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Posts Tagged ‘internet’

La presa della Bastiglia digitale

14 luglio 2009

Oggi vado un po’ di corsa, ma mi pare utile proporre ai lettori di Chicago Blog un breve ragguaglio su quello che è - almeno in rete - il tema del giorno: le reazioni dei blog all’obbligo di rettifica introdotto dal DDL sulle intercettazioni in discussione al Senato. Qui trovate la ragioni degli scioperanti; qui e qui (grazie a Gigi Cogo per la compilazione) il punto di vista dei crumiri 2.0. :-) Se ne parla anche su Friendfeed.

Massimiliano Trovato liberismo, telecomunicazioni , , ,

E se fosse la neutralità della rete la killer application?

26 giugno 2009

Alfonso Fuggetta s’interroga sulla killer application per le NGN, quell’applicazione che - come l’SMS ha fatto per la telefonia mobile - dovrebbe determinarne il successo (da leggere anche i commenti).

In diversi hanno sollevato il tema della killer application per le reti di nuova generazione. [...] Sono anni che cerchiamo killer application e sono anni che tutte quelle che vengono proposte più o meno falliscono. O meglio, il mio punto è che su Internet ci sono tantissime applicazioni e ciascuno si noi si crea il suo basket di applicazioni e servizi. [...] Alla fine la vera killer application è l’accesso in quanto tale, la possibilità che ha l’utente di poter accedere ad un insieme vastissimo di servizi che ciascuno seleziona e sceglie in base ai propri gusti. [...] E questo secondo me dice che gli utenti pagheranno per l’accesso. Nessuno pagherà un abbonamento a Internet in quanto e perché viene offerto nel pacchetto uno specifico servizio. O per lo meno, nessuno di questi servizi sarà il main driver che guiderà la crescita degli abbonati/fatturati dei telco operator. Ed è per questo che gli operatori devono ripensare i propri modelli di business: continuare a pensare che conquisteranno e manterranno clienti per qualche specifico servizio non li porta da nessuna parte. Il loro business sarà vendere accesso. E soprattutto, proprio perché gli utenti vorranno decidere da soli che “fare” una volta che “sono su Internet”, l’accesso dovrà essere neutrale e non condizionato dall’operatore.

Mi sembra un punto di vista estremamente persuasivo, ed anch’io ho la sensazione che il mercato - o almeno una larga fetta di esso - non sia disposto a rinunciare ad un accesso neutrale. Questo mi pare, però, un argomento formidabile contro la regolamentazione della net neutrality.

Massimiliano Trovato telecomunicazioni , , , , , , ,

Piani (quinquennali) per la banda larga

13 giugno 2009

Mentre in Italia il viceministro Romani, in occasione della presentazione postuma del rapporto Caio, delineava gli orientamenti del governo sullo sviluppo della banda larga - mi riprometto di tornarci in un prossimo post -, negli Stati Uniti si chiudeva la consultazione pubblica lanciata dalla FCC, a cui il Recovery Act delega la predisposizione di un piano nazionale per il broadband. Hanno fornito i propri contributi sul tema - tra gli altri - il Phoenix Center, il Mercatus Center, l’Institute for Policy Innovation, il Competitive Enterprise Institute e FreedomWorks. Le parole d’ordine sono quelle che conosciamo: regolamentazione leggera, diritti di proprietà, concorrenza - in primo luogo sulle infrastrutture. Parole d’ordine che ameremmo sentir pronunciare nel dibattito italiano, ma che - invero - sembrano avere scarso appeal anche in quello d’oltreoceano.

Massimiliano Trovato telecomunicazioni , , , , , , , , , , ,

Contrordine, compagni

12 giugno 2009

Cosa succede quando il problema non è più la neutralità della rete, ma l’accessibilità dei contenuti?

The American Cable Association has asked the Federal Communications Commission to stop Internet video content providers from charging ISPs wholesale access fees to their sites “at discriminatory rates, terms and conditions.” The ACA filed their request as feedback in the agency’s proceeding on its National Broadband Plan. The trade group represents about 900 small and medium sized cable/ISP operators, many serving rural areas.

