del ministro stesso - come la digitalizzazione della PA - ma che astutamente Brunetta ha indicato invadendo competenze altrui, candidandosi a stimolo della compagine. La liberalizzazione e privatizzazione delle public utilities locali è solo un esempio, ne ha fatti altri. Dubito che gli daranno retta: fatto sta che Brunetta cerca di tirarsi fuori dalla morta gora del “non è tempo di riforme”. Secondo me, ha ragione.

Apparentemente, il risultato alle europee  rafforza la candidatura alla presidenza dell’assemblea di Strasburgo avanzata dalla Pdl, per l’onorevole Mauro. In realtà i tedeschi della Cdu-Csu, che hanno tenuto onorevolmente la posizione contenendo le perdite ma tradizionalmente in Europa pesano più della sezione italiana del PPE, pare abbiano già chiuso da tempo un patto di ferro a favore del candidato della Polonia, Paese che considerano una sorta di cortile interno della propria delocalizzazione. Se la preferenza per Jerzy Busek dovesse risultare confermata e Berlusconi non volesse avventurarsi in una rischiosa prova di forza, allora aumenterebbero le possibilità per un portafoglio italiano nella prossima Commissione europea ben più sostanzioso dell’attuale, i Trasporti affidati ad Antonio Tajani quando la rischiosa vicenda Cai-Alitalia batteva alle porte. La Lega vorrebbe intensissimamente che fosse Roberto Formigoni, il candidato  italiano a un importante incarico nella Commissione. Ma tale scelta aprirebbe fin dal prossimo autunno una partita molto delicata, tra Pdl e Lega per guida ed equilibri in Lombardia, la Baviera italiana per peso economico e civile.

Da altri autorevoli ambienti, possiamo anticipare sin d’ora che a Silvio verranno suggerimenti diversi. Perché non mandare alla Commissione eventualmente Claudio Scajola, aprendo spazio per una modifica nella cabina di regìa della politica economica governativa? Al di là della buona volontà - per esempio sul nucleare - sinora Scajola ha dovuto far buon viso a tutte le severe limitazioni intervenute a stanziamenti, programmi e politiche che insistevano precedentemente sulle Attività produttive.  A mio giudizio l’esatto contrario di un danno, per la sfiducia che nutro in genere verso le “politiche industriali”, compresa quella “Industria 2015″ varata da Bersani nella precedente legislatura, oggi fortemente ridimensionata. Ma la maggioranza la pensa diversamente, sia in ambo gli schieramenti politici che tra le categorie economiche. Tremonti no. Occhio, che per Silvio viene una fase in cui la concretezza conta più delle polemiche, per tentare di farle dimenticare.

Oscar Giannino Senza categoria , , ,

Il tramonto di Capra

3 giugno 2009

Il Tar di Brescia ha accolto il ricorso urgente dei comuni di Milano e Brescia contro l’esclusione dal diritto di voto nell’assemblea degli azionisti di A2A, attualmente in corso, che tra le altre cose deve nominare il nuovo Consiglio di Sorveglianza dell’azienda. Si tratta della fine di un’epoca, quella che ha visto Renzo Capra dominare incontrastato sull’utility bresciana, ma non di un paradigma. Al di là dell’ultimo colpo di coda con cui Capra aveva tentato di sfruttare alcuni errori formali dei due enti locali, come ha scritto Carlo Lottieri quella a cui abbiamo assistito è stata la coda di un conflitto politico lungo e feroce. Si può e si deve essere critici coi modi delle amministrazioni, ma alla fine della fiera le municipalizzate restano feudo del settore pubblico. Non c’è regola borsistica o attenzione alle questioni di tatto che possa far venire meno questo dato. In questo senso, la discontinuità riguarda semplicemente il colore politico della giunta della città della Leonessa, recentemente conquistata dal centrodestra dopo un lungo regono del centrosinistra (e prima ancora della sinistra Dc). Il vero problema è che la politicizzazione del gruppo non è in discussione, e questo è e sarà fonte di innumerevoli distorsioni, anche perché non stiamo parlando di una società piccola e marginale, ma di una delle maggiori imprese italiane nel settore elettrico, che per giunta è azionista ultra-influente della seconda impresa del settore, Edison. E’ dunque poco interessante sindacare sui nomi, uscenti ed entranti, perché, a prescindere dai rispettivi meriti tecnici e politici (coi secondi sempre e comunque prevalenti sui primi), la logica in cui il gruppo si muoverà resterà più sensibile ai segnali elettorali che a quelli del mercato. L’unico modo di uscire da questo modo di ragionare perverso e dannoso, come abbiamo sostenuto in questo pamphlet dell’IBL, è privatizzare le municipalizzate - a partire da quelle più grandi e influenti - e liberalizzare autenticamente i servizi pubblici locali. Purtroppo, nulla di tutto ciò è neppure lontanamente all’ordine del giorno del dibattito politico: tutto quello che ci resta è il derby tra i manager.

Carlo Stagnaro energia, liberismo, mercato , , , ,

Italia libera a metà

25 maggio 2009

Secondo l’edizione 2009 dell’Indice delle liberalizzazioni, che presenteremo oggi alle 18,30 a Milano, l’Italia è liberalizzata a metà: per la precisione al 51 per cento, contro il 49 per cento dell’anno scorso. Un cambiamento impercettibile, dunque, che riflette un paese sostanzialmente fermo sul fronte dell’apertura dei mercati. Il settore più liberalizzato, come l’anno scorso, è il mercato elettrico (77 per cento), segno che quando si supera un certo livello di libertà economica, l’andamento “inerziale” tende a essere verso un progressivo miglioramento. Il settore meno liberalizzato è quello delle infrastrutture autostradali (29 per cento, inserito per la prima volta proprio quest’anno), caratterizzato da una scarsa trasparenza e un alto livello di intromissione pubblica e instabilità normativa. Qui è disponibile, settore per settore, un sunto dei risultati ottenuti quest’anno dai nostri ricercatori (Fabiana Alias, Ugo Arrigo, Massimo Beccarello, Rosamaria Bitetti, Silvio Boccalatte, Luigi Ceffalo, Piercamillo Falasca, Andrea Giuricin, Christian Pala, Paolo Pamini, Massimiliano Trovato e Andrea Villa), che hanno indagato quindici settori dell’economia italiana (elettricità, gas, servizi idrici, tlc, trasporto ferroviario, trasporto pubblico locale, infrastrutture autostradali, televisione, servizi postali, trasporto aereo, mercato finanziario, ordini professionali, mercato del lavoro, fisco e pubblica amministrazione) confrontandoli coi casi di maggior successo nel panorama europeo.

L’Indice esce in un momento di profonda crisi non solo dell’economia, ma anche della legittimità delle idee di libero mercato. Un’indagine come la nostra ha dunque non solo uno scopo, per così dire, informativo - cioè scattare una fotografia del nostro paese - ma anche “politico”: dimostrare che il “troppo” mercato non può essere responsabile dei mali italiani, semplicemente perché, tranne un paio di casi, il grosso dell’economia italiana soffre semmai di “troppo poco” mercato. Un’altra funzione dell’Indice è quella di inserire un tema importante nell’ambito del dibattito di questi giorni, lanciato tra gli altri da Emma Marcegaglia, sulla necessità di riprendere il percorso delle liberalizzazioni sia perché è giusto farlo, sia perché sarebbe utile a rilanciare la ripresa economica. Infatti, il nostro Indice dice quali mercati marcano il passo e perché: è, insomma, una sorta di “guida” agli errori passati, per non sbagliare più nel futuro.

Carlo Stagnaro liberismo, mercato ,