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Posts Tagged ‘Dollaro’

Chi la pensa come noi: la bolla Fed si sgonfierà

14 agosto 2009

Segnalo due report di straordinario interesse sulle condizioni del mercato americano. Il primo è di Bob Chapman per Global Research , e la sua conclusione è che “the depression is only pausing to catch its breath”. Il secondo è di Naufal Sanaullah, Qasim Khan e Tyler DeBoer, per www.shadowcapitalism.com. e conclude drasticamente: “a market crash is imminent and necessary”. Vediamoli nel merito.

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Oscar Giannino Senza categoria , , , , , ,

Perché $ non potrà che scendere

13 agosto 2009

Perché, come e quanto scenderà ancora il dollaro, che ha perso più di 10 punti percentuali da marzo a oggi? Una buona risposta agli interessati da un paper fresco di rilascio, opera di due economisti che operano a Oxford, UK, David Vines e Karlygash Kuralbayeva. I due studiosi estendono ed aggiornano al comportamento dei consumatori il modello già messo a punto nel 2005, per studiare gli andamenti del dollaro, da Francesco Giavazzi e Olivier Blanchard. E’ uno studio che si adatta esattamente alla situazione oggi in corso negli States: quando i consumatori “anticipano” l’aggiustamento  della bilancia commerciale e dei pagamenti, riducono i consumi ancor più di quanto lo farebbero in situazioni - come l’attuale - di contrazione del reddito disponibile. In conseguenza di questo processo, il regolatore monetario dovrebbe abbassare il tasso d’interesse, e scontando questo effetto il tasso di cambio della valuta si deprezza in maniera ancor più significativa. L’effetto sul cambio sarebbe contenuto qualora il tasso d’interesse non fosse sceso rapidamente. Ma quando esso è a tasso reale negativo - come oggi - e con la prospettiva inoltre di restarci molto a lungo, ecco che il presumibile deprezzamento del dollaro diventa rapido ed energico. E la Cina col suo reminmbi gode.

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L’Italia, la Cina e una raffica di cattive notizie

14 maggio 2009

Sono in giro per una serie di incontri e convegni, in licei, cooperative, armatori, i Giovani di Confindustria, il Forum della PA con Brunetta, e via continuando. Per questo mi scuso di esser mancato un giorno, e ne approfitto per un post al volo. Mi ha molto sorpreso dieci minuti fa leggere l’editoriale di Nouriel Roubini sul New York Times di oggi, perché è raro che le sue tesi sopra le righe mi convincano. Ma mi sono ritrovato esattamente nel ragionamento che avevo esposto ieri agli studenti del Sacro Cuore di Milano e oggi al parlamentino nazionale degli juniores di Confindustria guidati da Federica Guidi. Si tratta delle conseguenze che potrebbe avere per tutti i paesi grandi esportatori in semilavorati e componentistica a non altissimo valore aggiunto - come l’Italia - un eventuale cambio del tallone monetario del commercio mondiale. In altre parole: dello scioglimento del peg semi fisso tra dollaro e reminmbi, che negli anni alle nostre spalle ha “aggiunto” competitività monetaria, attraverso il collegamento automatico alla svalutazione del dollaro sull’euro, ai prodotti cinesi già avvantaggiati da basso costo congenito. Secondo stime riservate che l’Ice esita comprensibilmente a rendere note, potrebbero essere dolori per almeno due delle famose “4 A” che costituiscono i due terzi dell’export italiano. Per l’automazione e componentistica elettromeccanica, e per l’abbigliamento-tessile-moda, ciò potrebbe costituire un cambio rilevante delle ragioni di scambio, in grado di convincere molte grandi aziende capofiliere - soprattutto tedesche, nel primo settore - a rinviare il più possibile la ripresa di ordini ad aziende fornitrici italiane, in attesa di verificare se non convenga spostare altrove le proprie catene di supply.
Quel che in apparenza è un tema “alto e lontano” - la proposta cinese di una seria modifica dei diritti di prelievo e relativo paniere monetario di riferimento, in sede di Fmi - in realtà potrebbe colpire in profondità le possibilità di ripresa dell’export italiano. Gli americani sono convinti che i cinesi si convinceranno presto a rivalutare, pur di riavviare comunque il proprio export. I cinesi sono persuasi che saranno gli americani per primi a dover mollare la loro pretesa, perché di mese in mese i disoccupati aggiuntivi Usa da ottobre passeranno dagli attuali 5,7 milioni a 7 e oltre entro l’estate, e a quel punto Obama sarà costretto a piantarla e a rassegnarsi, se vuole che i cinesi riprendano ad acquistare asset in dollari, cioè a finanziare a debito il risanamento Usa come fino ad ottobre ne finanziavano la crescita dei consumi.
Purtroppo, se è corretto ipersemplificare in questi termini il braccio di ferro monetario sotteso alla ripresa del commercio mondiale, occorre ricordare che i cinesi possono contare su di uno strumento assai più efficace di quello americano. L’Armata Popolare Cinese mette sui treni e rispedisce in campagna ogni mese dai 3 ai 5 milioni di cinesi risospingendoli all’economia di sussistenza agricola, nel mentre si attua il colossale shift della crescita da estero-trainata a focalizzata su infrastrutture e domanda interna. Gli americani, al contrario non possono certo arruolare milioni di disoccupati nella Guardia Nazionale. Di conseguenza, al il nostro export converrebbe una posizione filocinese anzichenò.
Nel frattempo, una raffica di notizie che mi sembrano smentiscano gli ottimismi di circostanza: il deficit tedesco a 50 miliardi di euro quest’anno da 11 nel 2008 con tanto di addio ai tagli fiscali preannunciati; la cattiva - e giustificata - reazione del mercato alle trimestrali di Unicredit e Intesa; la scontata sconfitta degli imprenditori privati in Assolombarda, vista la sconsideratezza con cui la presidente uscente ha cercato di pilotare la sua successione su un candidato debole come già avevo scritto, con inevitabile vittoria del candidato “pubblico”, Maugeri dell’Eni, che dopo un anno di ridicolaggini su Expò 2015 infligge una nuova bella ridimensionata alle pretesi milanesi; il venir meno della residua finzione di Cai su Malpensa, e scontate chiacchiere dei governatorid el Nord che solo ora riscoprono la necessità di liberalizzare gli slot intanto riassicurati ad Alitalia anche se non li usa; la conferma che nella riscrittura a puntate del rapporto Caio riemerge lo scorporo “tutto pubblico” della rete fissa di Telecom Italia… e poi vi chiedete perché Mike Bongiorno è andato da Murdoch per riprendere a scandire tutte le sere il suo proverbiale “allegriaaaa”: perché qui da noi c’è poco da ridere, e lo sa anche lui.

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