“Media giants are in the early stages of becoming Internet gatekeepers by requiring broadband providers to pay for their Web-based content and services and include them as part of basic Internet access for all subscribers,” an ACA press release on the issue warns.

via Cable group turns net neutrality around over ISP access fees - Ars Technica [HT: Alfonso Fuggetta]

Massimiliano Trovato telecomunicazioni , , , , , , ,

Sulla neutralità della rete

12 giugno 2009

Qualche settimana fa ho avuto il piacere di partecipare ad un bel workshop organizzato dalla Fondazione Ugo Bordoni in collaborazione con NNSquad Italia sul tema della net neutrality (qui tutti gli interventi; qui un resoconto dell’evento). Piatto forte della giornata, il keynote di Kenneth Carter,  ricercatore di WIK Consult. Si è trattato di un’occasione preziosa per aprire alla discussione un elemento, quello della neutralità della rete, finora sottovalutato, eppure destinato a giocare un ruolo primario nello sviluppo dell’infrastruttura di internet. Che al momento sia impossibile per gli ISP internalizzare l’intero frutto dei propri investimenti, è pacifico. Come reperire, dunque, le risorse per gli investimenti, se non attraverso una più equa ripartizione dei ricavi? Il conflitto tra operatori e produttori di contenuti sembra sul punto di scoppiare, ed il rischio è che la partita si giochi a palazzo piuttosto che sul mercato. Tra le molte osservazioni ragionevoli di Carter, voglio - senza, credo, forzare il suo punto di vista - citarne una: per un bilanciamento degli interessi in gioco, è essenziale che il mercato sottostante si mantenga concorrenziale. Solo così possiamo garantire che la libertà della rete non venga sacrificata sull’altare della sua neutralità.

Massimiliano Trovato mercato, telecomunicazioni , , , , , , , , ,

NGN e monopolio naturale

3 giugno 2009

Mi piace segnalare (con alcuni giorni di ritardo) questa presa di posizione di Assoprovider, che offre un punto di vista ragionevole e non convenzionale sugli investimenti per le reti di nuova generazione.

Massimiliano Trovato telecomunicazioni , , , , , ,

Rapporto Caio, svelato l’arcano

25 maggio 2009

Tranquilli, Francesco Caio non è diventato un apostata del libero mercato, né agisce in nome e per conto di neostatalizzatori. Nel fine settimana ho partecipato a una convention organizzata da Fastweb con i suoi grandi clienti, e il clou del programma era un confronto diretto con Caio e Parisi, confronto che ho animato con provocazioni di altri colleghi giornalisti aggiunte alle mie. Al centro, ovviamente, il suo report non-più-riservato su “Portare l’Italia alla leadership europea nella banda larga”. Al riparo da orecchie indiscrete di stampa - eravamo a Cascais - ho azzannato le tre ipotesi conclusive del rapporto, condividendo e rilanciando in maniera tagliente le domande già avanzate da Massimiliano Trovato sul nostro blog. Le risposte di Caio sono state all’altezza, e abbiamo continuato a chiarirci le idee per l’intera serata con un ottimo rosso di Cintra. Sintetizzo, dando per scontato che chi ci legge qui abbia letto il rapporto.
Caio non mette affatto sullo stesso piano l’ipotesi uno - “leadership europea”: copertura di 100 città al 2015 con il 50% delle case collegate con FTTH P2P - l’opzione due - “per non arretrare”: 40-50 città con il 25% delle case collegate FTTF P2P - e quella tre - “flessibilità sul territorio”: 10-15 città attraverso partnership con utilities locali. Caio, come del resto Parisi, sono entrambi convinti dell’opzione uno. Ma con un caveat grande come una casa: nessun esproprio della rete fissa Telecom Italia, nessuna rinazionalizzazione della rete in rame della prima, magari unita a quella in fibra di Fastweb. I 10 miliardi di euro di spesa ipotizzata per la realizzazione dell’ipotesi uno sono concepiti come sostenibili in un piano di politica industriale che realizzi nel tempo più breve possibile l’integrazione tra rame e fibra, con la migrazione più rapida dal primo alla seconda per le NGN e tranne che per le aree a bassa domanda, che resteranno sempre. L’ipotesi di bancabilità privata del cash flow necessario si basa sull’ipotesi che sia il regolatore - non il proprietario eventualmente pubblico - attraverso le sue decisioni anche e soprattutto di politica tariffaria, a “indirizzare” le reti vecchia e nuova verso lo shift alla frontiera più avanzata, remunerando chi è più avanti maggiormente rispetto a chi ha già da decenni ammortizzato il rame e campa oggi di rendita, per quanto inevitabilmente decrescente  e resa ancor più periclitante dalle sforbiciate agli investimenti imposti dal debito di TI e dalle minusvalenze attuali dei soci di controllo.

Messa così, è un’ipotesi suggestiva, che naturalmente non ha nulla a che vedere né con la necessità di un exit favorevole agli attuali soci Telco, né con le più diverse opinioni intorno all’eventuale ruolo di Mediaset - chi realizza e gestisce autostrade continuerà ad essere diverso da chi fa automobili, idem vale tra carrier e broad o narrowcaster - né ancora con chi sogna da tempo il ritorno alla Stet, ammantandola magari di richiami fuori luogo al Giappone odierno, come da un paio d’anni fa il mio caro amico Massimo Mucchetti sul Corriere.

Ho chiesto però a Caio di chiarire pubblicamente il suo pensiero, visto che la pensa così, in maniera tale da uccidere sul nascere ogni equivoco potentemente alimentato da chi lo descrive come un neostatalista . Ha promesso che lo farà. Naturalmente, l’ipotesi regge se c’è un regolatore che adotti politiche di remunerazione degli investimenti, tariffe di terminazione e scelte su OTA e Open Access esplicitamente volte ad accelerare e rendere sostenibile la transizione al nuovo, invece che dettate dalla necessità di sostenere TI in difficoltà  finanziaria. Vedere per credere, visto il track record di quella che considero, tra le Autorità italiane di settore, la più e peggio inficiata dalla politica.

Oscar Giannino Senza categoria , , , , ,

Quattro domande sul rapporto Caio

22 maggio 2009

Ora che del rapporto Caio sappiamo tutto, sebbene continui a sfuggirci il motivo di tanta segretezza, è il momento dell’analisi. La mia impressione è che il rapporto sia una buona risposta a domande cattive: proviamo, dunque, a porre le domande giuste.

1) Siamo convinti che spetti al governo il compito di determinare l’ammontare di connettività desiderabile nel nostro paese?

La risposta è un chiaro no. Vi sono certamente delle azioni che i pubblici poteri possono intraprendere per agevolare (rectius: non ostacolare) il raggiungimento del livello ottimale: rientrano in questa categoria la predisposizione di un quadro regolamentare certo ed equo e la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Ma - come per ogni altro bene - sono la domanda e l’offerta a dover determinare la quantità. La banda larga non sfugge alle leggi dell’economia.

2) Questo vale anche per il digital divide?

Sì. Le zone di digital divide sono banalmente le aree in cui è (ancora) anti-economico portare l’accesso in banda larga. Non si tratta, come molti sembrano pensare, di una market failure ma piuttosto di una market feature: quando il gioco non vale la candela, si passa la mano. Ora, è legittimo sostenere che il digital divide vada combattuto, ma l’argomento va posto per quello che è: una richiesta di redistribuzione a beneficio di individui ai quali - brutalmente - non ha ordinato il dottore di vivere in aree digitaldivise.

3) Come la mettiamo con le reti di nuova generazione?

La risposta è giocoforza la medesima. L’ottimo Stefano Quintarelli rilancia oggi uno studio del regolatore spagnolo che dimostrerebbe l’impossibilità per il mercato di portare le NGN ad oltre metà dei sudditi di Juan Carlos: da ciò consguirebbe la necessità dell’intervento pubblico. Si tratta però di un non sequitur: ad esempio, il mercato non ha ancora trovato il modo per fornire a ciascun maschio maggiorenne un jet privato, e nessuno si sogna di richiedere l’intervento del governo a correzione di tale stortura. Se le stime della CMT fossero corrette ne seguirebbe unicamente che quello della rete di nuova generazione è un progetto prematuro ed, allo stato attuale delle tecnologie e dei processi, insostenibile. Va appena ricordato che non sono le stime a fare la storia dell’economia, ma le concrete operazioni degli agenti economici.

4) Posto che la politica ha deciso di piantare (almeno) una bandierina su internet, si possono individuare strategie d’intervento più o meno dannose?

Mi pare che non si tratti di una questione di poco conto. Se un esborso pubblico dev’esserci, è necessario che esso sia il meno distorsivo possibile. Un finanziamento diretto agli operatori violerebbe questa condizione, attribuendo allo stato un ruolo imprenditoriale che - storicamente - esso ha dimostrato di saper interpretare con esiti tragici. Inoltre, si imporrebbe un notevole sforzo di vigilanza successiva. Perché, allora, non riflettere sulla possibilità di un broadband voucher assegnato direttamente ai cittadini e spendibile presso qualsiasi operatore e senza distinzioni di tecnologia? Si tratterebbe d’un’opzione assai più efficace e rispettosa dei principi di un mercato che la bramosia della classe politica potrebbe seriamente compromettere.

Massimiliano Trovato mercato, telecomunicazioni , , , , , , , , ,

Il futuro dei giornali

20 maggio 2009

Due interessanti prospettive, dai due lati dell’Atlantico: European Journalism Observatory [via Marcello Foa] e Wall Street Journal. Con un denominatore comune: il no ai finanziamenti pubblici.

Massimiliano Trovato liberismo, mercato , , , ,

Il Caio trafugato

18 maggio 2009

Lo trovate qui. L’analogo rapporto inglese era stato pubblicato dopo pochi giorni: da noi ci è voluto un generoso emulo di Arsenio Lupin. Strano paese, l’Italia.

Massimiliano Trovato telecomunicazioni , , , , ,

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